L'intervento del presidente dei Giovani Imprenditori Michela Vittoria Brambilla

L'intervento del presidente dei Giovani Imprenditori Michela Vittoria Brambilla

P:02 D. 23-10-2006 T: Forum giovani imprtenditori

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23 ottobre 2006
Abstract intervento

L'intervento di Michela Vittoria Brambilla

Presidente nazionale giovani imprenditori di Confcommercio

 

 

"Tutti parlano – a ragione – della centralità dell'impresa. Non c'è sviluppo senza il motore dell'impresa. Io oggi vorrei partire dall'altro fattore che abbiamo voluto mettere a tema del nostro forum di oggi: i giovani. Se l'impresa è il motore, i giovani sono la benzina, il carburante per sostenere il viaggio verso lo sviluppo. Nello sviluppo. Credo che sia poca l'attenzione prestata a questo fattore di crescita. In Italia soprattutto. Ed è un peccato. Una responsabilità grave di chi governa e dirige il nostro Paese."

Legittimazione del nostro ruolo

"Con questo appuntamento i giovani di ConfCommercio vogliono far sentire la loro voce forte e chiara, oggi più che mai, visto che siamo in un momento chiave della vita politica ed economica italiana, in cui l'"ascolto" da parte di chi ci governa è ridotto ai minimi termini. Se in passato ci potevamo limitare ad esprimere il nostro pensiero, oggi lo dobbiamo urlare a voce piena, e ancora non siamo sicuri che venga ascoltato.

Il forum di questo anno è tempestivo, e deve esser l'evento con cui ristabilire il peso dei ruoli con il Governo, che in occasione della presentazione della Finanziaria 2007, ma non solo - ricordo il decreto sulle liberalizzazioni – ha volutamente evitato di ascoltare la voce della parte più produttiva del paese.

Se il terziario, e al suo interno il commercio, rappresenta sempre più l'anima economica dello sviluppo italiano:

-         70% del valore aggiunto

-         elevate performance di crescita

-         quasi il 70% degli occupati

noi giovani siamo il futuro di questa anima produttiva, e per questo ancora più legittimati ad esprimere il nostro pensiero, perché è soprattutto su di noi e sulle aziende che noi giovani portiamo avanti che ricadranno le conseguenze delle azioni che oggi vengono intraprese."

Una falsa concertazione

"Le recenti azioni di governo, che hanno avuto effetti diretti sui sistemi di impresa, sono state guidate dal libero arbitrio dello stesso, o hanno coinvolto nella concertazione solo una parte del sistema imprenditoriale. Noi non contestiamo la presenza di talune associazioni di categoria (leggi Confindustria) al tavolo della concertazione, che deve essere chiaro rappresentano interesse specifici e non generali, ma lamentiamo l'esclusione delle altre, in ragione di nessuna ragione, nel senso che non esistono valide motivazioni che giustificano l'esclusione, soprattutto di fronte a manovre che producono conseguenze proprio nei confronti delle categorie escluse. Siamo qui a chiederci perché? Se fossimo maliziosi diremmo che l'esclusione è motivata proprio dalla consapevolezza di agire negativamente nei confronti di queste categorie, ma noi non siamo maliziosi…

Quando contestiamo – l'abbiamo fatto e lo faremo anche oggi – la falsa concertazione promossa da questo Governo vogliamo rammentare proprio un problema di rappresentanza. Un problema che ha a che vedere con i giovani e con il cambiamento della nostra società. Quanto rappresentano oggi le associazioni di impresa? Come possono rappresentare il sistema dell'economia nazionale se non integrandosi a vicenda? Perché insistere a voler dare un primato ai presunti quarti di nobiltà di Confindustria? Quante nuove imprese sono nate in seno a quella confederazione? E quante invece in Confcommercio o nel sistema dell'artigianato?

Lo stesso dicasi per i sindacati confederali dei lavoratori: quanto rappresentano? Quanti giovani che hanno da poco avuto accesso al lavoro sono loro iscritti? Quanti lavoratori interinali sono iscritti al sindacato? Quanti lavoratori autonomi aderiscono a Cgil Cisl e Uil? E invece con il sindacato dei lavoratori si decide se aumentare o meno i contributi previdenziali dei lavoratori autonomi. Ma se non rappresentano più nemmeno la maggioranza dei lavoratori dipendenti!!"

 

Il modus operandi di questo Governo

"Ma una prima avvisaglia del modus operandis di questo governo si era già vista in sede di definizione del decreto sulle liberalizzazioni, un decreto che colpisce direttamente e quasi esclusivamente liberi professionisti, lavoratori autonomi e piccole imprese messe all'angolo in fase di stesura dell'articolato e costrette ad un unilaterale inasprimento di oneri ed obblighi. Ne sono esempi lampanti la reintroduzione dell'elenco clienti-fornitori, la trasmissione telematica dei corrispettivi, la costituzione di un anagrafe dei conti correnti bancari e postali di tutti i contribuenti, che l'Amministrazione Finanziaria ha fatto passare come misure di semplificazione finanziaria. Dall'altro lato, per combattere la presunta evasione fiscale e per il recupero di base imponibile, è stato rivisto il sistema degli ammortamenti degli automezzi, dei beni immateriali e dei brevetti industriali con importanti ripercussioni sui costi aziendali. Addirittura i costi per l'acquisto dell'immobile, sede dell'attività, non potranno più essere ammortizzati per intero, ma andranno diminuiti del costo del terreno, ed in ogni caso in misura non inferiore al 20% del totale.

Questi sono gli effetti della concertazione? Ma evidentemente questo Governo è recidivo poiché a fine settembre è stato approvato il decreto "Industria 2015", decreto dai contenuti virtualmente utili ma sostanzialmente inutili per la nostra categoria.

Se è vero che errare è umano ma perseverare è diabolico, anche in sede di stesura della Finanziaria questo esecutivo si è volutamente dimenticato di noi.

E si è dimenticato in particolare di noi giovani, poiché in questa finanziaria, come purtroppo nelle precedenti, non è previsto nessun investimento alla voce "sostegno giovani e giovani imprese"! Per trovare traccia di qualche iniziativa che favorisca l'imprenditoria giovanile dobbiamo scendere a livelli di politica economica regionale, come nel caso della Lombardia, in grado di concedere sgravi sull'Irap alle aziende di nuova costituzione, a quelle guidate da donne e appunto da noi giovani. Ma è impensabile lasciare alla programmazione regionale l'iniziativa per incentivare l'imprenditorialità. Deve essere una politica nazionale e non federale."

L'errore di fondo della manovra

"L'errore di fondo della manovra: impostare una manovra fiscale orientata prevalentemente sull'aumento di tassazione complessiva piuttosto che sui tagli alla spesa pubblica. 

In realtà abbiamo assistito ad una manovra impostata esclusivamente sull'inasprimento della tassazione, senza nessun serio programma di riorganizzare in modo efficiente la pubblica amministrazione, riducendo gli sprechi di cui è protagonista. Certamente i tagli ci sono stati: hanno riguardato la sanità, e quindi le regioni, la finanza locale, ossia i comuni. Ma è troppo facile intervenire sul bilancio degli altri; difficile riordinare il proprio, e il Governo sembra aver scelto, non solo su questa questione, ma su molte altre, la strada più facile da percorrere, non la più utile o la più corretta.

In un momento di difficoltà del Paese appare fuori luogo che si arrivi a penalizzare una parte dei contribuenti (lavoratori autonomi) e contestualmente si premino i dipendenti della pubblica amministrazione: è giusto, infatti, che al risanamento delle finanze pubbliche contribuisca l'intera popolazione e non solo una parte di essa.

Con questa finanziaria la pressione fiscale complessiva aumenterà di circa 2 punti rispetto al 2005, tornando ai livelli del 1997.

Tutto ciò non è esente da conseguenze, poiché la risicata maggioranza che ha caratterizzato la vittoria di questo Governo alle ultime elezioni politiche è già stata ampiamente dispersa: ad oggi, solo per l'effetto diretto della manovra finanziaria, quasi un 6% dell'elettorato di centro sinistra ha cambiato il suo orientamento politico. E' questo uno dei dati importanti che sono emersi da un nostro sondaggio effettuato in questi giorni su un campione di 600 commercianti, 600 imprenditori di pmi e 800 cittadini.

Non è quindi una battuta giornalistica, ma certezza, che se si tornasse oggi a nuove elezioni non ci sarebbe la garanzia di vittoria per questa maggioranza."

 

La strategia sotto la manovra: provocare confusione per colpirli tutti

"Una considerazione generale sulla manovra finanziaria e sulle conseguenze prodotte: la confusione.

Innanzitutto sui numeri: siamo partiti da 33,4 miliardi di euro, magicamente lievitati a 34,7 (mld. di €), ma quantificati dall'autorevole Centro Studi della Camera in 40 miliardi. Senza considerare l'impatto della tassazione locale che potrebbe farla salire addirittura a 45 e oltre. A fronte di un obiettivo di rientro dall'extra deficit (dal 3,8% al 2,8% del PIL) assicurabile con 15 miliardi di euro.

Temiamo che la vera strategia di questa manovra finanziaria non sia quella della redistribuzione del reddito, quella di togliere "ai ricchi per dare ai poveri", ma semplicemente di far pagare tutti, creando confusione così nessuno se ne accorge e tutti litigano con tutti, Intanto la manovra va avanti.

Il risultato ottenuto, però, non è esattamente questo, e le reazioni che ha provocato non sono certamente esaltanti.

Si dice che la manovra colpirà i redditi superiori ai 40.000 euro, ma è già stato dimostrato da innumerevoli simulazioni che tale soglia partirà dai 30-32.000 euro, guadagni che comunque verranno erosi dagli aumenti del bollo auto, assicurazioni sugli immobili, tasse di scopo, tasse locali, solo per citare alcuni di questi meccanismi subdoli.

Si rimodula l'Irpef per agevolare i redditi medio bassi, ma si aumenta l'Inps, sia degli autonomi che dei lavoratori dipendenti.

Puntano l'azione di governo sui tagli di bilancio degli enti locali, che porterà ad un inevitabile aumento dell'addizionale Irpef e, guarda il caso, il passaggio da deduzione a detrazione fa aumentare proprio questo imponibile.

Dal nostro sondaggio emerge come il 70,6% dei cittadini, siano essi casalinghe, pensionati, autonomi o dipendenti, non giudica la manovra equa e redistributiva. Questo non solo perché la gente pensa che non lo sia, ma perchè ad oggi ancora non si è capito chi guadagna e chi perde da questa finanziaria; anzi, a dire il vero non si è capito chi guadagna, perchè chi ci perde è già molto chiaro. Sono tali e tanti i meccanismi subdoli che intervengono a modificare le linee generali della manovra che l'unico messaggio chiaro che è passato è che difficilmente si avranno dei benefici, e qualora ci fossero, saranno irrisori, sostenuti peraltro da paralleli sacrifici notevoli."

La questione settentrionale

"Oggi assistiamo ad un dibattito critico verso la finanziaria che coinvolge tutte le categorie, economiche e non, che dimostra come l'intento di creare confusione in tutti i soggetti si sia trasformato in una rivolta unanime verso lo stesso provvedimento. Il nostro sondaggio registra una insoddisfazione complessiva sulla manovra che coinvolge il  76,2% dei cittadini.

La Finanziaria così strutturata danneggia in modo particolare le regioni più produttive del Paese, caratterizzate da una forte presenza del famigerato "ceto medio" e della piccola impresa, di fatto le due categorie più colpite dalla manovra. I criteri attraverso cui si individuano i tagli imposti alle Regioni finiscono per penalizzare quelle più virtuose e dinamiche, costrette a ripianare le inefficienze delle altre. In sostanza si corre il rischio di alimentare ulteriormente la questione settentrionale, in passato latente ma che rischia di esplodere se sollecitata e provocata. In realtà non è un problema nord-sud, perché a ben vedere la manovra nulla fa neanche per il mezzogiorno, se non aumentare alcuni sgravi in misura maggiore rispetto al nord, cosa peraltro assolutamente condividibile se si vuole investire concretamente nel rilancio di quest'area. In realtà la fiscalità di vantaggio per il Sud è in realtà tutta da attuare e tanto il nuovo credito di imposta quanto i nuovi fondi per lo sviluppo confermano comunque una attenzione quasi esclusiva all'apparato manifatturiero e continuano a sottovalutare le potenzialità di sviluppo del settore dei servizi."

 

La lotta all'evasione.

"Fermo restando l'accordo alla riduzione dell'evasione, che è un male per tutti i cittadini contribuenti, emergono forti dubbi sulle azioni messe in campo, che si concentrano esclusivamente su un inasprimento degli studi di settore, già "spremuti" al massimo.

Questa scelta, adottata perché operativamente è la più facile, avrà due conseguenze immediate:

- inasprire la tassazione di quei soggetti che già pagano, che sono congrui e coerenti, come si suol dire, che non sono la minima parte, ma ben l'80%.

- aumentare il numero di soggetti che sceglieranno la via del contenzioso.

A distanza di anni siamo ancora di fronte al binomio: autonomi = evasori. E gli altri? Le statistiche dell'Istat, non le nostre, hanno chiaramente dimostrato come una parte non trascurabile di evasione è prodotta da chi fa un secondo lavoro, e dalla criminalità organizzata.

Chiediamo allora che vengano individuate in modo chiaro e trasparente le misure di lotta all'evasione, anche con ambito di operatività territoriale, specifiche per colpire il lavoro nero.

Per noi le manovre sono già esplicite:

- inasprimento complessivo degli studi di settore, addirittura quantificato negli importi

- accertamenti, se le condizioni di congruità vengono meno per una sola annualità.

- sanzioni pesanti in caso di mancata emissione dello scontrino fiscale.

-  trasmissione telematica dei corrispettivi e dell'elenco clienti-fornitori

Lo stesso trattamento, chiaro ed esplicito, chiediamo che sia riservato agli altri soggetti rei di contribuire all'evasione."

 

Il cuneo fiscale e il TFR

"È ormai ampiamente dimostrato come la riduzione del costo del lavoro attraverso il "cuneo fiscale" costituisca uno strumento a favore quasi esclusivo delle grandi imprese, dotate strutturalmente di un maggior numero di dipendenti. La pensa così il 60% delle piccole imprese, che ritiene nulli gli effetti benefici sul cuneo fiscale. Ed è altrettanto chiaro che non può costituire la contropartita del TFR, che rappresenta per le imprese un serio problema di natura finanziaria, siano esse grandi o piccole, indebolendo ulteriormente la posizione delle imprese rispetto al sistema creditizio.

La norma sul TFR, come concepita inizialmente, ossia rivolta a tutto il sistema imprenditoriale era sbagliata! Senza possibilità di discussione, e su questo concorda quasi il 60% degli piccoli imprenditori. La modifica intervenuta, che coinvolge solo le imprese con oltre 50 dipendenti è una vittoria a metà, per due ragioni:

-         perché ancora una volta è stata concertata senza di noi;

-         perché coinvolge un target, quello delle medie imprese, a cui è richiesto lo sforzo maggiore in termini di crescita dimensionale. Sono queste infatti le imprese che devono candidarsi a diventare grandi, se proprio serve diventare grandi, ed a loro si impongono nuovi problemi finanziari.

Cosa fare allora per favorire realmente la competitività: sarebbe stato più opportuno un intervento in termini di riduzione delle tariffe (luce, acqua, gas, ecc.) e/o di contributi finalizzati al contenimento dei prezzi delle materie prime, iniziativa verso cui si dichiara favorevole il 77% delle piccole imprese.

Nel corso dell'ultimo anno, secondo gli imprenditori intervistati il costo delle materie prime è aumentato di quasi il 40%, e questo è abbastanza indicativo su quali dovrebbero essere le linee strategiche della politica industriale italiana per portare veramente il nostro paese su livelli seri di competitività.

In sostanza, il Governo deve agevolare le attività presenti sul territorio attraverso strumenti fiscali che riducano i costi della produzione, e non con l'introduzione di nuove tasse (es. tassa di soggiorno, aumento bollo auto) che deprimono le possibilità di crescita di attività e fatturato.

Se si vuole veramente rilanciare l'economia bisogna allora individuare misure di detassazione per le aziende che investono, ad esempio, in ricerca e innovazione, ma fissando soglie minime di investimento piuttosto basse, tali da non escludere a priori molte delle nostre imprese, come di fatto avviene."

 

La tassazione locale

"Ultimo punto da considerare è la tassazione locale, su cui tutti sembrano concordare per un inevitabile futuro aumento. Ciò che serve fare, invece, è favorire le politiche di federalismo fiscale affinché la regolazione della tassazione locale produca effetti di sviluppo propulsivo nell'ambito del territorio in cui la stessa tassazione si produce, ferme restando le necessità perequative del sistema Paese."

 

In conclusione

"Allora, tornando al tema iniziale: quale finanziaria per le imprese e per lo sviluppo? E quale finanziaria per i giovani?

Nessuna. La sostanza è che oggi non si intravedono prospettive serie per investire in un rilancio dell'economia che parta dall'impresa, e non si vede intenzione alcuna di ripartire dall'impresa giovane, ancora una volta messa al margine delle scelte di politica economica."

 

 

 

 

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