Il commercio in Italia ai tempi del Covid

Il commercio in Italia ai tempi del Covid

Una fotografia del panorama commerciale del nostro Paese, per capire quali sono le nuove abitudini di consumo degli italiani nell'era post Covid-19. 

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19 luglio 2022

Come è cambiato il commercio in Italia e nel mondo dopo l'arrivo del coronavirus. A seguire un'analisi sulla crescita dell'e-commerce nel nostro Paese e le nuove "abitudini" commerciali di imprese e consumatori.

Indice


Lo shock della pandemia nel 2020

L’avvento del Coronavirus ha totalmente sconvolto il commercio globale. Alcuni settori sono stati colpiti più di altri, basti pensare al turismo o agli esercizi commerciali, ma anche all’industria automobilistica o dei macchinari. Altri settori, invece, hanno registrato una notevole crescita, come ad esempio quello alimentare, le imprese che producono forniture mediche o articoli per l’igiene, oppure dispositivi di protezione come le mascherine.

Le aziende hanno dovuto adeguarsi alle esigenze della situazione, introducendo nuovi strumenti, incrementando i servizi offerti e aumentando la presenza online. Il digitale ha assicurato alla maggior parte delle imprese di poter continuare a lavorare anche sotto pandemia e di ampliare, in alcuni casi, il proprio raggio d’azione.

Come è cambiato il commercio in Italia

Il 2020 è stato, anche per l’Italia, un anno particolare per quanto riguarda il sistema economico e imprenditoriale. Secondo i dati del nostro Ufficio Studi, dal 2012 ad oggi hanno chiuso circa 77mila attività di commercio al dettaglio (-14%) e quasi 14mila imprese del commercio ambulante (-14,8%). Nel 2020 sono diminuite di oltre 300mila, di cui 240mila per colpa della pandemia. Per il 2021 si stima che un’impresa su quattro chiuderà i battenti, soprattutto nel settore della ristorazione e degli alloggi.

I beni alimentari sono stati i prodotti più acquistati durante il lockdown, con un aumento del 30,7%. Questi dati ci danno una panoramica di come sta cambiando il tessuto commerciale delle nostre città: i negozi stanno sparendo dai centri storici, come anche le attività ricettive e di ristorazione. Rimangono farmacie e negozi di informatica e comunicazioni che in controtendenza registrano vendite in positivo. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento radicale delle nostre città e dei centri storici.

“Commercio e città post-covid" leggi l'approfondimento su come sono cambiate le città dopo l’emergenza da un punto di vista economico e sociale.

In nove anni, dal 2008 al giugno 2021, sono scomparsi quasi 85mila negozi fisici, di cui circa 4mila e 500 durante la pandemia. "Numeri che potrebbero essere peggiori nella realtà - ha spiegato il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella - perché ristori e cassa integrazione hanno congelato la demografia". È inoltre immaginabile qualche ritardo delle camere di commercio nella pulizia dei registri. Una quota di queste chiusure è anche dovuta ad un processo di selezione che non implica una riduzione dei livelli di servizio. Una grossa parte della diminuzione è però dovuta, purtroppo, ad una stagnazione dei consumi di tipo strutturale, che affligge l'Italia da molto tempo.

Ad oggi i consumi, in termini reali, sono sotto i livelli del 1999 e lo stesso parametro, in termini pro capite, si colloca sotto i valore del 1998, cioè 17.297 euro del 2021 contro i 17.708 euro di 25 anni fa. Se a queste sommiamo anche le perdite del settore del commercio ambulante, in nove anni sono sparite quasi 100mila attività.

Sangalli: "Serve un piano di rigenerazione urbana"

Secondo il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, per arginare questa situazione bisognerà agire su due fronti: “Da un lato, sostenere le imprese più colpite dai lockdown e introdurre finalmente una giusta web tax. Dall’altro, mettere in campo un urgente piano di rigenerazione urbana per favorire la digitalizzazione delle imprese e rilanciare i valori identitari delle nostre città”.

 

Per combattere la desertificazione commerciale bisogna preservare le attività che rendono viva una città. Tra queste spiccano i negozi di vicinato, il cuore pulsante dei centri urbani. Proprio per questo Confcommercio ha aderito all'iniziativa “Compro sottocasa perché mi sento a casa”, schierandosi al fianco degli acquisti nei negozi di quartiere. La campagna sottolinea l’importanza sia sociale che antropologica delle attività di quartiere, che contribuiscono a dare vita alle città. Con la pandemia anche i negozi di vicinato hanno dovuto adeguarsi implementando le vendite digitali, personalizzando le proposte commerciali e creando una fitta rete di fidelizzazione della clientela.

Il commercio estero

mappamondo e pc

In Italia il commercio estero ha subito a maggio 2021, dopo quattro mesi in positivo, una battuta d'arresto. Secondo i dati dell'Istat (leggi la ricerca completa al seguente documento pdf) le esportazioni sono diminuite del 2% rispetto al mese precedente, a causa di un calo delle vendite verso i mercati che non fanno parte dell'Unione europea. Anche per le importazioni si registra una flessione, ma più contenuta (-0,3%). Su base annua però il commercio estero italiano è in ripresa, soprattutto rispetto ai dati del 2020, fortemente condizionati dall'avvento del coronavirus. Tutti i settori dell'import e dell'export sono in crescita, ad eccezione di quello farmaceutico che rimane stabile. Solo la Cina, storicamente tra i principali partner commerciali, registra un calo delle importazioni italiani. 

Per approfondire puoi visitare la nostra pagina "Focus Istat", con i dati completi e i commenti del nostro Ufficio Studi Confcommercio.

Anche a livello mondiale lo scenario commerciale sta registrando alcuni segnali di ripresa. La pandemia ha rafforzato alcuni settori, dove la domanda è rimasta forte anche in pieno lockdown. Tra questi troviamo le aziende che commerciano prodotti di prima necessità (cibo e bevande in testa), forniture mediche essenziali e prodotti di elettronica.

I tre Paesi con le previsioni migliori di crescita per l’anno 2021 sono: India (10,6%), Cina (7,9%) e Spagna (6,7%). Anche in Italia le previsioni sono delle più rosee, con una crescita stimata intorno al 5%. Secondo la Commissione europea, potremmo tornare ai livelli pre pandemia già alla fine dell’anno. Una previsione decisamente incoraggiante.

Il boom dell'e-commerce

L’arrivo del lockdown ha dato un colpo durissimo alle nostre aziende. I consumatori, non potendo più comprare nei negozi beni non essenziali, per via delle limitazioni imposte dal governo per arginare la diffusione del Covid, hanno cominciato ad acquistare sempre di più online. Le aziende hanno puntato maggiormente sull’e-commerce e hanno ideato nuove opzioni per comprare e ricevere la merce in totale sicurezza.

Il commercio online ha aiutato, e continua ad essere, un grande alleato per molti negozi ad aumentare il proprio business. In termini macroeconomici, la competizione tra canali è destinata a intensificarsi.

Secondo i dati dell’Osservatorio B2c del Politecnico di Milano, in Italia gli acquisti online nel 2020 sono stati di oltre 30 miliardi di euro. Il commercio elettronico è diventato quindi un elemento imprescindibile per le aziende. Per questo Confcommercio ha siglato ad aprile 2021 un accordo con Shopify, una delle maggiori piattaforme di e-commerce “all in one”, con offerte esclusive e un programma dedicato alle associazioni. La partnership prevede anche assistenza da parte di Edi, l’Ecosistema digitale per l’innovazione di Confcommercio, per realizzare un sito di e-commerce e il rimborso del primo mese per gli aderenti alla piattaforma Shopify.

Oltre all'accordo con Shopify, Confcommercio ha anche lanciato un progetto per aiutare i commercianti ad aprire un negozio online in collaborazione con eBay, uno dei principali marketplace del mondo.  La partnership prevede un corso di formazione completo per aiutarli nel mondo dell’e-commerce e saranno presenti in una pagina dedicata all’interno del sito di eBay dove potranno offrire i loro prodotti.

Con l’aumento dell’e-commerce sono cresciuti anche i pagamenti digitali, come testimoniano i dati di Bankitalia (per la ricerca completa leggi il documento in pdf): nell’ultimo trimestre del 2020 le transazioni e-commerce e contacless (inclusi i pagamenti tramite mobile) hanno superato rispettivamente il 30 e il 60% degli acquisti totali con carta (nel 2019 erano del 22% e del 33%). Ci troviamo di fronte ad un radicale cambiamento delle abitudini dei consumatori post pandemia: comprare online è diventato sempre più semplice, ma anche più comodo.

A inizio lockdown gli acquisti online erano limitati per tutti i beni che non si potevano comprare nei negozi fisici, ma con il passare del tempo anche prodotti come i generi alimentari hanno visto crescere le vendite online. La comodità di ricevere qualunque cosa seduti sul divano di casa ha sicuramente incentivato il consumatore medio. 

A tal proposito, all'inizio del 2020 Confcommercio ha realizzato un approfondimento dedicato proprio ai pagamenti digitali e al cashback. Dall'analisi emerge che il 67% delle imprese considera «non vantaggioso» accettare carte di credito e debito per via dei costi di gestione e delle commissioni troppo alte. Risulta quindi indispensabile, per poter completare la modernizzazione del sistema dei pagamenti del nostro Paese, procedere per una riduzione dei costi legati all'accettazione di pagamenti tramite Pos

L'impatto del Covid sulle aziende italiane

esercente in negozio

Tra il 2019 e il 2020 in Italia c'è stato un crollo dei consumi molto importante. Secondo i dati dell'Osservatorio Confcommercio Censis dell'Ufficio Studi sono stati persi 1.811 euro pro capite. Le continue chiusure delle attività economiche hanno bloccato tantissime attività e hanno invece favorito altre. Le imprese delle costruzioni e dei servizi sono state tra le più penalizzate. Secondo i dati dell'Istat (per la ricerca completa leggi il seguente documento pdf) nell'ambito dei servizi le agenzie di viaggio e i tour operator sono state le imprese chiuse per più tempo (circa il 95%). Altri settori particolarmente penalizzati dalle chiusure scandite dal governo sono state:

  • le attività sportive (87,2%);
  • le attività legate alla cultura, come biblioteche e musei (83,5%);
  • le imprese di servizi alla persona, come parrucchieri e centri benessere (81%);
  • i servizi di alloggio (circa 80%);
  • la ristorazione (77%). 
"La lunga strada verso la ripresa…"- Leggi la ricerca completa del rapporto Confcommercio-Censis

Per quanto riguarda le attività che sono rimaste attive durante il lockdown troviamo il commercio al dettaglio, che presenta il dato più elevato (52,4%), ed in particolare quello legato al settore alimentare. Secondo l'indagine di mercato dell'Osservatorio Fida, nel 2020 le imprese alimentari hanno migliorato di oltre il 50% il proprio andamento economico, nonostante il peggioramento dei prezzi da parte dei fornitori. Le attività del settore sono riuscite a rimanere aperte, dal momento che vendevano beni di prima necessità. Questa situazione le ha sicuramente favorite, ma sono state anche brave a cogliere le "opportunità" di sviluppo. In questi mesi abbiamo infatti assistito ad una digitalizzazione delle imprese alimentari. Prima della crisi solo l'11% offriva ai consumatori la possibilità di effettuare la spesa online. Oggi invece sono il 31%.

I nuovi bisogni dei consumatori

L'emergenza sanitaria ha modificato anche gli acquisti degli italiani. Nel 2021 in Italia si è preferito spendere per aumentare il comfort domestico. Al primo posto troviamo infatti prodotti tecnologici (33%), seguono elettrodomestici e mobili per la casa (31%) e le spese per la ristrutturazione dell'abitazione (28%). 

Per approfondire leggi la ricerca Confcommercio-Censis Outlook Italia 2021

È anche cambiata la domanda dei consumatori. Al momento sono cinque le ricerche principali degli italiani (per i dati completi scopri l'approfondimento di Confcommercio nella nostra collana Le Bussole):

  1. Prezzi accessibili; 
  2. Salute e sicurezza (sia dei prodotti che dei luoghi);
  3. Spazi ampi nei negozi;
  4. Attenzione alla sostenibilità;
  5. Nuove occasioni di consumo a casa.

A fronte di questi nuovi bisogni le imprese si stanno adeguando in vari modi. Per prima cosa hanno aumentato la loro presenza online, offrendo nuovi servizi digitali e soluzioni di consegna. Si sono poi impegnate per accrescere la propria visibilità attraverso soluzioni creative, ad esempio collaborazioni tra settori diversi. Si sono anche impegnate per aumentare la sicurezza sia del personale che dei propri clienti, adottando misure igieniche e strumenti per la sanificazione degli spazi. È anche aumentata l'attenzione verso la sostenibilità: packaging non inquinanti, prodotti che rispettano l'ambiente, iniziative solidali. La pandemia ha quindi trasformato il commercio: non più solo una transazione commerciale, ma un'esperienza fisica e digitale capace di offrire intermediazioni con le persone. 

A cura di

Veronica Mancino

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