A Bologna commercianti in rivolta contro la "delirium tax"

A Bologna commercianti in rivolta contro la "delirium tax"

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26 febbraio 2015

 

L'hanno ribattezzata "delirium tax" e, in effetti, non hanno tutti i torti. Accade a Bologna, dove in questi giorni i commercianti della città sono inviperiti per avere scoperto di dover pagare per la "tassa sulla pubblicità in vetrina". Lo raccontano con dovizia di particolari i quotidiani locali che mettono nero su bianco la rabbia di commercianti, ristoratori, artigiani contro il Comune. Innanzitutto una precisazione: la tassa esiste da tempo, ma la sua applicazione varia da Comune a Comune. A Bologna hanno deciso di usare la mano pesante e di considerare pubblicità tutto, ma proprio tutto: dai menù ai cartellini dei prezzi, fino addirittura ai volantini che promuovono eventi solidaristici. Il paradosso, come evidenzia Italia Oggi è che «l'esposizione dei menù e dei prezzi è obbligatoria per legge. Allora? Se non vengono posti in evidenza si incorre in una sanzione per violazione delle legge, se sono collocati al loro posto si incappa nella tassa. Non c'è scampo». La storia non è nuova. Già nel 2009 (giunta Cofferati), si era parlato della delirium tax. Allora aveva colpito l'immaginario collettivo la vicenda del gioielliere Arrigo Veronesi, tassato per aver esposto uno zerbino con le iniziali del suo nome all'esterno del suo negozio. Ora la storia si ripete e questa volta ha i nomi di Gianni Monari, fotografo, che si è visto recapitare un "conto" di 2.800 euro per aver esposto un cartello con le offerte del mese e le immagini di nozze. «Come si fa a pagare una tassa su misure obbligatorie per legge – ha protestato Monari –, come l'esposizione dei prezzi? Che faccio, li tolgo e poi mi faccio fare la multa da un vigile che passa e non li vede?». Altra storia quella di Marco Vaccari, proprietario di un outlet di fumetti, dischi e giocattoli, che esponeva in vetrina per far sapere ai passanti che lì è quello che si vende. Qualcuno lamenta di aver ricevuto ingiunzioni di pagamento per aver esposto i cartellini con gli orari di apertura, un tabaccaio per aver affisso l'avviso che il self service è aperto 24 ore su 24. Idolo locale sta diventando la farmacista Maria Pia Busacchi che ha appeso uno dei cartoncini pubblicitari incriminati e ci ha scritto sopra: «In un momento di crisi, multa di 1.500 euro per i cartelli esposti in vetrina dopo avere pagato 1.100 euro per le insegne. Multatemi anche per questo cartello!». «Lei, in vetrina – scrive Italia Oggi -, aveva materiale sanitario e anche un avviso per il servizio "SoS vita", per le mamme in difficoltà. Tutto tassato».



 

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