La riforma federalista rischia di restare "zoppa"

La riforma federalista rischia di restare "zoppa"

Se non si pone rimedio al dissesto economico-amministrativo del sistema-Paese, si realizzerà solo un "federalismo all'italiana". Confcommercio: "rivedere l'impianto della riforma, intervenendo sul deficit di alcune Regioni e sulla crisi della sanità".

DateFormat

18 settembre 2002
Permettetemi due brevi premesse

Federalismo: si rischia una “riforma zoppa”

 

Il sistema-Paese è oggi “mezzo alluvionato” e caratterizzato da un “dissesto economico e amministrativo” che rischia di “tracimare invadendo aree che non solo non hanno i piedi in acqua ma non hanno alcuna intenzione di essere costrette, domani o dopo, a doverceli mettere”. In occasione dell’inaugurazione della nuova sede bolognese della Confcommercio Emilia-Romagna, alla presenza del presidente della Camera Pierferdinando Casini, il Presidente di Confcommercio Sergio Billè è tornato ad affrontare il tema della riforma dello Stato in senso federale.

Il rischio, secondo Billè, è che si realizzi “un federalismo all’italiana”, costruito cioè “su fondamenta che non siano così saldi da poter reggere tutto il peso di questa importante e per noi anche auspicabile riforma”.

Per evitarlo, è necessario risolvere almeno tre ordini di problemi, a partire dall’impianto della riforma. “E’ indispensabile – ha detto Billè che le amministrazioni locali dispongano della stessa quantità di risorse che prima era a disposizione dallo Stato. Invece, il Governo ha trasferito o sta trasferendo certi poteri, ma continua a tenersi ben stretta almeno una parte delle risorse, che servono a tenere in vita strutture centrali che, avrebbero dovuto essere smantellate e che, invece, sono rimaste al loro posto, scrivanie e stipendi compresi. Così nasce una riforma zoppa, visto che i cittadini sono costretti a pagare tutte le spese della casa vecchia oltre che quelle della casa nuova”. 

Il secondo problema riguarda i bilanci di molte Regioni del centro-sud, che stanno accumulando debiti considerevoli. Se lo Stato non andrà in loro soccorso, queste Regioni “si vedranno costrette ad aumentare, in proporzione, le tasse su cui possono operare, con il risultato di produrre più povertà e non maggior ricchezza. Non ci siamo. E siccome da qualche parte si avanza anche l’ipotesi che dovrebbero essere le Regioni che mantengono bilanci virtuosi a sopportare almeno parte di questo deficit, tutto il progetto di federalismo rischia di saltare per aria o di essere costruito su un terreno minato”.

L’impianto su cui si regge il servizio sanitario nazionale, infine, “fa acqua da tutte le parti”. Per Billè “è indispensabile realizzare nuove strutture. Ma con quali risorse se quelle attuali non bastano nemmeno a soddisfare le necessità quotidiane? C’è il rischio che la riforma federalista, in queste aree ma non solo in queste, aumenti la divaricazione tra ricchi e poveri e dia adito a nuovi e più congrui fenomeni di emigrazione dal Sud al Nord”.

La conclusione, secondo il Presidente di Confcommercio, non può essere che una sola: “realizziamo pure questa riforma federalista ma facciamo anche in modo che serva a produrre sviluppo e a spalmarlo su tutto il territorio nazionale e non, invece, ad allargare, più di quanto lo sia già, la forbice oggi esistente tra queste due Italie”.

Anche il presidente Casini, da parte sua, ha messo in guardia da due pericoli: che il  federalismo possa “dare copertura a un neocentralismo regionale” e che la pluralità di “soggetti e luoghi che partecipano” alle decisioni possa determinare, “confusione ed incertezza nei cittadini aumentando le “fasce di esclusione”. “Un neocentralismo regionale - ha continuato - mal si concilierebbe con un federalismo che deve guardare anche alle Province ed ai Comuni, a una nuova  riscoperta dell’attribuzione di competenze” nell’ambito di un’Europa “che vogliamo allargare ai Paesi dell’Est”.

 

 

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca