"Innovazione e rischio d'impresa contro la crisi "

"Innovazione e rischio d'impresa contro la crisi "

La relazione del direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, ha aperto la seconda giornata dei lavori dell'edizione 2012 del Forum dei Giovani Imprenditori. "Il capitale umano resta centrale nei processi di crescita".

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10 novembre 2012

Venezia La relazione del direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella, "Innovazione e rischio imprenditoriale: reagire al declino" ha aperto la seconda giornata dei lavori dell'edizione 2012 del Forum dei Giovani Imprenditori di Confcommercio che si è tenuto a Venezia. Tema centrale dell'intervento di Bella, l'importanza, in termini di crescita economica di medio-lungo termine, del capitale imprenditoriale, dell'impresa innovativa e dell'imprenditoria giovanile. "Lavorare sul tema delle start-up innovative, sul capitale di rischio e degli investimenti in ricerca e per il rilancio dell'istruzione, soprattutto tecnica - ha detto Bella - è una strategia condivisibile. Il lavoro del Governo sulle start-up innovative vuole mettere ordine e offrire opportunità creando un'infrastruttura organizzativa e istituzionale per fare funzionare gli oggetti-idee-relazioni, che vanno dal talento-merito alla mobilità sociale, dalla società imprenditoriale al capitale di rischio". Secondo Bella, è necessario, ri-orientare la qualificazione delle start-up "da requisiti formali a requisiti sostanziali sul piano dei contenuti innovativi del progetto imprenditoriale, recuperando con tutta evidenza il ruolo delle reti d'impresa nella formazione delle start-up. E' opportuno riconoscere che l'innovazione va finanziata anche con capitale di rischio e che all'interno di un quadro economico-istituzionale favorevole alle start-up innovative, il ruolo dei finanziatori è centrale e più ampio di quello rivestito nel caso del capitale di debito tradizionale". "L'Italia - ha aggiunto il direttore dell'Ufficio Studi - anche nell'ambito del venture capital, cioè del capitale di rischio, è in ritardo rispetto al resto della comunità internazionale. I dati, aggiornati al 2011, dicono tanto del ridimensionamento generale delle attività di venture capital, dopo la bolla dell'inizio degli anni 2000, quanto del fatto che la crisi mondiale impatta negativamente sulle opportunità di business. Da cosa dipende? Polverizzazione della struttura produttiva (l'Italia come si sa, anche se non si dice, è la patria delle micro-imprese, più che delle PMI); inadeguatezza persistente dell'integrazione tra università e mondo produttivo; diffusa e pervasiva avversione al rischio unita ad una scarsa diffusione della cultura d'impresa e dell'imprenditorialità presso gli interlocutori istituzionali; problematicità dei canali di finanziamento: il nostro sistema economico resta centrato sul credito bancario e, pertanto, non del tutto in grado di soddisfare, pienamente, le nuove esigenze finanziarie dettate dalla cultura del rischio legato all'innovazione". Bella però avverte che è necessario "non cadere nella tentazione del panegirico delle start-up e del venture capital, perché va di moda. Bisogna verificarne l'impatto sulla crescita di lungo termine. In parole povere, il prodotto aggregato risponde in qualche misura al capitale immesso nel processo produttivo e alla quantità di lavoro che vi partecipa". Bella ha poi sottolineato che "il capitale umano resta centrale nei processi di crescita". "Nel nostro modello l'elasticità del Pil al capitale umano, imperfettamente misurato - ha detto - è molto più elevata di quella relativa all'investimento in venture capital. Secondo un recente studio della Banca d'Italia, un miglioramento qualitativo dell'offerta di lavoro influenzerebbe la produttività delle imprese: un aumento del 10 per cento della quota dei lavoratori laureati porterebbe ad un aumento della produttività totale dei fattori dello 0,7%. Ad esempio, è vero che la maggiore quota di imprenditori giovani nelle province del Sud è dovuta alla maggiore diffusione di attività terziarie, ma è anche correlata alla minore presenza di domanda di lavoro dipendente a causa della relativamente scarsa presenza di aziende medio-grandi". Bella ha concluso la sua relazione precisando che "il recupero completo al circuito produttivo delle forze più giovani, sia imprenditori sia lavoratori dipendenti o autonomi, oltre a costituire una centrale questione di inclusione sociale, è profittevole nella dimensione della crescita e dello sviluppo. Nel caso delle start-up innovative ammettiamo l'esistenza delle esternalità positive. Ma questo non può farci dimenticare che il maggiore incentivo per la società imprenditoriale è la creazione di un contesto, se non proprio favorevole, almeno non ostile, all'imprenditorialità, alla coltivazione di idee innovative, al capitale di rischio, alla valorizzazione del talento, al riconoscimento del merito e al profitto socialmente sostenibile".

Ugo Da Milano

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