SERGIO BILLE' ALLA XXXV GIORNATA DEL CREDITO

SERGIO BILLE' ALLA XXXV GIORNATA DEL CREDITO

Roma, 4 dicembre 2001 (testo integrale)

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4 dicembre 2001

Con l’entrata in vigore, ormai tra pochi giorni, della moneta unica, la parola Europa assumerà, nell’immaginario collettivo, un significato e una valenza assai maggiori, atto concreto e tangibile dell’irreversibilità di un processo politico ed economico al quale il nostro paese ha aderito con convinzione.

 

Ma il fatto che l’Euro esca dalla sfera dei simbolismi propri dell’alta politica per diventare, per centinaia di migliaia di imprese e di milioni di famiglie, punto di riferimento reale, concreto, insostituibile del vivere quotidiano, modifica sostanzialmente tutto l’arco delle prospettive, ma anche delle aspettative.

 

Perché ora anche gli italiani prendono coscienza del loro diritto di diventare europei a tutti gli effetti, europei a 360 gradi, europei nella sostanza.

 

Il che, per chi vive ed opera in questo paese, significa anche poter ora contare su leggi e strutture e far leva su un sistema di garanzie che gli consentano di competere, ad armi pari, sul terreno economico come su quello sociale, con gli altri cittadini europei siano essi francesi, tedeschi o olandesi.

 

Perché se, invece, si dovesse riproporre, per carenza di interventi nel processo di modernizzazione del nostro sistema, quell’Europa delle diversità a cui, nostro malgrado, siamo stati abituati fino ad oggi, allora tutto diventerebbe più difficile, più ostico, più indigesto per la stragrande maggioranza dei nostri operatori e delle nostre famiglie.

 

Le imprese devono essere messe, dunque, in grado di aumentare il loro grado di competitività adeguandosi a modelli europei fino ad ora evocati ma poi, di fatto, mai messi in pratica. Anche le famiglie, per poter accrescere e consolidare il loro potere di acquisto, hanno bisogno di un’amministrazione pubblica, di leggi e di un sistema fiscale meno oppressivi.

 

Per le piccole e medie imprese italiane, core business del nostro prodotto interno lordo, adeguarsi finalmente ai modelli più avanzati d’Europa significa tante cose e non solo quelle che fino ad ora ho ritenuto di dover citare.

 

Significa anche poter avere con il sistema finanziario un rapporto più costruttivo, più flessibile e soprattutto più in linea con quelle che sono le loro peculiari esigenze.

Non dico che, in questo contesto, non si siano fatti, in questi ultimi anni, passi avanti, ma è certo che essi non solo non possono considerarsi soddisfacenti, ma sono ancora lontani da quei "modelli" di rapporto tra sistema finanziario e piccole e medie imprese già sperimentati, e con successo, in molti altri paesi.

 

La verità è che tra banca e piccola e media impresa continua ad esserci, nel nostro paese, un rapporto distonico, di reciproco sospetto, niente che somigli a quella che si intende come una relazione fiduciaria.

 

Continua ad esserci, insomma, uno scostamento notevole fra il modello proposto dalla banca e le esigenze di quelle imprese che, pur operando in modo credibile e fattuale sul mercato, non possono fornire, per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, quelle garanzie reali o personali che la struttura finanziaria ritiene indispensabili per la sua esposizione creditizia.

 

E così accade spesso, direi molto di frequente, che le banche offrano modalità di progettazione e di erogazione del credito che non soddisfano le esigenze delle imprese.

 

C’è di più: le banche guardano al segmento delle PMI come distinto da quello delle grandi imprese, ma pur sempre omogeneo ad esso per quanto riguarda procedure e finalità. In realtà, l’universo, il grande universo delle PMI, ha bisogno di interlocutori assai più elastici che soddisfino modalità di approccio al mercato che sono sempre più differenziate tra loro.

 

Mentre cioè la politica del credito resta assai spesso ancorata a vecchi parametri, cresce addirittura in modo esponenziale la domanda di prodotti finanziari personalizzati e sempre più orientati verso la componente "servizi".

 

Ma siccome l’individuazione e l’analisi di questi nuovi prodotti rende necessaria, a monte, una "cultura" del credito diversa da quella attuale, molte banche preferiscono, per motivi di costi o per assenza di una moderna progettualità, occuparsi d’altro.

 

In altri paesi europei il sistema bancario non si comporta in questo modo. Ed è giunta l’ora, mi sembra, che il sistema italiano si adegui.

 

La nuova domanda di prodotti finanziari personalizzati comporta un nuovo ruolo per l’intermediario finanziario che viene progressivamente visto come un fornitore strategico e partner di un’azienda che ha ormai fabbisogni complessi, non solo nell’ambito ordinario, ma anche in quello straordinario come, ad esempio, in materia di ristrutturazioni e riassetti aziendali.

 

E’ indispensabile, insomma, che il progetto di finanziamento tenga conto della redditività futura dell’azienda e della validità del progetto imprenditoriale nel suo insieme. Il che vuol dire spostare l’analisi sui progetti di investimento, sulle prospettive di gestione e sulla conseguente dinamica del fabbisogno finanziario dell’impresa.

 

Ciò significa abbandonare la logica del puro e semplice finanziamento su garanzia ed entrare, invece, nella logica del finanziamento sul "cash flow" il che vuol dire fare affidamento sui flussi di cassa generati dalla gestione ordinaria per sostenere il servizio e il rimborso del debito.

 

Stare in Europa con tutti e due i piedi significa proprio questo.

 

Io mi auguro che qualcosa, in questa direzione, maturi al più presto: l’economia, il mercato, le imprese stanno facendo passi da gigante per quanto riguarda la modernizzazione delle strutture.

 

Il sistema bancario, interfaccia di quello economico, deve saper fare altrettanto e il più in fretta possibile.

 

In attesa che questi nuovi, auspicabili orientamenti si realizzino e si consolidino, il rapporto tra banche e PMI potrebbe seguire due linee di pratica e positiva sperimentazione: una più marcata segmentazione, in primo luogo, dell’offerta delle banche che tenga in maggior conto - oggi non è così - della specificità di nicchie e segmenti di mercato che caratterizzano l’universo delle PMI.

 

E, accanto a questo, una valorizzazione dell’associazionismo di garanzia rappresentato dai confidi.

 

Oltre all’offerta di garanzie, questi soggetti, in quanto diretta emanazione dell’associazionismo d’impresa, sono in grado, infatti, di consentire il superamento di quelle asimmetrie e di quei divari informativi che spesso ancora sussistono tra banca e impresa.

 

Ma ciò sarà possibile se si realizzerà, in tempi brevi, una normativa quadro di settore che ne riconosca la funzione.

 

L’importante è uscire dalla fase di stallo nella quale oggi, purtroppo, ci troviamo.

Non ci sono più alibi, ora che abbiamo l’euro in tasca, per restare fermi, legati ancora ad un sistema che, con l’Europa, ha poco a che fare.

 

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