La sintesi dell'indagine Serico - Gruppo Cresme

La sintesi dell'indagine Serico - Gruppo Cresme

P:01 D:22-4-2002 T: Dal Piemonte parte la riscossa dei piccoli comuni

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22 aprile 2002
lI rischio da prevenire

CONFCOMMERCIO PIEMONTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"PICCOLO GRANDE PIEMONTE"

 

 

FRAGILITA' E PUNTI DI FORZA

DEI COMUNI PIEMONTESI

CON MENO DI 2.000 ABITANTI

 

 

 

 

 

 

 

INDAGINE SERICO - GRUPPO CRESME

 

 

 

 

SINTESI PER LA STAMPA

 

 

 

 

 

TORINO

20 APRILE 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PIEMONTE E’ LA PATRIA DEI PICCOLI COMUNI

 

In Italia i comuni sotto i 2000 abitanti sono 3.644 su 8.096, ossia il 45%. Di questi ben 882, più di un quarto del totale nazionale sono in Piemonte. E in Piemonte, che conta complessivamente 1207 comuni, 3 municipi su 4 sono sotto questa soglia.

Il Piemonte è quindi la regione italiana, con il maggior numero, in valori assoluti,  di comuni di piccola dimensione e la terza, dopo Val d’Aosta e Molise, per incidenza percentuale di piccoli comuni sul totale. 

L’iniziativa di Confcommercio Piemonte, ”Piazza Piemonte – un progetto per il rilancio dei piccoli comuni” - partendo dall’indagine coordinata da Sandro Polci  di Serico (Gruppo Cresme), che ha radiografato queste municipalità attraverso l’esame di 53 indicatori (quali istruzione, assistenza, sociale e sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo e ricchezza) – si propone di individuare punti di forza e di debolezza della realtà piemontese per costruire un modello di sviluppo “esportabile” anche in altri contesti territoriali.


 


Incidenza percentuale della popolazione nei comuni sotto i 2000 abitanti sul totale comuni per provincia

 

 

In termini di popolazione residente, negli 882 comuni sotto i 2000 abitanti risiedono 675mila piemontesi con una dimensione media di 760 residenti per comune, contro una media nazionale di quasi mille. Il piccolo comune piemontese è quindi mediamente più piccolo di quello nazionale.

Complessivamente la media si attesta al 15,7%, ma vi sono due province, Asti e Alessandria, nelle quali si evidenzia una maggiore incidenza - fino ad un terzo - dell’intera popolazione provinciale. Per altre 4 province, la quota è superiore al 20%  mentre la provincia di Torino, con una percentuale pari al 7,3%, da sola abbassa la media regionale.

 

Incidenza percentuale dei comuni sotto i 2000 abitanti sul totale comuni per provincia


 

 


Circa la distribuzione di tali piccoli centri, in Piemonte esiste sì una fascia montana di comuni , ma esiste anche una discreta quota di comuni localizzati in pianura o nelle zone collinari a ridosso dei centri maggiori. Osservando la localizzazione territoriale emerge la grande forza di polo attrattore e accentratore del capoluogo regionale. Torino, e i comuni della corona metropolitana, rappresentano in questo senso una grande area territoriale in grado di attirare residenti. Dunque in Piemonte non è solo la montagna a soffrire di impoverimento insediativo, sociale, relazionale, ma anche quote non marginali di pianura e di collina, ovvero quei territori che in altre parti di Italia hanno invece evidenziato la capacità di esprimere forme di autopromozione forte e significativa.

Non vi sono particolari diversità nelle province piemontesi, cioè si tratta di un carattere costitutivo del territorio regionale, caratterizzato dal piccolo e dal grande: il “piccolo” Piemonte dei comuni con meno di 2.000 abitanti, il “grande Piemonte” delle grandi città e di Torino in particolare.

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 


Il rischio da prevenire e le potenzialità da sfruttare

 

Gli 882 municipi piemontesi fino a 2000 abitanti, il 73,1% dei 1207 comuni della regione, coprono una superficie di oltre 15 mila Kmq, pari  al 60% della superficie regionale.

In questi comuni:

-          lo spopolamento ha ridotto al 15,7% la quota di popolazione regionale;

-          la popolazione sopra i 64 anni rappresenta ben il 23% del totale (un valore superiore del 50% rispetto alla media nazionale);

-          vi vive solo l’8% degli studenti piemontesi – con un incidenza sulla popolazione (6,5%) pari a meno della metà della media nazionale (15,5%);

-          è laureato l’1,8% dei residenti, rispetto alla media nazionale del 4,3%;

-          le abitazioni non occupate rappresentano complessivamente il 55% del totale regionale e questa percentuale è più di tre volte superiore alla percentuale della popolazione residente (15,7%);

-          si esprime l’11,5% degli addetti al commercio (33.500 dei 291.500 su scala regionale), rispetto al 15,7% della popolazione residente;

-          sono registrate ben 113.800 partite Iva, pari al 19,5% del totale regionale (con uno scarto del +25% rispetto alla media italiana) che indicano la polverizzazione della struttura produttiva in piccole e piccolissime unità locali, peraltro ad un tasso di produttività molto basso (ogni partita Iva traduce in reddito 74 lire contro le 100 della media regionale);

-          si esprimono depositi bancari pari a 5,6mila miliardi, solo il 6,8% di quasi 82mila miliardi del totale regionale;

-          si rileva la presenza del solo 1,8% dei letti negli istituti di cura piemontesi (ovvero un decimo del totale regionale se confrontato con la percentuale di residenti);

-   si colloca oltre un quarto delle unità locali delle istituzioni piemontesi ma solamente il 7% degli        addetti (quota pari alla metà della popolazione residente).   

Questi dati sono tuttavia da interpretare nel contesto di un quadro complessivo che è caratterizzato da forti potenzialità e da possibilità di sviluppo, oltre che da vere e proprie aree di eccelenza.

Il rischio marginalità – o non marginalità, a seconda dei casi – è fortemente influenzato dal modello insediativo generale, oltre che da condizioni specifiche. Questa interpretazione è particolarmente vera proprio nel contesto territoriale piemontese, la cui costruzione del territorio ha privilegiato l’economia della grande aree metropolitana torinese e degli altri baricentri economici, insediativi e produttivi, depauperando di fatto i comuni di piccole dimensioni, in quanto lo sviluppo si è spostato letteralmente verso i centri di maggiori dimensioni, e con esso le popolazioni, creando in tal modo un rischio di marginalità latente e diffusa nei comuni di piccole e piccolissime dimensioni.

La capacità dei comuni piemontesi di piccole dimensioni di internalizzare fattori di sviluppo esterni, moltiplicandone le potenzialità, sta nella capacità di instaurare meccanismi di “rete” tra i comuni stessi, unendo le proprie capacità e le proprie doti territoriali. In sostanza la chiave di lettura è che il territorio oggi è una variabile essenziale del processo di costruzione del benessere diffuso. In questo senso i risultati dell’indagine mettono in evidenza che:

-          se il territorio sa creare uno sviluppo “dal basso”, si possono creare condizioni tali per cui la maggior parte dei comuni di piccola dimensione partecipa e si inserisce all’interno di un processo virtuoso di crescita economica, produttiva, culturale;

-    se il territorio preferisce spingere sulla leva di una ulteriore concentrazione territoriale, accentrando  i processi di crescita e favorendo percorsi “di dipendenza”, si creano automaticamente condizioni di non-sviluppo, tali da condurre a forme di disagio insediativo.

Ma va puntualizzato che le condizioni dello sviluppo, e quindi le condizioni dell’assenza di fragilità insediativa, derivano soprattutto dalle capacità dei singoli territori di “offrire” sé stessi, nel rispetto delle proprie vocazioni/tradizioni e nel rispetto del rapporto con le proprie “doti” ambientali, culturali, di tradizione.

I risultati dell’indagine mettono in evidenza che laddove i territori presentano situazioni di eccellenza è presente una spiccata vocazione:

-          alla promozione turistica naturalistica;

-          alla promozione turistica di svago (sport en plein air);

-          al sostegno delle tradizioni locali;

-          alla peculiarità e valorizzazione dei propri prodotti tipici (agricoltura, enogastronomia, artigianato, artistico e non).

-          alla  accoglienza e alla residenzialità stagionale.

 

 

 

Le caratteristiche dei comuni piemontesi sotto i 2000 abitanti

 

L’indagine ha permesso di individuare 6 sottogruppi omogenei di comuni presenti sul territorio regionale. I sottogruppi sono inoltre raggruppati in 3 macrogruppi connotati al loro interno da forti peculiarità condivise da tutti i comuni appartenenti.

 

 

 

Tre di questi gruppi (1, 2, 4) presentano caratteristiche di fragilità tali da richiedere interventi e politiche mirate; due gruppi (5, 6) sono caratterizzati dalle migliori performance mentre la medietà è

rappresentata dal gruppo 3.

 

Gruppo della fragilità

sottogruppo 1              “depauperamento tra vocazione rurale e natalità

sottogruppo 2              “produttività contenuta e pochi servizi”

sottogruppo 4              “invecchiamento e rischio isolamento: il benessere economico non basta

 

Gruppo delle migliori performance

sottogruppo 5              “i comuni nella corona del successo: produzione e prospettiva

sottogruppo 6              “il valore aggiunto nell'essere piccoli: qualità della vita e opportunità di sviluppo

Gruppo medio

sottogruppo 3              “una fragile medietà

 

Caratteristiche dei comuni a rischio fragilità (sottogruppi 1, 2, 4)

Su un totale di 1.867 comuni italiani con meno di 2.000 abitanti facenti parte dell’area del rischio fragilità, quelli localizzati in Piemonte sono ben 402, pari al 21,6%. In rapporto alla totalità dei comuni piemontesi con meno di 2.000 abitanti essi rappresentano il 45,6%, e circa un terzo del totale dei comuni piemontesi.

Tale concentrazione dunque esprime una fisionomia dominante, quella di una fragilità rappresentata quasi esclusivamente dai caratteri del rischio isolamento e invecchiamento (sottogruppo 4), dove appunto il benessere economico, laddove presente, non basta a garantire condizioni di equilibrio sociale, accompagnata da un marcato spopolamento abitativo e imprenditoriale (sottogruppo 1) e da una mancanza di servizi, anche quelli essenziali (sottogruppo 2).

Il primo elemento di interesse che emerge dall’approfondimento del carattere costitutivo di questo gruppo riguarda la sua localizzazione in ambito regionale. La distribuzione territoriale dei comuni a rischio fragilità segue un andamento che, partendo dalle aree pedemontane e montane situate nel nord della regione, si estende verso sud lungo la dorsale alpina, fino al cuneese.

La localizzazione prosegue poi, con soluzione di continuità, nell’area a sud-est, parzialmente nelle province di Asti e soprattutto Alessandria, per chiudersi nelle aree pianeggianti situate lungo il Po. Evidenzia il binomio montano-periferico, allo stesso modo di alcune zone appenniniche. Non è solo la montanità e non è solo la perifericità ad organizzare territorialmente la fragilità, ma l’unione dei due aspetti, sui quali si innesta successivamente il percorso di sviluppo territoriale locale.

 

Un quadro di “rarefazione insediativa”

 


Nei comuni del gruppo a rischio fragilità la densità demografica è pari a 23 abitanti per kmq, contro una media piemontese di 169 e nazionale di 191. Il dato, di sette volte inferiore a quello medio nazionale, evidenzia una “rarefazione” insediativa tale da rappresentare un quadro strutturale quantitativo oggettivamente debole

 

 

abitanti per kmq

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

 

Un grande patrimonio non utilizzato

 


Nei comuni del gruppo della fragilità è presente il 54,7% del totale delle abitazioni non occupate in Piemonte, a fronte di una popolazione pari al 15,7%. Se si osserva il grafico, in confronto alla media nazionale, il numero di abitazioni non occupate è di tre volte superiore, un valore che conferma e rafforza il quadro di “rarefazione” insediativa e abitativa già evidenziato

 

 

% di abitazioni non occupate sul totale

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

 

 

 

 

La grande “dipendenza” dalla scarsa occupazione

 


A fronte di una percentuale di popolazione pari al 15,7% del totale regionale, gli occupati (22mila addetti, dei quali oltre 6.500 nel commercio) rappresentano solo l’1,7% del totale regionale, valore che sale al 2,2% se si considera solo il settore commerciale. Il numero di abitanti “dipendenti” da ciascun posto di lavoro rappresenta un altro fattore di debolezza intrinseca della struttura insediativa: nei comuni a rischio fragilità per ciascun addetto vi sono il doppio di abitanti della media nazionale

 

 

numero di abitanti per addetto

 

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

Un territorio in deficit imprenditoriale

A fronte di una quota del 15,7% di popolazione regionale, si ha soltanto il 3,1% di unità locali; quelle del settore dei servizi alle imprese rappresentano solo l’1,4% del totale. E’ un territorio in deficit imprenditoriale, nel quale si evidenzia sia una carenza strutturale non solo di imprese ma anche del sistema a sostegno della stessa imprenditoria. Particolarmente indicativo il deficit relativo ai pubblici esercizi (indicatore della vitalità locale), con un indice per kmq pari a meno di un quarto di quello medio nazionale.

 

 

indicatori di deficit imprenditoriale

 

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

La risorsa sottoutilizzata delle strutture turistico-ricettive

 


L’incidenza delle presenze turistiche sul territorio rispetto alla media nazionale è tre volte inferiore nei comuni a rischio fragilità: 28 presenze per posto letto contro le 61 della media regionale e le 84 di quella nazionale. L’impatto per abitante è superiore a quello medio regionale, segnale turistico-economico potenzialmente positivo, comunque inferiore al valore medio nazionale

 

 

 

 

indicatori di utilizzazione turistica

delle strutture ricettive e del territorio

 

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

Un sistema di servizi e assistenza alla popolazione che favorisce l’isolamento

 


L’isolamento è il vero problema della popolazione delle aree piemontesi a rischio fragilità: i servizi alla persona e quelli di primaria esigenza medica sembrano carenti rispetto alle esigenze dei residenti. Il differenziale con la media regionale e nazionale del dislocamento sul territorio dei servizi medici è sei volte inferiore alle medie regionali e nazionali, e anche il sistema di servizi alle persone presenta un deficit di tre volte rispetto alle medie in esame.

 

 

Addetti per 1000 abitanti per settore

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

Caratteristiche dei comuni a migliore performance insediativa (gruppi 5 e 6)

 

Il gruppo dei comuni a migliore performance insediativa è composto da 425 comuni, pari al 48% dei comuni piemontesi sotto i 2.000 abitanti, nei quali risiedono i due terzi della popolazione totale degli 882 comuni in esame. I due sottogruppi che lo compongono hanno quale caratteristiche principali rispettivamente un buon tessuto economico che garantisce ulteriori prospettive di crescita (gruppo5) e una qualità della vita che costituisce il presupposto di nuove opportunità di sviluppo (gruppo 6).  La distribuzione territoriale evidenzia una localizzazione lungo i principali assi viari, in particolare nella direzione Torino-Milano, e nelle aree pianeggianti o collinari intorno ai comuni di maggiore dimensione. Emergono quindi come “isole felici” sostanzialmente quei territori che, oltre ad avere una posizione e una dotazione “ambientale” in grado di essere utilizzata a fini turistici, hanno anche saputo inserirsi nei processi di crescita diffusa del benessere, dello sviluppo e della produttività.

 

 

Rarefazione insediativa “sostenibile”

 


Nei comuni dei sottogruppi 5 e 6 la densità demografica varia da 107 a 50 abitanti per kmq, mentre la media nazionale conta 191 abitanti per kmq e quella piemontese 169. Anche in questi comuni a migliore performance si presentano, sebbene attenuati rispetto ai comuni a rischio fragilità, i caratteri di rarefazione insediativa per la popolazione residente, ma ovviamente con caratteristiche diverse: in molti casi qui la rarefazione insediativa è una componente positiva dell’insediamento, è una qualità

 

 

Densità demografica: abitanti per kmq

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

 

L’ottimo indicatore occupazionale

 


A differenza dei comuni a rischio fragilità, gli indicatori occupazionali del gruppo 5 e 6 evidenziano una reazione al tradizionale deficit di produzione e di esercizi al commercio delle aree a bassa intensità abitativa. In particolare nei comuni del gruppo 5 i valori sono addirittura più elevati di quelli medi nazionali nel posizionamento delle unità locali e degli addetti, a riprova della capacità di questi territori di sviluppare occasioni di crescita locale.

 

 

 

numero di abitanti per addetto

 

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

La buona performance insediativa si avvale del minor ricorso occupazionale nel settore pubblico

 


E’ bassa la dipendenza occupazionale verso il settore del pubblico impiego: il tasso di occupazione nelle istituzioni rappresenta solo un valore compreso tra il 6,2% e il 10,6%, molto al di sotto della media nazionale del 19,7%. Un dato questo che evidenzia il ruolo attivo dell’imprenditorialità locale e dell’autonomia occupazionale.

 

 

 

% di occupati nelle istituzioni

sul totale degli addetti

 

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

 

 

La grande risorsa delle strutture turistico-ricettive

 


La traduzione della ricettività in effettiva presenza turistica, soprattutto per il gruppo 5, è tutto sommato poco al di sotto della media regionale (51,5 presenze per posto letto contro 60,7). Dove invece si può notare il grande peso della risorsa turistica e della sua incidenza nell’incrementare lo sviluppo locale è nell’indicatore delle presenze turistiche per abitante, il cui impatto si realizza in termini più che doppi rispetto alla media regionale, e in quote simili alla media nazionale

 

 

 

indicatori di utilizzazione turistica

delle strutture ricettive e del territorio

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

Un benessere diffuso

 


Nei comuni dei gruppi 5 e 6, la condizione economica complessiva appare decisamente buona, se confrontata con quella dei comuni a rischio fragilità. Ma appare anche buona rispetto alla media nazionale, in quanto presenta un valore più basso di contribuenti della classe inferiore ed uno più elevato nella classe da 7,2 a 20 milioni di lire, a segnare la capacità di creare un benessere diffuso, un benessere a larga partecipazione

 

 

 

% di contribuenti per classe di reddito (ml. £.)

 

 

Fonte: elaborazioni Serico su fonte Ancitel

 

Caratteristiche dei comuni della medietà: sottogruppo 3

Il gruppo 3 è costituito da 55 comuni, il 6% di quelli in esame, ed esprime il carattere della medietà. Una medietà tuttavia che ha il sapore della fragilità, in quanto evidenzia alcuni aspetti deboli, ed in particolare:

-          un reddito inferiore dell’11% rispetto alla media dei comuni sotto i 2000 abitanti;

-          un minor numero di diplomati (10,2%) anche rispetto all’area del rischio fragilità (11,5%);

-          un minor numero di laureati (1,1%) rispetto all’area del rischio fragilità (1,3%);

-          bassi consumi elettrici per unità locale (47 kwh rispetto ai 67 kwh dei comuni sotto i 2.000 abitanti, un valore comunque doppio se confrontato con quello dell’area del rischio fragilità);

-          un impatto molto contenuto del turismo (metà delle presenze per abitante rispetto alla media delle aree del rischio fragilità).

 

Anche altri aspetti - addetti al commercio, servizi alle imprese, servizi alle persone, sportelli bancari, ricchezza immobiliare contribuenti di alto reddito, istruzione secondaria e assistenza sociale  - presentano valori sostanzialmente in linea con l’area del rischio fragilità insediativa.

Elementi di positività al contrario possono essere individuati nella presenza di famiglie più giovani, in un numero maggiore di alunni, in una maggiore attenzione all’istruzione primaria.

 

 

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