Meno consumi, più spese obbligate

Meno consumi, più spese obbligate

Clima di fiducia e aspettative delle famiglie italiane al 1° semestre 2011

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21 luglio 2011

Sintesi per la Stampa

Cresce la quota di famiglie che hanno aumentato i consumi nel primo semestre 2011 (il 54,3% rispetto al 48,3% del secondo semestre 2010) anche se l’incremento è dovuto prevalentemente alla spesa per benzina e parcheggi (per due famiglie su tre); oltre il 50% del campione ha utilizzato tutto il reddito disponibile per coprire i consumi e quasi il 20% ha speso più di quanto guadagnato (in quest’ultimo caso, il 65% è dovuto ricorrere ai propri risparmi); solo il 7% accantona risorse per affrontare spese importanti come l’acquisto di una casa (l’investimento in immobili si conferma il migliore utilizzo possibile dei propri risparmi).

Quanto al futuro, prevale un atteggiamento diffuso di prudenza con quasi il 66% del campione che prevede di mantenere stabili nei prossimi sei mesi le spese; aumenta il numero di incerti (dal 13,7% di gennaio al 21,8% di giugno), diminuiscono i pessimisti (dal 45,1% al 37,5%) e resta sostanzialmente stabile la quota di ottimisti (dal 41,3% al 40,7%).

Insomma, se da un lato sembra proseguire la fase di ripresa dei consumi, questa tendenza si esplica, però, con dinamiche decisamente poco entusiasmanti anche a causa del peso crescente delle spese fisse “incomprimibili” (tariffe, utenze e bollette varie); e anche se non siamo di fronte a situazioni di impoverimento diffuso, il ridimensionamento del potere di acquisto e il ricorso a quote di risparmio privato evidenziano una diffusa fragilità economica delle famiglie.

Questo, in sintesi, il sentiment delle famiglie italiane su consumi e clima di fiducia nel primo semestre 2011 che emerge dall’Outlook dei consumi Censis-Confcommercio.

Consumi: dinamica debole e grigia

I dati rilevati dall’Outlook Censis-Confcommercio per il primo semestre del 2011 confermano l’incremento dei consumi riportato dalle statistiche ufficiali che segnalano per i primi mesi dell’anno un aumento tendenziale poco al di sopra dell’1% ed intorno allo 0,1% in termini congiunturali.

Il passaggio dal 48,3% al 54,3%, tra il secondo semestre 2010 ed il primo 2011, di chi ha dichiarato di avere incrementato le spese per consumi sembra confermare la fase di ripresa delle spese familiari che mantengono, tuttavia, una dinamica assai flebile, deludente e, per molti aspetti, preoccupante.

Vale la pena chiedersi su cosa si concentra maggiormente la spesa familiare. Le voci verso le quali si sono incrementate le spese nel primo semestre 2011 rispetto al periodo precedente sono: benzina e parcheggi, alimentari, spese per i figli (mensa, attività complementari) e spese per la salute. Queste appaiono anche come voci con un’incidenza, in valore, considerevole sul totale del budget familiare (fig. 1).

Assediati da tariffe e bollette

Continua a pesare sulla mancata crescita dei consumi delle famiglie una molteplicità di fattori tra cui sicuramente il pagamento di spese fisse incomprimibili come utenze e tariffe. Non è un caso che il primo fattore segnalato dalle famiglie intervistate come condizionante la capacità di spesa sia il pagamento delle bollette e delle utenze domestiche (44,6%), seguito dalla necessità di affrontare spese straordinarie (come l’acquisto di una casa o spese impreviste e consistenti) per il 36,4%. Il dato dovrebbe fare riflettere: in un Paese in cui la crescita dei redditi da lavoro per la gran parte delle famiglie è ferma, l’incidenza delle spese fisse incomprimibili tende a crescere erodendo una parte rilevante del potere di consumo.

Altri fattori appaiono meno condizionanti la capacità di consumo. Vale però la pena di sottolineare che poco più dell’8% degli intervistati sente che negli ultimi mesi il proprio reddito disponibile è diminuito.

Quando il reddito non basta

Non siamo in una fase di declino del potere di acquisto delle famiglie e sull’orlo di una crisi del consumatore, ma molti dati spiegano perché i consumi in Italia sono da anni stagnanti. Il reddito reale non cresce, il potere di acquisto si va progressivamente erodendo, le spese fisse di servizi non commerciabili erodono la capacità di spesa, la capacità di risparmio si ridimensiona. È un circolo perverso dal quale occorre uscire.

Quale è lo “stato dell’arte” della capacità di risparmio delle famiglie italiane? I dati dell’indagine appaiono abbastanza interessanti:

a) il 28,2% delle famiglie ha affrontato le spese per consumi nell’ultimo semestre riuscendo a mettere da parte una quota del proprio reddito (da lavoro o pensione);

b) il 53% ha dichiarato di essere andato, grosso modo, in pari ovvero di avere utilizzato il proprio reddito non mettendo nulla da parte o risparmiando quote insignificanti;

c) il 18,8% ha dichiarato di non essere riuscito a coprire in toto, nel semestre, le spese per consumi, dovendo poi ricorrere ad altri mezzi di copertura.

I dati vanno ovviamente spiegati, nel senso che la quota del 18,8% e quella del 53% non indicano chi non dispone di risparmi significativi per far fronte alle proprie necessità, bensì chi nel corso degli ultimi mesi ha speso tutto o poco più del proprio reddito da lavoro.

È bene sottolineare che non siamo di fronte a situazioni di impoverimento o di disagio esteso, in quanto può essersi trattato di spese straordinarie affrontate tramite i risparmi. Ed in effetti gran parte di coloro che hanno dichiarato di non avere totalmente coperto nell’ultimo semestre le proprie spese con il reddito, dichiara poi di avere fatto ricorso a risorse messe da parte (65%), il 15% ha chiesto un prestito ad amici e conoscenti, il 5% ha sottoscritto un prestito presso una banca ed il 15% ha rinviato i pagamenti. È forse quest’ultima quota quella da considerarsi più critica, ma si tratta, rispetto al totale dell’universo delle famiglie, di un segmento assai ridotto (2% sul totale del campione).

Resta il fatto che una parte ampia del campione analizzato mostra una limitata capacità di spesa e risparmio, un segnale che non va sottovalutato e che se non va letto affatto come la prova di impoverimento, va tuttavia inteso come una diffusa fragilità economica delle famiglie.

Il 14% delle famiglie ha difficoltà a risparmiare

Se una parte rilevante delle famiglie negli ultimi mesi ha speso buona parte del reddito evidenziando limitate capacità di risparmio (ma disponendo in gran parte di risparmi), il 14,5% degli intervistati ha dichiarato invece di non disporre di risparmi significativi e di non avere significative prospettive di risparmio (fig. 2).

Qui si concentra probabilmente la parte più critica del campione, ed il fenomeno appare più evidente nelle regioni del Centro e del Sud Italia, nelle famiglie unipersonali, nelle coppie senza figli, nei nuclei in cui il capofamiglia è anziano ed in quelle collocate nelle fasce di reddito più basse. Tutto fa pensare, peraltro, che gran parte delle famiglie in cui si è dichiarata la difficoltà a mettere da parte dei soldi siano costituire prevalentemente da anziani.

Resta ovvio che per gran parte delle famiglie il risparmio ha una funzione cautelativa forte: per ben il 45% esso serve a tutelarsi da imprevisti, mentre solo per il 7% essi possono servire per effettuare investimenti rilevanti come l’acquisto di una casa. Emergono anche funzioni relativamente nuove: il 18% del campione risparmia prevalentemente per fare fronte alle spese per l’educazione dei figli.

 

 

L’inossidabile “fiducia nel mattone”

In una congiuntura difficile la migliore allocazione dei (pochi) risparmi resta nell’opinione delle persone intervistate, il settore immobiliare. La quota maggiore del campione ritiene che i risparmi vadano investiti in immobili (33,5%) e un quarto degli intervistati ritiene che i risparmi vadano mantenuti sostanzialmente liquidi sul conto corrente o in titoli prontamente liquidabili. Molta meno fiducia ispirano azioni e fondi (8,4%) o l’utilizzo dei risparmi per consumi (8,5%).

Scarsa fiducia nel futuro in un quadro di bassi consumi

Per la seconda parte dell’anno 2011 non è immaginabile una ripresa dei consumi delle famiglie. Prevale ormai un atteggiamento di cautela che spinge a fare sempre previsioni al ribasso. Appena il 26%, infatti, prevede di incrementare le proprie spese, mentre la grande maggioranza prevede di mantenerle stabili. L’effetto finale sarà verosimilmente un incremento in valore, ma di dimensioni esigue (fig. 3) in linea con l’andamento quasi stagnante registrato nell’ultimo anno.

 

Influisce su questo andamento asfittico scarsa fiducia nel futuro e molta incertezza (fig.4).

 

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Nota
L’indagine è stata effettuata su un campione di 1.300 famiglie stratificate per macro-area di residenza, per ampiezza demografica del comune di residenza, per età del capofamiglia e tipologia familiare.
La rilevazione è stata svolta nel corso delle ultime due settimane di giugno 2011 attraverso la somministrazione di un questionario a risposte chiuse per via telefonica con metodo CATI.

Fonte immagini: indagine Censis-Confcommercio

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