Tendenze della congiuntura (Italia 1997)

Tendenze della congiuntura (Italia 1997)

Il PIL in Italia è aumentato dell'1,5%. Riprendono a crescere le esportazioni e le importazioni. I consumi delle famiglie aumentano solo per effetto degli incentivi sulle auto

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1 febbraio 1998

QUADRO DI SINTESI

Il primi dati di preconsuntivo del 1997 evidenziano un insieme di elementi positivi e negativi che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’economia italiana nell’anno appena trascorso.

Tra i primi si segnala:

  • il miglioramento del contesto congiunturale, la cui entità viene, comunque, accentuata dal confronto con un periodo di profonda stagnazione;
  • un’inflazione ai livelli più bassi degli ultimi 30 anni;
  • una forte riduzione del deficit, con il raggiungimento, stando alle prime indicazioni, di un rapporto deficit/PIL pari al 3%.

Tra gli elementi negativi emergono in primo luogo:

  • la forte dipendenza della crescita da fattori congiunturali esogeni al sistema;
  • l’aumento del tasso di disoccupazione, in particolare al Sud;
  • l’ampliamento dei divari territoriali;
  • la perdurante crisi del sistema commerciale.

Il prodotto

Il PIL in Italia è aumentato dell’1,5%

L’incremento del PIL, che nella media dell’anno dovrebbe risultare pari all’1,5% in termini reali, non può far trascurare i molteplici elementi di debolezza del sistema, ancora troppo dipendente da spinte esogene, e che determinano molte incertezze sulla consistenza e la durata della ripresa italiana.

Riprendono a crescere le esportazioni ...

Anche la crescita delle esportazioni registrata a partire dal secondo trimestre dell’anno in corrispondenza del consolidarsi del ciclo espansivo nei paesi nostri principali mercati di sbocco, in particolare Francia e Germania, appare correlata essenzialmente a fattori congiunturali più che ad elementi strutturali.

Tab. 1 – CONTO ECONOMICO RISORSE E IMPIEGHI 1997 (*) (prezzi 1990)
(Variazioni % sul periodo corrispondente)

  I II III IV ANNO
  TRIM. TRIM. TRIM. TRIM.  
P.I.L -0,6 2,1 2,1 2,4 1,5
IMPORTAZIONI -1,8 16,2 20,5 21,2 14,0
CONSUMI FINALI INTERNI 1,3 1,6 1,8 1,6 1,6
consumi famiglie 1,5 2,0 2,3 2,1 2,0
consumi collettivi 0,6 0,3 0,0 -0,1 0,2
INVESTIMENTI -1,6 -0,1 1,1 2,6 0,5
macchine -1,9 -2,3 -0,2 1,8 -0,7
mezzi trasporto 4,8 11,6 15,0 18,3 12,5
costruzioni -2,7 -0,6 -0,7 -0,3 -1,1
ESPORTAZIONI -1,5 6,7 12,1 20,2 9,5
(*) IV TRIMESTRE E ANNO STIME
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

Le nostre imprese esportatici sembrano, infatti, aver puntato negli anni più su di una competitività di prezzo, favorita anche dalle possibilità offerte dalle ripetute svalutazioni, che di prodotto sia dal punto di vista qualitativo che innovativo, come dimostrano anche le cifre molto contenute spese nel nostro paese per la R&S, l’unica in grado di garantire risultati duraturi nel tempo.

...ma in misura ancora più consistente le importazioni

La scarsa presenza di elementi strutturali nelle ripresa in atto nel nostro paese e le incertezze che ancora condizionano lo sviluppo si evidenziano anche dalla dinamica delle importazioni. La sostenuta crescita, a fine anno l’incremento dovrebbe essere pari a circa il 14% in termini reali, è stata trainata in gran parte dall’aumentata domanda per autovetture straniere e dall’acquisto di materiali per la loro produzione.

Il combinarsi delle dinamiche dell’import e dell’export ha prodotto per la prima volta dal ’92 una riduzione dell’attivo del saldo estero, riducendone il contributo alla crescita del PIL.

La domanda interna

I consumi delle famiglie sono aumentati solo per effetto degli incentivi sulle auto

Il condizionamento sull’evoluzione economica dell’anno appena trascorso derivante dagli incentivi all’acquisto di nuove autovetture si evidenzia in misura ancora più consistente se si guarda alla dinamica riscontrata dalla domanda interna, per la componente relativa ai consumi delle famiglie.

Come è noto, infatti, l’incremento dei consumi registrato nell’anno in corso è derivato quasi esclusivamente dalla maggiore domanda per beni durevoli, poco meno del 15% in più rispetto all’anno precedente.

Questa evoluzione è stata diretta conseguenza del sostenuto incremento della domanda per autovetture (oltre 2 milioni e 400mila automobili vendute nell’anno circa 600mila in più dell’anno precedente), che in presenza di un reddito disponibile delle famiglie sostanzialmente stagnante – il recupero del potere di acquisto dei salari è stato quasi totalmente assorbito dall’aumento della pressione fiscale – ha portato ad una stabilità dei consumi in termini reali per gli altri beni.

Tab. 2 – CONSUMI FINALI DELLE FAMIGLIE PER TIPOLOGIA 1997 (*) (prezzi 1990)
(Variazioni % sul periodo corrispondente)

  I II III IV ANNO
  TRIM. TRIM. TRIM. TRIM.  
TOTALE CONSUMI 1,5 2,0 2,3 2,1 2,0
BENI 1,4 2,0 3,1 3,1 2,4
Non durevoli 0,3 -0,5 -0,9 -1,2 -0,6
Semidurevoli -0,2 -0,4 1,6 0,0 0,2
Durevoli 7,6 13,6 17,4 20,7 14,9
SERVIZI 1,7 2,0 1,0 0,5 1,3
(*) IV TRIMESTRE E ANNO STIME
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

Il forte spostamento di spesa verso le autovetture ha ridotto anche la dinamica della crescita della domanda di servizi da parte delle famiglie, che dovrebbe aver segnalato nella media dell’anno un incremento in termini reali prossimo all’1,3%, il più contenuto degli ultimi anni.

La stagnazione dei consumi al netto della domanda di autovetture e le incertezze sull’avvio di un ciclo economico espansivo consolidato si sono riflesse in primo luogo sull’evoluzione degli investimenti, che ad eccezione della componente relativa ai mezzi di trasporto, continuano a non mostrare significativi sintomi di ripresa.

D’altra parte stando alle ultime indicazioni sul grado di utilizzo degli impianti si riscontra come, pur in presenza di una crescita, esistano ancora ampi margini di capacità produttiva non utilizzati.

A contenere le spese per investimenti anche nell’ultima parte dell’anno hanno contribuito sicuramente le aspettative degli operatori di un modestissimo rallentamento della produzione nei primi mesi del ’98.

L’occupazione

Continuano ad aumentare i disoccupati

Nonostante la presenza di un quadro economico meno negativo l’occupazione non ha mostrato segnali di ripresa, anzi nella media dell’anno il tasso di disoccupazione ha fatto registrare un, sia pure modestissimo, incremento passando dal 12,1% del ’96 al 12,3% del ’97, segnalando un aumento delle persone in cerca di occupazione di oltre 40mila unità.

Il peggioramento è imputabile all’aggravarsi della situazione nel sud del paese dove il tasso di disoccupazione si è attestato nella media dell’anno sul 22,2% (21,7% nel ’96).

Tab. 3 – Tasso di disoccupazione per aree - ANNO

  1994 1995 1996 1997
Nord 6,8 6,7 6,6 6,6
Nord Ovest 7,3 7,4 7,3 7,3
Nord Est 6,1 5,9 5,6 5,7
Centro 9,5 10,3 10,3 10,2
Sud 19,2 21,1 21,7 22,2
ITALIA 11,3 12,0 12,1 12,3
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

Ancora più grave appare la situazione se si considera che nel mezzogiorno, inversamente a quanto riscontrato nel resto del paese, si è continuato a registrare un incremento del tasso di disoccupazione giovanile passato dal 55,9% del ’96 al 56,3% del ’97.

Si riduce nell’anno l’occupazione nei settori agricolo ed industriale ed aumenta nei servizi

Relativamente agli occupati, il cui numero è risultato sostanzialmente analogo a quello dell’anno precedente, si segnala nella media del ’97 una riduzione degli occupati indipendenti, in particolare nel settore commerciale, compensata dalla crescita dei dipendenti, quasi tutti concentrati nel comparto dei servizi vendibili.

I settori primario e secondario hanno, viceversa, continuato, nelle media dell’anno, ad espellere occupati (rispettivamente -32mila e -26mila occupati).

In particolare l’industria manifatturiera, nonostante la ripresa produttiva riscontrata nel corso dell’anno ha fatto registrare nella media del ‘97 una diminuzione del numero di persone occupate pari a 20mila unità, sintesi di una consistente flessione nella prima parte dell’anno e di un recupero nei mesi finali che sembra, comunque, aver interessato in misura prevalente le PMI.

Come è noto il comparto manifatturiero, in particolare le grandi aziende, per fare fronte alle mutate esigenze del mercato utilizza ormai da tempo come strumento di flessibilità la CIG, ridottasi di circa il 50% nell’anno appena trascorso, e gli straordinari, situazione che determina una sostanziale indipendenza delle dinamiche occupazionali rispetto agli andamenti ciclici.

Ancora una volta si dimostra quindi come sia impensabile per cercare di avviare un miglioramento duraturo nel mercato del lavoro puntare sulla ripresa dell’industria e come sia necessaria una inversione di rotta nelle politiche attive del lavoro in grado di garantire maggiore flessibilità anche nelle PMI.

Tab. 4 – OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITÀ
(variazioni assolute sul periodo corrispondente) - 1997

  Gen. Apr. Lug. Ott. ANNO
AGRICOLTURA -45 -22 -41 -18 -31
DIPENDENTI -17 -33 -35 2 -21
INDIPENDENTI -28 11 -6 -19 -10
INDUSTRIA -132 -108 49 86 -26
DIPENDENTI -103 -60 42 62 -15
INDIPENDENTI -29 -48 7 24 -12
In senso stretto -64 -122 38 67 -20
Dipendenti -59 -75 30 43 -15
Indipendenti -5 -47 8 24 -5
Costruzioni -68 14 11 19 -6
Dipendenti -44 15 12 19 1
Indipendenti -24 -1 -1 0 -7
ALTRE ATTIVITA' 169 140 -7 -75 57
DIPENDENTI 182 158 34 -22 88
INDIPENDENTI -13 -18 -41 -53 -31
Commercio -21 -116 -83 -32 -63
Dipendenti 33 -13 10 33 16
Indipendenti -54 -103 -93 -65 -79
TOTALE -8 10 1 -6 -1
DIPENDENTI 62 65 41 41 52
INDIPENDENTI -70 -55 -40 -48 -53
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

LE IMPRESE

Gli andamenti produttivi settoriali si sono riflessi sul sistema imprenditoriale.

Continua a ridursi il numero di imprese nel commercio al dettaglio

In particolare l'andamento della nati/mortalità delle imprese del commercio evidenzia, in linea con l’evoluzione dei consumi di beni, una situazione ancora critica che perdura ormai da alcuni anni e che registra un elevato numero di imprese, soprattutto di piccole dimensioni, fuoriuscite dal mercato la cui perdita non è compensata dal numero, comunque significativo, di nuovi imprenditori nel settore.

Nei primi nove mesi del '97 sono state cancellate dalle anagrafi camerali quasi 75mila imprese del commercio, che si aggiungono alle oltre 230mila del 1995 e '96, contro poco più di 62mila nuove iscrizioni, segnalando un saldo negativo per oltre 12mila imprese.

A livello territoriale sono le regioni del Nord e del Centro che hanno registrato saldi negativi più pesanti, mentre nel Sud la minore competitività tra le imprese e la funzione "rifugio" svolta dal commercio, seppur in misura inferiore al passato, hanno consentito una maggiore tenuta delle imprese.

Tab. 5 – SALDI ISCRIZIONI E CESSAZIONI DELLE IMPRESE COMMERCIALI, TURISTICHE E DEI SERVIZI PER AREA – GENNAIO- OTTOBRE - 1997

  Nord Centro Sud ITALIA
COMMERCIO INGROSSO E DETTAGLIO -7.975 -3.348 -1.052 -12.375
Comm.,manut.e rip.autov.e motocicli -987 -483 -524 -1.994
Comm.ingr.e interm.del comm.escl.autov. 208 -132 987 1.063
Comm.dett.escl.autov.;rip.beni pers. -7.196 -2.733 -1.515 -11.444
ALBERGHI E PUBBLICI ESERCIZI 28 232 830 1.090
SERVIZI 1.377 -128 1.598 2.847
TOTALE ECONOMIA (Netto Agricoltura) 8.161 6.029 13.399 27.589
Il Totale è calcolato al netto del settore Agricolo, in quanto l’obbligo di iscrizione a partire dal ’96 anche per i soggetti precedentemente esentati, imprenditori agricoli e coltivatori diretti, ha determinato anche nel ’97 un incremento nei flussi delle imprese iscritte al settore agricolo non direttamente riconducibile all’avvio di nuove iniziative imprenditoriali
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati INFOCAMERE

Una vitalità imprenditoriale in crescita registra, al contrario, il settore del turismo pur in presenza di una stagione che ha visto un progressivo rallentamento dei flussi di visitatori dopo i buoni risultati ottenuti a partire dal 1994.

Il confronto tra le iscrizioni e le cessazione di imprese turistiche ha mostrato un saldo positivo di oltre mille unità, questo ha interessato tutte le ripartizione territoriali ad eccezione del nord-ovest; si segnala in particolare la situazione del Sud che registra un saldo positivo di 800 imprese.

Anche nei servizi, sia quelli destinati alle imprese che alle famiglie, i segnali sono positivi, costituendo in tal modo un settore di forte attrazione per la nuova imprenditoria: a fronte di poco più di 50mila imprese cessate le nuove iscrizioni sono oltre 53mila; la crescita ha riguardato tutte le aree territoriali ad eccezione del Centro dove il saldo risulta leggermente negativo.

L’inflazione

L’inflazione scende nella media dell’anno all’1,7%

Un risultato migliore del previsto è stato conseguito nel corso dell’anno dal punto di vista dell’inflazione scesa costantemente nei primi sei mesi e attestatasi nella seconda parte dell’anno su valori prossimi all’1,5%.

Questa dinamica ha portato ad una crescita dei prezzi al consumo nella media dell’anno dell’1,7% il valore più basso dal 1968, ed in linea con quello registrato in altri paesi europei tradizionalmente a bassa inflazione.

Il processo di rallentamento dei prezzi non è stato comunque un fenomeno esclusivamente italiano, in quanto nell’intera area della UE si è riscontrata una attenuazione delle dinamiche inflazionistiche con significativi progressi in termini di convergenza.

Tab. 6 – INFLAZIONE NEI PAESI DELLA UE – INDICE DEI PREZZI ARMONIZZATO GENNAIO- OTTOBRE
(Variazioni % sul periodo corrispondente)

PAESE 1996 PAESE 1997
Svezia 0,9 Finlandia 1,1
Lussemburgo 1,1 Austria 1,2
Germania 1,2 Francia 1,3
Olanda 1,4 Irlanda 1,3
Finlandia 1,5 Lussemburgo 1,4
Belgio 1,7 Germania 1,5
Austria 1,7 Belgio 1,6
Danimarca 1,8 Svezia 1,7
Irlanda 2,1 UE 15 1,7
Francia 2,2 Portogallo 1,8
UE 15 2,5 Regno Unito 1,9
Portogallo 3,0 Spagna 1,9
Spagna 3,6 Olanda 1,9
Italia 4,2 Italia 1,9
Grecia 8,0 Danimarca 2,1
Regno Unito n.d. Grecia 5,6
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati EUROSTAT

Ad ottobre del ’96 il differenziale in termini di tasso di crescita dei prezzi tra il paese a più elevata inflazione e quello a più bassa era di oltre 7 punti percentuali, valore sceso ad ottobre del ’97 a circa 4 punti.

In Italia il rallentamento del tasso di crescita dei prezzi al consumo ha assunto sempre di più connotati strutturali – come dimostrano le dinamiche registrate negli anni ’90 che hanno visto, pur in presenza di continui scock esogeni, quali le forti svalutazioni della lira riscontrate in fasi successive tra il ’92 ed il ’95 e le modifiche delle aliquote iva, un tendenziale rallentamento.

Questo processo di «disinflazione» del sistema sembrerebbe essere giunto a maturazione nell’ultimo anno.

Alla base di queste considerazioni vi sono:

  • il fatto che il rallentamento dei prezzi al consumo è stato raggiunto in assenza di interventi di politica economica volti a conseguire questo obiettivo, anzi gli aumenti dei prezzi dei servizi di pubblica utilità e la revisione delle aliquote IVA attuata ad ottobre sembrano andare in direzione opposta,
  • la sostanziale omogeneità nelle dinamiche tendenziali dei prezzi al consumo e all’origine,
  • gli andamenti molto articolati tra i diversi capitoli di spesa che sono all’origine del tendenziale rallentamento dei tassi di crescita.

Tab. 7 – INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO PER LE FAMIGLIE DI OPERAI ED IMPIEGATI
(Variazioni % sul periodo corrispondente)

CAPITOLI DI SPESA I II III IV  
  TRIM. TRIM. TRIM. TRIM. MEDIA
INDICE GENERALE          
– netto tabacchi 2,4 1,6 1,5 1,5 1,7
Alimentazione          
– netto tabacchi 1,6 -0,4 -1,0 -0,5 -0,1
Abbigliamento 3,1 2,6 2,4 2,4 2,6
Abitazione, acqua, elettricità e comb. 5,3 4,0 5,5 4,1 4,7
Mobili, art. uso domestico 2,1 1,6 1,3 1,2 1,6
Sanità' e salute 3,0 2,9 3,5 3,9 3,4
Trasporti 2,5 1,5 1,3 1,3 1,7
Ricreazione, spettacoli e cultura 1,3 0,4 0,2 0,8 0,7
Istruzione 3,9 3,4 3,3 2,3 3,2
Alberghi, ristoranti, bar 3,0 2,4 2,0 2,1 2,4
Altri beni e servizi 0,8 1,7 1,8 2,1 1,6
Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

In particolare si segnala come al positivo andamento dell’inflazione riscontrato nell’ultimo anno abbia contribuito in misura rilevante il comparto dell’alimentazione, che ha mostrato nella media dell’anno una lievissima tendenza alla diminuzione dei prezzi, favorita dal positivo andamento delle quotazioni dei prodotti freschi alle prime fasi di commercializzazione.

A questo andamento ha fatto, invece, riscontro una crescita del 4,7% del capitolo relativo alle spese per abitazione ed energia, sui quali ha avuto una notevole influenza l’aumento riscontrato per l’acqua potabile (17,5%) e gli affitti (7,0%), e del 3,4% per il servizi sanitari e le spese per la salute.

Finanza pubblica

I provvedimenti di riequilibrio dei conti pubblici per il 1997, predisposti sia con la legge finanziaria del ’96 (62.500 miliardi), sia con l’ulteriore aggiustamento di 15.500 miliardi della manovra aggiuntiva di marzo ’97, hanno portato, secondo le prime stime del Ministero del Tesoro, il fabbisogno di cassa del settore statale a 52.500 miliardi, migliorando di oltre 11.000 miliardi le previsioni della RPP del settembre scorso.

Considerando anche l’andamento più favorevole del prodotto interno lordo, che dovrebbe evidenziare nel ’97 una crescita di circa l’1,5%, superiore alla previsione del Governo (+1,2%), il rapporto tra fabbisogno e PIL si attesterebbe sul 2,7%, cioè al di sotto del fatidico 3% adottato dal Governo come obiettivo primario per il rispetto dei parametri di Maastricht, migliorando di oltre 4 punti il risultato del ’96.

Occorre però sottolineare che ai fini della valutazione della convergenza verso i parametri per l’ingresso nella moneta unica, viene preso in considerazione l’aggregato «Amministrazioni pubbliche», che presenta alcune differenze contabili rispetto al «settore statale».

Conseguentemente, sarà il rapporto tra indebitamento netto (cioè il disavanzo delle Amministrazioni pubbliche) e PIL a dover rimanere sotto la soglia del 3%.

La conversione del fabbisogno di cassa in indebitamento netto potrebbe però evidenziare un peggioramento nel rapporto con il PIL: la stessa RPP del settembre scorso stimava un livello dell’indebitamento di poco superiore ai 58.000 miliardi, che equivarrebbe esattamente al 3% del PIL.

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