Lettera aperta delle organizzazioni delle PMI ai candidati italiani al Parlamento Europeo (Legislatura 2009-2014)

Lettera aperta delle organizzazioni delle PMI ai candidati italiani al Parlamento Europeo (Legislatura 2009-2014)

"Più Europa e più impresa: un patto europeo per uscire dalla crisi"

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20 maggio 2009
Bozza 5-5-09

 

 

“PIU’ EUROPA E PIU’ IMPRESA: UN PATTO EUROPEO PER USCIRE DALLA CRISI”

 

LETTERA APERTA DELLE ORGANIZZAZIONI DELLE PMI AI CANDIDATI ITALIANI AL PARLAMENTO EUROPEO (Legislatura 2009-2014)

 

Maggio 2009

 

 

Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti e rappresentano insieme oltre 2,8 milioni di micro, piccole e medie imprese che hanno fermamente  creduto nel processo di integrazione comunitaria  e nella costruzione di un’Europa politica, sociale ed economica.

 

Il 6-7 giugno 2009, 736 deputati europei di cui 72 italiani, saranno eletti da oltre 370 milioni di elettori per rispondere alle sfide della nuova legislatura 2009–2014 e si misureranno su molteplici politiche europee quali: i servizi finanziari, la politica sociale, le politiche di impresa e competitività, il cambiamento climatico, l'allargamento dell'UE, l'immigrazione, il terrorismo, la sicurezza, l'agricoltura e, se e quando ratificato da tutti gli Stati membri, l’attuazione del Trattato di Lisbona.

 

Gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti sono consapevoli che con l’Europa tutti noi viviamo in un continente con meno barriere fisiche e culturali e con una moneta unica, abbiamo promosso nuove opportunità per i giovani di studiare senza frontiere, favorito politiche per lo sviluppo sostenibile e gli approvvigionamenti energetici, le pari opportunità per tutti e soprattutto viviamo in un contesto di pace e stabilità politica. Tutto ciò rappresenta un significativo miglioramento della qualità della vita di noi cittadini europei.

 

A fronte di questi importanti se pur parziali traguardi, le PMI percepiscono e vivono ancora troppo gli svantaggi “delle regole e della burocrazia” europea e ritengono insufficienti le politiche che l’Unione Europea ha messo in atto per farle crescere, per un bilancio a saldo negativo che, combinato con lo stato di grave crisi economica di questi mesi, potrebbe minare lo spirito europeista delle imprese che sono il vero traino dell’economia reale europea.

 

Le PMI europee (circa 23 milioni) rappresentano il 99,8 % di tutte le imprese europee ed il 67,1% dei posti di lavoro nel settore privato; non sono quindi né un’eccezione né un’anomalia ma la struttura portante dell’economia reale e dei processi di sviluppo territoriali.

Per questo chiediamo un impegno serio e continuativo affinché in questa nuova legislatura 2009-2014 ci sia un’attenzione e un’azione molto più incisiva e continuativa da parte del Parlamento Europeo e da parte di tutte le Istituzioni europee verso le PMI.

 

L’IMPEGNO PER L’EUROPA

 

Le prossime elezioni del Parlamento Europeo coincidono con un periodo di grave crisi economica e sociale per il nostro continente e per il mondo intero: recessione e caduta del PIL, caduta della domanda a livello globale di beni e servizi, aumento della disoccupazione, instabilità nella coesione sociale, problemi nell’approvvigionamento energetico ed emergenze climatiche.

Occorre un impegno straordinario per dare al Piano europeo di Ripresa Economica della Commissione Europea un livello di spesa e di articolazione degli interventi che possa restituire fiducia alle imprese, ai lavoratori, alle famiglie e dare ai cittadini europei il senso di appartenenza ad una Istituzione che “fa la differenza” perché è in grado di assicurare loro un sistema più trasparente, equilibrato ed equo in tutti i settori della vita economica e sociale.

 

L’Unione Europea, portatrice nel mondo dell’esperienza di economia sociale e di mercato, può avere un ruolo decisivo nel contrastare in questo momento di crisi la logica improduttiva di un ritorno ai nazionalismi e al protezionismo. Ma per far questo dovrà superare la propria paralisi. Per sventare le minacce interne ed esterne ai propri confini, l’Europa ha innanzitutto bisogno di una cosa: affermarsi come attore politico coeso, a voce unica, capace di assumere e realizzare decisioni all’altezza delle sfide del momento.

 

Il Parlamento Europeo ha strumenti importanti per superare l’impasse attuale e aprire una nuova stagione politica in Europa ed anche le “cooperazioni rafforzate” possono rappresentare una pratica di partenariato da riprendere tra Stati Membri dell’Unione Europea che intendono accelerare il processo di integrazione sistemica (l’esperienza dell’euro e di Schengen è stato un esempio di tale integrazione).

 

La legittimazione democratica diretta, la piena indipendenza e il legame istituzionale con l’opinione pubblica sono valori importantissimi. Utilizzando in maniera risoluta i propri poteri, il Parlamento è in grado di dare un nuovo corso alle dinamiche istituzionali dell’UE già prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Le raccomandazioni ed il Programma per le Politiche Europee del Comitato Economico e Sociale Europeo e del Comitato delle Regioni indicano l’urgenza di una più autentica e coerente politica europea in grado di sostenere i valori, la competitività e l’innovazione delle PMI che possono essere il naturale interlocutore capace di favorire la costruzione di un Patto Europeo per uscire dalla crisi. 

 

La “nuova” Europa a cui pensiamo dovrà fare un salto in avanti e passare da una visione contingente ad un programma di grandi riforme a lungo termine, da un assetto intergovernativo a un assetto che gli attribuisca un ruolo sovranazionale, anche a partire da una riforma del bilancio che lo renda funzionale a questo obiettivo.

 

L’IMPEGNO PER LE PMI

 

1.      Una campagna elettorale che parli solo di Europa, senza derive e digressioni su faccende meramente nazionali e di facile propaganda elettorale, e un programma di lavoro che dimostri sensibilità, conoscenza e voglia di fare per le piccole e medie imprese italiane ed europee in un contesto globale in forte cambiamento.

2.      Una “voce unica” dell’Unione Europea negli organismi preposti alla “nuova Governance” nelle organizzazioni internazionali (Organizzazione Mondiale del Commercio, Fondo Monetario Internazionale, Forum per la Stabilità Finanziaria, Banca Mondiale, ILO ed altri) volta a valorizzare il sistema delle PMI italiane ed europee quale naturale attore commerciale, politico e sociale a livello mondiale.

3.      Attuazione dello Small Business Act Europeo, attraverso l’adozione del principio “Pensare e agire innanzitutto in piccolo” (Think and Act Small First) ed un’apposita iniziativa legislativa del Parlamento, di concerto con le altre Istituzioni europee, per renderlo cogente e per realizzare le misure in esso contenute investendo in politiche strutturate e stabili per le PMI, per la cultura d’impresa, per l’impresa al femminile e per i giovani imprenditori.

4.      Percorsi reali per l’accesso al credito ed un sistema di monitoraggio permanente per la  risoluzione dei problemi di liquidità delle PMI, l’attivazione di una forma di contro-garanzia europea dei consorzi fidi, lo sblocco dei fondi BEI con destinazione prioritaria e diretta alle PMI, norme integrative di Basilea II che ne consentano un’applicazione “semplificata” per i consorzi di garanzia fidi delle PMI, un iter veloce dell’adozione della direttiva sui ritardi di pagamento.

5.      Facilitare la vita delle imprese semplificando il quadro regolatorio (“better regulation”) e l’ambiente amministrativo, accrescendo sensibilmente i livelli di efficienza nella P.A. ed il coordinamento delle amministrazioni in ambito europeo; semplificare i processi di standardizzazione e di normalizzazione tecnica al fine di incoraggiarne l’utilizzo da parte delle piccole imprese; prevedere un’analisi d’impatto sulle PMI obbligatoria e sistematica .

6.      Accompagnare anche le piccole imprese ai processi di innovazione e alle opportunità della green economy con politiche e programmi europei realmente accessibili e con risultati replicabili. Si tratta di razionalizzare gli interventi di sostegno, promozione e incentivazione dell’offerta e della domanda nei mercati e nei settori dell’economia sostenibile, al fine di semplificare i criteri e le procedure in essere e favorire l’aggregazione stabile tra le imprese.

7.      Modernizzare il mercato del lavoro e della formazione introducendo nuove forme di flessibilità regolata e potenziando, al tempo stesso, tutte quelle misure che possono efficacemente sostenere l’occupazione, con il più ampio coinvolgimento delle rappresentanze delle PMI nel dialogo sociale europeo.

8.      Rilanciare e perfezionare il Mercato Interno; rendere il sistema degli appalti pubblici più fruibile, prevedendo corsie preferenziali e quote di riserva appalti per PMI, in linea con la disciplina già vigente negli USA, in Corea e Giappone e con la proposta della Presidenza francese alla Commissione Europea nel 2007.

9.      Garantire le politiche di concorrenza leale da parte dei Paesi Emergenti e assicurare sostanziale parità di accesso al mercato a tutte le tipologie di imprese; tutelare le produzioni europee di qualità ed il consumatore attraverso strumenti per la tracciabilità e per la determinazione dell'origine dei prodotti, per combattere la concorrenza sleale e la contraffazione.

10.  Rendere effettiva la liberalizzazione dei sistemi energetici creando condizioni di accesso sostenibile all’approvvigionamento da parte delle PMI e completare l’armonizzazione fiscale.

11.  Investire in tema di relazioni esterne sulle Politiche di Vicinato specialmente con i Paesi Mediterranei per fare dell’Europa il promotore di un “regionalismo aperto” in grado di contrastare il rischio di nuovi conflitti commerciali.

12.  Avviare concrete politiche per i settori in crisi, a partire dal tessile – abbigliamento –calzaturiero, dal turismo, dai trasporti e dalle costruzioni che rappresentano settori importanti del tessuto imprenditoriale italiano ed europeo. Ciò anche a fronte di un ripensamento ed una revisione “coraggiosa” delle politiche di coesione economica e sociale e delle risorse finanziarie destinate all’agricoltura in favore delle PMI nelle aree più disagiate e delle nuove marginalità.

 

Con queste proposte e con senso di responsabilità Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confesercenti e Confcommercio saranno al fianco dei parlamentari europei in un partenariato attivo per realizzare un “patto europeo” per le PMI per uscire dalla crisi.

 

 

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“Più Europa e più impresa: un patto europeo per uscire dalla crisi”

 

Riflessioni e proposte

 

 

1.      Condividiamo il giudizio storico e politico che vede nel processo di costruzione dell’Unione Europea un tentativo generoso (ed incompiuto) di realizzare un’esperienza di governo democratico della globalizzazione. Di fronte ad una crisi, prima finanziaria e poi dell’economia reale, che chiama in causa proprio l’assenza, o comunque la debolezza, di regole e di strumenti efficaci di governo della globalizzazione, è dunque evidente, a nostro avviso, che si apre lo spazio e si determina la necessità di portare a compimento questo processo, facendo valere il ruolo politico dell’Unioneed i valori del suo modello economico e sociale – come contributo rilevante alla definizione di una governance della globalizzazione. Una governance che colga tutte le opportunità derivanti dalla libera e competitiva circolazione delle persone e dei capitali, delle merci e dei servizi e dalla crescente integrazione tra le diverse aree dell’economia mondiale. Ma che, al contempo, valorizzi identità diverse, contrasti il dumping sociale, riduca disuguaglianze ed ingiustizie profonde, promuova cooperazione, pace e sicurezza, affronti le sfide della sostenibilità ambientale e dei cambiamenti climatici, dei cambiamenti demografici e dei flussi migratori.

 

2.      Vale dunque anche per l’Unione Europea la considerazione che la crisi può essere un’occasione, un’opportunità. L’occasione e l’opportunità per riformare il suo sistema istituzionale, procedendo lungo il percorso di attuazione del Trattato di Lisbona e valorizzando, in specie, il ruolo del Parlamento europeo, che diviene a pieno titolo, alla stregua delle previsioni del Trattato, la seconda camera legislativa. L’occasione e l’opportunità per rilanciare con forza la Strategia di Lisbona, perseguendo, con tenacia e con realismo, l’obiettivo di fare dell’economia europea “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Quasi un decennio dopo la sua originaria formulazione, la definizione di questo obiettivo resta di straordinaria attualità per l’Europa allargata, che si è intanto costruita.

 

3.      Occorre, però, che, nel riconoscimento del persistente valore della Strategia di Lisbona, non vi sia davvero nulla di retorico. E’ giusto, quindi, riconoscere quanto è stato fatto in termini di costruzione di un effettivo Mercato Interno europeo, e soprattutto proseguire in questa direzione: con l’equilibrato sviluppo della direttiva sui servizi; con un sistematico e semplificato assetto delle norme in materia di tutela dei consumatori e con un approccio flessibile al tema delle azioni collettive risarcitorie, volto anche alla valorizzazione degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie; con un modello di Statuto della società privata europea duttile ed effettivamente agibile anche da parte delle PMI.

 

4.      Va evidenziata la debolezza del metodo del coordinamento intergovernativo, cui è stata sostanzialmente affidata la realizzazione della Strategia. Qui occorre – proprio nel momento della crisi e contro ogni tentazione neo-protezionista e neo-nazionalista – un decisivo salto di qualità politica. Occorre andare oltre la logica insufficiente dei “minimi comuni denominatori”, riconoscendo la necessità di una più compiuta politica economica europea, frutto, a sua volta, del riconoscimento della necessità di una più compiuta Europa politica. Sul piano delle regole ciò dovrebbe accompagnarsi all’adozione di un più cogente metodo comunitario e di un più sostanziale ed inclusivo dialogo sociale.

 

5.      Con quali sfide, allora, si dovranno confrontare l’Europa e le sue istituzioni, a partire dal rinnovato Parlamento europeo, i cittadini e le forze economiche e sociali europee? Quali obiettivi prioritari perseguire, in concreto, nella prossima legislatura europea? E’ anzitutto evidente che la necessità di legal standard per il sistema finanziario internazionale implicherà scelte anche in materia di forme e strumenti di vigilanza bancaria europea, portando a compimento il circuito istituzionale della politica monetaria europea. In materia di commercio internazionale, l’affermazione delle ragioni del libero scambio richiederà una sempre più forte voce unica europea tanto in sede di negoziato multilaterale, quanto nei negoziati bilaterali. D’altra parte, l’Europa dovrà rafforzare la tutela dei brevetti e del made in, ed il contrasto della contraffazione e del dumping.

 

6.      Al rinnovato Parlamento Europeo ed al sistema dell’Unione nel suo complesso, chiediamo, in particolare, di rendere cogente la strategia delineata con lo Small Business Act Europeo, cioè una strategia di valorizzazione dell’impresa diffusa, che nasce dal riconoscimento del fatto che le PMI, in Europa e tanto più in Italia, non sono né un’eccezione, né un’anomalia. Risulta opportuno raccogliere e riproporre quanto il Comitato Economico e sociale Europeo ed il Comitato per le Regioni nel 2009 hanno ripetutamente richiesto alla Commissione europea ed al Consiglio per ripensare le politiche delle PMI in funzione dei mutamenti in corso nel Mercato Interno ed a livello mondiale. Investire sulla risorsa PMI non significa, allora, né scegliere, di fronte alla crisi della globalizzazione, il ripiegamento su orizzonti localistici, né la richiesta di politiche da “riserva indiana”. Significa, invece, costruire regole e praticare politiche che consentano alle imprese, ad ogni livello della loro scala dimensionale, di ricercare maggiore efficienza, di competere e di crescere. Crescere dimensionalmente e qualitativamente; crescere singolarmente e attraverso le aggregazioni di gruppo e le relazioni di distretto e di filiera. Particolarmente rilevanti sono, in questa chiave, scelte di apprezzamento del ruolo dei sistemi di garanzia mutualistica sul versante dei rapporti tra banche ed imprese.

 

7.      L’impulso all’accelerazione dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni ed il conseguimento del traguardo della riduzione - nella misura del 25% ed entro il 2012 - degli oneri burocratici costituiscono aspetti fondamentali per la costruzione di uno spazio delle regole che concorra alla competitività del modello europeo.

 

8.      Per questo, nella prospettiva di un sempre più compiuto Mercato Interno europeo, andranno sviluppati anche processi di armonizzazione e coordinamento delle politiche fiscali. In questo contesto, per l’Italia si tratta, in particolare, di riaprire il confronto in sede europea per l’agibilità, nel nostro Mezzogiorno, di una fiscalità di vantaggio, tanto più necessaria alla luce della scelta, operata nel nostro Paese, di avviare il processo di costruzione del federalismo fiscale. Mentre revisione ed armonizzazione delle aliquote IVA potrebbero e dovrebbero essere l’occasione per ottenere, a sostegno dell’offerta turistica italiana, il loro allineamento alle migliori condizioni praticate da importanti competitori europei.

 

9.      Sempre in materia di turismo e di settori produttivi ad esso collegati, la politica europea ha introdotto un importante collegamento tra lo sviluppo del settore ed il perseguimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona. Collegamento declinato attraverso impegni volti al rafforzamento della competitività e della sostenibilità dell’offerta turistica europea, al miglioramento dell’ambiente delle regole e della burocrazia, alla promozione della comprensione e della visibilità delle destinazioni europee nei mercati internazionali. Particolare rilievo assume la questione della qualità della regolamentazione comunitaria e dell’effettiva uniformità della sua applicazione da parte dei Paesi membri, al fine di non creare distorsioni della concorrenza. Le Direttive, dunque, dovrebbero essere fortemente orientate al principio del self-executive. Così pure, andranno superate, attraverso un effettivo coordinamento, divergenze nell’emanazione di avvisi di sicurezza e nelle procedure ed i tempi per l’accesso e la circolazione dei passeggeri all’interno dell’Unione.

 

10.        Il sistema europeo dei trasporti e della logistica sarà chiamato a svolgere un ruolo essenziale nella prospettiva del consolidamento del mercato interno e dell’accrescimento della capacità competitiva dell’Unione nel contesto internazionale. Appare essenziale, dunque, rafforzare la politica comunitaria in materia di reti Ten-T, perseguendo, innanzitutto, la rapida realizzazione dei progetti prioritari, e valorizzando la dimensione euro-mediterranea del disegno infrastrutturale, per uno sviluppo integrato e comodale del sistema europeo dei trasporti, che confermi la promozione strategica delle Autostrade del Mare. Potenziare le infrastrutture, dunque, per risolvere, nel lungo periodo, i colli di bottiglia della rete che, come i valichi alpini, con le connesse difficoltà di attraversamento, alterano pesantemente il gioco concorrenziale nel mercato interno, ma intervenire, anche, nell’immediato, con coerenti provvedimenti che sappiano assicurare la necessaria permeabilità di tali zone critiche, riducendone, da subito, l’impatto distorsivo. Un’analoga strategia di intervento, basata su coerenti misure di lungo e di breve periodo a sostegno dell’accessibilità, dovrebbe essere promossa, anche, nello specifico campo della mobilità urbana, posto che proprio presso le città si concentrano, unitamente ai cittadini ed alle attività produttive dell’Unione, anche le maggiori criticità del sistema della mobilità delle merci e delle persone. Naturalmente, sviluppare il sistema infrastrutturale europeo significa anche mettere in campo strumenti conseguenti per il loro finanziamento. BEI, euro-bonds e sterilizzazione degli investimenti in infrastrutture dal computo del deficit rilevante ai fini del Patto di Stabilità e di Crescita sono i punti all’ordine del giorno.

 

11.        Energia ed ambiente sono opzioni strategiche fondamentali per favorire la crescita e lo sviluppo competitivo e sostenibile. Nonostante i numerosi ed estesi interventi normativi che hanno consentito in questi anni di raggiungere obiettivi importanti, entrambi i settori appaiono ancora oggi connotati da forti elementi di criticità, dovuti essenzialmente ad una eccessiva rigidità dell’apparato regolatorio e, soprattutto, all’ancora incompleta liberalizzazione dell’accesso alla rete. Infatti, la possibilità di disporre di strutture di produzione e commercializzazione, come linee di trasporto, impianti di generazione e stoccaggi, riveste un ruolo fondamentale sia per la flessibilità dell’approvvigionamento che per le scelte del consumatore finale. Occorre pertanto potenziare il sistema degli stoccaggi, ricercare nuovi canali d’importazione ampliando la rete dei gasdotti europea, realizzare nuove infrastrutture di collegamento e facilitare la costruzione di nuovi terminali di rigassificazione rendendo effettivamente operativo il modello della procedura unificata e partecipata con tempi contingentati per il rilascio delle autorizzazioni. Bisogna poi aumentare la capacità di interconnessione fra reti interne mediante interventi infrastrutturali coordinati a livello nazionale ed europeo. Per ciò che attiene al mercato dell’energia elettrica occorre proseguire gli interventi tesi alla liberalizzazione dei mercati al fine di arrivare alla creazione di un Mercato Unico per l’Energia ponendo fine alle importanti asimmetrie a tutt’oggi esistenti nei diversi paesi membri dell’Unione che creano disparità nelle condizioni di partenza e quindi uno svantaggio competitivo tra imprese nei diversi stati membri. Un passo in avanti importante in questo senso potrebbe essere rappresentato dall’introduzione di una fiscalità energetica armonizzata a livello europeo che introduca principi comuni cogenti ispirati all’esigenza che chi consuma di più subisca una tassazione maggiore. Nel campo della sostenibilità degli approvvigionamenti energetici è indubbio che gli obiettivi del 20-20-20 rappresentano un grande incentivo allo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Occorre tuttavia favorire lo sviluppo delle rinnovabili attraverso politiche incentivanti più incisive. Potrebbero essere stabiliti regimi di sostegno in grado di introdurre un quadro di riferimento unitario e stabile tra i vari Paesi europei.

 

12.        Sul fronte ambientale l’esigenza maggiormente avvertita dalle imprese riguarda la necessità di ridurre gli oneri amministrativi attraverso la predisposizione di un apparato regolatorio più omogeneo e facilmente applicabile. Sembra paradossale che possano esserci normative tecniche ad altissimo impatto sul tessuto imprenditoriale europeo (come quelle relative ai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, alle pile ed accumulatori o alle sostanze chimiche disciplinate dal regolamento Reach) che determinino una sovrapposizione di oneri a carico degli stessi soggetti della filiera dell’importazione o della distribuzione, generando spesso confusione ed incertezza normativa. Tali soggetti si trovano così a dover far fronte a costi ed oneri amministrativi che potrebbero essere notevolmente e facilmente semplificati ed accorpati. Per far sì che l’ambiente venga percepito sempre di più come opportunità di crescita e fattore di sviluppo di nuova imprenditorialità un’attenzione particolare meriterebbero poi le certificazioni. Andrebbero predisposti sistemi di gestione ambientale «su misura» e più accessibili ed avviati processi di semplificazione normativa per le imprese certificate. Anche in tale settore andrebbe predisposto un unico Regolamento comunitario che razionalizzi l’intero sistema prevedendo forti semplificazioni nei controlli amministrativi per le imprese che posseggono certificazioni rilasciate da un soggetto accreditato in conformità a norme tecniche europee ed internazionali.

 

13.        La politica di coesione economica e sociale costituisce uno dei cardini della costruzione europea e trova esplicito riferimento tanto nel Trattato in vigore che in quello di Lisbona. La necessità di rispondere alle aspettative dei cittadini europei sui benefici che essi - indipendentemente da dove vivano e lavorino - ottengono dal processo di unificazione europea, richiede un forte rilancio della politica di coesione economica e sociale e la costruzione di una vera e propria “Agenda sociale territorializzata”. Questa esigenza viene a confrontarsi con quella, altrettanto impellente, della modernizzazione del budget comunitario e dei suoi principali capitoli di spesa tra i quali emerge, assieme alla PAC, proprio la politica di coesione. Ed affrontare questo tema significa toccare i gangli della costruzione europea, il rapporto tra Commissione e Stati Membri, quello tra Consiglio, Commissione e Parlamento e, prima ancora, gli obiettivi stessi della politica di coesione, quelli legati alla “efficienza” (reddito, crescita) e quelli relativi all’inclusione sociale e la riduzione delle disparità. In proposito, è necessario che le posizioni espresse nel documento ufficiale di risposta italiano alla consultazione sul “Libro verde sulla coesione territoriale e le prospettive post-2013” vengano supportate con decisione dai nostri rappresentanti nelle Istituzioni comunitarie. Troppo alto è, infatti, il rischio che venga stravolta la politica di coesione e che non si continui a puntare sull’elemento centrale che è costituito dalla crescita e dall’occupazione. E’ necessario, altresì, il coordinamento tra politiche settoriali e di coesione. Ciò vale per la politica della concorrenza, quella dei trasporti e infrastrutture, dell’energia, della politica agricola, della ricerca e dell’innovazione, che devono avere loro momenti di integrazione con quella di coesione.

 

14.        La correlazione fra istruzione e sviluppo è stata quantificata dall’OCSE nel 5% del tasso di crescita a breve termine e 2,5% a lungo termine per ogni anno di innalzamento del livello di istruzione medio della popolazione. L’Unione Europea dovrà, pertanto, farsi carico di promuovere l’adozione di politiche nazionali fortemente improntate alla valorizzazione del capitale umano e dell’istruzione, favorendo il rapporto con il mondo delle imprese e del lavoro, realtà in continua e rapida evoluzione che richiede professionalità e competenze trasversali, capacità di adattamento, cultura di base e apertura all’innovazione. In questo senso, appare auspicabile la realizzazione di politiche attive atte a valorizzare il modello dell’alternanza scuola-lavoro nella istruzione secondaria ed il riconoscimento di crediti per la formazione svolta presso le imprese ai fini del conseguimento di titoli di studio universitari, come già accade in alcuni Stati Membri dell’Unione Europea. Occorrerà, inoltre, proseguire con decisione nell’azione di diffusione della cultura del lifelong learning, quale investimento capace di rafforzare il capitale umano e di garantire l’occupabilità dei lavoratori, soprattutto quelli con maggiore anzianità lavorativa. Si tratta, insomma, di confermare e di rafforzare welfare to work e flexicurity come assi portanti di un modello sociale europeo capace di tenere insieme sostenibilità economica di lungo periodo ed inclusività dei sistemi di sicurezza sociale. Anche da questo punto di vista, la concreta attuazione di una politica europea per l’immigrazione, a partire dal Patto europeo per l’immigrazione, costituisce davvero una priorità.

 

15.        La rinnovata agenda di Lisbona concentra l’attenzione delle policy per lo sviluppo economico su interventi in ricerca e innovazione, indispensabili per accrescere la competitività delle imprese manifatturiere e terziarie. Ciò implica, in primo luogo, il ricorso estensivo ad azioni che prevedano una crescita organica di ampie componenti della struttura economica europea. Investimenti in formazione, in cultura d’impresa, in diffusione dell’innovazione: di questo ha la massima necessità un sistema economico formato in grandissima parte da PMI e da imprese del terziario. Risulta perciò necessaria la cessazione di qualsiasi forma di esclusione del settore del terziario (commercio, turismo e servizi), diretta od indiretta, rispetto ai programmi a favore dell’innovazione. Né possono considerarsi come accettabili reiterazioni dei meccanismi di esclusione basati sul presunto maggior grado di innovatività di talune categorie di servizi rispetto ad altre. Nel dare atto di quanto di positivo è già stato fatto dalla Commissione e dal Parlamento europeo (si veda il Programma Competitività ed Innovazione) si ribadisce la necessità di un completamento del processo di inserimento del terziario nei programmi per la Ricerca e l’Innovazione ad iniziare dal prossimo VIII Programma Quadro per la Ricerca e Sviluppo.

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