SERGIO BILLE' ALLA CONVENTION ASSOCAMERESTERO

SERGIO BILLE' ALLA CONVENTION ASSOCAMERESTERO

ROMA, 10 NOVEMBRE 1999 (testo integrale)

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10 novembre 1999

 

 

CONVENTION ASSOCAMERESTERO

Roma, 10 novembre 1999

 

 

Intervento di Sergio Billé, Presidente Confcommercio

 

 

 

 

      Ho accettato con vivo piacere l'invito del vostro Past President Piero Bassetti, che ringrazio per quanto ha fatto in questi anni, e del Presidente Longhi cui vanno le mie congratulazioni per il nuovo incarico. 

      Porto a quest'incontro il saluto delle categorie imprenditoriali del commercio, del turismo e dei servizi, con la loro disponibilità ad operare insieme nell'interesse della business Community in Italia e nel mondo.

      Sono personalmente convinto che siano state ancora poco esplorate le potenzialità di un più convinto rapporto tra un sistema come il vostro, fatto di 62 Camere e quasi 25 mila imprenditori, e le 750 mila imprese del terziario che qui rappresento, il più grande sistema imprenditoriale italiano organizzato. Sono altresì convinto che da una più stretta collaborazione, gli imprenditori associati nelle vostre Camere e quelli che in Confcommercio lavorano abitualmente con l’estero, non potranno che trarre cospicui vantaggi.

      L’Italia che voi trovate, quando tornate nella penisola, è sempre più paese di servizi e sempre meno paese agricolo e industriale. Lo sviluppo ci ha trasformato da popolo agricolo e migrante, in sistema post‑industriale e di servizi, collocandoci da più di due decenni stabilmente nel club dei cinque paesi economicamente più avanzati. Non che manchino limiti in quest’esperienza, ma a me preme sottolineare come la nostra nuova collocazione all’interno del G-7 sia in gran parte dipesa dal peso che progressivamente il terziario è venuto ad assumere, e che oggi significa il 63% circa degli occupati e un contributo al Pil vicino al 65 per cento. 

      Un simile mutamento non poteva non riflettersi sulla composizione della bilancia con l’estero. Se gli Usa sono al primo posto come esportatori di servizi con 233,6 miliardi di dollari (1998) pari al 18,1% del totale mondiale di servizi scambiati, e Inghilterra e Francia sono rispettivamente al secondo e terzo posto,  l’Italia è a 71 miliardi di dollari e al 5,4% delle esportazioni totali, prima di Giappone e Olanda, appena dopo la Rft. Una performance  che ben si inserisce nel trend mondiale del commercio in servizi, giunto a rappresentare quasi 1/5 del commercio mondiale totale. 

     

      Il nostro problema, semmai, è come caratterizzare questa grande presenza nel commercio e nei servizi internazionali, accrescendone sempre di più il contenuto di intelligenza, di tecnologia, di innovazione. E come razionalizzarne la funzione per la promozione del sistema Italia nel suo complesso.

      Il terziario è nei cromosomi della nostra cultura nazionale d’impresa: sono certo che anche tra voi e i vostri associati, se andassimo a vedere quanti fanno terziario, troveremmo cifre che confermano quest’affermazione. Ma non sempre siamo stati capaci di rinnovarci e crescere al passo con i tempi. Così come non siamo stati capaci di collegare in modo strutturale agricoltura e industria, ai servizi che la funzione terziaria può loro fornire per la penetrazione nei mercati terzi.

      Ma chi oggi accetta di andare alla guerra del mercato globale, bisogna disponga nelle retrovie di cultura e innovazione, e sul terreno di conoscenza, tecniche di marketing, logistica, alleanze e reti connettive. Salvo scegliere di soccombere.

      Ora, guardando all'Italia, dobbiamo riconoscere che, pur essendo in genere piccoli o medi, risultiamo spesso indisponibili a fare massa critica. In questo modo, e penso alla vostra specializzazione come "centri di relazioni" e alla nostra capacità di Confederazione a contribuire alla tessitura delle reti Italia, manchiamo di cogliere molte delle opportunità  sollecitate dalla competizione di mercato. 

      In Italia ci sono soltanto  40.000 esportatori abituali. Su circa 180.000 imprese esportatrici, la metà esporta individualmente meno di 50 milioni l’anno, l’irrisoria cifra complessiva di circa 2.500 miliardi, ovvero poco più del 5% del totale delle esportazioni nazionali. Lo scaglione successivo, comprendente quelli che esportano fra 50 milioni e 3,5 miliardi, incorpora poco più di 75.000 imprese, con un volume esportato che supera di poco i 62.000 miliardi. In sintesi il 93% delle imprese (cosiddette esportatrici) esporta uno scarso 16,6% del valore totale dell’export e ciascuna meno di 3,5 miliardi l’anno. Il valore dell’83,4% dell’export italiano è realizzato dal 7% delle imprese esportatrici. È evidente che dobbiamo all’enorme platea dei piccoli esportatori assistenza e soluzioni, al fine di farli radicare nell’attività di rapporto con l’estero, altrimenti li vederemo cadere sotto i colpi della competizione. 

      In quest’ambito noi non difendiamo fedeltà sindacali di principio o esclusivismi basati su tessere e corporativismi. Proponiamo da tempo, e oggi lo propongo a voi, un discorso fondato sulla validità delle specializzazioni di rete, che è probabilmente l’unico che sia in grado di tutelare le imprese, specie le piccole e medie, nella difficile competizione sui mercati mondiali. E parlare di organizzazione a rete significa parlare di sussidiarietà operativa e cooperativa, dove ci si confronta sul fare e ci si aggrega per obiettivi da raggiungere.  Con voi, peraltro, lo stiamo già facendo, in Argentina ad esempio, in Grecia, negli Stati Uniti, attraverso progetti mirati che coinvolgono nostre imprese e le locali Camere italiane.

      Visto che siamo in un ambito di Camere di commercio, lasciatemi poi spendere una parola sul rapporto tra ciò che è locale e ciò che è globale.  Il potere nazionale ha storicamente compresso i poteri e le autonomie locali. Oggi vi è il rischio che, su scala immensamente più ampia, i processi di globalizzazione portino alle estreme conseguenze questo fenomeno. Ecco da dove vengono le resistenze, anche estreme, di ciò che è locale verso le uniformità e le omologazioni economiche, culturali, politiche, proposte dalla globalità.  La competizione globale, senza il gioco delle reti e delle sussidiarietà, riuscirà a marginalizzare il piccolo e il medio, privandolo delle nicchie e delle specializzazioni. Al contrario queste libertà da un globalismo opportunamente "governato", possono ricevere ulteriore valorizzazione.  Anche in quest'ambito la nostra collaborazione organizzata non mancherebbe di dare risultati.

 

        Sono davvero convinto che una collaborazione tra nostro e vostro mondo, basata su queste premesse, ci darebbe grandi soddisfazioni. 

 

 

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