SERGIO BILLÈ ALLA II CONFERENZA DEI QUADRI DIRETTIVI DI CONFCOMMERCIO ROMA

SERGIO BILLÈ ALLA II CONFERENZA DEI QUADRI DIRETTIVI DI CONFCOMMERCIO ROMA

Roma, 15 luglio 2003

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15 luglio 2003
Intervento di Sergio Billè

 

Il fatto che le imprese di questa regione non solo non siano finite sott’acqua ma, anzi, abbiano saputo, più e meglio di quelle di altre regioni italiane, mantenere, nonostante la grave crisi che incombe sulla nostra economia da ormai più di due anni, un buon grado di competitività mi sembra importante per un paio di motivi.

Il primo è che questa regione dispone di un considerevole bacino di energie e di risorse che solo in parte sono state fino ad ora sfruttate. Se, a supporto delle imprese, fosse stata realizzata una politica economica più attiva e più attenta alle loro reali esigenze, i risultati avrebbero potuto essere ancora più positivi.

Ed ecco la seconda. Quel che accade nel Lazio non è altro che la cartina di tornasole di un ragionamento che, troppo spesso purtroppo inascoltati, cerchiamo di portare avanti da tempo.

Intendo riferirmi al ruolo sempre più centrale e propulsivo che, nella nostra economia, stanno soprattutto assumendo le imprese che operano all’interno del sistema dei servizi.

Dove questa centralità del sistema dei servizi è diventata, nell’elaborazione dei programmi, un dato anzi un corollario ormai acquisito crescono investimenti, valore aggiunto e posti di lavoro.

Dove, invece, si continuano ad impostare idee e programmi secondo i vecchi canoni che costituivano il vangelo della politica economica degli anni ottanta lo sviluppo sembra essersi arenato: meno posti di lavoro, economia che gira in tondo, scarsa produttività e non vado oltre perché la situazione la conoscete.

La consistente caduta registrata dalla produzione industriale anche nel mese di maggio, e che segue quella dei mesi precedenti, credo che sia un dato che si commenti purtroppo da solo.

E’, invece, importante che questa centralità non solo oggi venga riconosciuta - e non certo in modo soltanto virtuale - dagli amministratori della Regione Lazio ma cominci anche a produrre effetti concreti nella provincia di Roma come nelle altre.

Riconoscendo questa centralità si è appunto scoperto un bacino di risorse che, per lo sviluppo di questa regione, potrà essere assai importante.

Quel che dispiace e che preoccupa è che, alle spalle di questi amministratori che fanno quello che possono facendo leva sulle scarse risorse a loro disposizione, non ci sia ancora una politica nazionale che si muova nella stessa direzione e con gli stessi obiettivi.

Cosa pensino lassù non si sa, dove guardino non si sa.

Ed è questo un volo cieco che comincia seriamente a preoccuparci.

Perché delle due l’una: o il governo riesce a rimettere in piedi il vecchio sistema industriale restituendo ad esso quel valore propulsivo per tutta l’economia che aveva anni fa o, per far uscire dalle secche il nostro sistema, bisogna individuare anche altre strade.

Fino ad ora la prima ipotesi non si è affatto verificata e non solo a causa della crisi internazionale che ha messo sotto schiaffo tutta la nostra economia.

Magari fosse così, ma sappiamo tutti che non è affatto o soltanto così.

La verità è che alla centralità della fabbrica e della cultura del fordismo e del taylorismo che ha dettato legge per tanti anni si è da tempo, nel mondo, in tutto il mondo meno che in Italia, sostituita un’altra centralità, quella del consumatore che acquista ciò che gli è più conveniente comprare anche se quel prodotto viene dall’India o dalla Cina.

Non lo possiamo più costringere, nemmeno mettendogli la camicia di forza, a fare scelte diverse da quelle che gli ritiene che siano per lui le più convenienti.

E solo i sistemi economici che si sono adeguati a questa nuova realtà possono pensare di avere un futuro di vero sviluppo.

Ma quanto ci vuole perché anche i gestori della politica italiana si accorgano di questo assunto?

Pensate solo al turismo.

Se, a supporto di quel che cercano di fare, con i loro scarsi mezzi, le amministrazioni locali, esistesse un piano di politica economica mirato ad un reale sviluppo di questo settore, noi a Roma potremmo avere il doppio dei turisti che abbiamo oggi.

E non solo a Roma perché gran parte di questa regione potrebbe essere attrezzata per trasformare il turismo in un grande business.

E mettere finalmente il giusto propellente nella macchina turistica servirebbe a molte altre cose.

Significherebbe attrezzare le nostre città con un sistema di servizi in grado di soddisfare le esigenze di una popolazione che spesso rinuncia a spendere perché non è in grado di raggiungere i luoghi dove vorrebbe spendere.

Di una popolazione che, per l’inefficienza dei servizi, è costretta a pagare assai di più quel che dovrebbe, invece, costargli assai di meno.

Di una popolazione che, cosciente del fatto di essere ancora considerata come l’ultima ruota del carro , reagisce alla continua erosione del suo potere di acquisto chiudendosi in casa o vivendo nell’autarchia.

Trasporti, quindi, reti viarie, supporti, servizi efficienti ma anche una qualità dei piani di urbanizzazione che consentisse di rovesciare la piramide di un sistema che oggi soddisfa tutti meno quel che dovrebbe essere il suo reale fruitore cioè il consumatore.

In queste ore il governo si accinge a varare il documento di programmazione economica e finanziaria.

Non sappiamo ancora cosa potrà esserci dentro e non sappiamo nemmeno se questo documento potrà davvero essere lo strumento per una vera svolta nella politica economica di questo paese perché, quando mancano le risorse, anche le idee spesso languono.

Però continuiamo a sperare che qualche segnale, nella giusta direzione, finalmente arrivi.

Sono due anni che attendiamo sotto la pensilina che arrivino questi segnali.

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