SERGIO BILLE' ALL'AUDIZIONE SULLA FINANZIARIA

SERGIO BILLE' ALL'AUDIZIONE SULLA FINANZIARIA

Roma, 12 ottobre 2001 (testo integrale)

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12 ottobre 2001

Onorevoli Presidenti, onorevoli parlamentari,

l’obiettivo predominante di questa finanziaria è quello di individuare misure che consentano un sostanziale correttivo del disavanzo pubblico ed è giusto che a questo problema sia stata data la necessaria priorità. Essa, invece, ci appare carente su un altro versante, quello delle misure che avrebbero dovuto essere adottate e che - a nostro giudizio - vanno adottate, nello stesso contesto, per il rilancio della domanda, un rilancio che consenta ai consumi di uscire dalla attuale, preoccupante fase di stagnazione. Proprio perché si vuole avviare e con determinazione una politica di riforme strutturali, riforme che noi tutti riteniamo che non possano più essere eluse o ulteriormente rinviate, occorre che, in parallelo, si prendano iniziative che consentano il rilancio del mercato e la ricostituzione, nel paese, di un clima di maggiore fiducia. E ciò non sarà possibile se, in primo luogo, non si rafforzerà il potere d’acquisto delle famiglie.

Solo così, infatti, una politica di riforme potrà essere realizzata seguendo un percorso virtuoso nel quale prevalgano la collaborazione e il consenso di tutte le parti sociali.

Che il paese viva una fase di stagnazione mi sembra un dato inconfutabile. Per il 2001 era stata ipotizzata, all’inizio dell’anno, una crescita del prodotto interno lordo del 3% che poi via via si è ridimensionata scendendo a valori più vicini all’1 anziché al 2%.

La produzione di ricchezza cioè ha subito una parabola discendente: se, infatti, nel primo trimestre di quest’anno, si attestava ancora sulla soglia di un aumento del 2,4-2,3%, quindi già dello 0,6-0,7% inferiore alle previsioni fatte in precedenza, nel secondo come nel terzo trimestre questa crescita si è sostanzialmente azzerata e le aspettative per il quarto ed ultimo trimestre, anche a causa delle conseguenze prodotte sulla congiuntura anche dal conflitto in atto, non appaiono certo positive.

Se vogliamo, quindi, evitare che il 2002 parta con una base di crescita molto bassa, bisogna immettere benzina nel serbatoio dell’economia, anzi direttamente nel serbatoio delle famiglie i cui consumi, come sapete, incidono per il 70% nella formazione del nostro prodotto interno lordo.

Non nego l’efficacia delle misure assunte, a sostegno delle imprese, dalla Tremonti bis come il valore di quelle prese a favore di pensionati e di famiglie di più basso reddito. Ma non ritengo che questi interventi, pure necessari, siano sufficienti a fronteggiare una crisi che, se era preoccupante già prima dell’11 settembre, ora rischia di diventare drammatica a causa anche dei contraccolpi che la nuova congiuntura internazionale, sulla cui durata nessuno oggi è in grado di fare previsioni, potrà avere sulla produttività delle imprese come sul versante occupazionale.

Stiamo parlando, del resto, un problema non soltanto italiano dato che molti nostri partners europei si trovano o rischiano di trovarsi presto in condizioni simili alla nostra.

Gli stessi Stati Uniti, coinvolti nel dramma di una guerra di cui ancora non si riescono a definire né i contorni né le prospettive, non solo hanno per prima cosa adottato una politica espansiva dei consumi ma hanno invitato i loro alleati occidentali a fare subito altrettanto.

E, difatti, le autorità europee hanno iniziato una riflessione a tutto campo che potrà anche portare presto, già se ne intravedono i sintomi, ad una revisione dei parametri del Patto di stabilità

E se il problema di rivedere assetti e politiche economiche diventa urgente per l'Europa, lo diventa ancor più per un paese come l’Italia che ha, nel serbatoio, meno benzina di altri, redditi più bassi, minore elasticità di impianto, normative, anche nell’area economica, in buona parte obsolete, divari maggiori tra aree di sviluppo e di sottosviluppo.

Tutto questo per dire che se non si sostiene oggi il potere di acquisto della famiglia media italiana, è impossibile, con i conti di oggi, reimmettere l’economia in quel circolo virtuoso che produce sviluppo.

Si entrerebbe in un circolo non virtuoso ma vizioso. E, per spiegarlo, credo che basti un esempio: la minore crescita del Pil nel 2001, secondo nostre stime, avrebbe già sottratto ricchezza per un valore di circa 28 mila miliardi di lire. E siccome metà di questa ricchezza ritorna allo Stato sotto forma di tasse e imposte, l’erario rischia di trovarsi di fronte ad un minor gettito di circa 14 mila miliardi.

E' il cane che si mangia la coda.

Se cede il pilastro della ricchezza perdono tutti: le imprese perché venderanno meno prodotti (è significativa, al riguardo, la denuncia già fatta dalla Fiat di una minor vendita di 100 mila auto), lo Stato che dispone di minore risorse nel momento in cui, invece, gliene servono molte di più (basti pensare alle ingenti spese che dovranno essere affrontate, nel breve periodo, per potenziare tutte le strutture di sicurezza), le famiglie costrette a sopportare una pressione fiscale maggiore di quella già gravosa che sopportano e, infine, la stessa politica delle riforme più difficile da attuare in un contesto in cui, come ho detto, consenso e fiducia sono in fase discendente.

Vorrei richiamare l’attenzione sul problema della pressione fiscale perché non è una questione di poco conto. Se la crescita, infatti, invece di attestarsi al 2,4%, scende, come dicono purtroppo oggi i numeri, all’1,8 o addirittura all’1,5% il carico tributario sulle famiglie è destinato a crescere dello 0,4 o dello 0,6%.

Potranno scendere, infatti, le imposte indirette perché si spende di meno, ma sono destinate a crescere, invece, automaticamente le imposte dirette perché legate al reddito dell’anno precedente.

Se l’attuazione di una riforma fiscale era, quindi, ieri urgente, oggi, allo stato dei fatti, diventa indispensabile. Manovrare sull’Irpef, raggiungere accordi europei per una sostanziale riduzione dell’Iva, studiare forme di contenimento per l’Irap sono tutte iniziative che potrebbero dare concreti e immediati vantaggi: farebbero uscire i consumi dalla stagnazione, rimetterebbero in circolo un po’ di fiducia nelle famiglie che potrebbero essere incoraggiate anche a forme di indebitamento, ad esempio, con un maggio ricorso alle vendite rateali e, fatto non secondario, rilancerebbero le imprese che oggi, a causa della crisi dell’export, hanno bisogno come non mai di prendere ossigeno dal mercato interno.

E ci potrebbero essere altri, significativi effetti indotti perché una ripresa del mercato favorirebbe senza dubbio anche il rientro dei capitali, la riemersione delle imprese, il rilancio dell’occupazione.

Per quanto riguarda le imprese e le famiglie la legge finanziaria contiene alcune misure senza dubbio efficaci quali la soppressione dell’imposta sulla pubblicità e dell’Invim e la proroga delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e della possibilità di rivalutare i beni di impresa.

Misure certamente utili ma circoscritte che non affrontano la complessità dei problemi che, ad esempio, ha oggi il settore turistico posto di fronte ad un crollo della domanda che va al di là delle più pessimistiche previsioni. A questo settore quindi andrebbero estese agevolazioni come crediti di imposta anche per i contratti di lavoro a tempo determinato, detraibilità dell'Iva per il turismo congressuale. Come dovrebbero essere studiati interventi che incentivino la diffusione di sistemi di videosorveglianza nelle imprese attraverso la possibilità per esse di ammortizzarne anticipatamente i costi di acquisto e di installazione.

E misure dovrebbero essere concretizzate anche – l’elenco dettagliato delle nostre proposte è nel documento che oggi qui presentiamo - per l’introduzione della moneta unica per la quale si dovrebbe prevedere la possibilità di ammortamento anticipato, con la contabilizzazione in un’unica soluzione nell’anno di acquisto e non in quote fisse nei cinque anni, per l’acquisto e il rinnovo dei necessari beni strumentali quali i registratori di cassa, gli apparecchi per il controllo della valuta, ecc.

E ancora, per tutta l’area delle piccole e medie imprese, è urgente provvedere ad una riduzione dell’Irap, attraverso la non imponibilità del costo del lavoro, all’abolizione dell’Ici sulle concessioni demaniali, ad una riforma complessiva della tassazione sui rifiuti, al ripristino delle normali condizioni di deducibilità dei costi nella determinazione del reddito d’impresa le quali sono state più volte violate, a seguito di contingenti esigenze di gettito, con l’introduzione di soglie, limiti e tetti che alimentano la confusione tributaria ma soprattutto vincolano, in modo pesante, il grado di operatività delle imprese. Come è necessario che il rifinanziamento del Fondo unico per gli incentivi alle imprese abbia una portata almeno pari all'importo dello scorso anno che prevedeva, per il 2001, 700 miliardi.

Ma torno, avviandomi alla conclusione, al problema generale, quello del rilancio dei consumi. Riscontro che, su questo versante, il governo ha mostrato, in queste ultime ore, maggiori aperture e disponibilità. Mi auguro che esse si concretizzino e che non restino un’appendice solo virtuale alla discussione di questa legge finanziaria.

L’Italia è un paese che, in tutte le sue componenti, vuole cambiare. Ma perché quest’operazione di cambiamento, di vero e proprio salto, in alcuni casi, di sistema, vada in porto, occorre dare all’economia e a chi contribuisce maggiormente alla sua crescita migliori aspettative, più sicure basi di lancio, una vera iniezione di fiducia.

 

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