Vicenza: bilancio negativo per le aperture festive

Vicenza: bilancio negativo per le aperture festive

Secondo l'analisi di Federmoda, nei 3 anni di deregulation degli orari il fatturato ha segnato un -20% e i costi sono aumentati. Il Presidente Garzaro: "Altro che spinta all'economia, le imprese non riescono più a sostenere il peso delle liberalizzazioni".

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13 novembre 2014

 

Dopo tre anni di deregulation sulle aperture domenicali, il bilancio delle liberalizzazioni segna un "profondo rosso".  A sancire il fallimento del "sempre aperto, 7 giorni su 7", misura introdotta nel 2011 per incentivare i consumi,  è Federmoda Confcommercio Vicenza, che ha realizzato un'analisi dei fatturati di un campione di aziende vicentine del settore dettaglio tessile-abbigliamento. L'Associazione ha preso a riferimento il giro d'affari degli ultimi tre anni di liberalizzazioni (dal 2011 al 2013) e li ha confrontati con l'analogo periodo precedente (dal 2008 al 2010). Il risultato complessivo di questo raffronto è stato che, nonostante i negozi siano stati aperti più giorni,  il fatturato ha comunque segnato un preoccupante - 20%. "Altro che volano per i consumi e spinta all'economia e all'occupazione in un periodo di crisi, come ci era stato presentato il provvedimento – afferma Matteo Garzaro, presidente provinciale di Federmoda- Confcommercio Vicenza -. Le aperture domenicali non solo non hanno avuto alcun effetto positivo sulle vendite, ma hanno portato ad un aumento dei costi delle imprese del 6,5% per quelli variabili di gestione e dell'8,5 per quelli del personale. E questo solo considerando le imprese che hanno tenuto aperto  una media di 20 festività l'anno. In sostanza, la maggior parte delle aziende non riesce più a sostenere le conseguenze della deregulation: più che di Salva Italia, come era stata nominata questo pessima norma – rincara il presidente Garzaro – dovremmo parlare di Italia in ginocchio". Al peso economico delle liberalizzazioni, Federmoda-Confcommercio aggiunge anche quello  sociale, perché va da sé che lavorare nei giorni di festa ha peggiorato notevolmente la qualità di vita degli occupati del commercio: titolari e dipendenti, tra cui molte donne visto l'alta percentuale di occupazione femminile del settore, si sono infatti visti "scippare" il sacrosanto diritto a passare la domenica con la propria

 

 

 

famiglia.
Qualcosa potrebbe comunque cambiare nelle prossime settimane, quando il Senato discuterà la nuova legge che re-introduce 12 giorni di chiusura obbligatoria nel corso dell'anno. La norma ha già avuto il via libera dalla Camera, ma non sono mancate le polemiche. "Questa legge dà fastidio solo a quelle attività più strutturate che usano le aperture festive per accrescere la propria quota di mercato a danno della piccola e media distribuzione – afferma il presidente Garzaro - Noi pensiamo, invece, che sia un primo importante passo avanti nella tutela dell'equilibrio distributivo. Certo, avremmo voluto che le chiusure obbligatorie fossero di più e tutte decise a livello nazionale  – conclude Garzaro – ma è già importante aver messo dei paletti alle liberalizzazioni del commercio; limiti che sono, del resto, presenti in quasi tutti gli stati europei".
In questo senso Federmoda Confcommercio di Vicenza auspica che il provvedimento sia discusso quanto prima in Senato. "E fermo da qualche parte dopo essere stato trasmesso dalla Camera i primi di ottobre, cosa stanno aspettando? – conclude Garzaro – Anche perché, una volta approvata la norma, dovremo attendere di sapere quali saranno le sei chiusure festive scelte dai singoli Comuni, sperando che si arrivi ad una decisione coordinata per tutta la provincia che eviti una guerra delle aperture tra diversi "campanili". Sarebbe la peggior applicazione pratica di una legge giusta di principio".

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