"LA NOSTRA ECONOMIA E' A UN BIVIO"

"LA NOSTRA ECONOMIA E' A UN BIVIO"

P:03 d:13-10-2003 t: iL GOVERNO HA FATTO IL FURBO

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13 ottobre 2003
Le piccole e medie imprese siciliane aiutiamole a crescere

L'intervento del presidente Sergio Billè ad Agrigento

 

Il presidente di Confcommercio Sergio Billè, è intervenuto domenica al convegno "Le piccole e medie imprese siciliane: aiutiamole a crescere", organizzato dalla Camera di Commercio di Agrigento e dall'Unione delle Camere di commercio della Sicilia. Billè ha cominciato il suo discorso sottolineando che "il nostro sistema economico si sta ormai avvicinando, a grandi passi, al suo "redde rationem"  e ad un tipo di scelte che potranno fortemente condizionare, in positivo o in negativo a secondo della strada che intenderemo imboccare, le nostre possibilità e prospettive di sviluppo dei prossimi dieci o vent'anni. Ed imboccare, trovandoci di fronte ormai a questo bivio, la strada giusta e non quella sbagliata significa affrontare con forza e quindi avviare a soluzione almeno due problemi di fondo". Il primo, secondo Billè, è quello di realizzare riforme, "ma anche di mettere finalmente in campo tutte le risorse necessarie per far sì che il sistema economico e quello imprenditoriale possano riacquistare un alto grado di competitività. Ed è un percorso che oggi siamo costretti a fare tutto in salita perché, a causa della crisi internazionale ma anche delle nuove regole imposte ai mercati dalla globalizzazione, la nostra competitività, sui mercati, se bisogna dar retta a quel che dicono i grandi analisti, è addirittura scesa, nel mondo, dal 26° al 39° posto. Quindi o cominciamo davvero a correre e nella direzione giusta o l'Italia rischia, nel medio periodo, di diventare un paese sub europeo cioè lontano dalle dinamiche e dai processi di sviluppo dei nostri maggiori partner europei e mondiali. Impastoiati nelle incessanti diatribe sulla sopravvivenza del quotidiano, mi sembra che molti ed, in primo luogo, chi fa politica, non abbiamo ancora ben chiari l'importanza, le dimensioni e l'urgenza di questo problema". 

"Ma questo Paese – e vengo al secondo punto- rischierà di diventare un paese sub europeo emarginato cioè dai processi di sviluppo della grande Europa che è in via di costituzione, se non affronterà anche, con maggiore slancio e un maggiore carico di idee, di energie e di risorse, il problema del forte divario che continua ad esserci tra Nord e Sud sotto il profilo sociale, economico ed imprenditoriale. 

Perché, lasciando indietro metà delle sue potenzialità e delle sue risorse, questo paese, presentandosi ai grandi appuntamenti dell'Europa come un paese dimezzato, non avrà né la forza né i numeri e, lasciatemelo dire, nemmeno le idee per affrontare, con carte vincenti, le competizioni che lo attendono". Il presidente di Confcommercio è poi passato a parlare del tema specifico del convegno.

 

 

"I mercati non crescono, anzi si contraggono con il perdurare di una crisi di sistema il cui punto di svolta viene rinviato da economisti e Governo, di sei mesi in sei mesi, ormai da diversi anni. In questo contesto l'attenzione delle imprese, piuttosto che su strategie di crescita, si concentra sempre più sulla razionalizzazione ed il contenimento dei costi, sia di natura gestionale che finanziaria. Il non facile rapporto tra banca e impresa, già condizionato dal peggioramento delle ragioni di scambio, rischia di essere ulteriormente influenzato, in negativo, dalla prevista attuazione dei nuovi Accordi di Basilea sulla ponderazione dei rischi bancari. E' altamente probabile che le nuove regole di Basilea, dal momento che si fondano su dati storici di bilancio delle imprese e non sulle prospettive di sviluppo, possono avere un effetto pro-ciclico su un ambiente economico estremamente permeabile alle condizioni di contesto. Considerazione che, nei fatti, sta a significare che anche quando verrà a determinarsi l'inversione del ciclo, gli effetti della ripresa saranno caratterizzati in negativo dal permanere di fondamentali economici che spingono ad una rarefazione del credito ed a tassi più elevati in quanto scontano rating condizionati da periodi di crisi.Non è un caso che lo stesso Governatore della Banca Centrale Europea abbia di recente avanzato l'ipotesi di una proroga della data di avvio dei nuovi Accordi e che in sede di emanazione della Direttiva si tenda a spostare in avanti il periodo di rilevazione della base storica su cui saranno fondati i rating di valutazione del merito del credito. Se questa è una osservazione ampiamente condivisa anche da economisti ci sono ragioni di contesto che destano non poca preoccupazione in chi svolge un ruolo di rappresentanza degli interessi della piccola e media impresa.

Vengono ad interrompersi i due legami più forti che storicamente hanno caratterizzato il rapporto banca-impresa nel nostro Paese: mi riferisco al forte radicamento territoriale del sistema bancario ed alla valutazione delle componenti soggettive ed interpersonali per l'erogazione del credito.

Il primo spazzato via dai nuovi assetti societari che si sono determinati a seguito delle operazioni di concentrazione;

il secondo superato da metodologie standardizzate nella valutazione del merito del credito affidato sempre più a parametri di tipo quantitativo.

In presenza di queste regole del gioco diviene prioritario il riposizionamento dei confidi sul mercato della garanzia perché possano svolgere una funzione baricentrica tra banca e impresa.Questo potrà avvenire in presenza di condizioni che rendano le garanzie dei confidi valide per il miglioramento del rating delle imprese. Il Governo ha manifestato sensibilità rispetto al tema della riorganizzazione dei confidi con un atto politico di accelerazione dell'iter di approvazione della legge quadro di settore, inserendola all'interno del decreto legge di accompagno della finanziaria. L'urgenza di portare a conclusione un iter legislativo che si protrae ormai da ben 9 anni non può scontrarsi tuttavia con la necessità di apportare correttivi al provvedimento. Non vogliamo essere assoggettati tout-court a forme di vigilanza pensate dalla Banca d'Italia per intermediari finanziari di ben altre dimensioni o essere penalizzati perché esclusi dalla possibilità di erogare incentivi pubblici alle imprese, come forma di integrazione della garanzia collettiva. Ma un'efficiente rete di confidi necessita anche di un efficace sistema di controgaranzie. In questo ambito, focalizzando l'attenzione ai problemi specifici del nostro territorio, si tratta di attivare un Fondo regionale di controgaranzia e creare una catena di valore in cui il rating positivo del Fondo possa essere trasferito attraverso i confidi alle piccole e medie imprese. Il miglioramento della condizioni di accesso al credito deve accompagnarsi ad una profonda riconsiderazione degli effetti della politica pubblica di incentivazione diretta alle imprese. Le elaborazioni del Ministero delle attività produttive sui risultati della legge 488/92 consentono una lettura dei primi tredici bandi.

Il totale delle agevolazioni concesse è di 16,7 miliardi di euro. L'industria ha concentrato l'88,9 per cento delle agevolazioni contro il 9,1 per cento del turismo ed il 2 del commercio. Questo tipo di ripartizione mette in discussione la natura dell'intervento che risulta orientato al settore più che al territorio inteso come complesso di attività economiche. Inoltre, non si rispecchia né la composizione del P.I.L., né quella dell'occupazione. In termini occupazionali i settori che determinano il maggior numero di nuovi posti di lavoro per milione di euro di agevolazione sono il commercio (45), il turismo (29) ed infine l'industria (25).

In sostanza, la ripartizione settoriale delle risorse non riflette la capacità dei diversi settori economici di generare occupazione.

Inoltre, i bandi della 488 destinati al commercio contenevano una serie di vincoli che hanno di fatto limitato la possibilità di accesso da parte delle imprese, con il risultato di non assegnare completamente i fondi.

In definitiva, la legge 488 costituisce un buon esempio dal punto di vista dell'ingegneria procedurale, ma uno strumento non del tutto efficace sul piano dello sviluppo.

Restano aperte una serie di problematiche la cui soluzione necessita l'assunzione di scelte di fondo a carattere prima di tutto, politico:

un migliore orientamento del sistema degli indicatori verso il fine occupazionale

un più efficace e diretto coinvolgimento delle Regioni nella consapevolezza che esse sono il principale soggetto in grado di stabilire le priorità di sviluppo locale

una diversa considerazione delle domande provenienti da soggetti, magari meno dotati di capitale proprio, ma di estremo interesse sotto il profilo delle innovazioni

una maggiore attenzione per i progetti che determinano un sostanziale mutamento della struttura produttiva in direzione di una maggiore produttività e competitività.

Un ruolo non secondario per la promozione delle PMI possono svolgerlo le camere di commercio in quanto  luogo di convergenza degli interessi delle categorie economiche, quindi sede in cui possono promuoversi forme di coordinamento dei sistemi locali.

In questa prospettiva le camere possono svolgere un ruolo importante almeno sotto tre profili: monitorare costantemente le esigenze delle imprese; concorrere con altri soggetti ad impostare ed approfondire le scelte di programmazione; favorire forme di dialogo per lo sviluppo tra soggetti pubblici, associazioni delle imprese e sindacati.

Infrastrutture di rete, internazionalizzazione, marketing territoriale, semplificazione amministrativa, promozione dei sistemi turistici locali rappresentano aree di intervento su cui dovrà concentrarsi l'attività delle camere. Come pure è necessario promuovere la rete per la risoluzione alternativa delle controversie tra imprese e tra queste e consumatori, anche in considerazione dei nuovi compiti sulla conciliazione e l'arbitrato contenuti nella riforma del diritto societario.

Il nodo è rappresentato dalla possibilità di poter utilizzare le disponibilità provenienti dal sistema delle imprese per la realizzazione di questi obiettivi, portando a soluzione le questioni che ostacolano l'utilizzo delle risorse per lo sviluppo.

Ma questo ruolo rinnovato e potenziato delle Camere di Commercio, rispetto agli obiettivi dello sviluppo territoriale e del rafforzamento della competitività delle imprese siciliane, richiede che alcuni punti siano assunti, con determinazione, nell'agenda degli impegni politici di Governo e Parlamento :

bisogna portare a soluzione l'annosa questione del riequilibrio dei bilanci camerali rispetto all'emergenza degli impegni derivanti dal trattamento pensionistico dei dipendenti in quiescenza, creando le condizioni per una convergenza di strumenti e risorse tra Stato e Regione;

occorre riconoscere, rispetto al complessivo sistema di relazioni tra Regione e sistema camerale, il profilo specifico delle autonomie funzionali, come identità specifica e cooperante con la funzione pubblica;

è necessaria una più efficace governance degli istituti e degli organismi camerali, che – senza tradire lo spirito della riforma che ha portato la business-comunity, attraverso le associazioni di rappresentanza, ad esserne la protagonista – assicuri però la necessaria sintesi operativa dei programmi e delle azioni.

Il tema delle politiche territoriali sollecita una riflessione su uno dei punti critici della riforma del commercio che non è in grado di incidere sulla strutturazione dell'apparato distributivo per il mancato adeguamento degli strumenti urbanistici.

A cinque anni dall'approvazione della Legge Bersani, i comuni della nostra Regione non hanno ancora adeguato i propri strumenti urbanistici alle nuove direttive di programmazione urbanistico – commerciale, e la preoccupazione di una possibile diffida da parte dell'Amministrazione regionale, sta provocando difficoltà nell'attuazione dei nuovi piani commerciali.

E' necessario, quindi che la Regione, alla luce dei problemi emersi nell'attuazione della L.R. 28/99, adotti nuovi provvedimenti che vadano nella direzione di una semplificazione delle procedure amministrative.

         È impensabile che per avere una autorizzazione commerciale , a volte possano passare addirittura anni.

La burocrazia ingessa lo sviluppo economico della regione.

         L'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, peraltro richiesto dall'articolo 6 del D. Lgs. 114/98 e dalla Legge regionale, dovrà avvenire attraverso una attenta e puntuale fase di ricognizione della struttura distributiva presente nel territorio comunale, con i necessari inquadramenti analitici di sistema riferiti ad una visione sovra-comunale, con la valutazione sia degli aspetti critici esistenti, sia dei livelli di servizio offerti ai cittadino.

Ai fini della individuazione delle aree idonee ad ospitare insediamenti commerciali la prassi urbanistica comunale dovrebbe essere pertanto supportata da appropriate indagini conoscitive di carattere urbanistico‑territoriale, trasportistico, economico, demografico (con riferimento alla popolazione residente e fluttuante), di reddito commerciale (con analisi riferite ai sistemi di piccola, media e grande distribuzione esistente).

Criterio fondamentale della programmazione di urbanistica commerciale di livello regionale dovrà essere la lettura delle dinamiche di trasformazione della struttura della domanda e dell'offerta di beni e servizi, al fine di assicurare la crescita qualitativa del servizio reso ai consumatori sotto il profilo dei prezzi finali, dell'accessibilità e dell'attrattività dei punti di vendita. La programmazione di urbanistica commerciale di livello regionale dovrà altresì assicurare un'effettiva valorizzazione delle competenze in materia degli Enti Locali, secondo una coerente attuazione del principio di "sussidiarietà", ed il loro coordinamento, attraverso lo strumento della Conferenza di servizi e gli Osservatori di settore aperti alla partecipazione delle parti sociali.

Il miglioramento dell'efficienza delle aziende commerciali, a qualsiasi livello dimensionale, richiede «regole» e politiche "attive":  formazione e qualificazione professionale; riduzione delle diseconomie esterne e degli svantaggi competitivi gravanti sulle imprese; incentivazione dell'associazionismo economico delle piccole e medie imprese indipendenti, soprattutto nei centri storici dei principali centri urbani; riconoscimento della funzione economica e sociale delle piccole e medie imprese quali centri di vicinato e di offerta specializzata; valutazione dell'impatto, in termini di equilibrio della concorrenza e di salvaguardia dei livelli occupazionali complessivi, dell'insediamento di grandi strutture di vendita".

 

 

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