La nuova "frontiera" del lavoro dopo la pandemia
La nuova "frontiera" del lavoro dopo la pandemia
Telelavoro, smart working e lavoro agile: nel post pandemia lavoratori e imprese chiedono regole chiare e stabili. Stoppani: "Accompagnare il cambiamento considerando virtù e difetti".

Con l’avvento della pandemia, il tema dello smart working è entrato prepotentemente nella nostra vita quotidiana. Ora, con la fine dell’emergenza, lavoratori e imprese chiedono regole chiare e stabili per poter adeguare l’ordinamento ad una situazione che è cambiata. Serve dunque una riflessione approfondita su telelavoro, smart working e lavoro agile. Cambiamenti che incidono su tutta la società, dal sistema dei trasporti alla transizione energetica, dall’ambiente, all’alimentazione e quindi alla salute. Dopo una parziale regolamentazione normativa e contrattuale, la materia deve essere affrontata in maniera organica dal Parlamento e implementata dalla contrattazione collettiva. Se ne è parlato durante una smart conference organizzata da MeglioQuesto e Lavoro&Welfare che si è articolata su tre panel di discussione a cui hanno partecipato e il ministro Andrea Orlando, il vicepresidente vicario di Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, Maurizio Stirpe, vicepresidente Confindustria e altri rappresentanti delle istituzioni pubbliche e private. Il primo tavolo è stato dedicato al lavoro agile come strumento di competitività e occasione storica per innovare l’economia migliorando la coesione sociale. Il secondo panel, ha affrontato l’urgenza di nuove norme capaci di rispondere alle mutate esigenze dettate dall’organizzazione del lavoro agile. Nel terzo tavolo di confronto, la discussione si è incentrata sulla sostenibilità ambientale e sociale del lavoro agile e sugli effetti che sta producendo sulle città italiane
Stoppani: “Regolamentare lo smart working accompagnando il cambiamento”
Secondo Stoppani, “questo momento storico costituisce un’opportunità epocale che richiede una complessa, profonda e necessariamente veloce riflessione sull’organizzazione del lavoro partendo dalla ridefinizione degli spazi, delle relazioni interpersonali e dell’uso del tempo”. “Lo smart working – ha detto Stoppani - non nasce con la pandemia ma come una scelta strategica. Dobbiamo vedere da quali punto di vista lo vediamo se da quello delle imprese o del lavoratore”. Il punto fondamentale per il vicepresidente di Confcommercio, è che questa situazione “ha prodotto effetti collaterali che vanno a toccare la qualità della vita anche all’interno della città con fenomeni anche negativi come la desertificazione. Se le persone oggi lavorano dove vivono, bisogna trasferire i servizi anche nel posto dove vivono”. “Ci sono dei settori fortemente interessati dalle attività di smart working, alcuni ne hanno beneficiato altri come i pubblici esercizi lo hanno subito. Si tratta di regolamentare il fenomeno accompagnandone i cambiamenti”. E proprio a proposito di regolamentazione, Stoppani ha osservato che “lo smart working cambia le logiche di quelle che sono le logiche del mondo del lavoro. Il tema della produttività e dell’engagement sono importanti. Bisogna riuscir a fare un salto culturale per dare un valore e non ci può essere una norma di carattere generale ma è meglio affidarsi ai contratti settoriali”.