I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000 (6a edizione)

I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000 (6a edizione)

26, 27 e 28 marzo 2004 - "Villa d'Este" – Cernobbio  (Como)

DateFormat

2 aprile 2004

Programma

Venerdì, 26 marzo 2004

14.00 – 14.30 Ritrovo e registrazione
14.30 – 16.15 Apertura dei lavori
Sergio Billè –
Presidente, Confcommercio

Focus sui consumi: dati e tendenze
Presiede
: Sergio Billè – Presidente, Confcommercio
Giuseppe De Rita
– Segretario generale, Censis
Giampaolo Fabris – Chairman dell'Advisory Board, Allaxia 
Enrico Finzi – Presidente, Astra Demoskopea
Dibattito

16.15 – 16.45 Caffè

16.45 – 18.45
Regole, mercati e ruolo delle authorities
Presiede: Fabrizio Palenzona – Vice Presidente, Conftrasporto
Franco Bernabè
– Vice Presidente, Rothschild Europe
Enrico Letta – X Commissione Attività Produttive, Camera dei Deputati
Carlo Nordio – Presidente, Commissione di studio per la Riforma del Codice Penale
Stefano Preda – Presidente, Banca Esperia
Michele Vietti – Sottosegretario, Ministero della Giustizia
Dibattito

 

Sabato, 27 marzo 2004

9.00 – 11.00
Il ciclo economico internazionale e le prospettive dell'economia italiana
Presiede
: Sergio Billè – Presidente, Confcommercio

La ripresa economica mondiale: sfide e prospettive
Jacob A. Frenkel
– Chairman, Merrill Lynch International
Jean-Philippe Cotis – Chief Economist e Responsabile del Dipartimento di Economia, OECD
Dibattito

Italia: un grande patto per la crescita e contro il declino
Piero Fassino –
Segretario Nazionale DS, Camera dei Deputati
Intervento di:
Mario Monti –
Commissario Europeo per la Concorrenza 
Dibattito   

11.00 – 11.30 Caffè 

11.30 – 13.30
Dal capitalismo industriale al capitalismo culturale (prima parte)
Presiede
: Sergio Billè – Presidente, Confcommercio
Relazione Introduttiva
Geminello Alvi
– Corriere della Sera
Tavola
Rotonda
Giovanni Cobolli Gigli – Presidente, FAID Federdistribuzione
Davide Croff – Presidente, La Biennale di Venezia
Marco Magnifico – Direttore Generale, FAI – Fondo per l'Ambiente Italiano
Dibattito
Intervento di:
Giulio Tremonti – Ministro dell'Economia e delle Finanze
Dibattito

 

13.30 – 15.00 Colazione

15.00 – 16.40
Dal capitalismo industriale al capitalismo culturale (seconda parte)
Presiede: Sergio Billè – Presidente, Confcommercio
Relazione introduttiva
Jeremy Rifkin
– Presidente, The Foundation on Economic Trends
Intervento di:
Antonio Maccanico
Presidente, Associazione Civita  
Dibattito 

16.40 – 17.10 Caffè

17.10 – 18.50
Le Istituzioni: la Costituzione Europea e la transizione federalista in Italia
Presiede: Carlo Sangalli – Presidente, Unioncamere
Franco Bassanini – Senato della Repubblica
Francesco D'Onofrio – Presidente del Gruppo UDC, Senato della Repubblica
Intervento di:
Marcello Pera – Presidente, Senato della Repubblica
Dibattito

21.00 Cena di Gala (Sala Impero)

 

Domenica, 28 marzo 2004

10.00 – 11.30
L'Europa vista dagli USA – Gli USA visti dall'Europa
Chairman/ Presiede: Mario Monti – Commissario Europeo per la Concorrenza
Gianni De Michelis – Segretario Nazionale, Partito Socialista Nuovo PSI
Benjamin Netanyahu – Ministro delle Finanze, già Primo Ministro – Israele
James P. Rubin – London School of Economics, già Portavoce del Dipartimento di Stato, US
Dibattito

11.30 – 12.00 Caffè

12.00 – 13.00/13.15

Un'Agenda per l'Europa
Presiede: Sergio Billè – Presidente, Confcommercio
Silvio Berlusconi – Presidente, Consiglio dei Ministri
Conclusione dei lavori

***

 

Valori, consumi e stili di vita degli italiani nel 2004

Sintesi dell'indagine Censis-Confcommercio (Scarica la versione integrale)

È un quadro non particolarmente vivace quello che emerge dall’indagine Censis-Confcommercio sui “Valori, i consumi e gli stili di vita degli italiani”, effettuata a febbraio su un campione di 1500 individui.

Molte famiglie appaiono quasi smarrite nel mercato, in attesa di segnali di cambiamento, impegnate in un’abile mediazione tra prezzi e qualità dei prodotti da acquistare e alla ricerca di occasioni per spendere il meno possibile. Restano temporaneamente congelate energie vitali e prevale, viceversa, un attendismo che depotenzia la propensione al consumo, mentre molti scrutano il mercato alla ricerca di segnali di ripresa. Ma colpisce, anche, quella formidabile “capacità di tenuta” che abbiamo sempre mostrato di fronte agli eventi più complessi e che forse ci sospingerà verso la fine di un periodo decisamente travagliato.

Questa la foto degli italiani, con tutte le eccezioni del caso, con la molteplicità di stili e di modi di consumare, di spendere e di affrontare la quotidianità: c’è chi subisce, chi si adatta, chi predispone piccole o grandi strategie per affrontare la crisi.

Difficile negare che la ripresa di spinte inflazionistiche, il ripetersi di crack finanziari che hanno colpito e penalizzato un gran numero di piccoli risparmiatori, l’aumento degli affitti, delle tariffe e dei servizi pubblici, non abbiano accentuato sperequazioni nella distribuzione del reddito e, soprattutto, che non abbiano ridotto le possibilità di spesa di molte famiglie. Se da un lato occorre mettere da parte le polemiche sulla crescita effettiva del tasso di inflazione negli ultimi anni (la competenza spetta esclusivamente all’Istat e ogni altra argomentazione rischia di essere generica e inutile), dall’altro lato bisognerebbe, invece, definitivamente riconoscere che i consumi tendono oggi a ristagnare perché gran parte delle famiglie italiane percepisce una netta riduzione del potere di acquisto dei redditi. Fondata o infondata che sia tale percezione, è giunto forse il momento di un’azione efficace degli organi di Governo per definire un percorso di uscita dalla crisi, per preservare e incrementare il potere di acquisto dei redditi, per tutelare e sostenere gli strati sociali (quand’anche fossero una strettissima minoranza della popolazione) economicamente più deboli e maggiormente esposti alla crisi.

In concreto, se si analizzano le previsioni di consumo degli italiani e i diversi modi con cui le famiglie affrontano l’attuale congiuntura economica emerge con chiarezza come si sia allargata, rispetto a quanto si rilevava nel 2002, la fascia di coloro che prevede di contenere le spese. In particolare, la riduzione riguarda l’abbigliamento, gli alimentari, il tempo libero e i prodotti tecnologici di uso comune; solo per le cure mediche cresce il numero di famiglie che prevede incrementi di spesa per questo settore. Parallelamente, solo una stretta minoranza degli intervistati prevede di incrementare nei prossimi mesi i propri consumi, mentre la grande maggioranza del campione sembra collocarsi in una posizione di attendismo.

Sono molti gli intervistati che hanno dichiarato di avere quasi riorganizzato il proprio paniere di consumo, riducendo parte della spesa (si acquistano minori quantità di prodotto) o mantenendo fermi, rispetto al passato, gli esborsi monetari, ma acquistando prodotti di minore qualità, o facendo ricorso a offerte speciali; gli acquisti più impegnativi vengono a lungo ponderati e in alcuni casi, temporaneamente procrastinati.

Nonostante la fase congiunturale particolarmente critica, è rilevabile sia un’evoluzione degli stili di consumo che una molteplicità di comportamenti di spesa, a modi variegati di pensare e di vivere la quotidianità. Pertanto, ad una zona incolore, costituita da persone poco interessate alle novità e dai gusti poco definiti, si contrappongono segmenti più dinamici, sensibili alle mode e a prodotti innovativi. Al di là della grigia situazione attuale, un numero crescente di persone manifesta sempre più interesse per nuove categorie di prodotti e di servizi, specificatamente quelli legati al viver bene, al benessere psico-fisico e al tempo libero. Si diffondono comportamenti di consumo alimentare improntati al salutismo, si intensificano gli acquisti di prodotti biologici, di prodotti venduti in erboristerie, così come si diffonde il ricorso a servizi legati al fitness e al wellness.

In questo contesto quale è il ruolo della distribuzione commerciale?

Oggi, più di prima, il commercio è vissuto e percepito dai consumatori come un sistema variegato, dove i diversi canali di vendita, dal negozio di vicinato, ai mercati rionali, ai punti di vendita ambulanti, alla media e grande distribuzione, svolgono una precisa funzione al servizio dei consumatori.

Tutte queste tipologie sono pronte a fare fronte alle esigenze e ai gusti più diversi, capaci di animare il territorio e il tessuto urbano, dunque con una specifica valenza sociale e con un ruolo socializzante ben definito.

Ci sono, perciò, valori intangibili che i consumatori riconoscono al sistema del commercio, grande, medio o piccolo che sia. Questo patrimonio deve essere oggi preservato e rafforzato, sì da diventare una nuova possibile leva per l’uscita dall’attuale condizione di stallo dei consumi.

E’ chiaro che lo sforzo finalizzato a creare le condizioni per la ripresa non può essere unilaterale, cioè messo in atto dai soli operatori economici privati.

Da un lato tutti i soggetti privati a cominciare dall’industria, all’agricoltura, ai trasporti, al commercio, ai servizi, sono chiamati a rendere più competitivo il sistema economico complessivo, dall’altro non devono mancare da parte degli organi di Governo gli interventi necessari che garantiscano l’effettiva crescita del potere di acquisto dei redditi, reali processi redistributivi a favore delle fasce sociali meno abbienti o a rischio di marginalizzazione e, non ultimo, un sistema di infrastrutture materiali e immateriali più moderno.

 

I DATI PIÙ SIGNIFICATIVI DELL’INDAGINE

Redditi e potere d'acquisto messi alla prova

La parte più consistente del campione, esattamente il 75,4% ritiene che nel breve periodo il reddito disponibile del nucleo familiare resterà stabile; nel 2001 questa fascia rappresentava il 78,9% del campione. Aumentano le persone che prevedono una diminuzione del reddito: passano dal 10,7% del 2001 al 16,1% del 2004, fra le quali è significativa la quota di coloro che hanno redditi fino a 800 €.

Sono ancora relativamente poche le famiglie italiane che vedono una schiarita all’orizzonte, la possibilità di una decisa ripresa dei consumi, un quadro economico rassicurante, che permetta di spendere con un po’ di rilassatezza. Teniamo il “motore al minimo”, in una fase logorante che non permette di vedere con chiarezza la fine dell’attuale stagnazione dei consumi.

La parte più consistente del campione, esattamente il 75,4% ritiene che nel breve periodo (indicativamente i prossimi sei mesi) il reddito disponibile del nucleo familiare resterà stabile rispetto ai sei mesi precedenti.

Le più recenti indagini sugli stili di vita degli italiani effettuate dal Censis mettono in evidenza come nel 2001 il 78,9% degli intervistati prevedeva una sostanziale stabilità dei redditi, mentre dall’anno successivo ad oggi tale quota si è ridimensionata arrivando a superare di poco il 75%. Esiste già da tempo un nucleo duro di cosiddetti “adattivi”, di persone cioè che per il momento non hanno grandi aspettative di accrescere il reddito, ma neanche di peggiorare la propria condizione.

Preoccupa l’aumento della quota di intervistati che ha previsto e prevede una riduzione del reddito complessivo: nel 2001 era il 10,7% e oggi tale quota risulta pari al 16,1% del campione analizzato; parallelamente si assiste alla riduzione della quota di persone che prevede un incremento del reddito, passata infatti dal 10% nel 2001 all’8,5% nel 2004.

Nel 16,1% del campione (quota costituita dalle persone che prevedono una riduzione del reddito disponibile) si collocano in buona parte persone oggi in una condizione di disagio e di difficoltà economica. In particolare tale percentuale sale al 21,8% fra coloro che percepiscono fino a 800 €.

Da un punto di vista territoriale, la percentuale di coloro che prevedono una riduzione della capacità di spesa è ovunque purtroppo più elevata della quota di coloro che prevedono incrementi del reddito. Nelle regioni del Nord-Est e del Centro, in particolare, il 17% degli intervistati (una quota lievemente al di sopra della media dell’intero campione) ritiene che nei prossimi mesi vi sarà minore disponibilità di reddito rispetto al passato; ma anche nelle regioni del Nord-Ovest e del Mezzogiorno la percentuale di coloro che prevedono un restringimento della capacità di spesa è elevato: circa il 15% delle persone intervistate.

 

Come spenderanno gli italiano nei prossimi mesi

Per il 2004 il 46,3% del campione prevede di diminuire la spesa per abbigliamento, il 37% quella dei beni durevoli (elettrodomestici, veicoli), il 36,1% la spesa per prodotti tecnologici, il 16,9% la spesa dei prodotti alimentari.

Al contrario i capitoli di spesa che potrebbero incrementare con maggiore intensità dovrebbero essere quelli concernenti la salute e le cure mediche (37,2%), l’istruzione, l’acquisto di libri scolastici (24,3%) e le spese di prodotti alimentari (20,5%).

Che molti consumatori italiani abbiano, con intensità crescente nell’ultimo anno e mezzo, messo in atto comportamenti di contenimento delle spese è un dato di fatto difficilmente contestabile.

I confronti tra le indagini svolte negli ultimi anni dal Censis riportano ad esempio che tra il 2002 e il 2004:

  • la quota di persone intervistate che prevedeva di ridurre le spese per i prodotti alimentari è passata dal 5,3% all’attuale 16,9%;
  • la percentuale di coloro che prevedeva di contenere le spese per capi di abbigliamento era pari all’11,6% ed è passata oggi al 46,3%;
  • il 21,3% prevedeva solo due anni fa di ridurre le spese per l’acquisto di prodotti tecnologici vari, mentre oggi la quota si è attestata al 36,1%
  • il 9,7% prevedeva di contenere le spese per il tempo libero, mentre attualmente la percentuale è salita al 35,1%.

Solo per le cure mediche si rileva, anno dopo anno, un incremento del numero di famiglie che prevede l’aumento di tale voce di spesa.

Per il 2004, dunque, i capitoli di spesa che potrebbero incrementare con maggiore intensità dovrebbero essere quelli concernenti la salute e le cure mediche, l’istruzione, l’acquisto di libri scolastici e le spese di prodotti alimentari. Solo gruppi esigui di famiglie prevedono di intensificare le spese per nuovi capi di abbigliamento e beni durevoli per la casa o per la mobilità.

Naturalmente la propensione al consumo e le previsioni di spesa variano notevolmente a seconda dell’età, della classe di reddito e della tipologia familiare di appartenenza delle persone intervistate.

Per i prodotti alimentari, in particolare, le quote più elevate di coloro che prevedono di contenere la spesa nei prossimi mesi si riscontrano nelle classi d’età più avanzata, dai 55 anni in poi, mentre quelle più dinamiche sono costituite da giovani ma non solo.

Le difficoltà attualmente vissute dagli strati meno abbienti emergono, inoltre, con maggiore chiarezza dal fatto che la percentuale di persone che prevede di contenere le spese alimentari aumenta al diminuire del reddito: solo il 10,5% dei percettori di reddito superiore ai 3.100 euro conterrà nei prossimi mesi le spese alimentari, a fronte del 26,6%, di coloro che percepiscono un massimo di 800 euro mensili.

 

La spesa è diventata più amara

L’83,5% del campione ricorre più frequentemente alle offerte speciali, l’80,2% ha ridotto le spese per il tempo libero, il 70% acquista con frequenza prodotti non di marca, circa il 60% ha utilizzato i risparmi per far fronte alle spese quotidiane, il 47,5% ha modificato i consumi alimentari.

La reazione più diffusa per affrontare la crisi è consistita ovviamente nell’attuare comportamenti di spesa sostitutivi o comportamenti tesi a mediare tra qualità e prezzo: gli acquirenti sono diventati sempre più oculati, confrontano molto più frequentemente i prezzi di un medesimo prodotto tra più esercizi commerciali e, soprattutto, ricorrono, più che nel passato, a offerte speciali e vendite sottocosto, così come ha dichiarato l’83,5% degli intervistati.

In secondo ordine, l’80,2% delle famiglie effettua piccole e grandi rinunce in merito alle spese per il tempo libero.

Oltre l’85% delle persone collocate nelle fasce di reddito inferiori prese in considerazione nell’indagine lascia meno spazio alle spese per il tempo libero, ma è interessante rilevare come risparmi, piccoli o grandi che siano, su questa voce di spesa vengano oggi effettuati da più della metà (54,9%) dei più abbienti; segno di preoccupazione e di tensioni presenti ovunque.

Ciò che colpisce in modo particolare è comunque il fatto che quasi il 60% degli intervistati abbia dichiarato di avere già intaccato i propri risparmi a causa della fase di stallo del sistema, così come il 47,5% si vede costretto a “tarare” il paniere dei consumi alimentari, effettuando delle rinunce e contenendo le spese. E chi è costretto a prendere misure di questo tipo, purtroppo, sono proprio quei soggetti collocati in una posizione strutturale di debolezza: i percettori di un reddito contenuto, le coppie con figli, le persone più avanti nell’età. Si tratta di una fascia che rischia fortemente un’ulteriore e disastrosa marginalizzazione, inaccettabile per un Paese sviluppato come il nostro.

Fa pertanto molto riflettere il fatto che oltre il 70% degli intervistati con un reddito che non supera gli 800 euro mensili abbia dichiarato di fare fronte alle spese quotidiane ricorrendo eventualmente ai risparmi accumulati in passato. Stesso atteggiamento è stato dichiarato dal 64,4% degli ultrasessantaquattrenni, ma anche dal 62% delle persone tra i 45 e i 54 anni e dal 60% di coloro che hanno tra i 30 e i 44 anni.

 

Smarriti nel mercato

Oltre il 90% del campione ha paura che l’inflazione continui ad aumentare, l’87% sente la difficoltà a tutelare i risparmi, l’82% teme la scarsa sicurezza dei prodotti alimentari, oltre il 77% ha paura degli ogm, oltre il 72% teme gli attentati terroristici mentre il 50% teme per la stabilità e la sicurezza del lavoro.

Vi è da parte di molte persone un senso di smarrimento nel mercato, che viene percepito come indecifrabile, con regole difficili da comprendere, quanto meno per la gente comune.

Molti fatti recenti hanno generato una sorta di inquietudine, che frena e condiziona i comportamenti di spesa, un’inquietudine che congela quelle energie essenziali che potrebbero ridare slancio al sistema dei consumi in Italia.

Quali sono i fattori che condizionano attualmente i comportamenti di spesa delle famiglie?

Il dato più ovvio e scontato è che quasi la totalità del campione analizzato (92,4%) immagina un futuro dove l’inflazione continui ad aumentare.

Vi è poi un secondo gruppo di fattori potenzialmente ostativi alla piena ripresa dei consumi, rappresentato dalla:

  • crescente paura della scarsa sicurezza dei prodotti alimentari, espressa dall’81,9% degli intervistati;
  • dal timore che per alcuni prodotti alimentari possano essere utilizzati organismi geneticamente modificati, così come indicato dal 77,2% degli intervistati;
  • dalla possibilità di attentati terroristici, come ha espresso il 72,4% degli intervistati.

Per molte persone, quasi il 50% degli intervistati, sul clima di incertezza generale influisce l’idea della scarsa stabilità del lavoro o, per i più giovani, la difficoltà a trovare lavoro.

Questo timore, che fa ovviamente riferimento ad una percezione soggettiva degli intervistati, risulta, naturalmente, più diffuso tra i giovanissimi, cioè tra coloro che si pongono nella classe di età tra i 18 e i 29 anni, ma questo senso di smarrimento è presente in larga misura anche nelle classi dei trentenni, dei quarantenni e dei cinquantenni, per poi abbassarsi, ovviamente, tra coloro che si avviano ad uscire, per l’età, dal mercato del lavoro. Inoltre, le quote più elevate di persone che temono per il futuro del proprio lavoro sono state riscontrate nelle regioni del Centro e in quelle meridionali.

In un contesto siffatto, caratterizzato da un deciso calo di fiducia, anche le previsioni di investimento delle famiglie sono tenute al minimo, in attesa di tempi migliori. Le deludenti performance delle principali Borse negli ultimi anni e il calo progressivo, specie nell’ultimo anno, anche dei rendimenti dei titoli di Stato, per non parlare delle perdite subite su alcuni prodotti finanziari proposti a molte famiglie da alcuni istituti bancari italiani spingono i consumatori ad un atteggiamento di circospezione, se non di delusione.

Le forme di investimento alle quali si ricorre maggiormente o si prevede di ricorrere nell’immediato futuro sono rappresentate dai titoli a reddito fisso, prevalentemente i titoli di Stato, cui si aggiungono le polizze assicurative. Dei primi è in possesso attualmente il 19,1% degli intervistati, e un ulteriore 4,2% prevede di acquistarli, mentre degli strumenti assicurativi è in possesso il 18,3% del campione.

Tra gli strumenti caratterizzati da un maggiore livello di rischio invece, i fondi di investimento sembrano avere per le famiglie italiane ancora un certo appeal, anche se la quota di possessori è di appena il 5,4%, cui si aggiunge un ulteriore 2,4% di futuri possessori, mentre risulta ancora più basso il livello di diffusione di azioni.

L’unico vero investimento per il quale una parte delle famiglie è disposta a rischiare, eventualmente contraendo un debito, resta la casa e gli immobili in generale. Nel 2004 il 19% degli intervistati ha in atto una pratica per l’acquisto di un immobile o prevede di effettuare questo tipo di operazione e tale percentuale è peraltro in lieve aumento rispetto allo scorso anno, con percentuali superiori alla media complessiva del campione soprattutto nelle regioni del Nord Ovest.

In questo quadro riveste un’enorme importanza il ricorso al credito al consumo soprattutto da parte di coloro che non hanno ingenti disponibilità liquide nell’immediato e desiderano acquistare beni di un certo valore.

Relativamente a questo strumento, che nel 2002 era utilizzato ed appariva comodo e conveniente al 31,7% degli intervistati assistiamo oggi ad un incremento del numero delle persone che vi ricorre. Sono il 33,9% del campione gli utilizzatori che lo valutano positivamente mentre diminuiscono, rispetto al 2002, coloro che non lo utilizzano ma sarebbero interessati. Migliora anche sensibilmente (dal 6,6% del 2002 al 5,1% del 2004) la percentuale di coloro che, pur avendolo utilizzato, non lo trova comodo o conveniente.

 

Come cambiano gli stili di consumo

Circa il 52% si sente parsimonioso e misurato negli acquisti, il 25,5% spende lo stretto necessario perché deve risparmiare, il 23,2% si concede talvolta piccoli e grandi lussi.

Non appare azzardato affermare che emerge, pur con le difficoltà attuali, una società dalle molte sfaccettature, variegata e, nella sua varietà, anche molto originale e mutevole. Sono proprio tale originalità e mutevolezza a mostrare un barlume di luce all’interno del tunnel di questa fase di crisi.

Che la situazione attuale non sia delle migliori emerge con chiarezza dal fatto che ben il 51,7% degli intervistati ha indicato di adottare comportamenti parsimoniosi e di contenimento dei consumi, ma preoccupa soprattutto la vasta area del campione (poco più di un quarto) che ha dichiarato di spendere lo stretto necessario perché costretta a risparmiare. Esiste però anche un’altra tipologia di consumatori, quella corrispondente a quasi un quarto degli intervistati (23,2%), che si dichiara disposta a concedersi, di tanto in tanto, qualche piccolo o grande lusso.

 

Le fonti di informazioni prima di un acquisto

Gli intervistati in maggioranza hanno risposto di decidere da soli, senza il consiglio di nessuno, nello specifico il 76,8% se deve acquistare generi alimentari, l’84,4% se deve acquistare capi d’abbigliamento e, infine, il 51,1% se l’acquisto riguarda prodotti tecnologici o elettrodomestici.

Autoreferenzialità sembra essere la parola d’ordine e questo atteggiamento sembra essersi accentuato, quasi come una delle risposte alle difficoltà del momento. Gli Italiani sono autoreferenti nella raccolta di informazioni, prima di compiere un acquisto

Per quel che riguarda le altre fonti d’informazione, il panorama è abbastanza diversificato, a seconda della tipologia di prodotto. Se la scelta interessa generi alimentari, la seconda risorsa da cui attingere informazioni, ma con un seguito di adesioni molto meno cospicuo rispetto alla prima, è costituita da depliant (8,4%), e non a caso. Proprio perché sempre più persone sono alla ricerca di prodotti dal prezzo basso, o di offerte speciali, si consultano volantini e depliant distribuiti in gran numero dalle catene più note della media e grande distribuzione.

 

Il ruolo della marca

Il 69,2% degli intervistati dice di sentirsi garantito dalla marca per quanto riguarda l’acquisto di prodotti tecnologici, il 59,5% per i generi alimentari, il 32,7% per i capi di abbigliamento.

Nonostante il senso d’attendismo diffuso, nonostante la propensione al risparmio dettata da una congiuntura non proprio rosea, gli italiani continuano a valutare la marca “famosa” come un sinonimo di qualità. Come si può facilmente comprendere, è molto importante avere delle garanzie relativamente a tutto ciò che costituisce la nostra alimentazione e analogamente quando si deve fare un investimento in prodotti tecnologici o in elettrodomestici. Che sia high-tech o semplice elettrodomestico si tratta comunque di un genere di spesa legata ad un esborso di denaro di non poca rilevanza. Di qui, l’esigenza di essere rassicurati circa l’effettiva capacità del bene acquistato di corrispondere alle effettive esigenze del consumatore. In sintesi, il 69,2% degli intervistati dice di sentirsi garantito dalla marca per i prodotti tecnologici ed il 59,5% per i generi alimentari.

 

L'appeal della marca commerciale

Cresce l’acquisto di prodotti con il marchio delle più importanti catene distributive. La motivazione di scelta si suddivide fra chi lo fa per il prezzo conveniente e chi invece per la buona qualità. Il fattore prezzo conveniente incide per il 40,5% nella pasta, per il 40,9% nello scatolame, per il 35,1% nei prodotti per la cura personale e per il 50,3% per i prodotti per la casa.

Ma c’è anche una parte del campione che dice di aver utilizzato prodotti a marca commerciale per la loro buona qualità.

Circa un quarto del campione afferma di aver acquistato pasta o scatolame di marca commerciale in virtù di questo valore aggiunto: il 23,3% per la pasta ed il 25,1% per lo scatolame. Le percentuali di “sì, per la buona qualità” si riducono leggermente se si tratta di prodotti per la casa o per la cura personale. Si passa dal 17,3% dei primi al 16,6% degli ultimi. Se, inoltre, si considera che le percentuali di coloro che non hanno avuto occasione di acquistare questi prodotti variano da un minimo del 15% ad un massimo del 20%, a seconda dei prodotti considerati, è evidente che sono veramente pochi i consumatori non interessati alle marche commerciali.

 

La ripartizione della spesa per canali di vendita

Gli intervistati utilizzano i seguenti canali per l’acquisto di alimentari:

  • il 65,6% supermercati o ipermercati;
  • il 19,1% negozi di prossimità;
  • il 9,5% mercati rionali;
  • il 5,8% discount.

L’importanza attribuita dai consumatori sia al negozio di vicinato che ai mercati rionali aumenta, rispetto alla media complessiva del campione, presso i consumatori con i redditi bassi. Quasi un quarto della spesa alimentare dei percettori di un reddito non superiore a 800 euro mensili viene effettuata presso negozi di prossimità e un ulteriore 12,2% presso mercati rionali.

Inoltre, le persone maggiormente spinte a effettuare parte della spesa presso il dettaglio tradizionale e presso mercati rionali sono sia i più giovani che le persone più avanti nell’età: ciò è dovuto probabilmente a due fattori, sia la minore disponibilità di reddito che generalmente caratterizza tali fasce d’età che la maggiore disponibilità di tempo settimanale da dedicare alla spesa alimentare.

Ma anche nelle fasce di età intermedia sono riscontrabili percentuali molto vicine alla media complessiva del campione di persone che effettuano una parte della propria spesa presso negozi di prossimità.

Come detto in precedenza, inoltre il ruolo del dettaglio tradizionale diventa preponderante in ambiti diversi da quello dei prodotti alimentari e per voci di spesa abbastanza rilevanti nei bilanci delle famiglie italiane.

Nel settore dell’abbigliamento il negozio specializzato è preferito da quasi la metà degli intervistati (esattamente per il 49,3% esso è il canale prevalente). Una buona parte di consumatori afferma, tuttavia, di rivolgersi anche alla media e grande distribuzione (21,6%) oppure di non avere un negozio preferito, acquistando un po’ dove e come capita (21,8%). A questi negozi il cliente sembra riconoscere un plusvalore: la possibilità di trovare prodotti diversi, un maggiore assortimento, l’assistenza diretta ed i consigli del dettagliante ed un servizio personalizzato.

La medesima motivazione è alla base delle scelta dei consumatori di rivolgersi a negozi specializzati per l’acquisto di prodotti tecnologici e di elettrodomestici. Una parte consistente degli intervistati – esattamente il 42,5% - afferma di fare acquisti prevalentemente presso il dettaglio specializzato sebbene per una ulteriore quota importante, pari al 37%, i centri commerciali sono il luogo di acquisto principale di tale categoria merceologica.

Nonostante messaggi veri e informazioni fuorvianti che continuano a rincorrersi, nell’opinione di gran parte delle famiglie il sistema degli operatori del commercio oggi è considerato come un importante punto di riferimento, un segnale di modernità, un apparato ramificato e radicato sul territorio, portatore di valori nei quali specifiche categorie di consumatori si riconoscono.

I consumatori tendono a distinguere in modo sempre più netto e preciso la funzione d’uso di ciascuna forma distributiva che soddisfa esigenze differenti, tali per cui la media e grande distribuzione e il piccolo commercio tradizionale sono parti inscindibili e complementari di un medesimo sistema.

La grande e media distribuzione è particolarmente apprezzata per la vasta gamma di prodotti che essa propone, per la possibilità, che essa dà, di scegliere in totale autonomia e con calma, per i prezzi, percepiti generalmente come più contenuti rispetto alle altre forme di distribuzione.

Del dettaglio tradizionale, viceversa, si apprezza particolarmente il rapporto di fiducia che si instaura tra venditore e cliente, l’assistenza diretta del venditore, l’elevata qualità dei prodotti. Una più efficace convivenza e una complementarietà tra le differenti forme distributive pertanto è possibile.

Il livello di fidelizzazione tra i consumatori e i punti vendita, specie nel settore alimentare è estremamente elevato, tanto che oltre il 70% delle persone intervistate nell’ambito della presente indagine ha dichiarato di rivolgersi per i principali acquisti di alimentari sempre al medesimo punto vendita.

Le parole chiave sembrano quindi essere: riconsolidamento del rapporto di fiducia tra cliente e venditore.

 

I vantaggi della media e grande distribuzione

Ampia varietà di scelta indicata, competitività di prezzi, orario di apertura prolungato e/o domenicale, presenza di prodotti di qualità migliore e più sicuri.

Nella percezione dei consumatori, la media e grande distribuzione da un lato e il negozio specializzato dall’altro sono realtà molto diverse tra loro, proprio perché in effetti i benefici associati alle differenti categorie distributive sono diversi.

Tra i plus più rilevanti attribuiti alla media e grande distribuzione, i valori più importanti sono attribuiti rispettivamente:

  • alla più ampia varietà di scelta indicata dal 58,7% degli intervistati;
  • alla competitività dei prezzi, cui fa riferimento il 44,9% del campione;
  • all’orario di apertura prolungato e/o domenicale, indicato dal 13,1%;
  • alla presenza di prodotti di qualità migliore e più sicuri per 13,1%.

Importante è agli occhi dei consumatori anche la possibilità di guardare con calma i prodotti, così come indicato dal 9,8% del campione.

 

I vantaggi dei negozi di vicinato specializzati alimentari e non

Migliore rapporto di fiducia tra negoziante e cliente, vicinanza del punto vendita, l’assistenza diretta del venditore, presenza di prodotti alimentari di qualità migliore.

Dei negozi di vicinato e di quelli specializzati per l’acquisto di prodotti molteplici, alimentari e non, sono apprezzati soprattutto:

  • il rapporto di fiducia che si instaura con il rivenditore, indicato dal 34,9%,
  • la vicinanza dei punti vendita tradizionali all’abitazione degli acquirenti, indicata dal 33,1%;
  • l’assistenza diretta del rivenditore, apprezzata dal 21,9% degli intervistati,

L’analisi per fascia di età evidenzia come, per i clienti di età superiore ai 55 anni, la vicinanza alla propria abitazione è, ovviamente uno dei motivi determinanti nella scelta (il 36,2% di questa classe d’età lo ha infatti collocato ai primi posti).

La lettura dei dati per tipologia familiare contribuisce a confermare due osservazioni:

  • i single sembrano ricercare nel negozio di quartiere la migliore qualità dei prodotti alimentari (18,8%), a conferma della preminenza loro attribuita al valore del mangiare bene;
  • il monogenitore, che nella media e grande distribuzione cerca ed apprezza l’orario prolungato e l’apertura domenicale, del negozio di quartiere, sembra apprezzare particolarmente la vicinanza alla propria abitazione (37%).

 

***

Lo scenario dell’economia italiana nel 2004 e per buona parte del 2005 è da considerare indubbiamente deludente

Sintesi per la stampa (scarica la versione integrale)

 

Nel 2004

  • La crescita non supererà lo 0,8 % a causa della debolezza sia del mercato estero, che interno e si avvierà probabilmente solo dalla seconda metà dell’anno.
  • L’indebolirsi del ciclo economico europeo e l’emergere di problematiche legate tanto alla tutela del risparmio, quanto a fattori di geopolitica (terrorismo più medio oriente) stanno determinando l’appesantirsi del clima di fiducia delle famiglie.
  • L’evoluzione non favorevole del reddito disponibile, sia per la componente legata al lavoro che per quella relativa ai capitali investiti, influirà sulla domanda per consumi da parte delle famiglie che continuerà ad essere molto debole per tutto il primo semestre del 2004. Difficilmente nella media dell’anno in corso si registrerà una crescita superiore allo 0,6%. All’interno dei consumi situazioni di difficoltà dovrebbero continuare ad interessare sia l’abbigliamento, che alcuni segmenti dei durevoli.
  • La domanda di investimento delle imprese, soprattutto per la componente relativa alle macchine ed attrezzature, dovrebbe continuare ad essere scoraggiata dalle non favorevoli condizioni di sviluppo. Solo nella seconda parte del 2004 la necessità di migliorare il livello di competitività, associata a prospettive di un graduale miglioramento del ciclo economico, dovrebbe portare ad un deciso miglioramento degli investimenti. La stima di crescita per questa variabile, per l’intero 2004, è prossima all’1,3%; valore che non permetterebbe di recuperare le flessioni registrate nel 2003.
  • La crescita occupazionale è stimata prossima alle 100 mila unità, in media, cioè in ulteriore ridimensionamento dei tassi di sviluppo del mercato del lavoro rispetto ai due anni precedenti, e dovrebbe continuare a concentrarsi in misura molto accentuata nel settore dei servizi e tra i dipendenti. Per quanto concerne il settore manifatturiero elementi di difficoltà nel mantenere i livelli occupazionali potrebbero emergere non solo nelle grandi industrie, interessate da tempo da processi strutturali di ridimensionamento della forza lavoro, ma anche nelle medie imprese esportatrici.
  • A livello territoriale la moderata crescita dell’occupazione dovrebbe continuare ad interessare in misura lievemente più significativa il centro-nord, anche se il permanere di flussi migratori interni potrebbe contribuire ad accentuare la tendenza al ridimensionamento del tasso di disoccupazione nel mezzogiorno.
  • Il processo di ridimensionamento del tasso di crescita dei prezzi al consumo dovrebbe consolidarsi, determinando nella media del 2004 una variazione dell’inflazione del 2,1%. Attraverso soprattutto la decelerazione dei prezzi dei prodotti alimentari, attesa nei prossimi mesi, il permanere di una certa stabilità dei prezzi degli altri beni di largo consumo e di una tendenza alla riduzione dei prezzi nel segmento dei prodotti per la telefonia.
  • Preoccupazioni, invece, vengono dai prodotti petroliferi, che potrebbero continuare ad evidenziare una tendenza all’aumento e dall’evoluzione dei prezzi di alcuni beni e servizi gestiti a livello locale, viste le difficoltà in cui versano i bilanci di molte amministrazioni.
  • Il netto ridimensionamento dell’export verso i Paesi extra UE (Giappone ed USA soprattutto) determinerà un ulteriore calo in termini congiunturali dell’import-export nel primo semestre (-0,8%), ciò anche per il permanere di una scarsa dinamicità della domanda da parte dei Paesi europei, collegata a prospettive di sviluppo della domanda interna ancora contenute, e per le difficoltà di competizione delle nostre merci sui mercati.
  • Il consolidarsi dello sviluppo negli USA ed in Asia, il miglioramento del trend di crescita del commercio mondiale, correlati anche ad una evoluzione del tasso di cambio meno penalizzante, potrebbero stimolare nella seconda parte del 2004 un miglioramento della domanda proveniente dall’estero. Questa evoluzione dovrebbe comunque solo impedire, nella media dell’intero anno, una nuova diminuzione.
  • Per quanto riguarda la finanza pubblica il peggioramento riscontrato nel primo bimestre dell’anno dal lato del fabbisogno ed il ridimensionamento delle stime di crescita per l’anno in corso portano ad ipotizzare per il 2004 il permanere di un rapporto deficit/PIL su valori prossimi al 2,5%. Questo valore seppure superiore all’obiettivo fissato dal Patto di Stabilità permetterebbe al nostro Paese di rimanere sotto il tetto del 3%.

 

Nel 2005

  • La crescita nel 2005 dovrebbe assestarsi attorno all’1,4%.
  • Per i consumi una tendenza lievemente più positiva dovrebbe registrarsi nel 2005, anno in cui si stima una crescita dei consumi delle famiglie prossima all’1,3%, in considerazione del consolidarsi della ripresa e del venir meno di alcuni elementi di incertezza soprattutto per quanto attiene alla tutela del risparmio.
  • Gli investimenti, attesi crescere del 2,4%, solo nel 2005 dovrebbero tornare sui livelli  del 2002.
  • In considerazione dei ritardi con cui si trasferiscono gli impulsi dalla produzione all’occupazione solo nella seconda parte del 2005 si dovrebbe tornare sui livelli di crescita dell’occupazione sperimentati negli anni precedenti. Nella media dell’anno l’incremento è stimato in circa 140 mila unità.
  • Nell’import-export solo nel 2005 si potrà registrare una moderata tendenza al recupero (rispettivamente +2,8 la domanda verso l’estero,+2,4%la domanda proveniente dall’estero).
  • Sono necessarie manovre di tipo strutturale perché va comunque sottolineato come anche per il 2004 a mantenere sotto controllo le variabili di finanza pubblica contribuiscano soprattutto le misure di carattere una tantum e la riduzione della spesa per interessi. Elementi questi che portano a ritenere, come in assenza di politiche organiche, nel 2005 potrebbero emergere dal lato della finanza pubblica elementi di forte preoccupazione.

  

QUADRO MACROECONOMICO ITALIANO
(Dati non corretti per i giorni lavorativi - variazioni percentuali sull’anno precedente)

 

2002

2003

2004

2005

PIL

0,4

0,3

0,8

1,4

Importazioni di beni e servizi

-0,2

-0,6

0,9

2,8

Consumi finali interni

0,8

1,5

0,8

1,3

- Spesa delle famiglie residenti

0,5

1,3

0,6

1,3

- Spesa delle AP e delle ISP

1,9

2,2

1,5

1,3

Investimenti fissi lordi

1,2

-2,1

1,3

2,4

Esportazioni di beni e servizi

-3,4

-3,9

0,1

2,4

 

 

 

 

 

INFLAZIONE

2,5

2,7

2,1

1,9

OCCUPATI (migliaia - var. assolute)

315

225

98

140

Fonte Istat e previsioni Centro Studi Confcommercio

***

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca