Confcommercio Verona: "Meno tasse e burocrazia per rilanciare le Pmi"

Confcommercio Verona: "Meno tasse e burocrazia per rilanciare le Pmi"

Il presidente Arena, all'assemblea annuale dei soci: "Non siamo evasori, ma motore di sviluppo e fonte occupazionale". Sangalli: "Siamo la vera realtà produttiva del Paese".

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3 luglio 2012

Questione fiscale, continuità aziendale in pericolo e necessità di costruire un nuovo rapporto con la politica. Questi i temi affrontati dal presidente di Confcommercio Verona, Paolo Arena, all'assemblea annuale dei soci davanti a una platea di cinquecento persone nella suggestive cornice del teatro Ristori, appena restaurato. Dopo la relazione del presidente si è tenuta una tavola rotonda su "Fisco: questione sociale e riflessi sulla continuità aziendale", moderata dal direttore di Telearena Mario Puliero. Hanno conversato col presidente Arena il sindaco di Verona Flavio Tosi, il presidente della Provincia Giovanni Miozzi, il presidente della Camera di Commercio di Verona Alessandro Bianchi e l'economista Carlo Pelanda. L'intervento del presidente nazionale di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha chiuso il programma. Nel corso dell'assemblea sono emersi numeri inquietanti per il mondo dei servizi: nel 2011, 216mila imprese di servizi hanno chiuso i battenti, 106mila erano attività commerciali: non hanno retto al tenore delle spese a fronte di una clientela più attenta, che compra solo il necessario. Molte piccole e medie imprese, in questi anni, hanno concluso il ciclo generazionale abbassando la saracinesca o passando la mano.
Bollette e tasse locali (Imu, elettricità, gas, rifiuti e acqua) sono le più elevate d'Europa e hanno registrato, tra il 2011 e il 2012, un aumento medio del 16%. Vi si aggiunge il prezzo dei carburanti.
Così l'Italia perde un patrimonio storico e culturale. Per fare un esempio: il titolare di un pubblico esercizio con un dipendente dovrebbe, per ritagliarsi un reddito di circa 800 euro netti mensili, realizzare un volume di affari, al lordo dell'Iva, di 183.700 euro, pari ad un incasso medio di 612 euro al giorno. Un'impresa ardua. "Così non può esserci ripresa - ha commentato Arena - oggi la pressione fiscale è attestata al di sopra del 60%: fino a luglio un'impresa lavora solo per le casse dello Stato. Le tasse vanno pagate, ma il prelievo deve essere equo e sopportabile. Non possiamo più accettare che i nostri settori vengano periodicamente additati come "primaria fonte di evasione". Non siamo evasori, né causa dei mali del Paese. Il commercio "produce" non più del 6-7% dell'evasione fiscale complessiva: il resto a chi è imputabile? Ristoratori, albergatori e negozianti non conoscono i paradisi fiscali e non delocalizzano. E si aggiungono altri problemi: la rete infrastrutturale e logistica limita e circoscrive localmente la competitività dell'azienda. E poi ci sono le banche: "Da tempo non fanno il loro mestiere: erogare credito. Ma continuano ad operare nel campo della finanza, dimenticando che è proprio la finanza ad aver originato l'attuale situazione. I nostri Consorzi fidi stanno facendo del loro meglio per supportare le imprese. Ma senza l'aiuto delle banche diventa difficile". Le soluzioni? "Privilegiare la riduzione dei costi dell'apparato pubblico: le entrate non possono rincorrere all'infinito le uscite. Ridurre la pressione fiscale. Modificare l'attuale regime delle sanzioni applicate da Equitalia, oggi a livello di strozzinaggio. Far emergere l'economia sommersa, portandola a livelli di trasparenza fiscale e introducendo il "conflitto di interessi": cioè l'interesse del contribuente a ottenere la certificazione fiscale per i beni acquistati o le prestazioni ricevute. I sistemi informatici dell'Agenzia delle entrate sono in grado di scovare gli evasori e di certificare le spese detraibili. È necessario, infine, un nuovo patto tra Stato, enti, imprese e cittadini che deve passare da una integrale riforma fiscale". Serve, infine, una nuova legge elettorale, per combattere l'antipolitica ed evitare vuoti amministrativi che ledono all'economia: "L'elettore sia al centro degli interessi e gli si conceda di scegliere i candidati".
Aiutare il commercio significa sviluppare imprese, quindi l'economia e l'occupazione. "Abbiamo siglato con Cgil, Cisl e Uil l'accordo di riordino complessivo sulla disciplina dell'apprendistato che, primo in Italia, fornisce risposte semplici ed agevoli alle imprese favorendo la crescita dell'occupazione giovanile. Oltre il 40% degli apprendisti vengono assunti dalle imprese dei nostri settori, che confermano poi stabilmente oltre l'80% di queste assunzioni". Su questi temi è proseguita anche la tavola rotonda. Il sindaco Tosi ha illustrato le scelte in materia di applicazione delle aliquote Imu e Irpef per Verona, volte a «salvaguardare le famiglie e le attività economiche, tassando chi possiede di più». Pelanda ha puntato il dito contro le scelte dell'Italia di alzare le tasse e colpire l'evasore, in una politica di "terrorismo fiscale che provoca la caduta del Pil. Due le soluzioni per lui: amnistia fiscale fino al 2010 e taglio delle spese. Da Bianchi sono arrivati, invece, dati confortanti per Verona e lo sviluppo della sua economia: "Il numero delle imprese, circa 90mila, ha subito un calo minimo dello 0,8% nel 2011. C'è un contenimento anche del calo dei consumi: l'anno scorso era del 4,5%, ma tra gennaio e marzo 2012 la percentuale non è aumentata. Le esportazioni sono in positivo. C'è infine il dato in crescita: il turismo. Nel 2011 gli arrivi sono stati tre milioni e 600mila, per oltre dieci milioni di presenze". Proprio su questo settore punteranno Tosi e Miozzi, scegliendo su quali direttrici focalizzare l'attenzione. Miozzi ha definito il 2011 l'anno dei record, per città e lago, con nuove presenze in montagna, denunciando il vero problema italiano: la burocrazia «In Italia ha un costo insostenibile. Qui non si può lavorare». Come detto, ha concluso la serata il presidente nazionale Sangalli: "Le Pmi rappresentano la vera realtà produttiva del paese, in grado di rilanciare l'economia: creano posti di lavoro e aumentano il Pil, ma si fa di tutto per penalizzarle. Pensare al piccolo non è pensare in piccolo. La pura contabilità non basta, se il rigore non è accompagnato alla crescita. Il vero problema è la debolezza strutturale della domanda interna, rilanciandola si rilancia anche la produzione e la crescita. L'aumento dell'Iva sarà la Caporetto di famiglie e imprese. Invece, in Italia non dimagrisce la pubblica amministrazione, non si sa quando si ridurrà la pressione fiscale, il credito è erogato con il contagocce, ma soprattutto i ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione hanno fatto fallire le imprese. La piaga del settore dell'abusivismo e della contraffazione sono un danno per le imprese e un furto allo Stato. Serve una politica alta per ripartire, soprattutto occorre una possibilità di dialogo con la classe politica che ora non c'è".

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