Ruote d'Italia: "Chi non si ferma è perduto"?

Ruote d'Italia: "Chi non si ferma è perduto"?

Salvo interventi dell’ultima ora, potrebbe già essere annunciato oggi dal comitato esecutivo dell’Unatras il fermo dell'autotrasporto. Una risposta al disinteresse del Governo nei confronti di un settore vitale per l’economia del Paese che da oltre un mese attende, inutilmente, di essere ascoltato.

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30 ottobre 2019

Chi si ferma è perduto è il titolo di un vecchissimo film con Totò e Peppino De Filippo i cui protagonisti lavorano, guarda caso, per una società di trasporti. Chi non si ferma è perduto potrebbe invece essere lo “slogan” della protesta che, salvo interventi dell’ultima ora, potrebbe già essere annunciata oggi dal comitato esecutivo dell’Unatras, il coordinamento unitario delle più rappresentative federazioni dell’autotrasporto, in risposta all’atteggiamento manifestato dal Governo nei confronti di un settore vitale per l’economia del Paese che da oltre un mese attende, semplicemente quanto inutilmente, d'essere ascoltato. Disinteresse, superficialità, scarsa conoscenza dei problemi? Difficile dire cosa stia spingendo il ministro dei Trasporti a non rispondere alla richiesta d'incontro formulata dalla rappresentanza unitaria del settore per affrontare temi vitali, per la categoria e per l'intera economia del Paese: temi come la funzionalità delle Motorizzazioni civili, dove per le revisioni l'attesa è di mesi; come quello degli ostacoli alla libera circolazione introdotti dall’Austria; delle forme di dumping sociale, delle norme sui trasporti eccezionali, della pubblicazione dei costi della sicurezza e, da ultimo ma non ultimo, dell’irrazionale e assurda decisione di ridurre la compensazione dell’accisa sul gasolio. Problemi dai quali dipende il futuro di migliaia d'imprese, di decine di migliaia di lavoratori, che non possono essere sottovalutati e tantomeno lasciati senza risposte. Il governo ha il dovere-diritto di adottare tutte le decisioni che ritiene opportune. Lo stesso vale per le rappresentanze della categoria, il cui compito è di tutelare i propri rappresentati. Avviando tutte le iniziative ritenute più idonee oltre che, in questo caso, rese una scelta obbligatoria da chi ha imboccato l'assurda strada del silenzio. La categoria non può attendere oltre di avere risposte a domande ben precise. Come intende operare il governo in tema del recupero dell’accisa? Perché non pubblica i costi della sicurezza? Come pensa di sostenere le imprese di autotrasporto italiano che sono passate da una quota del 40% al 20% nei trasporti internazionali (con una perdita, nel 2018, di oltre 5 miliardi di euro)? Non è accettabile che le imprese siano lasciate nell'indefinitezza. In altri settori, peraltro molto più impattanti per i valori inquinanti rispetto ai mezzi pesanti, le intenzioni del governo sono state rese note con l’intervento diretto del ministro competente. Perché per l’autotrasporto no? Le imprese del settore non sono nelle condizioni di accettare penalizzazioni immotivate e l’Unatras non intende consentirle. Per questo oggi il comitato esecutivo non potrà, salvo improbabili manovre in zona Cesarini del ministro, che ratificare quanto la presidenza ha già indicato come evoluzione. Cioè il ricorso a iniziative di protesta. E nessuno potrà certo sostenere che l’Unatras intenda ricattare il Paese: se chi ha la responsabilità politica non ritiene di interloquire con chi associa le imprese che effettuano l’attività di autotrasporto e preferisce i dibattiti con le rappresentanze di chi il trasporto lo utilizza, non si potrà che prenderne atto e mettere in campo tutte le energie per tutelare la categoria rappresentata. Nel recente Forum di Conftrasporto – Confcommercio ospitato a Cernobbio sono state in modo inoppugnabile rese evidenti “le verità nascoste” su chi e in che misura inquina. L’Esecutivo, che ha tanto declamato il confronto con i corpi intermedi, intende comunque scegliere una strada diversa? Se ne assuma ogni responsabilità per quanto potrà accadere. Di certo ciò che non può fare è disconoscere i dati scientifici. Strumentalizzare dati non rispondenti alla realtà, credendo di poter fare così cassa su una realtà imprenditoriale che partecipa in modo significativo alle entrate fiscali dello Stato, è immorale, soprattutto se esistono delle proposte che possono, in un quadro di soluzioni, dare risposte ben più intelligenti alle esigenze della finanza pubblica. Una domanda: è stato calcolato di quanto si potranno ridurre le entrate fiscali per il semplice fatto che le imprese effettueranno i rifornimenti dove il gasolio costa meno? E quanto costerà all’economia un fermo dei servizi di trasporto? Il senso di responsabilità deve appartenere a tutti.

 

 

 

 

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