Italia sempre più "vittima" del sistema fiscale

Italia sempre più "vittima" del sistema fiscale

Il rapporto "Paying Taxes 2014" della Banca Mondiale scaraventa il nostro Paese al 138˚ posto. Causa carico tributario complessivo, le ore che si perdono e il numero di versamenti da fare. Il governo Renzi rivendica miglioramenti. Le aziende chiedono di più.

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20 aprile 2015

 

Troppe tasse. Lo dicono i cittadini privati e lo dicono le imprese ogni volta che giunge la stagione in cui il governo italiano si siede intorno al tavolo per decidere la programmazione fiscale dell'anno venturo. E a confermare il triste primato ci pensa il rapporto "PayingTaxes 2014" della Banca Mondiale che inchioda l'Italia al 138 posto per tasse pagate su 189 Paesi presi in esame. Un dato che il governo dovrebbe tenere a portata di mano, sulla propria scrivania, quando si appresta a pubblicare il Documento di programmazione economica e finanziaria (Def), la serie di impegni messi nero su bianco che entro dicembre porteranno a scrivere la Legge di Stabilità per il 2016. Per aggredire la propria posizione l'Italia dovrebbe impegnarsi a migliorare i tre indicatori che la Banca mondiale utilizza per redigere la classifica: il Total taxrate, ovvero il carico fiscale complessivo, il tempo necessario per gli adempimenti relativi alle principali tipologie d'imposta e d icontributi (imposte sui redditi, imposte sul lavoro e contributi obbligatori, imposte sui consumi) e il numero di versamenti effettuati. Anche perché il triste record italiano non solo non attira le aziende straniere, ma è tale da far scappare quelle italiane all'estero, senza lo spauracchio di doversi confrontare con la exit tax o i possibili accertamenti dell'Agenzia delle entrate, perché spesso il rischio è più che compensato dai benefici. Stando all'ultimo rilevamento del rapporto della Banca mondiale, il carico fiscale complessivo dell'Italia è il più alto d'Europa, pari al 65,8% dei profitti commerciali, in miglioramento rispetto al 2012 (68,3%), ma contro una media europea scesa al 41,1% dal 42,6% del 2012 e una media mondiale del 43,1%, anch'essa in miglioramento rispetto al 44,7% dell'anno prima. Per gli adempimenti fiscali, poi, in Italia le società impiegano 269 ore all'anno contro le 179 ore impiegate in media da un'impresa europea e le 268 ore l'anno della media mondiale. Quanto infine ai pagamenti, le imprese tricolori effettuano 15pagamenti contro i 13,1 europei e i 26,7 richiesti mediamente a livello globale. I numeri sono, disarmanti e il trend non lascia spazio a grandi speranze perché rispetto all'anno precedente l'Italia è indietreggiata di sette gradini, dal 131 posto a1138 . Il recupero di competitività del Paese deve passare anche da qui. La distanza dell'Italia dalle posizioni di vertice in termini di tassazione cornplessiva non è siderale rispetto a un Paese come la Francia dove a fronte di un Total tax rate del 64,7% la crescita del Prodotto interno lordo è stata dello 0,24%. Lo diventa al cospetto della Germania che con un carico fiscale del 49,4% è riuscita a crescere nell'ultimo rilevamento annuale sul Pil dell'1,6%. Nella classifica globale, tra i primi 10 Paesi al di sopra della media europea per Ttrsi posizionano la Spagna (58,6%), il Belgio (57,5%), l'Austria (52,4%), la Svezia (52%), l'Ungheria (49,7%), la Germania appunto (49,4%), l'Estonia (49.4%) e la Repubblica Ceca (48,1%). Per minor carico fiscale in assoluto, il podio è diviso tra Croazia (19,8%), Lussemburgo (20,7%) e Cipro (22,5%) con numeri che rasentano quelli dei paradisi fiscali

 

tratto da Repubblica "Affari&Finanza" di Walter Galbiati

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