Iva e Imu: Governo "a caccia" di 8 miliardi

Iva e Imu: Governo "a caccia" di 8 miliardi

Per abolire l'Imu sulla prima casa e sterilizzare l'aumento dell'Iva è necessario reperire alla svelta una cifra non indifferente. Saccomanni "frena", ma Berlusconi avverte: "impossibile che non si trovino risorse tagliando la spesa pubblica".

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17 giugno 2013

Ci vogliono in tutto 8 miliardi, quattro per eliminare l'Imu sulla prima casa e altrettanti per sterilizzare l'aumento dell'Iva. Il governo lo sa bene, con il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ed il nuovo Ragioniere Daniele Franco impegnati nel difficile compito di trovare questo gruzzolo. Soldi che però, allo stato, sembrano 'introvabili' tanto che il responsabile del Tesoro avverte: ci vorrebbero misure ''severe'' per reperirli. Ovvero, il gioco non varrebbe la candela. Ma, avverte il leader del Pdl Silvio Brelusconi, è impossibile che non si trovino" tra le maglie della spesa pubblica che va tagliata. Il dibattito è comunque più aperto che mai: dalle colonne del Corriere della Sera gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi spingono: ''la spesa pubblica al netto degli interessi e della spesa per prestazioni sociali somma (dati 2012) è di 351 miliardi di euro. Possibile - si chiedono - che su 351 miliardi di euro di spese non se ne trovino 8 da tagliare?''. E ancora ''si stima che le imposte evase sommino a 120-150 miliardi l'anno. Possibile che non si possa recuperare qualcosa di più di quanto già fatto, ad esempio usando meglio gli incroci fra banche dati?''. I due economisti propongono una ricetta conosciuta: ad esempio sulla spesa pubblica sono intervenuti inizialmente i tagli lineari dell'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti, seguiti a breve dalla Spending Review del Governo Monti con tanto di commissario incaricato (Enrico Bondi). E l'incasso previsto dall'esecutivo è già 'enorme': le due fasi della 'spending review' - è scritto sul Def - dovrebbero generare "circa 30 miliardi di risparmi per il periodo 2012-2015''. Insomma, la sensazione è che si sia decisamente raschiato il fondo del barile: Regioni, Province e Comuni dichiarano di essere al collasso e di non poter erogare addirittura i servizi base ai cittadini. La sanità è impegnata nei piani di rientro, gli ospedali chiudono, l'assistenza è al lumicino, si discute ancora dei ticket (forse non ci sarà l'aumento gia' programmato). Le pensioni (più alte) pagano già un contributo di solidarietà mentre quelle più basse hanno dovuto rinunciare alla rivalutazione (decreto Salva-Italia). La scuola si dibatte tra classi sovraffollate, insegnanti di sostegno che mancano e contributi che sempre più spesso arrivano dagli stessi genitori. E pure il pubblico impiego è già stato scandagliato con blocchi del turn over e degli scatti. Tutte voci sulle sulle quali è difficile intervenire. E' da molto tempo sul tavolo anche il rapporto dello stesso Giavazzi sul riordino degli incentivi alle imprese. E si discute anche del rapporto di Vieri Ceriani sugli sconti fiscali. Per quanto riguarda il dossier Giavazzi, si identificava una spesa potenzialmente aggredibile di 10 miliardi. Escludendo alcune voci (dal Trasporto pubblico locale, alle scuole privati, eccetera), rimarrebbero tra i 500 milioni e i due miliardi. Cioe' la meta' dell'aumento Iva nella miglior ipotesi. Discorso analogo vale per il Rapporto di Ceriani: sulle oltre 720 diversi tipi di detrazioni fiscali, che comportano una riduzione del prelievo di 254 miliardi. Ma tra esse ci sono anche le agevolazioni che riguardano le famiglie difficilmente aggredibili. Altro suggerimento è infine quello di aggredire con maggior efficacia i circa 130 miliardi di evasione. Ma il decreto del fare va esattamente nella direzione opposta ed allenta in qualche modo le armi del recupero (impignorabilitaàdella prima casa) e i tempi (fino a 120 mesi per pagare). Difficile dunque andare oltre i 12,5 miliardi di euro già recuperati nel 2012. Dunque? Gli stessi Alesina e Giavazzi indicavano giorni fa un'altra strada: ''occorre negoziare con l'Ue un temporaneo superamento della soglia del 3%'' del rapporto deficit-Pil. Ma su questo il premier Enrico Letta al momento va avanti come un treno: l'Italia - ha detto durante l'incontro con il presidente della commissione Ue Manuel José Barroso - manterrà i suoi impegni, resterà sotto il 3% nel rapporto deficit-Pil ''senza fare debiti''.

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