Sergio Billè alla conferenza stampa di Aipark

Sergio Billè alla conferenza stampa di Aipark

Roma, 24 settembre 2003

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24 settembre 2003
Intervento di Sergio Billè

Consentitemi una domanda: quanto la mancanza di infrastrutture contribuisce oggi alla purtroppo sempre crescente perdita di competitività di tutto il nostro sistema economico? Facile la risposta: questo fattore incide in modo sempre più rilevante, direi quasi esponenziale soprattutto su quella parte dell’economia che opera nel settore dei servizi.

Su questo versante il nostro sistema sta accumulando ritardi eccessivi e, in parte, anche inspiegabili. Paesi, ad esempio, come la Spagna che, fino ad un decennio fa, era, dal punto di vista della produzione di ricchezza, molti gradini sotto all’Italia, sono riusciti a potenziare le loro infrastrutture, dal 1996 ad oggi, di un 32%. Noi solo del 6% e solo in alcuni settori. Città come Barcellona hanno saputo, facendo leva soprattutto sui fondi strutturali europei, raddoppiare in pochi anni la propria rete di infrastrutture. Roma ha un’area che, per dimensioni, è cinque volte più grande di quella di Barcellona, quasi il doppio di abitanti, ma infrastrutture che sono meno di un terzo.

Soprattutto i grandi agglomerati urbani sono stati lasciati in balia di sé stessi. In sette anni, nelle città italiane, sono stati costruiti solo quattro chilometri e mezzo di metropolitana in più. Nella sola Barcellona, 42.

E veramente drammatico, nelle nostre città, resta il problema dei parcheggi.

Per decenni - ed andrebbero fatti nomi e cognomi di tutte le amministrazioni che sono state responsabili di questo scempio - sono state concesse licenze edilizie che, per quanto riguarda i parcheggi, non contenevano nessun vincolo e nessuna clausola. Sono sorti a Roma quartieri con 100-200 mila posti letto abitati anche nei sottoscala. Di parcheggi nemmeno l’ombra.

E non si può non toccare il problema davvero devastante della mancanza di parcheggi in prossimità dei centri urbani che restano il fulcro dell’attività commerciale.

So bene che, soprattutto nei centri storici, la creazione di parcheggi ha creato e continua a creare spesso problemi che, dal punto di vista urbanistico, possono sembrare irrisolvibili. E’ anche vero però che o la latitanza delle amministrazioni o i continui conflitti fra di esse e le sovraintendenze ai beni culturali hanno portato ad una situazione che sta diventando insostenibile.

Bisogna una buona volta sfondare il muro di questa inerzia che, se si perpetuerà nel tempo, rischia di distruggere a poco a poco i gangli più vitali del nostro sistema urbano.

Ecco perché l’iniziativa di Aipark di cui pienamente condivido proposte e progetti mi sembra particolarmente opportuna.

Si creano isole pedonali, ma a beneficio di chi se migliaia di famiglie non hanno poi i mezzi per raggiungerle?

Si potenziano i centri commerciali, ma ci si dimentica di creare intorno ad essi tutti i supporti logistici - i parcheggi in primo luogo - necessari per la loro attività.

O le amministrazioni comunali - penso sempre al caso limite di Roma - pensano di risolvere il problema chiudendo un occhio alle soste in doppia o addirittura terza fila che abusivamente vengono fatte lungo le strade e che trasformano parti della città in un vero e proprio ingorgo?

La verità è che, in Italia, si applicano le normative europee solo quando e nella misura in cui fanno comodo.

Quelle sui parcheggi che, nel resto, d’Europa sono assolutamente chiare, vengono del tutto ignorate. Primo, perché la loro attuazione implicherebbe investimenti e piani di intervento che molte delle nostre amministrazioni non sono in grado, per mancanza di risorse, di realizzare. Secondo, perché manca ancora - ed anche questo è un problema grave - quella cultura sociale che altrove è regola di comportamento dell’Istituzione pubblica. Terzo, perché molte volte, nonostante che le imprese private siano pronte a farsi carico di gran parte degli oneri necessari per la costruzione di questi parcheggi, i Comuni preferiscono lasciare le cose come stanno per tutelare interessi che, invece, allo stato delle cose, sono diventati davvero indifendibili.

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