"Rispetto ad altri strumenti aggregativi (societari o consortili), il contratto di rete si contraddistingue per un'elevata flessibilità, e questo rappresenta un valore da preservare. In tal senso l'idea di individuare modelli standardizzati, rischia di compromettere il valore aggiunto dello strumento". È quanto si legge nel documento di Rete imprese Italia
depositato nella commissione Attività produttive della Camera in occasione di un'audizione su una risoluzione per la valorizzazione dei contratti di rete. "Modelli regolatori possono avere senso per quelle reti governate da un'impresa capofila, di media o grande dimensione, che oggi sono la realtà prevalente, che di fatto si avvicinano molto a contrattazioni di filiera. Anche in questi casi però - si legge ancora - sarebbe opportuno inserire disposizioni in grado di garantire effettive ricadute sulle imprese più piccole, cosa che il contratto di rete non prevede, onde evitare una dipendenza economica delle imprese più piccole dai grandi gruppi". Per quanto riguarda poi gli incentivi concessi alle stesse reti di imprese, Rete Imprese Italia ritiene che debbano essere "rilevanti, prima di tutto, in termini amministrativi e burocratici" e "dovrebbe trattarsi di facilitazioni in grado di spostare verso le reti di imprese ricercatori o figure professionali specifiche in grado di favorire la open innovation delle imprese, di forme di accompagnamento verso sistemi non convenzionali di accesso al credito sperimentando realmente nel nostro Paese altrove presenti, di meccanismi procedurali semplificati in termini gestionali, contabili e fiscali, di opportunità che tendano a consolidare a favore delle reti alcuni istituti giuridici". Rete imprese Italia ha chiesto infine di "investire sull'attività di coaching e affiancamento", come incubatori di rete, indispensabili "per creare il cambiamento culturale che è alla base di qualsiasi forma di aggregazione".