VERSO UNA NUOVA STAGNAZIONE? ANALISI CONGIUNTURALE

VERSO UNA NUOVA STAGNAZIONE? ANALISI CONGIUNTURALE

Un'analisi dettagliata dell'economia italiana e del terziario di mercato in particolare, evidenzia i punti critici del nostro sistema economico e le prospettive per i prossimi mesi.

DateFormat

1 luglio 1999

 

INDICE

 

 

 

1.

L'ECONOMIA INTERNAZIONALE

 

                                                                                                                     

1.1

Il 1998 nelle principali aree

pag.    1

1.2

Le prospettive a breve

pag.    4

 

 

2.

L'ECONOMIA ITALIANA

 

 

2.1

La dinamica del prodotto

pag.    6

2.2

La domanda estera

pag.    7

2.3

La domanda interna

pag.    9

2.3.1

Consumi, reddito e risparmio delle famiglie

pag.    9

2.3.2

Investimenti

pag.  14

2.4

L'occupazione

pag.  16

2.5

I prezzi

pag.  20

2.6

Le prospettive nel medio periodo

pag.  22

2.6.1

Le proposte per lo sviluppo

pag.  24

 

 

3.

L'EVOLUZIONE DEI SETTORI

 

 

3.1

I risultati economici

pag.  27

3.2

La struttura produttiva

pag.  27

3.3

L'agricoltura

pag.  29

3.4

L'industria

pag.  31

3.5

Il terziario di mercato

pag.  33

 

 

4.

COMMERCIO, TURISMO E SERVIZI: LE DINAMICHE SETTORIALI

 

 

4.1

Il commercio

.

4.1.1

L'andamento del commercio nell'economia del Paese

pag.  36

4.1.2

La vitalità imprenditoriale del settore sul territorio

pag.  37

4.1.3

Le prospettive

pag.  40

 

 

 

4.2

Il turismo

 

4.2.1

L'andamento del turismo nell'economia del Paese

pag.  43

4.2.2

La domanda

pag.  45

4.2.3

La vitalità imprenditoriale del settore sul territorio

pag.  47

4.2.4

Le prospettive

pag.  49

 

 

4.3

I servizi alle imprese e alle famiglie

 

4.3.1

L’andamento dei servizi nell'economia del Paese

pag.  50

4.3.2

La vitalità imprenditoriale del settore sul territorio

pag.  52

 

 

5.

IL MEZZOGIORNO

 

 

5.1

Le tendenze di medio periodo

pag.  54

5.2

Le tendenze recenti

pag.  58

5.3

Le politiche per lo sviluppo

pag.  60

 

 

6.

OCCUPAZIONE E INVESTIMENTI: IL QUADRO EUROPEO

 

6.1

La teoria economica

pag.  62

 

6.2

Analisi settoriali dell'occupazione in Europa

pag.  64

 

6.3

Considerazioni conclusive

pag.  67

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinatore:

Carlo Mochi

 

Hanno collaborato:

Silvia Criscuolo, Giovanna Greco, Marco Iezzi, Francesco Lioci,

Luciano Mauro, Livia Patrignani

 

L’elaborazione dati è stata curata da:

Barbara Nicolai, Fabrizio Vicari

 

Il presente Rapporto è stato elaborato con le informazioni disponibili al 28 giugno 1999.

 


1. L’economia internazionale

 

 

1.1 Il 1998 nelle principali aree

 

L’economia mondiale, ad eccezione del Stati Uniti, ha subito nel corso del 1998 un sensibile rallentamento, che ha interessato tutte le principali aree sviluppate.

 

La dinamica del PIL mondiale, dopo quattro anni di crescita sostenuta con tassi superiori al 4,0%, si è ridimensionata in misura significativa attestandosi sul 2,5%.

 

Sul dato ha influito la grave recessione del Giappone (-2,8%), il cui prodotto rappresenta quasi il 7,5% del totale mondiale, e la performance modesta degli altri paesi avanzati, cresciuti in media rispetto al 1997 di appena l’1,1%, anche a causa della grave battuta d’arresto di due economie molto dinamiche quali Korea (-5,5%) e Hong Kong (-5,1%).

 

 

Peso % delle aree economiche sul PIL mondiale – 1998

(valutazioni del PIL nazionale sulla base delle Parità di Potere d’Acquisto)

Unione Europea

19,86

- Austria

0,47

- Belgio

0,57

- Danimarca

0,32

- Finlandia

0,28

- Francia

3,44

- Germania

4,50

- Grecia

0,27

- Irlanda

0,20

- Italia

3,10

- Lussemburgo

0,04

- Paesi Bassi

0,90

- Portogallo

0,34

- Regno Unito

3,31

- Spagna

1,65

- Svezia

0,48

Stati Uniti

20,76

Giappone

7,44

Paesi in transizione (1) ed in via di sviluppo (2)

51,94

MONDO

100,00

(1)    Russia, Europa centrale ed orientale, Asia centrale e transcaucasica

(2)    Africa, Asia, Medio oriente ed Emisfero Occidentale ( Area del Pacifico e America Latina)

 

FONTE: IMF, World Economic Outlook Database, 1999.

 

 

 

La crescita dei paesi in via di sviluppo è stata sostenuta (+3,3%), ma si è pressoché dimezzata rispetto alla media del quinquennio precedente; i paesi in transizione hanno invece evidenziato una modesta flessione (-0,2%), dopo il dato positivo del 1997, ritornando sul trend negativo che li ha caratterizzati per tutti gli anni novanta.

 

Allarmante risulta la recessione russa, con una flessione del PIL che ha sfiorato il 5% e che vanifica il timido segnale di ripresa dell’anno precedente (+0,8%), indizio di un apparente superamento del punto di svolta inferiore del ciclo fortemente riflessivo degli anni precedenti.

 

In questo variegato quadro, l’Unione Europea ha mantenuto lo stesso tasso di sviluppo del 1997, pari ad un incremento del 2,8%, inferiore però di oltre un punto alla crescita dell’economia americana, che continua la sua espansione a ritmi medi annui prossimi al 4%, proseguendo il lungo ciclo avviato alla fine del 1991.

 

La crescita europea, e in particolare dell’area dell’euro, è stata sostenuta dalla Germania (+2,8%), dalla Francia (+3,1%) e dalla Spagna (3,8%), mentre il Regno Unito ha evidenziato una dinamica in rallentamento (+2,1%) rispetto alla fase espansiva 1993-97, caratterizzata da un incremento medio superiore al 3%. Particolarmente vivace è stata anche la performance delle economie minori dell’Unione, con Paesi Bassi, Finlandia, Portogallo e Irlanda in grande evidenza, come risulta dai rispettivi profili di crescita sostenuta e prolungata.

 

Solo l’Italia ha mantenuto un profilo di crescita insoddisfacente (+1,4%), peggiorando lievemente rispetto al 1997, in linea con la modesta dinamica del prodotto di tutti gli anni novanta, che in media si è mantenuta oltre mezzo punto percentuale al di sotto del tasso medio dell’intera area dell’euro.

 

In quasi tutte le econome avanzate, il maggior contributo alla crescita del PIL è derivato dalla domanda interna, cioè consumi delle famiglie e investimenti.

 

Negli Stati Uniti il 1998 ha rappresentato un anno di picco sia per i consumi (+4,8%), sia per gli investimenti (+9,7%): entrambi hanno toccato il valore più elevato degli anni novanta, facendo scendere al 4,5% il tasso di disoccupazione e portando così il sistema produttivo al pieno impiego delle risorse.

 

Anche nella UE gli andamenti di consumi (+2,9%) ed investimenti (+5,1%), pur largamente inferiori agli straordinari risultati dell’economia americana, possono essere considerati soddisfacenti, ma non in grado di ridurre il livello strutturale delle disoccupazione, rimasto poco al di sopra del 10%.

 

 

PIL a prezzi costanti nelle economie avanzate

(variazioni % annuali e medie)

 

Media del periodo

1992-1998

1997

1998

Unione Europea

1,9

2,7

2,8

  Danimarca

2,9

3,1

2,9

  Grecia

1,8

3,2

3,7

  Regno Unito

2,5

3,5

2,1

  Svezia

1,4

1,8

2,9

  Area dell’euro

1,8

2,5

2,9

   Austria

2,0

2,5

3,3

   Belgio

1,7

3,0

2,9

   Finlandia

2,8

6,0

5,0

   Francia

1,7

2,3

3,1

   Germania

1,6

2,2

2,8

   Irlanda

7,4

9,8

9,0

   Italia

1,2

1,5

1,4

   Lussemburgo

4,9

4,8

4,1

   Paesi Bassi

2,0

3,6

3,7

   Portogallo

2,4

4,0

3,9

   Spagna

2,0

3,5

3,8

Stati Uniti

3,1

3,9

3,9

Giappone

1,0

1,4

-2,8

Altre economie avanzate extraeuropee(1)

5,4

6,0

-1,5

(1)    Korea, Australia, Taiwan, Hong Kong, Singapore e Nuova Zelanda.

 

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati IMF, World Economic Outlook, 1999.

 

 

Delle grandi economie europee solo Germania ed Italia presentano nel 1998 un’evoluzione della domanda interna pressoché simile ed intonata ad un profilo piuttosto modesto, con consumi al di sotto del 2% ed investimenti molto ridotti in Germania (+1,6%) e più sostenuti in Italia (+3,5%).

 

La domanda interna è risultata fortemente negativa nelle altre economie avanzate extraeuropee ed in Giappone (-6,8% e –3,3%, rispettivamente), per effetto del crollo degli investimenti, quasi il 9% in Giappone e circa il 12% nelle altre economie, e della sensibile contrazione dei consumi manifestatasi in tutti i paesi asiatici. Le gravi turbolenze che dalla seconda metà del 1997, per gli eccessi speculativi e la debolezza dei sistemi bancari, hanno afflitto i mercati finanziari dei paesi di più recente industrializzazione, si sono rapidamente estese a tutta l’area con contraccolpi negativi sull’economia reale.

 

 

1.2 Le prospettive a breve

 

L’economia mondiale continua ad essere caratterizzata da molte incognite. Nel 1999 il prodotto mondiale potrebbe peggiorare ulteriormente rispetto all’anno precedente, toccando con il 2,3% il livello più basso dal 1991.

 

Oltre la metà della crescita mondiale nell’ultimo quinquennio risulta spiegata dalla formidabile crescita dell’economia americana, che resta per il momento l’unico motore dello sviluppo economico.

 

In questi primi mesi dell’anno emergono segnali positivi dai paesi asiatici (Malaysia, Thailandia, Filippine, Indonesia, Korea) maggiormente colpiti dalle turbolenze dei mercati finanziari del periodo 1997-98, grazie anche al recupero di competitività delle loro esportazioni per effetto del sensibile deprezzamento dei cambi verso il dollaro e l’area dell’euro. Le importazioni in quantità da questi paesi da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sono aumentate, rispettivamente, del 10,5% e del 7,5% nel corso del 1998.

 

Resta, tuttavia, ancora elevato il rischio di una recessione mondiale per effetto del perdurare della crisi russa, con la mancata adozione di politiche coerenti capaci di promuovere la stabilizzazione e le riforme, e per le ricadute negative della crisi brasiliana conseguente ai forti deflussi di capitali esteri che hanno portato la moneta brasiliana ad abbandonare la banda quasi-rigida di oscillazione a cui si era vincolato il suo tasso di cambio.

 

Peraltro, l’intera area latino-americana sta sperimentando dalla metà del 1998 un sensibile rallentamento dell’economia, come conseguenza di un declino nell’afflusso di capitali privati esteri e di un ulteriore riduzione dei prezzi all’export delle materie prime.

 

Ne consegue che la domanda estera di prodotti italiani sarà fortemente influenzata dall’evoluzione delle crisi regionali.

 

PIL, prezzi al consumo e disoccupazione nelle economie avanzate - Previsioni

(Variazioni % annuali e % della forze di lavoro)

 

PIL

1999   2000

Prezzi

1999   2000

Disoccupazione

1999    2000

Unione Europea

1,8

2,7

1,3

1,6

9,9

9,7

  Danimarca

1,3

2,0

1,9

2,1

6,4

6,6

  Grecia

3,3

3,4

2,5

2,9

10,0

9,9

  Regno Unito

0,7

2,1

2,7

2,4

4,6

5,1

  Svezia

2,1

2,8

0,2

1,0

5,9

5,7

  Area dell’euro

2,0

2,9

1,0

1,4

11,3

11,0

   Austria

2,0

2,5

1,0

1,3

6,4

6,3

   Belgio

1,9

2,2

1,1

1,4

8.7

8,5

   Finlandia

3,1

3,5

1,5

2,0

10,2

10,0

   Francia

2,2

2,9

0,5

1,1

11,4

11,1

   Germania

1,5

2,8

0,6

1,0

10,9

10,4

   Irlanda

6,7

6,4

2,0

2,0

6,8

6,2

   Italia

0,7

2,1

1,4

1,5

12,2

12,0

   Lussemburgo

3,9

4,4

1,7

1,7

4,5

4,7

   Paesi Bassi

2,3

2,6

1,6

2,2

5,3

4,9

   Portogallo

3,1

3,2

2,3

2,0

5,1

5,2

   Spagna

3,3

3,5

1,8

2,1

17,7

17,1

Stati Uniti

3,3

2,2

2,1

2,4

4,5

4,7

Giappone

-1,4

0,3

-0,2

-0,2

4,8

4,9

Altre economie avanzate extraeuropee(1)

1,8

3,9

0,5

1,2

6,3

5,8

(1)    Korea, Australia, Taiwan, Hong Kong, Singapore e Nuova Zelanda.

 

FONTE: IMF, World Economic Outlook,1999; per l'Italia previsioni Centro Studi Confcommercio

 

 

Nell’ultimo biennio la quota di mercato mondiale detenuta dalle esportazioni italiane è rimasta attestata sul 4,5%. Ma il brusco ridimensionamento del commercio mondiale, dal 10,6% del 1997 al 3,0% del 1998, che sembra prolungarsi anche nell’anno in corso, 3,9% secondo le recenti stime del FMI, ha sensibilmente ridotto il contributo alla crescita italiana del saldo delle partite correnti. Anche per il 1999 ci si attende una dinamica non favorevole dei volumi esportati

 

Solo per il 2000 è attesa una discreta ripresa del commercio mondiale, di poco inferiore al 6%, che dovrebbe riportare, considerando pressoché stabile la posizione occupata dall’Italia nel novero dei paesi esportatori, la dinamica delle nostre esportazioni in volume su livelli prossimi al 5-6%, ma ancora largamente inferiore ai tassi di crescita del triennio 1993-95.

 

 

 

2. L’ECONOMIA ITALIANA

 

2.1 La dinamica del prodotto

 

Il rallentamento ciclico riscontrato a livello internazionale a partire dall’inizio del secondo semestre del ‘98 ha prodotto effetti consistenti sull’economia italiana cresciuta lo scorso anno dell’1,3% in termini reali, meno della metà della media della UEM, segnalando una lieve diminuzione rispetto ai già modesti risultati del ’97 (1,5%).

 

 

Conto economico Risorse e Impieghi (Miliardi 1995)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

PIL ai prezzi di mercato

0,8

-0,9

2,2

2,9

0,9

1,5

1,3

Importazioni di beni e servizi

4,7

-10,3

10,3

10,4

-1,3

10,0

6,1

TOTALE   RISORSE

1,4

-2,5

3,5

4,2

0,5

3,0

2,2

Consumi finali interni

1,1

-2,0

1,5

1,1

0,7

1,8

1,6

- Spesa delle famiglie

1,3

-2,6

2,2

2,2

0,5

2,6

1,7

- Spesa delle A.P. e delle Istituzioni senza

   scopo di lucro al servizio delle famiglie

0,6

-0,2

-0,8

-2,1

1,4

-0,5

1,3

Investimenti fissi lordi

-1,4

-10,9

0,1

6,0

2,3

0,9

3,5

Esportazioni di beni e servizi

6,5

8,0

10,1

12,7

1,5

5,0

1,2

TOTALE IMPIEGHI

1,4

-2,5

3,5

4,2

0,5

3,0

2,2

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

 

Le difficoltà registrate sui mercati internazionali, e che hanno portato ad un peggioramento della domanda estera, si sono associate ad una dinamica della domanda interna non particolarmente sostenuta e che si è dimostrata fortemente reattiva al mutamento, in negativo, del quadro di riferimento.

 

Le ingenti manovre effettuate negli ultimi anni per il risanamento del bilancio pubblico, con trasferimenti di risorse dai settori privati allo stato, la coscienza dell’impossibilità per quest’ultimo di intervenire con misure anticicliche e la percezione che il processo di aggiustamento non è ancora pienamente compiuto hanno portato ad un incertezza nelle aspettative dei soggetti economici condizionandone i comportamenti.

 

In sostanza le famiglie e le imprese percependo il rischio di interventi aggiuntivi dal lato della finanza pubblica che potrebbero determinare un ulteriore contrazione del reddito e minori disponibilità per gli investimenti - riforma del welfare, aumento delle imposte dirette e indirette e dei contributi -, sono risultate fortemente reattive alle fasi di peggioramento del quadro congiunturale e meno disponibili ad investire o consumare nelle fasi di miglioramento.

 

Questa situazione spiega in parte la minore crescita italiana, rispetto agli altri paesi europei, tra la fine del ’97 e l’inizio del ’98, periodo nel quale era attesa una ripresa sensibile, e la repentina attenuazione della domanda interna al manifestarsi delle crisi internazionali.

 

La tendenza al rallentamento riscontrata nella parte finale dello scorso anno sembra essere proseguita, con toni anche abbastanza accentuati, nella prima parte del ’99.

 

La produzione industriale segnala, infatti, nella media del periodo gennaio - aprile ’99 una diminuzione dell’1,7% rispetto ai primi quattro mesi del ’98, con flessioni più sensibili per i beni intermedi ed i beni di investimento, sintomo di aspettative per i prossimi mesi da parte degli imprenditori non particolarmente favorevoli, determinate anche dall’andamento degli ordinativi nazionali ed esteri a marzo.

 

Qualche timido segnale di inversione di tendenza sembra essersi cominciato a riscontrare, sulla scia di un contesto internazionale meno critico, nel mese di giugno.

 

Evoluzione che dovrà, comunque, essere confermata nei prossimi mesi, e che difficilmente assumerà i toni di una crescita sostenuta  permettendo alla nostra economia di chiudere l’anno in corso con una crescita superiore all’1,0%.

 

 

2.2 La domanda estera

 

Il deterioramento delle condizioni economiche in molte aree, associate ad una dinamica interna non particolarmente sostenuta per tutto il 1998,  hanno portato ad un contributo negativo della domanda estera netta alla crescita del Paese.

 

In termini quantitativi le esportazioni di beni e servizi hanno mostrato una tendenza alla decelerazione, fattasi particolarmente pesante negli ultimi mesi dell’anno, segnalando nella media del 1998 una crescita dell’1,2% (5,0% nel ’97) il risultato più contenuto dal ’91.

 

 

Esportazioni di Beni e Servizi (Miliardi 1995)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

TOTALE

6,5

8,0

10,1

12,7

1,5

5,0

1,2

- Esportazioni di beni fob

4,2

8,0

12,0

12,9

1,9

3,1

1,7

- Esportazioni di servizi

21,5

8,0

-0,7

11,1

-0,9

17,3

-2,0

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

In particolare nel corso dell’ultimo anno si è riscontrata una diminuzione in termini quantitativi (-2,0%) della voce relativa ai servizi, in netta controtendenza con quanto registrato nel ’97 (+17,3%).

 

Il calo della domanda estera di beni è in gran parte ricollegabile alla crisi asiatica che ha portato da un lato ad una minore domanda di merci italiane da parte dei paesi coinvolti nella crisi, dall’altro il deprezzamento delle valute di questi paesi, in considerazione della specializzazione del nostro export in produzioni mature, ha determinato una forte concorrenza per le nostre merci, prodotte già a costi più elevati, sui mercati più dinamici.

 

Il rallentamento economico interno associato all’accumulo di scorte realizzato negli ultimi due anni, ha prodotto una tendenza al ridimensionamento anche della domanda italiana verso l’estero, in particolare negli ultimi mesi dell’anno nel quale si sono registrati valori pesantemente negativi.

 

 

Importazioni di Beni e Servizi (Miliardi 1995)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

TOTALE

4,7

-10,3

10,3

10,4

-1,3

10,0

6,1

- Importazioni di beni cif

3,2

-10,7

12,0

10,5

-2,2

9,7

6,8

- Importazioni di servizi

14,8

-8,4

0,1

10,0

4,5

11,7

2,0

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

 

Ciò nonostante nella media dell’anno le importazioni in quantità hanno mostrato una crescita ancora abbastanza sostenuta e pari al 6,1%, in conseguenza di una dinamica particolarmente accentuata nei primi due trimestri, sui quali hanno ancora influito gli effetti della maggior richiesta di autovetture importate da parte delle famiglie.

 

Il combinarsi delle dinamiche delle importazioni e delle esportazioni ha portato nel corso del ’98 ad un ulteriore ridimensionamento dell’attivo estero, risultato, comunque, positivo per il sesto anno consecutivo.

 

Le dinamiche riscontrate a partire dalla seconda parte dello scorso anno dal lato della domanda estera sembrano essere proseguite anche in questa prima parte del ’98.

 

Le esportazioni hanno, infatti, subito un ulteriore battuta d’arresto, derivante in larga parte dalla minor domanda da parte dei paesi extra UE, con toni anche abbastanza significativi in alcune aree del Paese.

 

Anche le importazioni, in linea con la bassa dinamica produttiva interna, hanno mostrato una tendenza al rallentamento in valore in particolare dai paesi extra UE.

 

Il combinarsi delle dinamiche dell’import e dell’export ha portato nei primi quattro mesi dell’anno ad un ulteriore ridimensionamento del nostro attivo con l’estero sceso a poco più di 5.800 miliardi, contro gli oltre 8.800 dell’analogo periodo del ’98.

 

 

2.3 La domanda interna

 

Più dinamica è risultata nel corso del ’98 la domanda interna, aumentata in termini reali, al netto della variazione delle scorte, del 2,0%, in modesta crescita rispetto all’anno precedente (1,7%).

 

Questo dato rappresenta, comunque, un valore molto contenuto in rapporto a quanto riscontrato nella media della UEM (+3,6%), in particolare decisamente meno sostenuta è risultata la crescita della spesa delle famiglie.

 

 

2.3.1 Consumi, reddito e risparmio delle famiglie

 

Nella media del ’98 la spesa per consumi delle famiglie è aumentata in termini reali dell’1,7% (2,9% nella media UEM) segnalando un ridimensionamento rispetto alla dinamica del ’97 (2,6%), derivante in larga parte dal minor contributo fornito dalla spesa per acquisto in mezzi di trasporto.

 

Su questa evoluzione ha inciso la contenuta dinamica del reddito lordo disponibile aumentato in termini reali, nonostante la ripresa dei livelli occupazionali, solo dello 0,6%, conseguenza di una dinamica lievemente positiva delle entrate derivanti dai redditi da lavoro dipendente e di un contenimento dei redditi da attività finanziarie.

 

La repentina discesa dei tassi d’interesse sui titoli di stato, che per anni hanno rappresentato la forma più redditizia di risparmio, e le sensibili fluttuazioni del mercato azionario, che nel nostro Paese continua ad avere una dimensione limitata visto il numero relativamente basso di imprese quotate, hanno continuato a determinare un clima di  forte incertezza sulla gestione del risparmio familiare.

 

Nonostante si noti un progressivo spostamento verso titoli a medio e lungo termine, che garantiscono rendimenti più remunerativi, e ancor più verso i fondi gestiti non si sono ancora compiuti i processi di riallocazione del risparmio che dovrebbero portare da un lato a convogliare quote più consistenti di risparmio verso le imprese, dall’altro a garantire maggiori entrate alle famiglie.

 

Analizzando la dinamica della spesa delle famiglie nel corso del ’98 si è riscontrata una evoluzione leggermente più favorevole, rispetto all’anno precedente, della domanda per servizi, fortemente compressa nel ’97, ed un sensibile rallentamento della componente relativa ai beni, su cui un ruolo significativo è stato svolto dalla minore domanda di autovetture.

 

 

Spesa Delle Famiglie per Tipo di Consumo (Miliardi 1995)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

TOTALI

1,3

-2,6

2,2

2,2

0,5

2,6

1,7

Beni

1,3

-4,4

1,2

1,3

-0,1

4,0

1,6

 Non durevoli (*)

1,1

-1,6

0,8

1,2

-0,5

1,1

1,1

 Durevoli

2,4

-15,9

2,8

1,6

2,0

17,3

3,4

Servizi

1,4

-0,2

3,6

3,3

1,4

0,8

1,9

(*) Include anche i beni semidurevoli

 

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

 

Relativamente ai singoli capitoli di spesa è proseguita anche nel ’98 la tendenza al modestissimo recupero del consumo alimentare, che tra il ’93 ed il 96 si era ridotto sensibilmente.

 

La flessione degli ultimi anni associata a dinamiche di prezzo abbastanza contenute ha portato ad una progressiva diminuzione dell’incidenza di questa voce sul totale, si è passati da oltre il 17% del ’93 a poco più del 14% del ’98, fenomeno comune a tutte le economie industrializzate ed in linea sia con i mutamenti demografici che degli stili di vita.

 

La tendenza ad un consumo alimentare che avviene in misura sempre minore all’interno delle mura domestiche si legge anche dall’evoluzione della domanda per servizi di ristorazione.

 

Nel ’98 la spesa delle famiglie per questo capitolo è aumentata no del 2,5% in termini reali, proseguendo in un trend che ha caratterizzato tutti gli ultimi anni e che ha visto questa voce di spesa aumentare a ritmi generalmente più sostenuti rispetto al totale dei consumi.

 

Questa evoluzione si è associata, comunque, a dinamiche dei prezzi abbastanza contenute, che hanno lasciato sostanzialmente inalterata la quota di spesa delle famiglie destinata a questo uso.

 

Relativamente alle altre voci di spesa dinamiche ancora fortemente espansive si registrano per le comunicazioni la cui domanda in termini reali è aumentata lo scorso anno di oltre il 16%, evoluzione che ha portato ad un incremento tra il ’94 ed il ’98 dei consumi per questo capitolo ad oltre il 62%, in termini reali.

 

Tale evoluzione appare fortemente correlata da un lato allo sviluppo della telefonia mobile, si consideri che nel ’98 oltre il 35% delle famiglie possedeva un telefono cellulare contro il 21% dell’anno precedente, e dall’altro all’utilizzo sempre più diffuso di sistemi di comunicazione informatici (oltre il 20% delle famiglie possedeva al ‘98 un personal computer contro il 18% del ’97), situazione che ha portato anche per l’elettronica di consumo a dinamiche della spesa in quantità superiori alla media.


 

Spesa Delle Famiglie (Miliardi 1995)  (Variazioni % sull’anno precedente)

 

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Alimentari e bevande non alcoliche

0,5

-1,4

-1,0

-1,6

-1,0

0,5

0,7

- Alimentari

0,4

-1,3

-1,3

-1,2

-1,1

0,4

0,6

- Bevande non alcoliche

1,5

-2,6

3,3

-6,8

0,8

2,7

3,4

Bevande alcoliche e tabacco

-4,2

-3,1

-3,4

-3,2

0,2

-0,4

0,8

- Bevande alcoliche

-2,1

-8,5

-7,7

-7,3

-1,9

-2,5

1,6

- Tabacchi

-5,5

0,2

-1,0

-1,0

1,1

0,6

0,5

Vestiario e calzature

-0,5

-3,6

5,3

0,9

0,1

2,3

1,6

- Vestiario

-0,2

-3,3

4,7

0,9

0,5

1,8

1,5

- Calzature

-1,4

-4,8

7,5

0,8

-1,3

3,9

1,7

Abitazione, acqua, elettricità, gas ed altri combustibili

1,4

0,1

0,6

2,8

1,8

-0,3

0,6

- Fitti effettivi

0,6

3,0

1,7

1,6

2,3

0,0

0,4

- Fitti figurativi

2,7

-0,1

3,7

1,4

2,1

0,4

0,4

- Manutenzione dell'abitazione

-6,5

0,0

1,0

3,2

-0,6

0,7

-7,2

- Fornitura di acqua e altri servizi abitazione

7,7

-0,2

0,7

5,3

-2,0

-1,4

6,0

- Energia elettrica, gas e altri combustibili

-0,4

-1,0

-8,5

6,9

2,7

-2,5

2,5

Mobili, elettrodomestici e manutenzione casa

-0,5

-6,8

4,0

4,2

0,6

2,3

1,1

- Mobili e riparazioni

-0,8

-8,5

5,7

2,9

1,4

1,0

-1,9

- Biancheria e altri articoli tessili per la casa

-3,0

-18,0

-10,2

13,1

2,2

2,7

-3,1

- Elettrodomestici e riparazioni

-7,2

-11,6

8,9

0,1

-4,2

2,8

1,2

- Cristalleria, vasellame e utensili per la casa

-0,7

3,0

-1,0

-1,4

3,0

3,0

9,9

- Utensili e attrezzature per la casa e il giardino

-0,6

-3,7

6,0

7,8

2,7

5,3

11,9

- Beni e servizi per la manutenzione della casa

4,9

-1,9

3,5

7,6

0,3

3,3

2,2

Servizi sanitari

13,7

7,6

10,8

11,4

0,6

3,6

0,2

- Prodotti medicinali e farmaceutici

19,4

1,7

19,7

15,1

2,3

3,2

0,1

- Servizi medici e paramedici non ospedalieri

7,1

13,0

3,6

6,5

-0,1

4,9

-0,5

- Servizi ospedalieri

15,9

13,0

2,7

12,2

-5,0

1,2

3,3

Trasporti

4,7

-6,4

3,8

2,0

-0,5

11,1

1,6

- Acquisto di mezzi di trasporto

8,3

-27,1

-0,4

-0,9

1,2

42,6

0,3

- Esercizio di mezzi di trasporto

3,8

6,3

6,4

1,5

-0,9

0,5

1,2

- Servizi di trasporto

-0,3

-0,2

1,8

9,4

-1,7

-1,4

5,8

Comunicazioni

8,4

-0,6

9,3

10,7

12,2

12,2

16,2

Ricreazione e cultura

1,2

-1,8

2,5

1,8

2,6

3,9

1,7

- TV, Hi-FI, computer, fotografia

-0,8

-12,6

5,7

11,7

-3,9

15,0

6,1

- Altri beni durevoli ricreazione cultura

2,9

-15,3

-3,8

0,5

-2,5

3,9

5,6

- Altri articoli ricreativi, piante, animali domestici

2,6

2,9

2,9

-2,9

-0,3

4,0

0,1

- Servizi ricreativi e culturali

-1,9

0,8

2,6

7,8

9,4

5,3

3,8

- Giornali, libri e cancelleria

3,2

1,6

2,3

-4,5

0,1

-2,3

-2,7

- Vacanze organizzate

8,0

-12,5

2,4

1,8

7,2

4,3

-0,3

Istruzione

-2,4

-0,6

2,0

5,4

1,9

-2,7

-4,3

- Istruzione

-2,4

-0,6

2,0

5,4

1,9

-2,7

-4,3

Alberghi e ristoranti

-0,9

-1,7

4,3

2,6

1,3

1,0

1,8

- Servizi di ristorazione

-0,8

-1,6

3,5

2,0

1,5

1,4

2,5

- Servizi di alloggio

-1,3

-1,9

7,1

4,4

0,8

-0,3

-0,6

Beni e servizi vari

2,6

-5,3

0,5

4,2

-3,1

0,4

4,9

- Beni e servizi per l'igiene

0,0

-5,6

-0,9

1,7

-4,4

1,8

2,1

- Articoli personali n.a.c.

6,6

-5,4

-3,4

6,1

-2,2

0,8

-0,1

- Servizi sociali

2,8

-10,8

-7,1

4,8

1,4

-2,7

4,8

- Assicurazioni

4,9

-7,8

10,6

4,5

-5,5

-3,2

3,7

- Servizi finanziari n.a.c.

-3,7

-0,5

7,0

0,2

-0,9

4,4

23,1

- Altri servizi n.a.c.

2,6

-0,4

-2,4

9,1

-0,5

1,0

12,7

Totale sul territorio economico

1,3

-2,6

2,2

2,2

0,5

2,6

1,7

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

 

Spesa Delle Famiglie (Miliardi Correnti)  (Composizione percentuale)

 

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Alimentari, e bevande non alcoliche

18,5

18,1

17,4

16,8

16,5

15,7

15,3

- Alimentari

17,3

17,0

16,3

15,7

15,4

14,7

14,3

- Bevande non alcoliche

1,2

1,1

1,1

1,0

1,0

1,0

1,0

Bevande alcoliche e tabacco

2,5

2,7

2,6

2,5

2,5

2,5

2,5

- Bevande alcoliche

1,1

1,0

0,9

0,8

0,8

0,8

0,8

- Tabacchi

1,5

1,6

1,7

1,7

1,7

1,7

1,7

Vestiario e calzature

10,0

9,8

9,9

9,6

9,5

9,5

9,5

- Vestiario

7,9

7,7

7,8

7,5

7,5

7,4

7,4

- Calzature

2,1

2,0

2,1

2,1

2,0

2,1

2,1

Abitazione, acqua, elettricità, gas ed altri combustibili

17,8

18,8

18,9

19,4

20,0

20,0

20,2

- Fitti effettivi

2,0

2,2

2,3

2,3

2,5

2,5

2,6

- Fitti figurativi

9,1

9,7

10,3

10,6

11,1

11,3

11,6

- Manutenzione dell'abitazione

1,4

1,4

1,4

1,4

1,4

1,3

1,2

- Fornitura di acqua e altri servizi abitazione

1,3

1,3

1,3

1,3

1,3

1,3

1,4

- Energia elettrica, gas e altri combustibili

4,1

4,2

3,7

3,8

3,7

3,6

3,4

Mobili, elettrodomestici e manutenzione casa

9,9

9,4

9,4

9,6

9,5

9,5

9,4

- Mobili e riparazioni

4,2

3,9

4,0

4,0

4,1

4,0

3,9

- Biancheria e altri articoli tessili per la casa

0,7

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

- Elettrodomestici e riparazioni

1,4

1,2

1,3

1,3

1,2

1,2

1,2

- Cristalleria, vasellame e utensili per la casa

0,7

0,8

0,7

0,7

0,7

0,7

0,8

- Utensili e attrezzature per la casa e il giardino

0,4

0,3

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

- Beni e servizi per la manutenzione della casa

2,6

2,6

2,6

2,7

2,6

2,6

2,6

Servizi sanitari

2,5

2,8

3,0

3,1

3,2

3,2

3,2

- Prodotti medicinali e farmaceutici

1,3

1,3

1,5

1,6

1,7

1,7

1,7

- Servizi medici e paramedici non ospedalieri

1,0

1,1

1,2

1,2

1,2

1,2

1,2

- Servizi ospedalieri

0,3

0,3

0,3

0,4

0,3

0,3

0,3

Trasporti

12,2

11,9

12,2

12,3

12,1

12,9

12,8

- Acquisto di mezzi di trasporto

4,1

3,2

3,2

3,1

3,2

4,2

4,2

- Esercizio di mezzi di trasporto

6,3

6,9

7,2

7,2

7,1

6,9

6,8

- Servizi di trasporto

1,8

1,8

1,8

1,9

1,9

1,8

1,8

Comunicazioni

1,9

1,9

2,0

2,1

2,2

2,3

2,6

Ricreazione e cultura

7,5

7,5

7,4

7,3

7,4

7,4

7,3

- TV, Hi-FI, computer, fotografia

1,0

0,9

0,8

0,9

0,8

0,9

0,9

- Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

- Altri articoli ricreativi, piante, animali domestici

1,3

1,4

1,4

1,3

1,3

1,3

1,3

- Servizi ricreativi e culturali

2,3

2,3

2,3

2,3

2,5

2,5

2,6

- Giornali, libri e cancelleria

2,2

2,3

2,3

2,1

2,1

2,0

1,9

- Vacanze organizzate

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

0,3

Istruzione

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

0,9

- Istruzione

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

0,9

Alberghi e ristoranti

8,5

8,6

8,8

8,7

8,8

8,7

8,7

- Servizi di ristorazione

6,6

6,7

6,7

6,6

6,6

6,5

6,6

- Servizi di alloggio

1,9

1,9

2,1

2,1

2,2

2,1

2,1

Beni e servizi vari

7,8

7,6

7,4

7,6

7,4

7,3

7,5

- Beni e servizi per l'igiene

2,7

2,6

2,5

2,5

2,3

2,3

2,3

- Articoli personali n.a.c.

1,9

1,9

1,8

1,8

1,7

1,7

1,6

- Servizi sociali

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

- Assicurazioni

1,3

1,3

1,4

1,5

1,4

1,4

1,5

- Servizi finanziari n.a.c.

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,6

- Altri servizi n.a.c.

0,9

0,9

0,9

1,0

1,0

1,0

1,1

Totale sul territorio economico

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

Anche dal lato dei consumi le prime indicazioni relative all’anno in corso non segnalano significative inversioni di tendenza, con una la domanda che, in linea con il peggioramento riscontrato nel clima di fiducia delle famiglie nel primo trimestre, continua a risultare particolarmente contenuta.

 

Le vendite in termini reali del commercio al dettaglio hanno mostrato, infatti, nel periodo gennaio- aprile del ‘99 una crescita dello 0,5 %, valore inferiore ai già modesti risultati del '98, segnalando tra l'altro una sensibile caduta nell'ultimo mese.

 

Il dato, come di consueto è rappresentativo di realtà imprenditoriali profondamente articolate, le aziende della piccola distribuzione continuano a segnalare una dinamica delle vendite sostanzialmente riflessiva, in particolare ad aprile, mentre per le imprese di più elevata dimensione la tendenza, sia pure non particolarmente espansiva, è ancora improntata alla crescita.

 

 

Fatturato In Termini Reali per Classe D’impresa

(Variazioni %  sul periodo corrispondente)

 

1998

1999

 

 

 

 

 

ANNO

Gen.

Feb.

Mar.

Apr.

Media

PICCOLE E MEDIE (fino a 5 addetti)

0,3

0,0

-0,3

0,1

-1,0

-0,3

GRANDI  (oltre 6 addetti)

2,5

2,1

3,6

2,7

2,6

2,8

 

 

 

 

 

 

 

TOTALE

0,8

0,6

0,8

0,7

-0,1

0,5

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

 

2.3.2 Investimenti

 

Anche per gli investimenti, nonostante la sensibile discesa riscontrata lo scorso anno per il costo del denaro, la crescita del ’98, pur superiore rispetto a quanto registrato nell’anno precedente (3,5%, contro lo 0,9%), è risultata inferiore rispetto a quanto registrato negli altri paesi europei (4,0% nella media della UEM) ed insufficiente a stimolare un sviluppo più sostenuto dell’economia.

 

In particolare decisamente contenuta ed inferiore alle aspettative, anche in considerazione degli incentivi concessi per le ristrutturazioni, è risultata la domanda per investimenti in costruzioni risultata sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente (+0,1% in termini reali) ed al cui interno la componente relativa alle abitazioni ha mostrato solo un modestissimo aumento dello 0,7%

 

 

Investimenti (Miliardi 1995)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

INVESTIMENTI

-1,4

-10,9

0,1

6,0

2,3

0,9

3,5

- Costruzioni

-1,4

-6,7

-6,3

0,9

1,7

-1,8

0,1

   - Abitazioni

1,3

-1,5

-2,3

-0,1

-2,4

-2,9

0,7

   - Altre costruzioni

-4,3

-12,8

-11,7

2,4

7,7

-0,3

-0,6

- Macchine e attrezzature

-2,1

-13,5

7,6

7,6

2,1

3,2

4,5

- Mezzi di trasporto

2,3

-23,4

3,6

26,1

2,0

1,7

10,8

- Beni immateriali

-4,6

-7,6

5,0

9,8

11,6

5,5

10,8

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

Si consideri che sulla base dell’indagine condotta dall’ISTAT presso le famiglie nel ’98 solo una percentuale molto contenuta, ed in linea con quella riscontrata nell’anno precedente, ha effettuato interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle abitazioni.

 

Anche per la componente relativa alle macchine ed attrezzature la dinamica non è risultata sostanzialmente positiva.

 

A tale riguardo vi è, inoltre, da segnalare come il dato medio dell’anno derivi da un rallentamento particolarmente accentuato nel secondo semestre connesso alla minore attività produttiva e al più basso grado di utilizzo degli impianti (si è scesi dal 79,5% del secondo trimestre al 76% del quarto).

 

Tassi di crescita sostenuti si sono riscontrati solo per i mezzi di trasporto e per gli investimenti in beni immateriali (che rappresentano una nuova voce all’interno degli investimenti e la cui introduzione ha portato ad una maggiore incedenza di questa componente della domanda interna sul PIL), aumentati in termini reali di oltre il 10%.

 

Anche per questa componente non sembra essersi riscontrata, stando alla domanda per beni d’investimento, in questo inizio del ’99 una sensibile inversione di tendenza, le basse prospettive di sviluppo e l’incertezza sulla durata della fase di stagnazione continuano, infatti, a condizionare le decisioni delle imprese in questo ambito.

 

 

2.4 L’occupazione

 

In linea con quanto registrato in tutte le economie europee anche in Italia il mercato del lavoro ha mostrato lo scorso anno una tendenza al miglioramento, segnalando un aumento di 156 mila unità.

 

Questo dato che rappresenta una significativa inversione di tendenza rispetto a quanto riscontrato negli ultimi anni è, comunque, espressione di una dinamica del mercato del lavoro più contenuta nel nostro paese rispetto a quanto registrato nelle altre economie europee.

 

La nuova domanda di lavoro ha interessato nel 1998 quasi esclusivamente le posizioni di lavoro dipendente, agevolata da un più elevato ricorso alla flessibilità, ed in misura prevalente il settore dei servizi nel suo complesso.

 

Segnali di modesto miglioramento si sono riscontrati anche nell’industria di trasformazione, sia pure in conseguenza di una dinamica più accentuata nella prima parte dell’anno e di una tendenza al rallentamento nei mesi finali.

 

Unità di Lavoro

(Variazioni assolute in migliaia sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Agricoltura, silvic.  E pesca

-55,3

-168,0

-87,8

-59,1

-93,9

-49,2

-28,3

  Dipendenti

5,1

-52,8

-41,6

-17,5

-39,2

-9,6

-1,4

  Indipendenti

-60,3

-115,2

-46,2

-41,6

-54,9

-39,3

-27,2

Industria in senso stretto

-194,6

-214,8

-2,4

45,9

-35,2

-7,1

79,3

  Dipendenti

-174,8

-195,1

17,0

43,1

-26,5

7,5

76,0

  Indipendenti

-19,9

-20,4

-18,7

2,9

-8,6

-14,9

2,6

Costruzioni

33,0

-49,8

-50,6

-29,7

-30,8

-0,1

-31,8

  Dipendenti

21,4

-41,6

-41,1

-43,1

-39,1

5,4

-34,0

  Indipendenti

11,6

-8,3

-9,4

13,4

8,3

-5,5

2,2

Terziario

65,2

-274,3

-80,6

42,1

177,5

68,4

140,4

  Dipendenti

47,3

-70,4

-74,7

-23,3

118,3

82,3

90,3

  Indipendenti

18,1

-204,2

-5,1

65,0

59,0

-14,0

50,8

Totale

-151,7

-706,9

-221,4

-0,8

17,6

12,0

159,6

  Dipendenti

-101,0

-359,9

-140,4

-40,8

13,5

85,6

130,9

  Indipendenti

-50,5

-348,1

-79,4

39,7

3,8

-73,7

28,4

FONTE : Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat di C.N. SEC95

 

 

Ancora negativa è risultata, invece, la domanda di lavoro nei settori delle costruzioni ed in agricoltura, dove il fenomeno di espulsione dei lavoratori continua ad essere connesso da un lato a basse dinamiche produttive, dall’altro a ristrutturazioni nel sistema di imprese.

 

A livello territoriale il miglioramento del contesto occupazionale riscontrato nell’ultimo anno ha interessato, stando all’indagine sulle forze di lavoro, tutte le aree territoriali, anche se con risultati diversi in termini di tasso di disoccupazione.

 

In particolare a fronte di una riduzione nel centro - nord nel mezzogiorno la tendenza è stata ancora una volta improntata all’aumento, situazione che ha interessato tutte le componenti: giovanile e di lunga durata.

 

 

Tassi di Disoccupazione Regionali

 

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Piemonte

7,1

8,3

8,4

8,3

8,6

8,8

Valle d'Aosta

5,6

5,6

5,6

6,0

5,4

5,5

Lombardia

5,8

6,4

6,2

6,1

6,0

5,8

T.A.A.

4,0

4,2

4,2

3,9

4,0

3,3

  Bolzano

3,4

2,9

2,9

2,7

2,9

2,2

  Trento

4,6

5,6

5,6

5,4

5,2

4,5

Veneto

5,3

6,3

5,6

5,6

5,3

5,2

F.V.G.

7,0

7,2

7,4

7,1

6,9

5,9

Liguria

9,4

10,4

11,7

11,7

11,3

10,9

E. Romagna

6,0

6,1

6,1

5,6

6,1

5,7

Toscana

8,1

8,6

8,5

8,4

8,4

8,2

Umbria

7,1

9,2

9,7

10,1

8,9

8,9

Marche

6,6

6,6

6,6

6,5

7,5

6,6

Lazio

9,9

11,2

12,7

12,8

12,5

12,3

Abruzzo

8,9

9,2

9,4

9,6

9,5

9,5

Molise

13,2

16,4

16,5

16,4

16,9

17,5

Campania

19,4

21,5

25,3

25,5

25,8

25,0

Puglia

13,9

15,1

16,8

17,7

19,2

20,9

Basilicata

14,9

16,5

17,9

18,2

19,1

18,6

Calabria

20,3

21,5

23,3

25,1

24,3

26,9

Sicilia

19,8

22,0

22,6

23,6

24,3

25,2

Sardegna

18,3

19,7

21,0

20,9

21,0

21,4

ITALIA

10,2

11,3

12,0

12,1

12,3

12,3

 

 

 

 

 

 

 

NORD

6,1

6,8

6,7

6,6

6,6

6,4

  Nord ovest

6,5

7,3

7,4

7,3

7,3

7,1

  Nord est

5,7

6,1

5,9

5,6

5,6

5,3

CENTRO

8,7

9,6

10,3

10,3

10,2

10,0

SUD

17,5

19,2

21,0

21,7

22,2

22,8

FONTE : Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat indagine sulle Forze di Lavoro

 

Questa evoluzione si è determinata, contrariamente a quanto avvenuto negli anni precedenti, in presenza di un crescita del numero di occupati, in conseguenza dell’ingresso sul mercato del lavoro anche di parte delle forze di lavoro potenziali, persone che non avevano svolto intense attività di ricerca di un posto di lavoro anche perché scoraggiate dalle condizioni del mercato.

 

Analizzando più nel dettaglio la composizione della nuova occupazione si rileva come nel ’98 quasi tutta la nuova domanda di lavoro sia derivata dal più frequente utilizzo di forme di lavoro atipiche, contratti a tempo determinato, e da aumento del ricorso al part time.

 

 

Occupati in Complesso per Tipo di Orario di Lavoro

(Composizione percentuale)

 

NORD

CENTRO

SUD

ITALIA

 

1997

1998

1997

1998

1997

1998

1997

1998

Tempo pieno

92,7

92,3

93,3

92,8

94,1

93,5

93,2

92,7

Tempo parziale

7,3

7,7

6,7

7,2

5,9

6,5

6,8

7,3

FONTE : Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat indagine sulle Forze di Lavoro

 

Dei 110 mila nuovi occupati rilevati dall’indagine sulle forze di lavoro lo scorso anno ben 106 mila sono relativi a persone che svolgono la propria attività a tempo parziale, situazione che ha comportato un aumento dell’incidenza di questi lavoratori sul totale.

 

Ancora più significativo appare il ruolo svolto dai contratti a tempo determinato nel creare nuove opportunità di lavoro.

 

 

Occupati Dipendenti per Tipo di Orario di Attività

(Composizione percentuale)

 

NORD

CENTRO

SUD

ITALIA

 

1997

1998

1997

1998

1997

1998

1997

1998

 

Occupazione permanente

93,5

93,0

93,4

92,4

87,7

86,6

91,8

91,1

 

Occupazione temporanea

6,5

7,0

6,6

7,6

12,3

13,4

8,1

8,9

 

FONTE : Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat indagine sulle Forze di Lavoro

 

 

Lo scorso anno le persone impiegate in occupazioni temporanee in posizione di lavoratori dipendenti sono cresciute di ben 119 mila unità, per effetto anche delle borse di lavoro e dei LSU, alle quali ha fatto riscontro una flessione degli occupati a tempo indeterminato.

 

In conseguenza di questa dinamica l’incidenza di coloro che hanno una occupazione temporanea sul totale dei dipendenti è aumentata nell’ultimo anno di quasi un punto percentuale, segnalando un sensibile incremento nel mezzogiorno.

 

Le caratteristiche che connotano la nuova domanda di lavoro hanno portato ad una crescita dell’occupazione che ha interessato nel ‘98 quasi esclusivamente la componente femminile, più pronta ad accettare figure di lavoro non tipiche e a reddito più basso.

 

La tendenziale espansione del mercato del lavoro e le caratteristiche che ne hanno connotato la ripresa lo scorso anno non sembrano essersi modificate, nonostante la bassa dinamica produttiva, neanche in questo inizio del ’99.

 

Sulla base delle risultanze dell’indagine condotta a gennaio e ad aprile sulle forze di lavoro nella media delle due rilevazione  gli occupati sono risultati superiori di ben 240 unità rispetto a quanto registrato nell’analogo periodo del ’98, quanto già si cominciava a registrare una tendenza all’espansione della domanda di lavoro.

 

Evoluzione che ha portato ad aprile il tasso di disoccupazione nazionale sul 12,1%, circa quattro decimi di punto in meno rispetto all’anno precedente.

 

Anche in questo inizio del ’99 l’incremento nel numero di occupati è derivato quasi esclusivamente dal più elevato ricorso a forme di lavoro atipiche e al part time.

 

A livello territoriale la crescita ha interessato quasi esclusivamente il centro - nord, dove si è concentrata quasi il 95% della nuova domanda, ed in misura molto più contenuta il mezzogiorno.

 

Ciò nonostante il tasso di disoccupazione meridionale ha mostrato ad aprile una modesta tendenza al rallentamento, invertendo la tendenza in atto ormai da alcuni anni.

 

 

 

2.5 I prezzi

 

 

Risultati sostanzialmente positivi sono stati conseguiti lo scorso anno in termini di processo di rientro dei prezzi.

 

A fronte di un dato medio dell’inflazione al consumo nel ‘98 che ha segnalato una sostanziale stabilità rispetto al ’97, si è riscontrata, infatti, nella seconda parte dell’anno una sensibile tendenza al rallentamento che ha portato in pochi mesi il tasso d’inflazione dall’1,9% di agosto all’1,5% di dicembre.

 

Evoluzione determinata oltre che dal ridimensionamento dei prezzi all’origine industriale dal venir meno degli effetti della rimodulazione delle aliquote I.V.A., attuata alla fine dell’anno precedente, e dal sensibile ridimensionamento dei prezzi dei prodotti petroliferi.

 

 

INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO PER LE FAMIGLIE DI OPERAI ED IMPIEGATI

(Variazioni %  sul periodo corrispondente)

 

1998

1999

 

 

 

 

 

 

ANNO

Gen.

Feb.

Mar.

Apr.

Mag.

Media

INDICE GENERALE netto Tabacchi

1,8

1,3

1,2

1,4

1,6

1,6

1,4

INDICE GENERALE lordo Tabacchi

1,8

1,4

1,4

1,3

1,5

1,6

1,4

Alimentazione e bevande analcoliche

0,6

1,4

1,4

1,6

1,7

1,4

1,5

Bevande alcoliche e tabacchi

4,6

4,5

4,5

0,6

0,5

0,4

2,1

Abbigliamento e calzature

2,3

2,1

2,1

2,0

2,0

1,8

2,0

Abitazione, acqua, elettricità e combustibili

2,5

0,5

0,7

0,8

0,7

1,2

0,8

Mobili, articoli e servizi per la casa

1,6

1,2

1,1

1,0

1,0

0,9

1,1

Servizi sanitari e spese per la salute

2,5

2,0

2,3

2,3

2,1

2,1

2,2

Trasporti

1,0

0,4

0,5

0,7

1,5

1,7

1,0

Comunicazioni

1,4

0,1

0,1

-0,7

-0,7

-1,4

-0,5

Ricreazione, spettacoli, cultura

2,0

1,1

0,8

1,3

1,5

1,4

1,2

Istruzione

2,3

1,6

1,6

1,6

1,6

2,3

1,7

Alberghi, ristoranti e pubblici esercizi

2,3

2,0

2,1

2,0

1,7

0,9

1,8

Altri beni e servizi

0,6

1,5

1,4

1,3

1,4

1,7

1,5

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

A questo processo non hanno contribuito, come già rilevato negli anni precedenti i prezzi di alcuni beni e servizi di pubblica utilità aumentati a tassi nettamente superiori rispetto all’inflazione.

 

In particolare dinamiche decisamente elevate si sono riscontrate per le assicurazioni, gli affitti e, sia pure in misura minore, per le tariffe postali ed alcune voci relative ai trasporti.

 

In linea con quanto riscontrato negli altri paesi della Unione monetaria il processo di rientro dell’inflazione, che ha raggiunto il suo minimo nel mese di febbraio del ’99, sembra essersi interrotto a partire da marzo.

 

Questa evoluzione non sembra comunque destare eccessive preoccupazioni, in quanto gran parte dell’aumento riscontrato negli ultimi mesi è imputabile alla ripresa dei corsi delle materie prime petrolifere sui mercati internazionali, tendenza prontamente trasferitasi sui prezzi al consumo, ma che appare in via di assorbimento.

 

Qualche tensione potrebbe determinarsi, invece, nei prossimi mesi in conseguenza dei ritocchi di alcune tariffe di beni e servizi di pubblica utilità la cui liberalizzazione, come rilevato anche nell’ultimo rapporto della BCE non sempre ha prodotto effetti positivi sui prezzi.


2.6 Le prospettive nel medio periodo

 

I dati più recenti sulle dinamiche economiche nel nostro paese mostrano se non l’inizio di una fase recessiva il proseguimento di un ciclo caratterizzato da una profonda stagnazione e che perdura, sia pure a fasi alterne, ormai da qualche anno.

 

Le tendenze riflessive in atto, che potrebbero aver raggiunto in questi mesi il punto più basso del ciclo, non sono destinate a modificarsi sensibilmente nel breve periodo.

 

L’attesa ripresa del secondo semestre del ’99 rischia, alla luce anche degli scarsi segnali a livello internazionale di una decisa inversione ciclica, di risultare nettamente inferiore alle aspettative, in considerazione della tendenza decisamente riflessiva del clima di fiducia delle imprese e delle famiglie.

 

In assenza di interventi incisivi sulla domanda interna, necessari a ricostituire anche un clima di fiducia più soddisfacente, e di un miglioramento vigoroso del contesto internazionale tale da promuovere una crescita più sostenuta delle esportazioni, rischiamo di avere dinamiche anche nella seconda parte dell’anno molto deludenti con una crescita che potrebbe avvicinarsi nella media del ’99 allo 0,7%.

 

 

IL QUADRO MACROECONOMICO

 

 

1997

1998

1999

2000

2001

Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato

1,5

1,3

0,7

2,1

2,4

Importazioni di beni e servizi

10,0

6,1

-5,9

4,7

6,4

Consumi finali interni

1,8

1,6

1,0

1,5

1,9

- Spesa delle famiglie

2,6

1,7

1,0

1,6

2,1

- Spesa delle A.P. e delle Istituzioni senza scopo

  di lucro al servizio delle famiglie

-0,5

1,3

1,1

1,2

1,2

Investimenti fissi lordi

0,9

3,5

2,6

3,9

4,3

Esportazioni di beni e servizi

5,0

1,2

-4,5

6,1

5,4

FONTE 1997-1998 ISTAT 1999-2001 Centro Studi CONFCOMMERCIO

 

In questo contesto, pur in presenza di una dinamica più sostenuta della domanda interna rispetto al PIL, i consumi e gli investimenti dovrebbero registrare una evoluzione ancora insufficiente a promuovere una crescita adeguata dell’occupazione, che rischia di segnalare nella seconda parte dell’anno, visti i ritardi con cui le dinamiche produttive si trasferiscono sull’occupazione, una netta attenuazione delle tendenze espansive riscontrate a inizio '99.

 

Lievemente più positive appaiono le prospettive per il prossimo biennio in quanto il consolidarsi della ripresa nelle diverse aree economiche dovrebbe produrre effetti moderatamente positivi anche sull’economia italiana stimata crescere a tassi superiori al 2,0%.

 

Valore che seppure più elevato di quello riscontrato negli ultimi anni è ancora rappresentativo di un’economia che continuerà a svilupparsi a ritmi più contenuti rispetto agli altri partners europei.

 

In particolare le esportazioni dopo la caduta del ’99 potrebbero tornare a crescere, in considerazione di una evoluzione più positiva del commercio mondiale a ritmi più sostenuti, stimolando sia pure parzialmente l’attività produttiva interna.

 

Analogamente le importazioni, attese in netto ridimensionamento per l’anno in corso dovrebbero tornare a mostrare variazioni positiva anche in considerazione del ridimensionamento delle scorte.

 

Più critica continuerà a risultare la dinamica della domanda interna.

 

I consumi delle famiglie, in assenza di interventi volti a ridurre in misura significativa la pressione fiscale, dovrebbero mostrare un’evoluzione in quantità inferiore al PIL, in conseguenza di una dinamica occupazionale che, seppure positiva, dovrebbe coinvolgere essenzialmente forme di lavoro a tempo determinato la cui incertezza sulla durata potrebbe provocare una propensione al consumo non particolarmente soddisfacente.

 

Il permanere di un contesto macroeconomico che, seppure in crescita rispetto agli ultimi anni, continuerà ad essere caratterizzato da forti elementi di incertezza contribuirà, pur in presenza di un costo del denaro su livelli contenuti, a tenere compressa anche la domanda per investimenti da parte delle imprese.

 

Evoluzione questa che potrebbe determinare conseguenze non particolarmente positive sul mercato del lavoro, con una domanda che pur stimata in crescita continuerà a dimostrarsi insufficiente a riportare, anche nel 2001, il tasso di disoccupazione italiano su livelli prossimi all’11,0%

 

 

2.6.1 Le proposte per lo sviluppo

 

In questo contesto la politica economica, non potrà continuare a mostrarsi sostanzialmente indifferente alle esigenze di crescita del Paese, ma dovrà trovare le politiche e gli strumenti più idonei ad interrompere questa sorta di letargo in cui è piombata l’economia italiana, modificando le linee d’intervento attuate sino ad oggi sotto forma di incentivi ai consumi (rottamazione delle auto) ed agli investimenti quasi esclusivamente destinati a settori notoriamente labour saving.

 

La presenza di un quadro macroeconomico di riferimento non particolarmente espansivo continuerà a porre seri vincoli alla politica economica che pur meno pressata da esigenze contabili di entità analoga a quelle conosciute negli ultimi anni, dovrà, comunque,  prestare la massima attenzione agli interventi da attuare ed ai suoi effetti sul sistema.

 

Una manovra concentrata esclusivamente su una riduzione delle spese di circa 16mila miliardi in un solo anno potrebbe, se guidata solo da esigenze di bilancio, produrre effetti di contenimento sulla domanda interna superiori all’aumento determinato da una riduzione della pressione fiscale e contributiva.

 

Tagli alle spese ottenuti solo tramite una riduzione delle prestazioni ai cittadini e non con contenimento dei costi conseguenti a miglioramenti della produttività e dell’efficienza dei servizi di pubblica utilità potrebbero determinare effetti depressivi sui consumi delle famiglie ed un ulteriore compressione delle risorse da destinare all’acquisto di beni e servizi privati.

 

Analogamente se la riduzione di spesa porterà ad un’ulteriore diminuzione degli investimenti pubblici, in particolare nelle aree più deficitarie dal punto di vista delle infrastrutture, si rischia di tenere ulteriormente compressa la domanda per investimenti da parte delle imprese.

 

Occorre allora ampliare il campo di intervento delle politiche, in modo da operare tagli significativi alle spese correnti, eliminando ogni forma di spreco e di inefficienza, intervenendo in misura incisiva sulla spesa previdenziale e sottraendo alla gestione diretta della mano pubblica tutti quei beni e servizi che solo attraverso le forze di mercato possono diventare realmente produttivi ed efficienti.

 

Ciò al fine di liberare risorse sia per contributi diretti ai settori di attività economica, sia per ridurre in modo davvero consistente e percepibile dalle imprese la pressione fiscale e contributiva.

 

Tra i principali paesi UE, in quanto a pressione fiscale e contributiva, siamo superati solo dalla Francia, avendo ormai la Germania imboccato con decisione una lenta, ma costante discesa della pressione fiscale e contributiva fin dal 1995, e mantenendo Regno Unito e Spagna un livello di prelievo tradizionalmente basso (intorno al 36%).

 

Ed è bene ricordare che sono proprio questi due ultimi paesi - insieme all’Irlanda, anch’essa con una pressione fiscale dello stesso livello - ad aver avuto negli ultimi anni le migliori "performance" di crescita, anche occupazionale.

 

Ecco perché la discesa di un punto della pressione fiscale, dal 44,2% del 1997 al 43,2% del 1998, non è certo sufficiente a riavviare il motore della ripresa, né rispetta l’obiettivo del 42,9% fissato per il 1998 nell’ultimo DPEF.

 

Se si vuole abbattere il carico fiscale e contributivo occorre innanzitutto puntare al raffreddamento della spesa pensionistica, il cui andamento appare progressivamente crescente fino al 2025. Ciò significa che a decorrere dall'1.1.2000 è necessario:

1)                  passare con immediatezza al sistema contributivo per tutti i lavoratori, al fine di rapportare l'importo pensionistico alla contribuzione effettivamente versata;

2)                  rivedere il meccanismo di accesso alle pensioni di anzianità, mediante interventi diretti a ridurre il periodo di anticipazione del trattamento pensionistico.

 

Per quanto riguarda la politica delle entrate si deve:

·          ridurre il peso degli oneri sociali sul costo del lavoro;

·          ridurre il prelievo fiscale sulle famiglie e sulle imprese, coinvolgendo in questo processo, in modo particolare, le PMI che operano nei settori del commercio, del turismo e dei servizi, finora toccate in modo solo marginale dal processo di contrazione del prelievo fiscale;

·          rinviare il più possibile l’ampliamento del potere impositivo degli enti locali, realizzato attraverso le addizionali IRPEF.

 

Naturalmente, pur nel processo di razionalizzazione della spesa pubblica, non bisogna dimenticare che i settori del terziario, che rappresentano oltre il 55% del prodotto ed il 60% dell’occupazione, sono sempre i più trascurati e penalizzati nella erogazione degli incentivi pubblici.

 

Per il comparto distributivo, infatti, è inderogabile un rifinanziamento di alcune leggi che lo riguardano espressamente e l’estensione ad esso di altre leggi che a tutt’oggi lo escludono implicitamente o esplicitamente.


3. L’EVOLUZIONE DEI SETTORI

3.1 I risultati economici

 

Il dato di sintesi dell’economia italiana è risultato da andamenti articolati dei singoli settori, in considerazione dell’influenza delle diverse componenti della domanda sulla dinamica produttiva settoriale.

In particolare, nel 1998 l'industria in senso stretto ha registrato un’accelerazione del prodotto (3,4%), mentre il settore delle costruzioni ha mostrato, dopo la dinamica riflessiva dell’anno precedente, segnali di ripresa (1,6%), legati all'andamento degli investimenti per opere pubbliche più che agli incentivi per le ristrutturazioni.

 

 

VALORE AGGIUNTO AL COSTO DEI FATTORI - Miliardi 1995

(Variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

AGRICOLTURA

9,0

1,1

-0,5

0,7

1,4

1,9

0,8

1,2

INDUSTRIA IN S. S.

-0,3

0,6

-3,4

6,1

4,6

-0,6

2,8

3,4

COSTRUZIONI

3,2

0,3

-6,0

-5,5

2,0

3,2

-0,4

1,6

SERVIZI VENDIBILI

1,1

0,8

1,2

2,6

2,6

1,5

1,6

1,3

SERVIZI NON VENDIBILI

1,1

2,1

0,0

-1,0

0,0

0,5

-0,4

-0,7

INTERA ECONOMIA

1,1

1,0

-0,6

2,3

2,6

0,9

1,5

1,6

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

 

In rallentamento sono risultati i settori nei quali il valore aggiunto è più strettamente correlato alla domanda di servizi sia da parte delle imprese che delle famiglie, mentre è risultato ancora in flessione il trend dei servizi non vendibili.

 

 

3.2 La struttura produttiva

La struttura produttiva dell'Italia alla fine del 1998 risulta costituita, secondo le informazioni provenienti dall'Anagrafe delle Camere di Commercio, da oltre 4 milioni e 700mila imprese attive, di cui il 28,2% operanti nel commercio, il 25% nell'industria, il 23% nell'agricoltura, il 17,9% nei servizi alle imprese ed alle famiglie ed il 4,6% nel turismo.

 

Nel corso del 1998 la dinamica complessiva del sistema imprenditoriale è apparsa positiva per il quarto anno consecutivo.

 

IMPRESE ATTIVE PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA
Anno 1998

 

Attive

Peso %

Agricoltura

1.092.416

23,1

Industria

1.184.034

25,0

Commercio

1.336.380

28,3

Turismo

220.713

4,7

Servizi

850.837

18,0

Non classificate

43.124

0,9

TOTALE

4.727.504

100,0

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

I dati relativi al totale delle imprese, con esclusione di quelle agricole - queste risentono delle innovazioni dovute all'istituzione del Registro Imprese- evidenziano 317.974 nuove attività denunciate (si ricorda che tutti i soggetti che svolgono un’attività economica sono tenuti all’iscrizione nel Registro) contro 252.990 cessazioni, ovvero imprese che per ritiro dagli affari, trasferimento in altra provincia, cessazione d’ufficio, sono cancellate dal Registro.

 

NATI-MORTALITA' DELLE IMPRESE PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA
Anno 1998

 

Iscritte

Cessate

Saldo

Agricoltura

90.501

115.033

-24.532

Industria

86.969

75.519

11.450

Commercio

75.745

86.877

-11.132

Turismo

17.221

15.524

1.697

Servizi

65.033

58.257

6.776

Non classificate

73.006

16.813

56.193

TOTALE

408.475

368.023

40.452

TOTALE (netto Agric.)

317.974

252.990

64.984

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

Ne è derivato un saldo positivo pari a 64.984 imprese, il doppio di quello registrato nel ‘97 e un tasso di crescita, pari all’1,5% che è stato fra i più alti degli ultimi anni (+0,7% nel ‘97, +1,8%, nel '96 e +1,2% nel '95).

 

Se si esclude il settore dell'agricoltura, tassi di crescita superiori alla media si sono registrati nel settore delle costruzioni (+2,1%), dell'intermediazione monetaria e finanziaria (+4,2%), dell’istruzione (+2,1%) e dei servizi domestici presso le famiglie (+6,6%).

 

Dopo alcuni anni di sviluppo e una flessione nel ‘97, il tasso di crescita nel settore dell'attività immobiliari, informatica, ricerca, noleggio registra un leggero recupero (+0,8%), mentre si conferma la crisi del settore manufatturiero (-0,1%), del commercio (-0,7%), influenzato soprattutto dall’andamento del dettaglio, e dei trasporti (-1,1%).

 

Disaggregando l'analisi a livello ripartizionale i dati evidenziano che il contributo maggiore (oltre il 44%) al saldo attivo nazionale proviene dal Mezzogiorno.

 

Nel 1998, infatti, il numero delle imprese meridionali è cresciuto con un tasso del 2,8% superiore alla media nazionale, confermando la tendenza emersa negli ultimi anni; tutte le regioni del sud hanno registrato saldi positivi, ma quelle che hanno trainato lo sviluppo sono state la Sicilia, la Puglia, e la Basilicata.

 

Nel resto del Paese, il Nord-Ovest è risultata la ripartizione con il tasso di crescita più basso (+1,0%) mentre tutte le altre regioni, ad eccezione del Piemonte, Trentino A.A., Veneto e Lazio, hanno registrato un tasso di crescita inferiore alla media nazionale.

 

 

3.3 l'Agricoltura

 

Nel 1998 il settore agricolo ha registrato una modesta crescita dopo il rallentamento evidenziato lo scorso anno e il suo valore aggiunto in termini reali è stato pari all’1,2%.

 

Il recupero produttivo ha interessato quasi tutti i comparti con punte significative per quanto riguarda il frumento tenero, le produzioni vinicole e fruttifere, mentre una forte caduta si è registrata nel comparto olivicolo e agrumicolo.

 

Più in generale va osservato che trattandosi di un settore strettamente legato agli indirizzi assunti a livello comunitario e, quindi vincolato a tetti di produzione prestabiliti per molti prodotti (riforma della PAC e problema delle quote latte), l’agricoltura non può contribuire oltre una certa misura allo sviluppo dell'economia nazionale.

 

 

AGRICOLTURA - PRODOTTO,OCCUPAZIONE E PREZZI
(variazioni % rispetto all’anno precedente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Valore aggiunto (1)

9,0

1,1

-0,5

0,7

1,4

1,9

0,8

1,2

Occupazione totale

-1,2

-2,8

-8,7

-5,0

-3,5

-5,8

-3,2

-1,9

 - dipendente

-3,8

0,7

-7,4

-6,3

-2,8

-6,6

-1,7

-0,3

 - indipendente

0,3

-4,7

-9,4

-4,2

-3,9

-5,4

-4,1

-2,9

Produttività del lavoro (2)

10,3

4,0

9,0

5,9

5,1

8,1

4,2

3,2

Costo del lavoro (3)

5,9

9,3

4,1

1,7

2,1

3,1

2,0

-1,1

Clup (4)

-4,0

5,1

-4,4

-4,0

-2,8

-4,6

-2,1

-4,1

Prezzo implicito (5)

2,7

0,1

0,6

3,4

6,1

4,1

-0,6

-3,7

(1) Valore Aggiunto al costo dei fattori a prezzi 1995

(2) Valore Aggiunto a prezzi 1995 per unità di lavoro

(3) Redditi da lavoro dipendente per dipendente

(4) Rapporto fra il costo del lavoro e la produttività del lavoro

(5) Prezzo implicito del Valore Aggiunto al costo dei fattori

 

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

 

 

La crescita produttiva non ha tuttavia fermato, ma solo attenuato, l’espulsione ormai pluriennale della forza lavoro occupata sia dipendente che indipendente, che è stata pari a 28mila e 300 unità di lavoro standard (-1,9%).

 

La flessione dello scorso anno, in linea con quanto avvenuto negli anni precedenti, ha interessato prevalentemente la componente indipendente (-27.200 unità), confermando che il processo di ristrutturazione del settore sta coinvolgendo prevalentemente le aziende di piccole e medie dimensioni.

 

Nel complesso tra il 1991 ed il 1998 il settore ha registrato una diminuzione degli occupati di circa 542mila unità, di cui circa 385 mila (70%) appartenenti alla componente indipendente.

 

Il contributo del comparto sull'occupazione totale rispetto al 1991 si è gradualmente ridimensionato, passando dall’8,4% al 6,4%, anche se negli ultimi anni è rimasto sostanzialmente invariato.

 

Il combinarsi delle dinamiche del prodotto e dell’occupazione ha determinato una crescita della produttività del lavoro (+3,2), anche se più contenuta di quella registrata negli anni precedenti; una diminuzione del costo del lavoro (-1,1) ed il forte calo del costo del lavoro per unità di prodotto (-4,1).

 

Lo scorso anno si è registrato, infine, un significativo rallentamento dei prezzi del settore (-3,7%), più marcato rispetto all’anno precedente: ciò se da un lato contribuisce positivamente al contenimento del processo inflattivo, dall’altro fa crescere l’insoddisfazione dei produttori per i riflessi negativi su redditi e occupazione.

 

 

3.4 L'industria

 

Il settore industriale nel suo complesso ha registrato durante il 1998 un incremento del valore aggiunto in termini reali, valutato al costo dei fattori, pari al 3,1%, migliorando il risultato conseguito nel 1997 (2,2%).

 

Il dato di sintesi sottende tuttavia andamenti molto articolati dei singoli settori che compongono l'aggregato.

 

In particolare a fronte di un andamento generalmente positivo dell'industria in senso stretto (+3,4%), si è registrato un lieve recupero nel settore delle costruzioni (+1,6%), favorito sia dalla crescita delle ristrutturazioni nelle abitazioni, sia soprattutto dall’aumento dei lavori in infrastrutture.

 

Per quanto riguarda l'industria in senso stretto va registrata una forte accelerazione dell’attività per la produzione e la distribuzione di energia (+11,7%), indotta da una crescita dei consumi per riscaldamento e della domanda nei trasporti.

 

Nell'industria della trasformazione, il valore aggiunto reale è aumentato del 2,6%, ridimensionando i buoni risultati conseguiti nel 1997 (+3,4%); in questo settore si segnala un incremento assai significativo per quanto riguarda la fabbricazione di coke e le raffinerie di petrolio (+35,2%), dopo anni caratterizzati da una dinamica deludente, nonché l’industria del legno (+8,9%).

 

 

INDUSTRIA - PRODOTTO,OCCUPAZIONE E PREZZI
(variazioni % rispetto all’anno precedente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Valore aggiunto (1)

0,3

0,5

-3,9

3,9

4,1

0,0

2,2

3,1

Occupazione totale

-0,7

-2,2

-3,8

-0,8

0,2

-1,0

-0,1

0,7

 - dipendente

-1,6

-2,7

-4,4

-0,5

0,0

-1,3

0,3

0,8

 - indipendente

2,5

-0,5

-1,8

-1,8

1,1

0,0

-1,3

0,3

Produttività del lavoro (2)

1,0

2,8

-0,1

4,7

3,9

1,0

2,3

2,4

Costo del lavoro (3)

9,6

6,3

5,0

3,0

4,9

5,9

4,1

-0,9

Clup (4)

8,4

3,3

5,2

-1,7

1,0

4,9

1,7

-3,2

Prezzo implicito (5)

5,1

2,9

3,6

1,2

4,0

4,0

0,7

-3,6

 (1) Valore Aggiunto al costo dei fattori a prezzi 1995

(2) Valore Aggiunto a prezzi 1995 per unità di lavoro

(3) Redditi da lavoro dipendente per dipendente

(4) Rapporto fra il costo del lavoro e la produttività del lavoro

(5) Prezzo implicito del Valore Aggiunto al costo dei fattori

 

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

 

 

Il settore dei mezzi di trasporto, dopo aver beneficiato nel 1997 dell'eccezionale espansione della domanda di autoveicoli conseguente all'introduzione degli incentivi governativi per la rottamazione, ha subito invece una battuta di arresto (-0,6%), mentre il comparto della fabbricazione di calzature (-5%) ha acuito la crisi già manifestatasi gli anni precedenti.

 

Nonostante la ripresa produttiva lo scorso anno si è registrato, a livello complessivo, un aumento poco significativo degli occupati (+0,7) sintesi di un aumento di circa 80 mila occupati (+1,5%) nell’industria in senso stretto e di una espulsione della forza lavoro occupata nel settore delle costruzioni, soprattutto dipendente, pari a circa 32mila unità (-2,1%).

 

Sotto il profilo settoriale gli incrementi più consistenti hanno interessato i comparti dell’industria alimentare (+22 mila unità), della meccanica (circa 17 mila unità), dell’industria del legno (+10mila unità) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (circa 8 mila unità).

 

Il recupero della produzione si è accompagnato ad un incremento della produttività per addetto (+2,4%), che ha interessato quasi tutti i comparti del settore manifatturiero.

 

In considerazione di questa evoluzione e della dinamica dei redditi da lavoro dipendente (-0,9%) il costo del lavoro per unità di prodotto ha mostrato una consistente riduzione (-3,2%).

 

Le dinamiche descritte hanno portato ad un netto contenimento del prezzo implicito del settore (-3,6%), in controtendenza rispetto all'andamento degli ultimi anni.

 

 

3.5 Il Terziario di mercato

 

Nel 1998 il terziario di mercato, escluse la Pubblica Amministrazione, l’Istruzione e la Sanità, non ha dimostrato la stessa dinamicità dell’anno precedente registrando un incremento del valore aggiunto, al costo dei fattori, dello 1,3% in termini reali.

 

In termini di contributo alla ricchezza prodotta nel Paese le attività di servizi vendibili concorrono oggi per il 52,6%,contro il48,4% di otto anni fa.

 

All’interno del comparto si sono riscontrati, come di consueto, andamenti articolati: incrementi significativi del prodotto, in termini reali, si sono registrati nel comparto dei trasporti e comunicazioni (+3,2%) dove lo sviluppo della telefonia cellulare ha avuto un peso determinante e nell’intermediazione monetarie e finanziaria (+2%), nel turismo (+2%); tra i settori in decelerazioni troviamo le attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca (0,9%)e i servizi sanitari (0,9%) e il commercio (0,0%).

 

 

TERZIARIO - PRODOTTO,OCCUPAZIONE  E PREZZI
(variazioni % rispetto all’anno precedente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Valore aggiunto (1)

1,1

0,8

1,2

2,6

2,6

1,5

1,6

1,3

Occupazione totale

2,1

0,8

-2,3

-0,6

0,3

2,1

0,7

1,4

-dipendente

3,3

1,1

-0,3

-0,8

-0,2

2,3

1,6

1,9

-indipendente

0,5

0,2

-5,2

-0,4

1,0

1,9

-0,5

0,7

Produttività del lavoro (2)

-1,0

0,1

3,6

3,2

2,3

-0,6

0,8

-0,1

Costo del lavoro (3)

7,8

5,9

4,5

3,3

4,6

4,2

3,1

-1,1

Clup (4)

8,9

5,8

0,9

0,1

2,3

4,8

2,2

-1,1

Prezzo implicito (5)

8,5

6,4

2,2

3,5

5,7

5,5

1,5

0,8

 (1) Valore Aggiunto al costo dei fattori a prezzi 1995

(2) Valore Aggiunto a prezzi 1995 per unità di lavoro

(3) Redditi da lavoro dipendente per dipendente

(4) Rapporto fra il costo del lavoro e la produttività del lavoro

(5) Prezzo implicito del Valore Aggiunto al costo dei fattori

 

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

 

 

Con riferimento all’occupazione nei servizi vendibili sono impegnati 10 milioni 312 mila unita di lavoro standard, pari al 45,4% degli occupati totali (nel ’90 tale quota era pari al 42,1%).

 

Nell’ultimo anno gli addetti nel settore sono cresciuti di 146 mila unità (pari all’1,4%), sintesi di un incremento di circa 120 mila unità nella componente dipendente e 20 mila in quella autonoma.

 

In particolare si è rilevata una crescita significativa nelle attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca (+84.300 unità pari al 4,2%), di cui oltre 38 mila indipendenti, mentre in flessione risulta l’andamento nei trasporti (- 0,1%).

 

Gli incrementi del valore aggiunto e dell’occupazione hanno determinato una sostanziale stagnazione della produttività del lavoro. E apparso invece in flessione il costo del lavoro e conseguentemente anche il costo del lavoro per unità di prodotto. Molto contenuto, infine, l’incremento del prezzo implicito settoriale (+0,8%), inferiore al tasso di inflazione con inevitabili ripercussioni sui margini di profitto degli operatori.

 

Contributi positivi al rallentamento dei prezzi sono venuti dal settore delle comunicazioni, per il quale si è riscontrata una sostanziale stazionarietà, dal commercio, dall’intermediazione monetarie e finanziaria.

 


4. COMMERCIO, TURISMO E SERVIZI: LE DINAMICHE SETTORIALI

 

 

4.1 Il commercio

 

4.1.1 L’andamento del commercio nell’economia del Paese

 

L’attività relativa al 1998 del settore del commercio non ha registrato alcun segnale di crescita in quanto l'evoluzione del prodotto in termini reali, valutata al costo dei fattori, è rimasta invariata rispetto all’anno precedente.

 

Questo risultato riflette la situazione di un comparto che ancora ha risentito sia della non brillante evoluzione dei consumi, sia degli effetti del processo di trasformazione che sta interessando la struttura dell'offerta, anche in considerazione delle innovazioni derivanti dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 31 marzo 1998,n.114 di riforma della disciplina del settore.

 

 

COMMERCIO - Prodotto, Occupazione e Prezzi
(variazioni % rispetto all'anno precedente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Valore aggiunto (1)

1,5

1,1

-0,5

3,5

4,3

-1,4

1,3

0,0

Occupazione totale

0,5

-0,5

-2,5

-2,1

-0,9

0,0

-1,8

0,6

 - dipendente

1,6

2,9

1,4

-1,1

-0,7

-0,2

0,6

1,7

 - indipendente

-0,3

-2,9

-5,5

-2,9

-1,0

0,2

-3,8

-0,4

Produttività del lavoro (2)

1,0

1,6

2,0

5,7

5,2

-1,4

3,1

-0,7

Costo del lavoro (3)

9,7

3,2

5,0

3,5

6,1

3,7

4,9

0,8

Clup (4)

8,6

1,6

2,9

-2,1

0,8

5,1

1,7

1,5

Prezzo implicito (5)

8,4

3,2

1,2

3,9

3,7

4,6

1,5

0,0

(1) Valore Aggiunto al costo dei fattori a prezzi 1995

(2) Valore Aggiunto a prezzi 1995 per unità di lavoro

(3) Redditi da lavoro dipendente per dipendente

(4) Rapporto fra il costo del lavoro e la produttività del lavoro

(5) Prezzo implicito del Valore Aggiunto al costo dei fattori

 

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

 

 

Modesta la crescita dal punto di vista dell’occupazione complessiva: nel '98 le unità di lavoro occupate nel commercio sono risultate 3.398.000, 21.100 in più (+0,6%) rispetto all'anno precedente; la quota che il settore rappresenta rispetto al totale degli occupati è pari attualmente al 15%.

 

La scomposizione dei dati per posizione professionale indica una perdita di occupati indipendenti ( 6.700 pari a -0,4%) confermando la crisi che la componente autonoma vive ormai dal 1992; a crescere è solo l'occupazione dipendente (27.600 unità di lavoro in più rispetto al 1997, pari all'1,7%).

 

E’ evidente che la crisi delle piccole imprese indipendenti, spiazzate da un punto di vista competitivo, ha favorito l’abbandono di molti commercianti, mentre una maggiore richiesta di manodopera dipendente è connessa all’espansione e alla ristrutturazione di insediamenti commerciali di grande dimensione aperti nel corso dell’anno.

 

Dalle dinamiche produttive ed occupazionali è derivata una leggera flessione della produttività (-0,7%), mentre il costo del lavoro per unità dipendente ha registrato un forte rallentamento (0,8%) rispetto all'anno precedente.

 

In lieve flessione il costo del lavoro per unità di prodotto dovuto sia alla minore crescita del costo del lavoro, sia al calo della produttività: il CLUP infatti ha registrato una crescita dell'1,5% di poco inferiore a quella dell'anno precedente (+1,7%); per quanto riguarda l'evoluzione dei prezzi non si è registrata alcuna variazione, a dimostrazione del contributo attivo del settore al contenimento dell’inflazione.

 

 

4.1.2 La vitalità imprenditoriale del settore sul territorio

 

Nel corso del '98 il numero delle imprese cessate, in particolare nel comparto del dettaglio, è stato pari a 49.440 (55.770 nel ‘97, 57.918 nel '96 e 88.921 nel '95) ed ha interessato nella quasi totalità dei casi le ditte individuali.

 

 

 

STOCK E NATI-MORTALITA' DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO 
Anno 1998

 

Attive

Iscritte

Cessate

Saldo

NORD OVEST

177.930

8.083

12.847

-4.764

NORD EST

122.419

5.526

8.586

-3.060

CENTRO

146.795

6.903

10.108

-3.205

SUD

311.707

16.351

17.899

-1.548

 

 

 

 

 

ITALIA

758.851

36.863

49.440

-12.577

Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

Va tuttavia tenuto presente che i dati sulle cancellazioni sono comprensivi non soltanto delle imprese che effettivamente cessano l’attività, ma anche di imprese che modificano l’assetto societario ed organizzativo o mutano settore di attività.

 

Rimane significativo, anche se in calo rispetto agli anni precedenti, il numero delle nuove iscrizioni, indice di una capacità del settore, soprattutto nel dettaglio, di offrire diverse possibilità di investimento e di occupazione (78.622 nel 1995, 43.097 nel 1996, 41.084 nel 1997); nella scelta della forma giuridica cresce il peso delle società di capitale e di persona.

 

Il numero di imprese iscritte è comprensivo non soltanto delle nuove imprese nate sul mercato, ma anche delle trasformazioni all’interno del settore, quali subingressi e concentrazioni.

 

A livello territoriale è il Sud che dimostra, ormai da tempo, di avere maggiore capacità di tenuta: solo in quest’area infatti la flessione della struttura imprenditoriale è meno accentuata rispetto al resto del Paese.

 

Una graduatoria a livello regionale vede, infatti, la Sicilia e la Campania ai primi posti con tassi di crescita di poco positivi (rispettivamente + 0,5 e + 0,2), rispetto alla media italiana pari a -1,5, mentre Basilicata, Puglia e Calabria sono comunque al di sopra della media, pur registrando tassi di crescita negativi.

 


Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

 

Questo risultato non dipende certo da un contesto economico generale migliore, ma da un livello di competitività ancora poco accentuato e da una capacità del settore di esercitare, seppur in misura minore rispetto al passato, una "funzione rifugio".

 

Nelle altre regioni, la situazione più critica si è registrata in Val d’Aosta, Lombardia, Umbria ed Emilia Romagna dove i tassi di crescita sono stati rispettivamente -2,9, -2,7, -2,6, -2,4.

 

L'evoluzione delle vendite del commercio fisso al dettaglio nel corso del '98, conferma la bassa dinamicità della domanda verso il settore della distribuzione, in quanto l'indice del fatturato in termini reali, al netto della variazione di prezzo, ha registrato lo scorso anno un modesto incremento (+1%).

 

Questo risultato riflette andamenti differenziati per le singole tipologie di vendita : di fronte ad una sostanziale stagnazione degli acquisti effettuati presso le imprese di piccole e medie dimensioni, ossia fino a 5 addetti (+0,4% in termini reali), si contrappone un incremento della domanda presso le grandi strutture (+2,6%).

 

Da un punto di vista territoriale il confronto tra le performance del dettaglio specializzato e la grande distribuzione evidenzia una netta prevalenza di quest’ultima componente nelle aree del Centro e del Mezzogiorno, mentre ad una tenuta del dettaglio specializzato nel Nord ha contribuito sicuramente un maggior livello di specializzazione e qualificazione degli esercizi.

 

 

4.1.3 Le prospettive

 

Il commercio, le cui dinamiche nei prossimi anni non saranno condizionate solo da un’evoluzione della domanda di beni da parte delle famiglie ancora sostanzialmente contenuta, ma anche degli effetti della riforma del settore il cui impatto in termini di imprese non è ancora valutabile, si troverà sempre più esposto alla concorrenza non solo interna, ma anche da parte di imprese estere.

 

L’ingresso di aziende straniere non rappresenta certamente una novità per questo comparto, ma la necessità di competere diventerà sempre più stringente determinando l’esigenza di risorse finanziarie aggiuntive volte a migliorare l’offerta distributiva.

 

Il problema di reperire risorse per gli investimenti non coinvolge solo le grandi imprese, per le quali il ricorso al credito ordinario o l’autofinanziamento sono comunque meno onerosi, ma anche le piccole, che rappresentano la quota più consistente di aziende del settore, che dovranno anch’esse essere messe in condizione di attuare processi di modernizzazione e riqualificazione dell’offerta commerciale.

 

E’ pertanto necessario individuare tutte le vie utili, da un lato a fermare un esodo che coinvolge sia imprese ormai marginali, ma anche imprese con una solida cultura imprenditoriale costrette a chiudere in mancanza di sostegni validi per gli investimenti, dall’altro a consentire alle imprese, soprattutto piccole e medie di affrontare con il piede giusto tutte le implicazioni che la riforma del commercio ed il rinnovato quadro competitivo comportano

 

In particolare, con l’entrata in vigore della riforma del commercio attuata con il Decreto Legislativo 114/98, gli effetti sull’evoluzione delle strutture distributive e sui processi organizzativi all’interno del sistema saranno significativi.

Senza dubbio l’attribuzione alle Regioni ed ai Comuni dei compiti di programmazione e di definizione delle norme che regolano gli insediamenti commerciali, comporterà un cambio di marcia dei processi di sviluppo e tutto questo con una varietà di approcci differenziati su scala regionale, ma anche con una ulteriore articolazione su scala comunale.

 

Occorrerà, tuttavia, conoscere gli orientamenti definitivi adottati dalle regioni , con tutte le implicazioni che riguarderanno i comuni, per poter fare un’analisi di breve-lungo periodo ed ipotizzare le linee di sviluppo delle diverse tipologie distributive sul territorio.

 

Pur tenendo conto di questo limite, il quadro che si profilerà nei prossimi anni potrebbe avere le seguenti caratteristiche.

 

Per gli esercizi di vicinato, che comprendono esercizi di piccola superficie, negozi specializzati, superettes, l’eliminazione dell’autorizzazione potrà comportare una maggiore libertà di apertura, anche se bisognerà tener conto della disponibilità di locali ad uso commerciale.

 

Già nel periodo transitorio di applicazione del decreto Bersani, il mercato non sembra aver registrato un blocco se si tiene conto che da un’indagine effettuata da Confcommercio su un campione di comuni, risultavano concesse nei novanta giorni successivi all’entrata in vigore del decreto (entro luglio ‘98) circa 10.000 autorizzazioni

 

Un vincolo significativo può essere rappresentato dal fatto che i comuni potrebbero subordinare l’apertura di tali esercizi nei centri storici, nelle aree metropolitane e nelle aree sovracomunali configurabili come un unico bacino, ad una valutazione di impatto sulla rete esistente.

 

L’eliminazione delle barriere all’entrata, comunque, prefigura un quadro molto dinamico che comporterà accanto all’ingresso di nuovi imprenditori, la rilocalizzazione di molti esercizi, un significativo ricambio gestionale tramite i subingressi e ampliamenti della superficie e dell’assortimento.

 

Sarà inevitabile, quindi, un innalzamento del livello di competitività tra le imprese che permetterà di distinguere e selezionare tra gli imprenditori, in particolare i nuovi, quelli in possesso di una cultura innovativa capace di misurarsi con il mercato, da quelli occasionali.

 

Per le medie strutture di vendita (supermercati di quartiere, discount, piccoli centri commerciali, grandi magazzini, insediamenti non alimentari specializzati) sottoposte ad autorizzazione comunale rilasciata tenendo conto degli indirizzi regionali, si prefigura una leggera crescita in termini di nuovi insediamenti e una dinamica molto accentuata per quanto riguarda i cambiamenti organizzativi-gestionali.

 

Le loro caratteristiche dimensionali e di assortimento, infatti, meglio si adatterebbero alle esigenze di dotare determinate aree urbane (semicentro, zone periferiche anche intermedie) di servizi commerciali spesso inesistenti o, comunque, non in grado di soddisfare tutte le esigenze dei consumatori.

 

Uno sviluppo accentuato sul territorio di queste strutture pone, tuttavia, problemi di compatibilità con la rete esistente soprattutto in alcune aree urbane e ciò potrebbe comportare squilibri nella rete di offerta, a meno che vi sia da parte dei comuni una tempestiva e corretta programmazione di tali insediamenti.

 

L’apertura di insediamenti commerciali di grande dimensione avverrà all’interno di un disegno programmatorio da parte delle regioni che fisseranno i criteri, i vincoli, anche di natura urbanistica, per l’apertura, il trasferimento e l’ampliamento di questi esercizi.

 

Quello che bisognerà evitare è che la collocazione dei grandi complessi commerciali avvenga in aree già sature e in assenza di una corretta valutazione dell’impatto sugli esercizi esistenti, sul contesto ambientale e sui sistemi di mobilità pubblica e privata.

 

Gli effetti di queste scelte sulle dinamiche di mercato potranno essere le seguenti:

 

·     nel comparto del grocery un aumento limitato del numero di grandi strutture di vendita che interesserà soprattutto le aree del Centro-Sud;

 

·     significative ristrutturazioni dei punti vendita indotte dall’esigenza di proporre ai consumatori nuove politiche di prezzo, di prodotto, e di servizio;

 

·     una diversificazione verso la multicanalità e la pluralità di "format";

 

·     nel non alimentare, un aumento di grandi superfici specializzate soprattutto nel comparto abbigliamento e calzature, articoli sportivi, elettronica, hobbistica e fai-da-te.

 

 

 

4.2 Il turismo

 

4.2.1 L'andamento del turismo nell'economia del Paese

 

Dopo il rallentamento evidenziato nel ’97 la dinamica del prodotto del settore turistico ha mostrato durante lo scorso anno una nuova fase espansiva. Nel 1998, infatti, il valore aggiunto del comparto ha registrato un aumento pari al 2%, contro la crescita del sistema economico nel suo complesso pari all'1,3%.

 

 

TURISMO - PRODOTTO,OCCUPAZIONE  E PREZZI
(Variazioni % rispetto all’anno precedente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Valore aggiunto (1)

0,1

0,0

-1,7

3,2

2,0

1,7

0,3

2,0

Occupazione totale

3,1

-0,9

-3,3

3,9

1,0

-0,2

1,0

0,7

-dipendente

2,8

-4,3

-0,5

5,0

0,9

-0,1

0,3

3,4

-indipendente

3,5

3,4

-6,6

2,6

1,0

-0,3

1,9

-2,7

Produttività del lavoro (2)

-2,9

0,9

1,6

-0,7

1,0

1,9

-0,7

1,3

Costo del lavoro (3)

5,3

12,9

7,0

2,2

10,4

5,9

5,1

0,6

Clup (4)

8,5

11,9

5,3

2,9

9,2

3,9

5,8

-0,7

Prezzo implicito (5)

7,7

8,2

5,2

6,4

4,5

4,9

2,9

2,7

 (1) Valore Aggiunto al costo dei fattori a prezzi 1995

(2) Valore Aggiunto a prezzi 1995 per unità di lavoro

(3) Redditi da lavoro dipendente per dipendente

(4) Rapporto fra il costo del lavoro e la produttività del lavoro

(5) Prezzo implicito del Valore Aggiunto al costo dei fattori

 

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

A tutt'oggi, sulla base dei dati della nuova serie di contabilità nazionale, il peso del turismo rispetto alla ricchezza complessivamente prodotta nel Paese è pari al 3,6%.

 

Gli apprezzabili risultati conseguiti dall'attività turistica si sono riflessi anche sul fronte occupazionale. Nel 1998 infatti la consistenza degli addetti ha sfiorato il milione e 160 mila unità, con un incremento dello 0,6% rispetto all'anno precedente, pari a 8,3 mila unità in più.

 

Quest'andamento conferma la capacità del settore di creare in modo strutturale nuove opportunità di lavoro: a partire dal '91, infatti, gli addetti negli alberghi e pubblici esercizi sono costantemente cresciuti, con l'unica eccezione del 1996. Per ogni 100 occupati nel Paese, 5,1 attualmente appartengono al comparto turistico, contro i 4,6 di dieci anni prima.

 

Sotto il profilo della posizione della professione la dinamica positiva registrata nell'ultimo anno è interamente imputabile alla componente alle dipendenze (+21,7 mila unità), mentre è apparso ancora in calo il segmento autonomo (-13,5 mila unità), che ha perso più occupati di quanti ne avesse incrementati nel 1997 (9,3 mila).

 

L'apprezzabile incremento del valore aggiunto, unitamente alla modesta crescita occupazionale ha determinato una dinamica positiva della produttività (1,3%), che riprende un profilo di crescita dopo la flessione registrata nel '97, pur se ad un ritmo più contenuto rispetto al biennio '95-96.

 

Si conferma l'andamento positivo del costo del lavoro (0,6%), che tuttavia sconta un netto rallentamento dopo un decennio di vivace sviluppo; la contenuta dinamica di tale indicatore, congiuntamente al recupero di produttività del lavoro, ha  avuto come effetto, per la prima volta dal '91, una modesta riduzione del costo di lavoro per unità di prodotto.

 

I riflessi economici dei flussi turistici emergono anche dalla bilancia valutaria. Questo indicatore è stato di recente soggetto a revisione sulla base dei nuovi standard del V manuale del FMI, per cui è stata ricostruita la serie degli ultimi dieci anni.

 

 

   BILANCIA TURISTICA ITALIANA
                                         Viaggi all'estero (miliardi di lire correnti)

 

SALDI

1989

7.151

1990

7.476

1991

8.050

1992

5.071

1993

11.120

1994

17.685

1995

23.117

1996

22.352

1997

22.453

1998

21.568

   Fonte: UIC - Banca d'Italia

 

Sulla base di queste informazioni l'anno scorso si è chiuso con un attivo di 21mila e 568 miliardi, inferiore del 3,9% rispetto a quello del '97. Tale risultato è sintesi di una crescita molto contenuta delle entrate (+1,8%), attestate a quasi 51 mila e 800 miliardi di lire, a cui ha fatto riscontro un incremento più vivace (+6,4% sempre in termini tendenziali) delle uscite, valutate intorno ai 30 mila e 200 miliardi.

 

Il dato di sintesi è stato fortemente influenzato dalla contrazione della valuta dei paesi extraeuropei, ed in particolare asiatici, in conseguenza della crisi che ha colpito le economie di quei paesi. Le entrate provenienti dal solo Giappone si sono ridotte quasi del 20%.

 

 

4.2.2 La domanda

L'andamento della domanda turistica nel 1998 è stato complessivamente positivo: gli arrivi nelle strutture ricettive ufficiali sono stati quasi 72 milioni 750 mila, arrivando a sfiorare i 300 milioni di presenze. In termini evolutivi è stato registrato un incremento del 3,8% negli arrivi e del 3% nelle giornate di permanenza.

 

Pertanto i clienti hanno optato, in media, per una riduzione del periodo di permanenza, che si è attestato sulle 4,1 giornate.

 
MOVIMENTO DEI CLIENTI NEGLI ESERCIZI RICETTIVI - 1998 (*)
(Migliaia di unità)

ITALIANI

Arrivi          Presenze

STRANIERI

Arrivi         Presenze

TOTALE

Arrivi           Presenze

Esercizi alberghieri

35.908

125.846

25.994

87.164

61.902

213.010

Esercizi extralberghieri

5.833

52.700

5.014

33.903

10.847

86.603

Totale esercizi ricettivi

41.741

178.546

31.008

121.067

72.749

299.613

Variazioni %

 

Esercizi alberghieri

3,3

3,2

4,4

2,7

3,7

3,0

Esercizi extralberghieri

3,2

3,1

4,8

3,2

3,9

3,1

Totale esercizi ricettivi

3,3

3,2

4,5

2,9

3,8

3,0

Variazioni assolute

Esercizi alberghieri

1.143

3.930

1.094

2.319

2.237

6.249

Esercizi extralberghieri

180

1.566

228

1.038

408

2.604

Totale esercizi ricettivi

1.323

5.496

1.322

3.357

2.645

8.853

(*) Dati provvisori

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat        

 

 

La crescita negli arrivi è imputabile in modo più accentuato alla componente straniera, che ha fatto registrare un’evoluzione pari al 4,5%, pari a 31 milioni di persone.

 

Sul fronte delle presenze, tuttavia, sono stati gli italiani a dimostrare un incremento maggiore: nel complesso sono stati registrati oltre 178,5 mila pernottamenti, il 3,2% in più rispetto al 1997.

 

Al di là di queste lievi differenze, tuttavia, emerge nel ’98 uno sviluppo del settore piuttosto equilibrato, in quanto tutti i segmenti della domanda hanno presentato risultati soddisfacenti. Ciò è vero anche considerando la tipologia ricettiva: incrementi dei flussi sono stati registrati, senza sostanziali differenze, sia nel settore alberghiero che nelle strutture ricettive complementari.

 

 

4.2.3 La vitalità imprenditoriale del settore sul territorio

 

Nel 1998 le imprese turistiche italiane, secondo i dati forniti da Movimprese, erano poco meno di 221 mila. L'analisi relativa alla nati-mortalità ha mostrato una ripresa di quella vivacità che il turismo aveva evidenziato dal '94. Nel corso dello scorso anno infatti il saldo tra iscrizioni e cessazioni ha registrato un andamento positivo (pari a 1.697 aziende), più che doppio rispetto ai risultati del 1997.

 

 

STOCK E NATI-MORTALITA' DELLE IMPRESE DEL TURISMO

(Anno 1998)

 

Attive

Iscritte

Cessate

Saldo

NORD OVEST

61.042

4.355

4.601

-246

NORD EST

57.890

4.392

4.350

42

CENTRO

42.902

3.395

3.088

307

SUD

58.879

5.079

3.485

1.594

ITALIA

220.713

17.221

15.524

1.697

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

 

 

Tale aumento delle imprese operative nel settore è sintesi di oltre 17 mila nuove iscrizioni e circa 15 mila 500 cessazioni; il tasso di crescita è stato pari allo 0,7% contro lo 0,3% dell’anno precedente.

 

Un nuovo impulso alla crescita di imprese nel '98 rispetto all'anno precedente si rileva anche dall'analisi per forma giuridica: un tasso di crescita particolarmente elevato è stato riscontrato per le società di capitale (2,1%), nel '97 tale valore era pari all'1,9%.

 

La crescita delle società di capitale, che rappresentano nel turismo circa l'8% del totale delle imprese, è direttamente collegabile all'affermarsi sul nostro mercato di strutture imprenditoriali con assetti organizzativi e finanziari più complessi, quali grandi catene alberghiere e di ristorazione.

 

Il turn over del settore, cioè la velocità di ricambio dello stock delle aziende, pur  risultando elevato (6,4%) è il più basso dall’inizio del decennio. L’indicatore tuttavia presenta sensibili differenze a livello territoriale, riflettendo contesti socioeconomici molto dissimili.

 

Dall'analisi dei dati camerali a livello territoriale si evidenzia una dinamica abbastanza articolata. Il Nord-Ovest nel suo complesso è stato interessato da una contrazione del numero di imprese (-246), meno accentuata rispetto all’anno precedente  ma ancora una volta imputabile soprattutto alla Lombardia (-185).

 

Nell'area del Nord-Est emergono comportamenti molto differenziati per le regioni a forte vocazione turistica. Infatti, mentre nel Veneto e nel Trentino Alto Adige si registra un tasso di crescita negativo (pari rispettivamente a -0,3% e –0,4%), nel Friuli Venezia Giulia e in Emilia Romagna  la dinamica è risultata favorevole (+0,5% in entrambi i casi).

 

Con riferimento alle regioni del Centro è stata registrata una evoluzione favorevole per il Lazio, il cui tasso di crescita è stato pari allo 0,5%, e soprattutto per la Toscana (1,6% nel ’98), che sta ampliando la base produttiva del settore ininterrottamente dal ’94. Per contro l’indicatore è negativo nell’Umbria (-0,2%) e in particolare nelle Marche (-1,6), dove le strutture turistiche hanno scontato un ridimensionamento per tutto il decennio.


Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

 

Decisamente positivo è l'andamento delle imprese riscontrato in tutte le regioni del Mezzogiorno. In quest'area, nella quale operano oltre il 26% delle aziende del settore, si è registrato un saldo positivo pari a 1.594 imprese, superiore al dato relativo al '97. In particolare si segnalano gli andamenti della Campania (+768), della Sicilia (+374) e della Puglia (+251) regioni nelle quali si concentra oltre il 62% di tutte le imprese turistiche del Mezzogiorno, con tassi di crescita pari rispettivamente a 4,3%, 3,3% e a 2,6%.

 

 

4.2.4 Le prospettive

 

Per l'anno in corso le attese sono improntate ad un cauto ottimismo, anche se non mancano seri elementi di preoccupazione.

 

I dati dell'Istat relativi al periodo pasquale sono complessivamente positivi, rilevando un incremento del 2,6% negli arrivi e del 6,6% nei pernottamenti negli alberghi italiani. Sotto il profilo della nazionalità di provenienza la domanda interna ha mostrato un ritmo di crescita molto vivace (7,6%) per gli arrivi, mentre quella proveniente dall’estero ha accusato una flessione (-2,7%) rispetto all'analogo periodo dello scorso anno. Con riferimento alle giornate di presenza, invece, si segnala un apprezzabile aumento delle presenze sia italiane (9,2%) sia straniere (4,5%). Ne consegue, in particolare per il segmento internazionale, un aumento della permanenza media (da 3,4 a 3,6 giornate).

 

A livello territoriale queste prime indicazioni evidenziano un brillante andamento della domanda interna sia nel Nord, a cui si è contrapposta una disaffezione della clientela straniera, sia in termini ancor più sostenuti nel Centro, dove la domanda internazionale ha fatto registrare una flessione degli arrivi ma un apprezzabile incremento dei pernottamenti (+12,6%). Nelle regioni meridionali, infine si è manifestata la riduzione dei flussi italiani, non sempre compensata dal brillante andamento della domanda estera.

 

Per l’ormai imminente stagione estiva l'ottava indagine "Dove vanno in vacanza gli italiani" effettuata da Trademark Italia e Sociometrica ha evidenziato inoltre, a livello motivazionale, un clima di maggiore certezza sulla scelta di usufruire di un periodo di vacanza: il 6% in più rispetto allo scorso anno ha deciso di andare in vacanza. Tra le destinazioni prescelte al primo posto ancora una volta la Sardegna, seguita dalla Toscana, dalla Costiera amalfitana, dal Trentino e dalla Sicilia. Vivo anche l’interesse per le destinazioni oltre confine, in primo luogo le capitali europee, le località del Mediterraneo, tra le quali perde posizioni la Turchia, i Caraibi con in testa Cuba e per la prima volta i paesi scandinavi.

 

Per quanto concerne i flussi turistici internazionali, il Rapporto Ciset-Tci presentato in occasione della Bit dello scorso mese di marzo prevedeva per il 1999 un  aumento dell’1,9% negli arrivi di turisti stranieri. Si tratta di una previsione più cauta rispetto a quella del ‘98, motivata dalle incertezze sulla congiuntura internazionale, che incidono soprattutto sui flussi provenienti dal Giappone.

 

Gli ultimi sviluppi delle vicende del Kosovo sembrano oggi improntati all’ottimismo. La recente intesa raggiunta in sede Onu e la sospensione dei bombardamenti Nato non potranno che avere  riflessi positivi sul mercato turistico, soprattutto nelle regioni adriatiche. Molti operatori della costa lamentavano, più che disaffezione della clientela, campagne di disinformazione che risultavano più dannose della stessa guerra.

 

La cessazione del conflitto dovrebbe riportare la situazione quasi alla normalità, con l’eccezione del problema degli ordigni ancora in mare che, pur non pericolosi, possono costituire un deterrente a livello psicologico.

 

 

 

4.3 I servizi alle famiglie ed alle imprese

 

4.3.1 L'andamento dei servizi nell'economia del Paese

 

All’interno del terziario di mercato i servizi alle imprese e alle famiglie (in cui sono ricompresi le attività di intermediazione monetaria e finanziaria, di immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, i cd. altri servizi pubblici sociali e personali, e i servizi domestici), hanno registrato nel corso del 1998 un incremento del 2,9% in accelerazione rispetto alla dinamica mostrata l’anno precedente.

 

Il contributo dei servizi alle imprese e alle famiglie alla produzione di ricchezza è pari al 28,5%, contro il 24,7% del 1990.

 

 

SERVIZI ALLE IMPRESE E ALLE FAMIGLIE - Prodotto, Occupazione e Prezzi
(variazioni % rispetto all'anno precedente)

 

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

Valore aggiunto (1)

3,6

3,3

0,5

0,2

2,4

1,7

1,9

2,9

Occupazione totale

3,9

4,7

4,4

2,4

-1,9

-0,5

2,6

4,4

-dipendente

2,6

5,1

6,3

2,1

-0,5

-1,7

1,4

4,0

-indipendente

6,7

3,7

0,5

3,2

-5,0

2,3

5,5

5,4

Produttività del lavoro (2)

-0,3

-1,3

-3,8

-2,2

4,4

2,2

-0,7

-1,5

Costo del lavoro (3)

6,9

5,6

6,1

5,8

5,4

5,3

2,1

4,4

Clup (4)

7,1

7,1

10,3

8,2

1,0

3,0

2,8

5,9

Prezzo implicito (5)

9,2

8,9

1,2

3,9

7,9

6,7

2,1

1,2

(1) Valore Aggiunto al costo dei fattori a prezzi 1995

(2) Valore Aggiunto a prezzi 1995 per unità di lavoro

(3) Redditi da lavoro dipendente per dipendente

(4) Rapporto fra il costo del lavoro e la produttività del lavoro

(5) Prezzo implicito del Valore Aggiunto al costo dei fattori          

 

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT di C.N. SEC 95

 

 

Sotto il profilo occupazionale nel comparto in esame è stato rilevato un incremento del 4,4%,  pari a circa 118mila unità, di cui 69mila alle dipendenze e 49mila autonomi.

 

Attualmente le unità di lavoro occupate nel settore sono oltre 4milioni e 300mila, pari a quasi il 20% del totale.

 

Le dinamiche congiunte del valore aggiunto e dell’occupazione hanno comportato una flessione della produttività del lavoro di un punto e mezzo; l’evoluzione di tale indicatore, associato ad un sostenuto incremento del costo del lavoro (+4;4%) ha determinato una netta accelerazione del Clup (5,9%).

 

Con riferimento infine alla dinamica dei prezzi settoriale nel 1998 si è assistito ad un  ulteriore rallentamento (+1,2%) che ha contribuito positivamente all’evoluzione dell’indice generale dei prezzi.

 

 

4.3.2 La dinamica imprenditoriale del settore sul territorio

 

Secondo le informazioni della banca dati delle Anagrafi camerali operano nel settore dei servizi alle imprese ed alle famiglie oltre 640mila imprese, di cui il 39% nel Nord-Ovest, il 21% nel Nord-Est, il 18% nel Centro ed il 22% nel Sud.

 

 

STOCK E NATI-MORTALITA' DELLE IMPRESE DEI SERVIZI
(alle imprese e alle famiglie) (Anno 1998)

 

Attive

Iscritte

Cessate

Saldo

NORD OVEST

250.043

16.816

16.111

705

NORD EST

137.526

11.625

9.942

1.683

CENTRO

114.942

10.678

8.651

2.027

SUD

138.557

13.228

9.002

4.226

 

 

 

 

 

ITALIA

641.068

52.347

43.706

8.641

(*) Sono considerate le imprese che svolgono intermediazione finanziaria, attività immobiliari, noleggio,informatica, ricerca, altri servizi sociali e personali, servizi domestici

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

 

Per quanto riguarda la dinamica imprenditoriale il settore nel corso del 1998 ha complessivamente registrato l’incremento della base imprenditoriale, con un saldo positivo pari a oltre 8.600 imprese con un saldo pari a 8.641 imprese; tale risultato è imputabile per circa la metà al Mezzogiorno ( il tasso di crescita è stato pari a 2,7%) e, in misura minore, al Nord-Est ed al Centro (i tassi di crescita sono stati rispettivamente pari a 1,1% e 1,2%).

 


 


Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Movimprese

 

A livello regionale, se si esclude della Valle d’Aosta e dell’Umbria, tutte le altre regioni hanno registrato un incremento del numero delle imprese del comparto in particolare la Basilicata (+4,6%), la Campania (+3,9%), la Sicilia (+2,8% e la Puglia(+2,6%).

 

Con riferimento ai servizi alle imprese (attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, ecc.), il saldo del comparto è stato positivo dopo la battuta di arresto registrata nell’anno precedente, soprattutto nel Mezzogiorno dove si è registrato un saldo positivo di oltre 2.000 imprese.

 

Positivi anche i saldi relativi al comparto dei servizi alle persone (servizi sociali e personali, servizi domestici), che confermano la tendenza espansiva emersa negli anni precedenti, con particolare riferimento al Mezzogiorno, indice di una maggiore attenzione da parte delle famiglie a tutte le attività legate alla gestione del tempo libero.


5. IL MEZZOGIORNO

 

 

5.1 Le tendenze di medio periodo

 

A partire dal 1993 con l’avvio di una fase di profonda stagnazione dell’economia italiana si è invertito il processo di parziale riduzione del gap tra centro nord e mezzogiorno.

 

 

Pil per Area  (Miliardi 1990)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

 

 

 

 

 

 

 

 

CENTRO-NORD

0,7

-1,0

2,5

3,5

0,9

1,7

1,5

 SUD

0,1

-1,2

0,9

1,1

-0,1

1,0

1,1

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT, SVIMEZ

 

 

Con la fine dell’intervento straordinario e con l’avvio di politiche più stingenti dal lato della finanza pubblica sono, infatti venuti a mancare molti dei trasferimenti alle famiglie e alle imprese che avevano permesso per tutti gli anni ‘80 un tendenziale aumento della ricchezza prodotta nel meridione, ma le cui caratteristiche, in molti casi le azioni si erano tradotte in finanziamenti a pioggia a favore di imprese «decotte» che non hanno prodotto un solo posto di lavoro, non avevano portato alla creazione nel mezzogiorno di un tessuto produttivo capace di svilupparsi autonomamente.

 

Situazione che  in un momento di profonda crisi dell’economia europea, ed italiana in particolare, ha portato ad un progressivo allontanamento dell’economia meridionale dal resto del Paese.

 

Tendenza che non sembra essersi arrestata, nonostante la presenza di un contesto produttivo ed occupazionale lievemente meno negativo, neanche lo scorso anno.

 

La minore crescita riscontrata nel mezzogiorno negli ultimi anni ha fatto si che posto uguale a 100 il PIL dell’area del 1990, al 1998 l’indice si sia collocato sul 105,1 segnalando nel complesso una crescita in termini reali di poco superiore al 5%. Nello stesso periodo il PIL del centro nord è passato da 100 a 111,5 mostrando nella sostanza un incremento della ricchezza prodotta in quantità dell’11,5%, più che doppia rispetto al sud.

 

Tale evoluzione è imputabile essenzialmente alla domanda interna, che nel mezzogiorno influisce in misura più elevata sul PIL prodotto, ed in particolare alla componente relativa agli investimenti.

 

Se per i consumi delle famiglie - che in termini pro capite sono comunque nel mezzogiorno pari a circa il 68% di quelli del centro nord -, la crescita tra il ’90 ed il ’98 in termini reali è stata rispettivamente del 7,2% nel sud e del 10,7% nel resto del Paese, evidenziando una evoluzione che seppure più contenuta non appare così distante è dal lato degli investimenti che si registra la dinamica più negativa ed il divario è più consistente.

 

Consumi Per Area  (Miliardi 1990)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

 

 

 

 

 

 

 

 

CENTRO-NORD

1,0

-2,3

1,6

2,2

1,0

2,3

1,8

 SUD

1,2

-2,7

1,0

1,1

0,4

2,5

1,2

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT, SVIMEZ

Nel centro nord dopo la consistente flessione del ‘92-93 gli investimenti hanno, infatti, mostrato una tendenza al recupero, portandosi nel ’98 su un livello superiore di circa il 4% rispetto a quanto riscontrato nel ’90.

 

 

Investimenti Per Area  (Miliardi 1990)

(Variazioni % sull’anno precedente)

 

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

 

 

 

 

 

 

 

 

CENTRO-NORD

-0,8

-11,8

1,9

10,7

0,7

0,8

3,6

 SUD

-4,4

-15,5

-3,5

-3,7

-0,5

-0,1

3,2

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT, SVIMEZ

 

 

Dinamiche sostanzialmente divergenti si sono riscontrate nel mezzogiorno, area nella quale la tendenza alla diminuzione degli investimenti sembra essersi arrestata solo nell’ultimo anno, evoluzione che non ha comunque permesso se non un marginale recupero. Attualmente il livello degli investimenti risulta ancora inferiore di quasi il 22% rispetto a quanto si registrava all’inizio degli anni ’90.

 

Le basse dinamiche produttive hanno prodotto conseguenze particolarmente pesanti sull’occupazione meridionale, portando ad un sensibilissimo ampliamento dei divari territoriali nel mercato del lavoro.

 

In particolare tra il 1993 ed il 1998 il deciso incremento nel numero di disoccupati registrato nel Paese (503mila unità) è imputabile per oltre l’82% al mezzogiorno area nella quale i disoccupati sono aumentati  di ben 415mila unità.

 

 

Disoccupati Per  Area

(Variazioni assolute in migliaia sull’anno precedente)

 

1994

1995

1996

1997

1998

1998-1993

Nord

66

-4

-9

1

-23

30

   Nord Ovest

51

1

1

-2

-6

43

   Nord Est

15

-5

-10

3

-17

-13

Centro

38

38

4

-6

-12

59

Sud

123

133

45

45

67

415

 

 

 

 

 

 

 

ITALIA

224

167

40

40

33

503

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

In conseguenza di queste dinamiche il tasso di disoccupazione meridionale ha subito un incremento di oltre 5 punti percentuali passando dal 17,5% del ’93 al 22,8% del ’98. Nel centro- nord si è invece progressivamente tornati sui livelli precedenti la crisi, ed in alcune aree si è scesi addirittura al di sotto del livello considerato «naturale».

 

Anche per gli occupati le tendenze a livello territoriale sono risultate fortemente divergenti. Dopo la pesante riduzione del ’94, che ha coinvolto tutto il Paese, nel centro nord, in considerazione di dinamiche produttive più soddisfacenti, si è teso ad un recupero dei livelli occupazionali. Nel mezzogiorno la tendenza, fino allo scorso anno, è stata improntata ad una progressiva riduzione: tra il ’94 ed il ’97 si sono persi ben 330mila posti di lavoro.

 

 

Occupati Per Area

(Variazioni assolute in migliaia sull’anno precedente)

 

1994

1995

1996

1997

1998

1998-1993

Nord

-132

18

98

18

69

71

   Nord Ovest

-92

-6

35

-11

65

-9

   Nord Est

-41

24

63

29

4

79

Centro

-62

-3

23

-9

5

-97

Sud

-150

-128

-45

-7

35

-294

 

 

 

 

 

 

 

ITALIA

-344

-113

76

2

110

-269

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Si consideri che il modesto aumento dello scorso anno, inferiore comunque a quello registrato nel nord, registrato nell’area è imputabile in gran parte all’attuazione di misure straordinarie, quali borse di lavoro e lavori socialmente utili, destinate a ridurre la loro efficacia nel breve periodo.

 

Anche il più elevato ricorso a strumenti di flessibilità nel mercato del lavoro non sembra essere stato sufficiente a colmare i divari.

 

 

Occupati in Complesso per Tipo di Orario di Lavoro

(Variazioni assolute in migliaia)

 

NORD

CENTRO

SUD

ITALIA

 

1998

‘93-98

1998

‘93-98

1998

‘93-98

1998

‘93-98

Tempo pieno

22

-134

-16

-120

-1

-375

5

-629

Tempo parziale

49

206

21

73

36

81

106

360

TOTALE

71

72

4

-47

36

-294

110

-269

FONTE : Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat indagine sulle Forze di Lavoro

 

In particolare nel medio periodo nel mezzogiorno l’aumento della domanda di lavoro per forme di lavoro atipiche, part time, contratti a tempo determinato, non è stata in grado di attenuare, come è invece avvenuto nel nord, la consistente espulsione di lavoratori a tempo pieno ed indeterminato.

 

 

Occupati Dipendenti per Tipo di Orario di Attività

(Variazioni assolute in migliaia)

 

NORD

CENTRO

SUD

ITALIA

 

1998

‘93-98

1998

‘93-98

1998

‘93-98

1998

‘93-98

Occupazione permanente

47

-95

-37

-133

-23

-325

-14

-554

Occupazione temporanea

42

189

30

75

41

116

119

381

Totale

89

94

-7

-57

23

-210

104

-173

FONTE : Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat indagine sulle Forze di Lavoro

 

 

 

5.2 Le Tendenze Recenti

 

La sostanziale debolezza del sistema produttivo meridionale rende l’area particolarmente sensibile al mutamento in negativo del quadro congiunturale di riferimento.

 

I contenuti segnali di una ripresa dell’attività produttiva ed occupazionale che si erano riscontrati lo scorso anno sembrano, infatti, aver conosciuto in questa prima parte del '99 una battuta d'arresto.

 

In particolare le esportazioni in valore che avevano registrato lo scorso anno una dinamica più sostenuta rispetto al resto del Paese, tendenza che aveva comunque aumentato solo in minima parte il contributo delle esportazioni meridionali al totale, si sono sensibilmente ridotte in questa prima parte dell’anno determinando in presenza di una domanda interna non particolarmente soddisfacente un ridimensionamento dell’attività produttiva.

 

Vendite del Commercio Al Dettaglio In Termini Reali per Area

(Variazioni %  sul periodo corrispondente)

 

1996

1997

1998

1999

 

 

 

 

 

ANNO

ANNO

ANNO

Gen.

Feb.

Mar.

Apr.

Media

Nord ovest

-2,0

1,3

0,5

-2,5

1,3

0,8

-2,5

-0,7

Nord est

4,8

1,4

1,2

5,5

3,9

3,1

5,9

4,6

Centro

5,5

0,2

1,0

-0,4

-1,7

-2,2

4,5

0,2

Sud

-3,0

-1,0

0,8

1,1

-0,1

1,2

-4,8

-0,7

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Il modestissimo aumento riscontrato nel primo trimestre dalle vendite del commercio al dettaglio in termini reali appare, alla luce del dato pesantemente negativo di aprile, infatti, più come un recupero dei livelli di consumo fortemente compressi negli anni precedenti che un segnale di una reale ripresa della domanda delle famiglie.

 

I riflessi di una attività produttiva in netto rallentamento si leggono anche dai dati sul mercato del lavoro.


 

 


A fronte di tasso di disoccupazione ad aprile’99 che per la prima volta dopo alcuni anni si è attestato su di un livello inferiore rispetto a quanto registrato in precedenza, si segnala un netto ridimensionamento nella già modesta crescita del livello di occupati.

 

Forze di Lavoro Per Area – 1999

(Variazioni assolute in migliaia sul periodo corrispondente)

 

Occupati

Disoccupati

Forze di Lavoro

 

Gen.

Apr.

Gen.

Apr.

Gen.

Apr.

NORD

117

229

-49

-70

68

159

  Nord ovest

49

140

-26

-51

23

89

  Nord est

68

89

-23

-19

45

70

CENTRO

74

37

-5

29

69

66

SUD

17

18

113

-32

130

-14

ITALIA

203

282

58

-71

261

212

FONTE : Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati Istat indagine sulle Forze di Lavoro

 

Sintomo che la tendenza riscontrata è derivata più che da un reale miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro dal combinarsi di una serie di fenomeni che hanno portato ad un modesto ridimensionamento delle persone in cerca di occupazione.

 

Da un lato potrebbe, infatti essersi arrestata la tendenza che lo scorso anno aveva spinto sul mercato parte delle forze di lavoro potenziali dall’altro potrebbero essersi accentuati i fenomeni di emigrazione verso il nord già rilevati nel 1998.

 

 

 

5.3 Le politiche  per lo sviluppo

 

Se le cause della mancata crescita meridionale sono molteplici e non tutte legate a fattori puramente economici - la presenza di criminalità organizzata da sempre rappresenta un elemento di ostacolo alla crescita e all’insediamento di attività - , la rimozione dei vincoli infrastrutturali rappresenta l’unico elemento in grado di stimolare uno sviluppo sostenuto, pari a circa il doppio di quello italiano, e duraturo nel tempo.

 

Per promuovere una crescita sensibile è necessario in primo luogo intervenire dal lato degli investimenti per i quali non è sufficiente la sola riduzione del costo del denaro, in quanto la carenza di dotazioni infrastrutturali è uno degli elementi che scoraggia le decisioni di investimento da parte dei privati. Sarebbe quindi quanto mai opportuna un’azione dell’operatore pubblico che, pur con tutti i limiti che pone il piano di rientro del debito, promuova azioni concrete volte a migliorare sensibilmente la dotazione infrastrutturale dell’area.

 

A queste si dovrebbero accompagnare chiaramente anche misure di carattere più generale che interessando tutto il Paese favoriscano una netta riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese.

 

Se parte di queste linee di intervento sembrano essere state recepite nei documenti più recenti sulla politica per il mezzogiorno, il quadro di riferimento non appare ancora del tutto soddisfacente.

 

Nel Piano per il mezzogiorno, che rappresenta la sintesi dei lavori dei tavoli nazionali settoriali e dei rapporti interinali regionali in vista della programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006, sono state, infatti, inserite alcune politiche di intervento rivolte a tutti i settori economici ed in particolare al commercio fino ad oggi escluso.

 

Tale attenzione non trova, tuttavia, riscontro nella ricognizione dei progetti immediatamente cantierabili per l'utilizzazione dei fondi strutturali già dal 2000 attualmente in fase di predisposizione al Ministero del Tesoro.

 

Rimangono necessarie, a livello territoriale misure di sostegno alle imprese commerciali finalizzate a favorire le seguenti necessità:

 

-          il sostegno alla creazione di nuove imprese;

 

-          il sostegno alla diffusione di tutte le forme di collaborazione tra imprese (a livello verticale ed orizzontale) per ottimizzare le funzioni d’acquisto, di distribuzione ed i servizi comuni;

 

-          il trasferimento di know-how organizzativo, gestionale e tecnologico verso le PMI attuato attraverso forme di collaborazione d’impresa e di assistenza tecnica;

 

-          lo sviluppo di programmi di riqualificazione delle attività commerciali nelle zone soggette a desertificazione (aree urbane e rurali);

 

-          lo sviluppo del commercio elettronico.

 

Le misure da gestire a livello centrale dovranno riguardare previsioni di aiuti più consistenti per investimenti infrastrutturali e di sistema, attirando il cofinanziamento sulle normative nazionali operative per il commercio, tra cui la legge 488/92.

 

Su quest'ultima legge andrebbe concentrata la richiesta prioritaria di cofinanziamento, dato il tenore consistente degli investimenti che agevola, a condizione che sia riconosciuta la sua applicabilità al settore commercio con le medesime caratteristiche attualmente vigenti per il settore industriale e turistico.

6. OCCUPAZIONE E INVESTIMENTI: IL QUADRO EUROPEO

 

 

 

6.1 La teoria economica

 

Quella che conosciamo come "Unione economica e monetaria europea" deve essere considerata, in realtà, come la parte terminale di un processo di convergenza che, attraverso la creazione del Mercato unico, ha visto i paesi europei adottare prima gli accordi di cambio dello SME e poi perseguire obiettivi quantitativi di finanza pubblica. Una delle conseguenze del processo di integrazione è identificata nella determinazione di un ciclo economico europeo, che distingue i paesi del Vecchio Continente da quelli appartenenti all'area anglosassone.

 

Obiettivo di questo lavoro è quello di fornire un contributo nell'analisi del ciclo economico in Europa e, allo stesso tempo, verificare l'elasticità della domanda di lavoro, dunque la dinamica del tasso di disoccupazione ai mutamenti produttivi.

 

L'analisi è così impostata. Nella prima parte viene descritta la teoria di base alle scelte economiche, nella seconda parte vengono analizzati gli aspetti settoriali dell'occupazione in Europa, quindi, seguono alcune considerazioni conclusive.

 

Per analizzare le cause della disoccupazione in Europa, riteniamo opportuno esprimere alcune considerazioni di carattere sia macroeconomico che microeconomico.

 

Dal punto di vista "macro" vengono identificate le principali cause di disoccupazione nell'attuazione di politiche monetarie, eccessivamente restrittive poste in essere con il preciso scopo di ridurre i livelli inflazionistici.

 

Secondo alcuni economisti, il passaggio dal Sistema Monetario Europeo, all'Unione monetaria avrebbe incrementato l'azione restrittiva della politica macroeconomica, allargandola alle politiche fiscali impegnate a rispettare i parametri definiti dal trattato di Maastricht.

 

Continuando a considerare le cause macroeconomiche è possibile effettuare una ulteriore distinzione: quella tra disoccupazione ciclica e disoccupazione persistente. Nel primo caso la politica macroeconomica è ritenuta responsabile della oscillazione della disoccupazione intorno ad un valore di equilibrio, definito da altre cause, e identificabile nel tasso naturale di disoccupazione; per quanto riguarda la disoccupazione persistente, invece, questa sarebbe legata al fenomeno dell'isteresi, in base al quale lunghi periodi di restrizione macroeconomica, quali quelli riscontrati in Europa nel periodo della disinflazione, avrebbero portato ad un progressivo innalzamento del tasso naturale di disoccupazione.

 

Per ciò che concerne le cause microeconomiche della disoccupazione va evidenziato che queste operano sia dal lato della domanda che dal lato dell'offerta di lavoro.

 

La disoccupazione strutturale può essere definita, quindi, come una disoccupazione di equilibrio determinata appunto dalla intersezione delle curve di domanda e di offerta del lavoro. Le cause della disoccupazione in questo contesto sono dunque quelle che determinano la posizione di tali curve. Dal lato dell'offerta ricoprono particolare importanza i comportamenti del sindacato, soprattutto quando questi tendono a privilegiare la difesa dei salari degli occupati rispetto al sostegno delle opportunità di occupazione degli esclusi; la disponibilità e la durata di sussidi di disoccupazione e i salari minimi sono un deterrente per i lavoratori nel far parte del mercato del lavoro. Questi fattori contribuiscono a spostare a sinistra la curva di offerta del lavoro, aumentando il tasso di disoccupazione di equilibrio a parità di domanda. Dal lato della domanda, contribuiscono a spostare a sinistra la domanda di lavoro da parte delle imprese e dunque ad accrescere la disoccupazione di equilibrio a parità di offerta. Dunque, tanto maggiore è il peso delle rigidità tanto più a sinistra si collocheranno le due curve e tanto maggiore sarà il tasso di disoccupazione di equilibrio.

 

Nelle principali economie industrializzate è in atto da tempo un processo di terziarizzazione dell'occupazione, la differenza principale tra Stati Uniti, dove comunque il processo è più avanzato, ed Europa, si trova all'interno dei meccanismi che lo sorreggono. La crescita del costo relativo dei servizi rispetto ai prodotti industriali viene affrontata negli USA soprattutto mediante la flessibilità verso il basso dei salari nei servizi, mentre in Europa si applica la copertura dei maggiori costi via prelievo fiscale e via spesa pubblica.

 

La proposta americana trova comunque il suo limite nel rischio di progressiva dequalificazione del lavoro e quindi anche nel suo deterioramento qualitativo.

 

Per la proposta europea, invece, un motivo di rammarico sta nella configurazione assunta dal trasferimento via bilancio pubblico, che non è stata in grado di tenere sotto controllo i comportamenti opportunistici degli operatori mostrando forti limiti di efficacia ed efficienza nell'uso delle risorse. La cosiddetta crisi fiscale ha finito per ridimensionare i margini delle politiche di trasferimento, rallentando così il meccanismo di sviluppo dei servizi prevalente in Europa, con effetti negativi sulle dinamiche occupazionali nette delle economie europee.

 

A tutt'oggi l'Europa contrappone ad una alta eterogeneità nei mercati del lavoro e nelle situazioni occupazionali una forte rigidità complessiva. Tali considerazioni non dovrebbero consigliare un eccessivo ottimismo sulle conseguenze che tali caratteristiche avranno nel funzionamento dell'UEM. Ad ogni buon conto, al crescere dell'integrazione si approfondisce la specializzazione commerciale e produttiva. Da ciò ne deriva una maggiore vulnerabilità dei paesi con shock settoriali specifici, per fronteggiare i quali la svalutazione potrebbe essere una valida risposta e la perdita del cambio rappresenterebbe un costo elevato.

 

 

6.2 Analisi settoriali dell'occupazione in Europa

 

I limitati tassi di crescita e l'incremento della disoccupazione in Europa sono in evidente contrasto con le ultime tendenze economiche degli Stati Uniti. Negli USA, infatti, il tasso di disoccupazione è diminuito di tre punti percentuali dal 1992 al 1998 (fino a raggiungere il 4.5%) mentre nella UE esso ha oscillato intorno al 10%. Nel comparto manifatturiero, la differenza è ancora più evidente. Dal 1995 al 1997 l'occupazione nell'industria è scesa dell'1.1% all'anno nella UE, mentre il tasso annuale di contrazione è stato soltanto dello 0.2% negli Stati Uniti e pressoché nullo in Giappone. E' utile fare due considerazione in proposito: 1) l'industria nel suo complesso tende ad espellere manodopera anche quando ci sono dei tassi di crescita sostenuti, come nel caso degli Stati Uniti, 2) la dinamica occupazionale nell'industria europea sembra particolarmente negativa, anche considerando l'attuale quadro macroeconomico.

 

Volendo evidenziare le dinamiche settoriali dell'occupazione in Europa, come negli USA, notiamo come siano presenti alcune disomogeneità: infatti, mentre in alcuni comparti è aumentato il numero degli occupati, in assoluto o rispetto alla media dell'industria, in altri la contrazione relativa dell'occupazione è stata ancora più marcata.

 

 

Occupati per settori nell'Unione Europea

(variazione percentuale e media degli occupati settoriali)

 

Settore

Var.%

1980/94

Var%

media annua

 

 

 

Prodotti in plastica

18,81

1,25

Editoria

3,7

0,25

Prodotti chimici

-2,3

-0,15

Strumenti professionali

-5,89

-0,39

Mobili

-8,93

-0,6

Alimentare

-10,33

-0,69

Prodotti in metallo

-15,65

-1,04

Macchine elettriche

-17,34

-1,16

Carta

-18,85

-1,26

Macchine non elettriche

-20,19

-1,35

Prodotti in legno

-22,81

-1,52

Totale manifattura

-23,5

-1,57

Porcellana

-24,23

-1,62

Mezzi di trasporto

-24,67

-1,64

Metalli non ferrosi

-26,42

-1,76

Prodotti non metallici

-26,46

-1,76

Prodotti in vetro

-28,87

-1,92

Industria chimica

-29,68

-1,98

Raffinazione di petrolio

-37,73

-2,52

Prodotti in gomma

-48,76

-3,25

Abbigliamento

-51,26

-3,42

Bevande

-52,21

-3,48

Prodotti del petrolio

-71,06

-4,74

Calzature

-73,21

-4,88

Tessile

-74,16

-4,94

Prodotti in cuoio

-75,51

-5,03

Ferro e acciaio

-86,4

-5,76

Tabacco

-108,39

-7,23

 

Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

 

Occupati per settori negli STATI UNITI

(variazione percentuale e media degli occupati settoriali)

 

Settore

Var.%

1980/94

Var%

media annua

 

 

 

Prodotti in plastica

59,25

3,95

Editoria

26,32

1,75

Prodotti chimici

-2,3

-0,15

Strumenti professionali

-5,89

-0,39

Mobili

11,71

0,78

Alimentare

4,28

0,29

Prodotti in metallo

-13,14

-0,88

Macchine elettriche

-7,92

-0,53

Carta

0,73

0,05

Macchine non elettriche

-21,58

-1,44

Prodotti in legno

8,62

0,57

Totale manifattura

-8,62

-0,57

Porcellana

-10,98

-0,73

Mezzi di trasporto

-7,97

-0,53

Metalli non ferrosi

-13,74

-0,92

Prodotti non metallici

-16,99

-1,13

Prodotti in vetro

-25,7

-1,71

Industria chimica

-24,21

-1,61

Raffinazione di petrolio

-31,7

-2,11

Prodotti in gomma

-12,35

-0,82

Abbigliamento

-29,67

-1,98

Bevande

-30,74

-2,05

Prodotti del petrolio

-12,91

-0,86

Calzature

-62

-4,13

Tessile

-4,78

-0,32

Prodotti in cuoio

-46,95

-3,13

Ferro e acciaio

-48,86

-3,26

Tabacco

-37,31

-2,49

 

Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Globalmente, la crescita relativa all'occupazione è stata più elevata nei settori della chimica fine, dell'alimentare, del macchinario elettrico, degli strumenti professionali e dei mezzi di trasporto. Le contrazioni maggiori, invece, si sono avute nelle filiere del tessile-abbigliamento e del cuoio-calzature, nella petrolchimica e nella siderurgia, e nei comparti delle bevande, del tabacco e dei prodotti in vetro e gomma.

 

Queste tendenze possono essere attribuite a più fattori: da una parte, le dinamiche della domanda mondiale e del volume di scambi internazionali nel medio-lungo periodo sono state molto diverse per ciascun settore, e ciò ha avuto effetti sui differenziali settoriali di occupazione, dall'altra, i caratteri della divisione  internazionale del lavoro, possono aver contribuito a produrre un impatto occupazionale diverso in ogni paese in relazione alle caratteristiche dei modelli nazionali di specializzazione. Infine i processi di ristrutturazione hanno coinvolto i comparti industriali con intensità variabile, favorendo cambiamenti nella intensità di lavoro, rispetto all'industria nel suo complesso.

 

L'interazione tra questi tre aspetti (composizione del prodotto industriale nazionale, dinamica mondiale della domanda, intensità del lavoro) può evidenziare le ragioni della limitata crescita europea.

 

 

6.3 Considerazioni conclusive

 

Questo lavoro viene svolto in una fase delicata del Processo di Lussemburgo. La strategia Europea per l'occupazione sta assumendo, infatti, un ruolo fondamentale all'interno del progetto del Patto per l'occupazione, approvato dal Consiglio europeo di Colonia. Dopo due anni dal suo lancio la strategia ha avuto importanti evoluzioni, soprattutto in termini di processo e di partenariato tra gli Stati membri e la Commissione.

 

E' in corso un nuovo periodo di programmazione dei fondi strutturali che necessiterà di un approccio diverso delle autorità nazionali per ricercare una convergenza di strategie ed obiettivi tra i documenti di programmazione.

 

Già nel Consiglio europeo di Essen, l'attenzione al tema dell'occupazione verteva sulla necessità di inserire il tema del lavoro nel modello macroeconomico europeo. Già da allora era palese che le politiche per la stabilità, per la lotta all'inflazione e per il controllo dei deficit pubblici avrebbero avuto effetti distorsivi su occupazione e crescita.

 

Con il Trattato di Amsterdam l'occupazione diviene questione comune quindi coordinata tra gli Stati membri. Si vuole creare, quindi, un coordinamento a livello europeo tra le politiche nazionali del lavoro ed integrare un approccio di tipo macro (politiche monetarie, fiscali e commerciali) con uno microeconomico (politiche del lavoro).

 

Il Consiglio europeo di Lussemburgo ha reso operativo il Titolo sull'occupazione del trattato di Amsterdam. L'innovazione del processo prevedeva che ogni paese definisse un piano d'azione nazionale (da ora NAP), adattato alle singole circostanze nazionali, ma all'interno di un quadro comune costituito dalle linee guida. Queste linee guida sono il prodotto di una riflessione tra andamento del quadro macroeconomico e i livelli di progresso sociale.

 

In Europa il tasso di disoccupazione è quasi il 10% della forza lavoro, il livello di occupazione è circa il 60% rispetto al 70% degli USA ed è forte il tasso di disoccupati di lunga durata (metà dei disoccupati sono rimasti senza lavoro da più di un anno).

 

Nel corso del tempo la disoccupazione si è trasformata in disoccupazione di lungo periodo, segno di come domanda e offerta nel mercato del lavoro in Europa si siano sviluppate in modo diverso, tutto ciò ha creato un mercato del lavoro a due velocità che si riflette anche su alcune delle nostre difficoltà strutturali. (ad esempio il divario nei livelli occupazionali tra Nord e Sud Italia.

 

Al Consiglio europeo di Vienna, i capi di Stato e di Governo hanno convenuto che la politica per l'occupazione deve coinvolgere le politiche monetarie, fiscali ed economiche per la stabilità e la crescita. Sono stati avviati i tavoli di discussione presso Ecofin, il Consiglio per gli affari sociali, il Comitato per le politiche economiche e il Comitato per l'occupazione. E' stato richiesto un più ampio dialogo tra tutti i protagonisti convocati: il Consiglio, la Commissione, il Parlamento europeo, le Parti sociali, la BEI e la BCE. Gli stessi Capi di Stato e di Governo ritengono l'intensificazione di questo dialogo di fondamentale importanza per la strategia complessiva per l'occupazione, la crescita e la stabilità.


Tasso di disoccupazione

(rapporto tra il numero di persone in cerca di lavoro e la forza lavoro disponibile)

 

Regioni

Valori % per gli anni

1999                            2002

Differenze %

 

 

 

 

Piemonte

8,8

8,1

-0,7

Val d'Aosta

5,5

9,5

4

Lombardia

5,8

6,4

0,6

Trentino Alto Adige

3,2

4,3

1,1

Veneto

5,2

5,5

0,3

Friuli Venezia Giulia

5,9

5,2

-0,7

Liguria

10,9

10,2

-0,7

Emilia Romagna

5,7

5,2

-0,5

Toscana

8,2

8

-0,2

Umbria

8,9

9

0,1

Marche

6,6

4,7

-1,9

Lazio

12,3

12,2

-0,1

Abruzzo

9,5

8,7

-0,8

Molise

17,6

14,2

-3,4

Campania

25

23,4

-1,6

Puglia

20,9

18,6

-2,3

Basilicata

18,7

14,4

-4,3

Calabria

26,9

24,5

-2,4

Sicilia

25,2

24,2

-1

Sardegna

21,4

22,4

1

 

 

 

 

Nord Ovest

7,1

7,3

0,2

Nord Est

5,3

5,2

-0,1

Centro

10

9,6

-0,4

Sud

22,8

21,3

-1,5

 

 

 

 

ITALIA

12,3

11,8

-0,5

 

Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati PROMETEIA (maggio '99)

 

 

Il Rapporto Congiunto per l'Occupazione per il 1999 valuterà i progressi conseguiti fino ad oggi e cercherà di identificare le priorità su cui si devono rivolgere le maggiori attenzioni. Ciò che ci si attende dai Piani predisposti dagli Stati membri della UE è:

1. il potenziamento degli interventi integrati di orientamento e di accompagnamento,

2. una iniziativa per ripristinare i potenziali posti di lavoro nel settore dei servizi,

3. una implementazione delle condizioni che permettano un migliore accesso alla formazione,

4. le pari opportunità come fulcro del processo di elaborazione politica in ogni campo delle politiche per l'occupazione,

5. una particolare attenzione per i gruppi svantaggiati come i disabili, le minoranze etniche e i lavoratori anziani,

6. l'impegno a creare le condizioni affinchè affiori il lavoro irregolare e vi sia sviluppo delle piccole e medie imprese,

7. la predisposizione di sgravi fiscali per favorire sia i disoccupati a sfruttare le opportunità di occupazione o di formazione, sia gli imprenditori a creare nuovi posti di lavoro.

 

 

Tasso di occupazione

(rapporto tra il numero di persone occupate e il totale della popolazione presente)

 

Regioni

Valori % per gli anni

1999                 2002

Differenze %

 

 

 

 

Piemonte

39,6

40,1

-0,5

Val d'Aosta

43,9

41

-2,9

Lombardia

42,1

41,6

0,5

Trentino Alto Adige

44

42,9

-1,1

Veneto

41,9

42,2

0,3

Friuli Venezia Giulia

39,9

41,4

1,5

Liguria

35,7

36,7

1

Emilia Romagna

43,4

44,4

1

Toscana

38,6

39,5

0,9

Umbria

36,1

36,6

0,5

Marche

38,9

40,5

1,6

Lazio

35,4

35,6

0,2

Abruzzo

34,3

34,6

0,3

Molise

31,6

33,2

1,6

Campania

26,5

27,5

1

Puglia

28

28,9

0,9

Basilicata

28,5

30,9

2,4

Calabria

25,4

26,4

1

Sicilia

25,7

25,9

0,2

Sardegna

30,1

29,3

-0,8

 

 

 

 

Nord Ovest

40,7

40,6

-0,1

Nord Est

42,4

43

0,6

Centro

36,9

37,6

0,7

Sud

27,4

28,1

0,7

 

 

 

 

ITALIA

35,4

35,9

0,5

 

Fonte: Elaborazione Centro Studi CONFCOMMERCIO su base dati Prometeia (maggio '99)

 

L'efficacia della strategia europea per l'occupazione dipende, inoltre, da alcuni fattori. Innazitutto da una valutazione efficace e trasparente delle strategie, sia nazionali che europee. Il Consiglio di Vienna si è pronunciato in merito alla necessità di utilizzare indicatori comuni e statistiche comparabili. Questo obiettivo si traduce per gli Stati membri nello sviluppo di database statistici attraverso al cooperazione tra i ministeri responsabili e i vari uffici statistici. La Commissione, di concerto con Eurostat, si è impegnata nel favorire gli Stati verso la realizzazione di questo obiettivo anche tramite il miglioramento della comparabilità dei dati a livello europeo.

 

Il Consiglio di Vienna, dal canto suo, ha proposto un più ampio coinvolgimento delle parti sociali nella proposta di un Patto europeo per l'occupazione evidenziando la loro importanza nel contribuire a migliorare i livelli di crescita economica e di l'equità sociale.

 

La Commissione ha sempre favorito, tramite il proprio sostegno, il ruolo delle parti sociali nella realizzazione delle linee guida, ma è necessario intensificare gli sforzi in aree nelle quali è chiamata in causa la loro diretta responsabilità. Sempre in questo ambito, alcuni temi richiedono una particolare attenzione: le nuove forme di organizzazione del lavoro e i nuovi tipi di contratti di lavoro, il lavoro temporaneo, il telelavoro e la formazione continua.

 

 

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