SERGIO BILLÈ ALLA CONFERENZA STAMPA SULLA CRIMINALITÀ

SERGIO BILLÈ ALLA CONFERENZA STAMPA SULLA CRIMINALITÀ

Roma, 9 novembre 2001 (testo integrale)

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9 novembre 2001

Prima di tutto vorrei esprimere al ministro dell’Interno tutta la nostra solidarietà per l’impegno con cui il suo governo e lui personalmente stanno affrontando la grande emergenza del terrorismo. E’ una solidarietà senza remore di alcun genere e che sottintende, da parte di Confcommercio e delle imprese che essa rappresenta, una collaborazione a tutto campo che mi auguro potrà essere fattiva su tutto il territorio nazionale. E ci stiamo già attivando perché tutte le strutture e le aree di impresa che fanno capo alla nostra organizzazione si muovano, con impegno, in questa direzione.

Ma quella del terrorismo è un’emergenza che si aggiunge, si somma, ad un’emergenza che questo paese vive già da tempo, quella di una criminalità che, in questi anni, ha sensibilmente aumentato il raggio dei propri interessi e punta ad impadronirsi di fette sempre più consistenti del nostro tessuto economico, imprenditoriale e finanziario.

Fino a qualche tempo fa la piovra criminale era in gran parte visibile, etichettabile anche perché operava solo all’interno di filoni del crimine quali la droga, il traffico d’armi, la prostituzione, il racket, ecc.

Ora questa piovra non solo ha decuplicato i suoi tentacoli ma è riuscita a trasformarsi in una piovra fantasma, un’accorta operazione di lifting che le ha consentito di manovrare all’interno dell’economia legale nascondendo o addirittura cancellando le sue primitive sembianze. Opera come quel carcinoma che, entrato nel cervello, è difficile da estirpare perché le cellule tumorali hanno più o meno lo stesso colore della materia celebrale sana.

L’emergenza terrorismo che stiamo vivendo rappresenta un’opportunità, sembra un paradosso, ma anche un pericolo. Un’opportunità perché nella massiccia rete di controlli che le strutture investigative ora realizzeranno, in collaborazione con quelle degli altri stati, per individuare, sul fronte dei riciclaggio come su quello della droga, basi e matrici finanziarie del terrorismo, potranno restare impigliate anche le grandi organizzazioni criminali che dal riciclaggio e dalla droga traggono una parte consistente dei loro proventi.

Ma oltre a questa opportunità che non è da sottovalutare, c’è un pericolo che abbiamo cercato di mettere a fuoco anche nel documento che oggi presentiamo. Il pericolo è che, come già avvenuto negli anni di piombo, le strutture investigative operino con logiche, programmi, schemi che finiscano col lasciare sotto un cono d’ombra una parte delle attività che oggi le organizzazioni criminali svolgono per impadronirsi di sempre più larghe fette del nostro mercato.

E, invece, con questa lotta senza quartiere al terrorismo potremmo prendere veramente due piccioni con una fava. Ma occorre, allora che l’intelligence, soprattutto l’intelligence, utilizzi le maggiori risorse che saranno messe a sua disposizione, per un’azione a 360 gradi. Si otterrebbe così un doppio risultato: la sconfitta del terrorismo e la demolizione di larga parte di quell’impero economico e finanziario che le organizzazioni criminali hanno, in questi anni, costruito. Le 18 o 19 organizzazioni italiane e straniere che operano oggi in Italia, dalla potente ‘ndrangheta alla mafia russa, cercheranno di fare ogni tipo di azione di depistaggio magari mettendo in sonno quelle attività –penso al mercato della droga di provenienza talebana- che possono avere pericolosi intrecci con le attività terroristiche. E di questo bisognerà tenere conto.

Viviamo, insomma, questa emergenza a tutto tondo e cerchiamo di sfruttarla per poter portare a casa più risultati possibile.

E’ un’opportunità da cogliere al volo e confido su quanto, in questa direzione, potrà fare il ministro dell’Interno.

E vorrei parlare, infine, della terza emergenza che il nostro paese vive da tempo. Mi riferisco alla criminalità di strada, a quella perpetrata da bande, spesso anonime, spesso senza retroterra organizzativi, che diffonde, tra i cittadini, a volte solo insicurezza a volte vera e propria paura.

Anche su questo versante occorre un impegno maggiore non solo delle forze di polizia, al cui impegno va comunque il nostro apprezzamento, ma anche delle strutture di intelligence perché sono soprattutto queste ultime che possono realizzare quel lavoro di prevenzione dei reati che presenta, nel nostro paese, ancora carenze rilevanti.

Con un problema in più che abbiamo cercato di mettere a fuoco nel documento che oggi presentiamo. L’aumento dei controlli e degli interventi delle forze di polizia nelle grandi aree urbane, controlli e interventi che hanno cominciato a dare significativi risultati, ha fatto sì che le bande criminali puntassero verso altri obbiettivi: piccoli comuni, ville isolate, aree che, non avendo avuto fino ad oggi problemi per quanto riguarda la criminalità, sono rimasti, dal punto di vista dei controlli e delle strutture, assai sguarniti.

Un’azione di contrasto anche in queste aree presuppone una sostanziale riorganizzazione dei servizi di sicurezza che vi operano: commissariati ancora privi dei necessari supporti tecnologici, personale addetto che, finito il turno, ritorna nelle grandi città non vivendo così a contatto della popolazione di quei luoghi, centrali operative per il coordinamento delle varie forze che sono rimaste sostanzialmente "virtuali".

E, infine- ma per noi rappresenta forse il primo e non l’ultimo dei problemi- il problema della sicurezza delle strutture commerciali. I dati che presentiamo nel documento parlano da soli. Per aumentare la soglia di sicurezza bisogna operare su due versanti paralleli: da un lato, potenziare le strutture per la lotta al racket e all'usura, strutture oggi certamente inadeguate, dall’altro, cercare di rendere più sicure, meno indifese e indifendibili da furti, rapine e ancora più gravi azioni criminose, le strutture commerciali. Un maggiore presidio esterno delle forze di polizia è indispensabile, ma certamente non basta. Occorre, infatti, che queste strutture siano dotate di strumenti (collegamenti diretti con la polizia, telecamere, polizze di assicurazione, ecc.) che servano da deterrente. Il progetto Netshop che noi oggi presentiamo contiene una serie di proposte assai concrete e che Confcommercio, in collaborazione con altre organizzazioni, intende realizzare nel più breve tempo possibile nella speranza che produca risultati positivi.

Meglio attrezzare i negozi con questi dispositivi piuttosto che armare i negozianti, un espediente- a cui molti esercenti sono ricorsi per disperazione- che non solo non risolve il problema ma mette ancora più a rischio la vita stessa degli operatori.

Ovviamente questo progetto potrà diventare efficace e operativo se farà leva anche su una maggiore e più strategica collaborazione delle forze di polizia.

Ma c’è un ma. Attrezzare i negozi con moderni dispositivi di sicurezza può essere un buon deterrente. Ma le organizzazioni che operano sul versante del racket e dell’usura non hanno bisogno di entrare nei negozi né di rapinarli. Anzi, molto spesso se ne tengono lontani usando strumenti di pressione assai più sofisticati e persuasivi. Crede veramente, signor ministro, che l’emissario che deve riscuotere il pizzo mensile o la tranche del prestito usuraio entri nel negozio e si metta in mostra davanti ad una telecamera?

 

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