Sergio Billè alla presentazione del progetto "negozio sicuro"

Sergio Billè alla presentazione del progetto "negozio sicuro"

Sassari, 27 settembre 2003

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29 settembre 2003
Interventi di Sergio Billè

"Negozio sicuro"

Intervento di Sergio Billè

Sassari, 27 settembre 2003

 

 

“Perché un uomo possa considerarsi veramente libero occorrono almeno due condizioni di base: che egli possa vivere in un paese in cui lo stato di diritto non sia solo un fattore astratto e puramente nominale e che egli possa operare e produrre ricchezza all’interno di un libero sistema economico che sappia efficacemente tutelarlo da ogni forma di malversazione e di illecita concorrenza”.

Queste riflessioni, formulate con la sua proverbiale chiarezza dal compianto economista Franco Modigliani nel corso di una conferenza tenutasi proprio in Italia alcuni mesi fa, mi sembra che mettano a fuoco, più e meglio di ogni altra argomentazione, il problema che oggi abbiamo di fronte e che, per la prima volta - e di questo vorrei dare subito atto al ministro dell’Interno, Pisanu - vede i vertici delle Istituzioni e tutti i settori del commercio, non solo dalla stessa parte della barricata, ma anche pronti a realizzare finalmente insieme, in stretta collaborazione fra loro, programmi ed iniziative che possano produrre risultati concreti nella lotta contro tutte quelle forme di criminalità che , nel nostro paese, hanno purtroppo messo, e da tempo, solide radici.

Le cause che hanno prodotto questo abnorme e preoccupante radicamento sul territorio e in vaste aree del nostro tessuto economico, della criminalità sono certamente molteplici.

La prima è di ordine generale ed è strettamente connessa ai gravi ritardi che hanno caratterizzato, in tutti questi anni, il processo di sviluppo dell’economia di gran parte delle aree del Mezzogiorno. Proprio facendo leva sulla carenza di strutture amministrative, economiche ed imprenditoriali che consentissero un’adeguata produzione di ricchezza e nuovi posti di lavoro, l’organizzazione criminale ha potuto affondare i suoi artigli imponendo spesso al mercato vessazioni, regole di comportamento, programmi e forme di investimento che, con la legalità e i principi dello stato di diritto, non hanno proprio nulla a che spartire.

E questo “surrogato” ha messo radici snaturando e mortificando troppo spesso quella cultura della legalità e della sicurezza che dovrebbe rappresentare, invece, l’unico bene sicuro, il vero caposaldo di un paese che oggi viene considerato fra i sette paesi più moderni ed industrializzati del mondo.

Perché una cosa dovrebbe essere oggi ormai chiara a tutti: se commette un grave e molto spesso irrimediabile errore l’operatore economico che, accettando, di fatto, l’esistenza di questo “surrogato”, crede di poter tutelare  la propria azienda o il proprio negozio scendendo a patti con l’impresa criminale, ne commette  un altro altrettanto grave l’operatore economico che, non credendo più nella tutela della legge, preferisce isolarsi nel suo negozio pensando che  ’unica ancora di salvezza che gli rimane sia la pistola che tiene sotto il registratore di cassa: solo contro tutti nella speranza che il peggio possa toccare ad altri.

Non è così ed è bene che gli operatori del commercio comincino a riflettere seriamente sui rischi che comporta e potrà comportare sempre di più questo tipo di atteggiamento.

L’iniziativa di “negozio sicuro” che oggi vi presentiamo parte proprio da questa importante e non più eludibile premessa.

Questa: o mettono radici, maturano, si sviluppano forme di più stretta collaborazione fra magistratura, strutture di polizia, associazioni di categoria ed operatori che consentano di creare finalmente, intorno a queste strutture economiche, una vera , efficiente, moderna rete di sicurezza, o questo diventerà presto il paese dei tanti “surrogati”, un paese in cui il confine fra legalità ed illegalità sarà talmente labile da diventare quasi inesistente.

Quel che è accaduto in questi giorni proprio qui in Sardegna dà la misura di quanto la situazione oggi, sotto il profilo della criminalità, stia diventando ormai da allarme rosso.

Illegalità diffusa, ma anche forme di criminalità che, per raggiungere i loro scopi, arrivano ormai ad ogni forma di intimidazione. Per non dire di peggio.

Qualche giorno fa il Procuratore generale della direzione antimafia, Vigna mi raccontava un episodio che ha a che fare con quel che avviene in una parte del mercato ortofrutticolo e che ha dello sconcertante.

Vigna , proprio per cercare di analizzare gli stretti legami che si sospetta che vi siano fra alcune organizzazioni criminali e alcune aree del mercato ortofrutticolo, aveva invitato ad un convegno tutti i sindaci di una provincia del Sud interessata a questo fenomeno. Ebbene, di questi sindaci, dice Vigna, non se ne è presentato nemmeno uno, segno più che evidente che, in quella area, la cultura della legalità, non trova oggi troppi sponsor.

Ebbene, non è più possibile continuare così. E’ ora che , attivando una più diretta ed efficace collaborazione con tutte le Istituzioni dello Stato, chi, come gli operatori commerciali, sta in prima linea cambi finalmente registro passando da una politica meramente difensiva ad una politica di attacco perché solo stendendo un vero e proprio cordone sanitario intorno alle organizzazioni criminali si potrà ancora pensare ad una tutela del nostro patrimonio economico e determinare così uno suo reale sviluppo.

E questo è possibile solo se, come faceva l’esercito cartaginese, il mondo del commercio procederà finalmente a testuggine contro un nemico che, fino ad oggi, ha avuto buon gioco proprio perché ha potuto dividere, polverizzare il fronte delle sue possibili vittime.

E’ ora di dire basta alle innumerevoli forme di taglieggiamento - e ve ne sono di sempre più minacciose e sofisticate - che l’organizzazione criminale utilizza contro il mondo del commercio in tutte le sue filiere con il fin troppo chiaro obiettivo di potersene, prima o poi, impadronire.

Ma perché questa campagna abbia successo occorre associare ad una più matura e consapevole cultura della legalità anche una nuova e più moderna cultura della sicurezza.

Ed è anche questo uno degli obiettivi dell’iniziativa “negozio sicuro” che oggi vi presentiamo. E’ assurdo, direi fuori da ogni logica, pensare di trasformare i commercianti in un esercito di pistoleri. Non siamo nel Far West e chi ancora crede di poter difendere se stesso e il proprio patrimonio tenendo  la pistola nella fondina ed esercitandosi a qualche poligono di tiro non andrà molto lontano. Anzi, di fatto, finirà col fare il gioco di quelle organizzazioni criminali che, in questo campo, possono agire con ben altra esperienza.

Quindi, in primo luogo, occorre adottare, per la difesa del proprio esercizio commerciale, norme e dispositivi di sicurezza che, sotto il profilo della deterrenza, siano più efficaci di quelli fino ad ora usati abitualmente.

“Negozio sicuro” entra nel merito di questo problema fornendo adeguate indicazioni.

Ma è ovvio che questo non basta perché, quando si accorgeranno che la vera e propria rapina e l’assalto a mano armata nel negozio presenterà rischi per loro troppo elevati, le bande criminali ricorreranno ad altri e magari più violenti espedienti come quello di minacciare la famiglia o di mettere a fuoco il negozio che si è dotato, ad esempio, di un circuito di telecamere di sicurezza.

Quindi bisogna agire anche a monte attuando forme di collaborazione con le strutture di polizia e con quelle investigative che consentano un più attento e quotidiano controllo di tutte quelle aree urbane che oggi, più di altre, sono nel mirino di qualsiasi tipo di criminalità.

Il ministro dell’Interno è pronto, da questo punto di vista, a fare un vero e proprio salto di corsia attivando con gli operatori forme di collaborazione che siano più efficaci.

E’ una promessa che il ministro Pisanu ci ha fatto e a noi sembra che abbia tutte le intenzioni di mantenerla. E comunque lo verificheremo sul campo.

Ma questo ancora non basta per poter dire che si sta realmente cambiando strada.

Perché le vere “rapine”, quelle assai più dannose che le organizzazioni attuano nei confronti di tutto il settore del commercio e di tutte le sue filiere si fanno “a distanza” e con strumenti che sono sempre più sofisticati: finanziarie dall’apparenza legale  che, invece, sono l’albero motore di vere e proprie organizzazioni usuraie, aziende, anch’esse dall’apparenza legale, che, minacciando ritorsioni di ogni tipo, “impongono” all’esercizio commerciale “forniture obbligate” e potrei continuare.

E allora va detto, forte e chiaro, che non si potrà alzare di un solo centimetro l’albero della cultura della legalità e della sicurezza fino a quando le strutture investigative dello Stato non cominceranno davvero a setacciare statuti, bilanci e giri di affari di società che di legale spesso hanno solo la targa fuori del palazzo.

Certe società andrebbero sottoposte ad una vera e propria risonanza magnetica ed è probabilmente facendo questo tipo di analisi che scopriremmo autori, padri e padrini di buona parte di quell’economia sommersa che oggi produce, esentasse, più di 200 mila miliardi di vecchie lire ogni anno.

E spesso questo denaro che confluisce nel sommerso è stato prelevato – sappiamo come- direttamente dalle casse di chi cerca, in questo paese, di fare legalmente il mestiere di operatore commerciale.

Non è più possibile continuare così. O si svolta o, fra poco, andremo tutti a casa.

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