3) L'intervento del direttore centrale Lavoro e Welfare Mario Sassi

3) L'intervento del direttore centrale Lavoro e Welfare Mario Sassi

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20 ottobre 2011
Macro Carrier


 

 

 

 

 

 

 

 


LA BILATERALITA’ NEL TERZIARIO:

UN MODELLO DI RESPONSABILITA’ CONDIVISE

PER UNA NUOVA STAGIONE DI CRESCITA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervento del Direttore Centrale Lavoro e Welfare

Mario Sassi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    Roma, 20 ottobre 2011

 

 

 
 

 

 

 

 


Quando abbiamo deciso di proporre questa iniziativa ci siamo domandati se avesse avuto senso rimettere al centro della nostra riflessione la bilateralità e, di fatto, il rilancio del sistema delle relazioni sindacali nel nostro settore immediatamente dopo aver superato una difficile fase di rinnovo contrattuale nel quale la Filcams CGIL non aveva firmato il contratto stesso.

Così come la presa d’atto che il nostro sistema bilaterale, oltre all'importante evoluzione sul terreno del welfare contrattuale continuava e continua a registrare limiti che rendono necessaria una sua profonda manutenzione e rivisitazione.

Infine la constatazione che il sistema delle relazioni sindacali del Terziario non riesce a conquistare quella dimensione che dovrebbe avere in considerazione del suo peso, delle aziende e dei lavoratori coinvolti e delle potenzialità evolutive che, a differenza di altri comparti, presenta ancora.

Una constatazione, questa, che parte dalla consapevolezza che il dibattito classico ha sempre assegnato all'industria e alla sua cultura delle relazioni sindacali che ha espresso nel secolo scorso il diritto a definire ruoli, contenuti e funzioni della contrattazione stessa.

Cultura che ha dato molto alla costruzione del sistema contrattuale italiano ma che, la globalizzazione dei mercati, la crisi del fordismo, e più in generale con i modelli che è costretta a riproporre, rischia di aver esaurito definitivamente la sua capacità innovatrice.

E questo non solo sul versante delle Organizzazioni Sindacali.

La fine annunciata di un’epoca, quella fordista, costringe inevitabilmente a ripensare i modelli manageriali, di business, di centralità di quanto viene prodotto all’interno dell’impresa manifatturiera perché ciò non è più sufficiente per garantire alle aziende competitività e sostenibilità nel tempo.

E, in questo contesto, i servizi (cioè tutto ciò che non è manifattura) perdono il loro carattere accessorio diventando prevalenti.

Questo costringe tutti i soggetti che interagiscono ad  assumere una logica di reciproca responsabilità nella filiera dai fornitori ai consumatori ma ciò coinvolge, inevitabilmente, anche tutti gli altri  interlocutori con cui il rapporto si costruisce e si consolida come i manager, i lavoratori, i centri di ricerca e le Istituzioni.

La crescita continua della variabilità dei mercati e dell’indeterminazione da fronteggiare hanno fatto perdere alle aziende e alla politica economica il controllo delle variabili ambientali e quindi il tentativo delle imprese manifatturiere di continuare a lavorare esclusivamente sull’innovazione di processo e di prodotto e sui costi determina un circolo vizioso infinito.

E questo succede anche nel Terziario che ha importato quel modello.

Penso, ad esempio, agli Ipermercati, alle ferrovie, alle banche.

Innovare non significa non lavorare in quella direzione ma occorre indirizzare le nostre priorità e la nostra attenzione anche al ripensamento dei sistemi di relazione, alla loro possibile evoluzione, al loro contributo alla crescita del Paese perché nel Terziario di mercato le parti interagiscono e condividono il senso del loro operare insieme.

Noi oggi ci occupiamo di un aspetto quello legato alle relazioni sindacali e alla loro necessaria evoluzione cioè alla possibilità o meno di indirizzare le nostre energie nella costruzione di un modello ch, fortunatamente, non nasce oggi ma che trae le sue origini dalle intuizioni di chi ci ha preceduto.

Un modello particolare, specifico, diverso da altri che si sono sviluppati nel resto d’Europa ma altrettanto interessante perché trae origine dal nostro sistema contrattuale con il quale è perfettamente compatibile e attraverso il quale può evolvere ulteriormente.

Non a caso nel panel dei relatori, oltre alla FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTUCS UIL c’è, per la prima volta,  anche Manageritalia. L’organizzazione sindacale che rappresenta i dirigenti del Terziario.

La presenza di Manageritalia sta a significare, da un lato, che riconosciamo da dove siamo partiti insieme nell’immaginare un modello e, dall’altro, che sulle tematiche della bilateralità, dobbiamo avere la capacità di allargare i soggetti ai quali ci rivolgiamo e dialoghiamo in un’ottica di filiera.

Il nostro naturale ottimismo ci fa sperare che in un futuro prossimo si possano aprire nuove opportunità di collaborazione e di rappresentanza per aziende, settori o confederazioni che insieme a noi operano nel commercio e nel terziario sia sul versante datoriale ma anche sul versante della rappresentanza dei lavoratori dipendenti e di quelli autonomi.

Infatti, a differenza di altri settori, in quello del Terziario della distribuzione e dei servizi la capacità delle Parti sociali di individuare soluzioni concrete ha sempre prevalso sulle posizioni ideologiche e sui meri interessi di parte.

Questo ha creato la possibilità di assegnare alla contrattazione collettiva nazionale, a quella territoriale ed a quella aziendale la capacità di individuare soluzioni adatte ad un sistema orientato al cliente, al servizio e non esclusivamente al prodotto.

E’ pur vero che, purtroppo, l’influenza dei modelli contrattuali mutuati dall’industria ha rallentato questa concretezza.

Concretezza che, però, alla fine si è sempre e comunque affermata.

Posso annoverare diversi esempi che provano questa caratteristica del nostro settore.

Penso alla disciplina del part-time  e della flessibilità dell’orario di lavoro introdotte nel settore del terziario, rispettivamente,  con il contratto nazionale del 1983 e del 1987, e nel 2003 la flessibilità.  

Per non parlare dei più recenti interventi tesi a regolare il lavoro domenicale o a limitare un certo tipo di assenteismo.

Lo stesso vale per la lungimiranza che ha accompagnato la costruzione del nostro Welfare Contrattuale che ha saputo cogliere esigenze concrete e anticipato risposte che nei prossimi anni diventeranno fondamentali nella ridefinizione di ciò che dovrà rimanere pubblico e ciò che, inevitabilmente, dovrà essere gestito con il concorso dei cittadini o affidato alle Parti Sociali.

Come non considerare la lungimiranza che nel 1946 ha guidato l’allora FENDAC e la CONFCOMMERCIO nell’aprire la strada che poi sarebbe stata percorsa anche con altri?

Così come il  Fondo EST, costituito con la FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTUCS UIL con il Contratto Collettivo del 2004, attivato con il Contratto del 2006 e che ad oggi risulta essere il Fondo più importante del Paese per quanto riguarda l’assistenza sanitaria.

Tutto questo si potrebbe semplicisticamente liquidare come la naturale conseguenza di una corretta impostazione e applicazione del CCNL.

L’iscrizione ad EST  è prevista dal CCNL del Terziario che essendo il più grande contratto collettivo di questo Paese potrebbe sembrare ovvio che determini grandi numeri e prestazioni proporzionali ad essi.

Invece, il successo dello strumento dovrebbe far ragionare su quale sia stata la molla che ha portato a più di 1.400.000 dipendenti iscritti, per circa 150.000 aziende.

E la risposta sta nella concretezza con cui le parti sociali nel 2004 hanno percepito, intuito, un’esigenza fondamentale e l’hanno portata avanti con convinzione.

È questa capacità di guardare lontano e di capire oggi che quello che decidiamo o non decidiamo avrà effetto sulla qualità del nostro futuro.

Costruire avendo sempre in mente non solo i legittimi interessi di parte ma anche la qualità del Paese che con i nostri atti contribuiamo a determinare.

Ma la cultura del bilateralismo o della corresponsabilizzazione trova e dovrà sempre più trovare nel territorio le risposte ai problemi concreti.

Da qui l’esigenza di trovare l’equilibrio tra contrattazione nazionale e territoriale ma anche l’importanza della bilateralità decentrata.

 Agli enti bilaterali è affidata una vera e propria occasione di sviluppo di un sistema basato sul pragmatismo, sulla concretezza e sulla capacità di rispondere alle esigenze di imprese e lavoratori.

Abbiamo fatto molto, però non possiamo dirci soddisfatti, sia perché il sistema che abbiamo creato può e deve essere migliorato, superando inefficienze, prese di posizione e modeste convenienze di organizzazione, sia perché riproduce un’Italia a macchia di leopardo riguardo alle attività sviluppate.

L’accordo sulla Governance del 10 dicembre 2009 è stato il primo passo.

Adesso deve seguire, non solo la volontà di realizzare quanto abbiamo concordato, ma anche la capacità di modellare l’intero sistema in un contesto profondamente diverso dagli anni che lo hanno visto nascere.

Imprese e lavoratori devono “ sentire” questo sistema come utile, importante e in grado di sviluppare, non un apparato costoso e burocratico, ma al contrario un sistema caratteristico di una volontà comune.

Quella di risolvere i problemi e di creare opportunità.

Lo stesso futuro del nostro modello contrattuale in un contesto di corresponsabilizzazione dovrà prevedere materie e ambiti affidati a ciascun livello e procedure precise.

Noi lo abbiamo già fatto nel Contratto ma possiamo migliorarlo ancora.

Dovrà saper mettere al centro il consumatore e la qualità del servizio ma allo stesso tempo dovrà garantire ai lavoratori merito, tutele e opportunità di crescita professionale.

In questo senso la qualità del lavoro dovrà trovare nuovo spazio così come il suo riconoscimento, superando logiche legate al vecchio inquadramento professionale.

La formazione dovrà essere riconsiderata per consentire ai lavoratori una maggiore impiegabilità sul mercato del lavoro ed alle imprese di avere a disposizione risorse qualificate.

È necessario anche affrontare i temi inerenti all’andamento delle imprese e agli incrementi di  produttività e alla loro distribuzione.

Il legame tra una parte della retribuzione, le performance dell’impresa, la qualità e il contributo espresso dal singolo lavoratore al risultato fino ad arrivare, se ci sono le condizioni, a forme di partecipazione innovative sono impostazioni che non ci colgono affatto impreparati.

Infine sul tema della rappresentanza, l’accordo del 28 giugno tra Confindustria e Sindacati Confederali non è declinabile nel nostro comparto però il problema esiste e dovremo lavorare insieme per trovare soluzioni adeguate.

Così come al Contratto Nazionale spetta il compito di assegnare nuove sfide agli enti bilaterali, soprattutto collegati al mercato e alle politiche attive del lavoro.

In primo luogo la gestione della nuova e importante legge sull’apprendistato sulla quale abbiamo sollevato riserve legate alla necessaria parità di trattamento con altri settori ma che salutiamo come un punto importante per l’avviamento dei giovani al lavoro.

 

Una buona legge realizzata grazie all’impegno del Governo e del Ministro del Lavoro in particolare che ha avuto il merito di rilanciare un istituto paralizzato da fattori culturali e conflitti istituzionali che spesso hanno creato e creano solo disagi alle imprese e ai giovani in cerca di lavoro.

Inoltre, pensare oggi che il rapporto di lavoro tra impresa e lavoratore si esaurisca, come in passato, nella definizione di comportamenti e di regole all’interno di una singola realtà aziendale significa solo rischiare di rendere obsoleti professionalità e percorsi di crescita e di ingessare il mercato stesso.

Per questo oggi al centro della nostra riflessione ci deve essere il mercato del lavoro, i periodi di transizione tra un posto di lavoro ed un altro, ed il tema della formazione che consenta al lavoratore di muoversi con rapidità quando ciò si renda necessario.

In questo contesto occorre ripensare agli ammortizzatori sociali in una logica nuova, più adatta al terziario e comunque meno legata ad una cultura del lavoro che punta ad assicurare un reddito piuttosto che la capacità di ricerca di nuove opportunità di lavoro.

Pensiamo solo all’impatto sulle aziende e sui lavoratori coinvolti che avrà lo spostamento dell’età pensionabile.

Operazione sicuramente corretta e legittima sul versante previdenziale ma che necessita di interventi sul piano culturale, sociale e di misure idonee di gestione sul versante contributivo, fiscale e contrattuale per evitare che si creino, in futuro, situazioni di grave disagio sociale.

Nello stesso tempo in un mercato del lavoro più orientato al sostegno di chi cerca lavoro, le aziende potrebbero trovare le risorse umane necessarie formate a costi contenuti ed in linea con le proprie necessità.

Altro tema principale riguarda la grande scommessa del welfare contrattuale, sempre meno integrativo e sempre più necessariamente  sostitutivo in rapporto al sistema pubblico.

Su questo tema possiamo fare molto, sviluppando iniziative comuni affinché ci venga riconosciuto questo ruolo di erogatori di servizi e si possano ottenere benefici fiscali e contributivi in ragione del fatto che il nostro agire consente allo Stato risparmi non indifferenti.

Previdenza, assistenza sanitaria integrativa e formazione continua già oggi raggiungono milioni di persone e decine di migliaia di aziende.

L’esperienza di EST, di cui ho accennato prima, QUAS per i Quadri, FASDAC per i Dirigenti e a quella in via di rilancio nell’area milanese dell’EMVA, per quel che riguarda i lavoratori autonomi, nell’assistenza sanitaria ci proiettano quali soggetti principali sul mercato del welfare e come esempio per chiunque voglia intraprendere questa strada.

Anche su questo possiamo fare di più e meglio, e per quanto ci riguarda, come CONFCOMMERCIO,  vogliamo impegnarci a fondo!

La stessa sensibilità dobbiamo farla crescere sulle tematiche previdenziali, superando l’ipocrisia della volontarietà di adesione ai fondi in un contesto di profondo cambiamento del sistema previdenziale pubblico.

Tutto questo mi fa dire che abbiamo tante cose da fare insieme.

Non partiamo da zero, ma dalla consapevolezza che il nostro sistema può consentire ai lavoratori ed alle imprese di condividere un percorso comune.

Anche perché la cultura antagonista che ha caratterizzato il sistema delle relazioni industriali in alcuni settori da noi non ha mai avuto una prospettiva vera.

Certo. Ci sono interessi diversi che devono trovare una ricomposizione.

 

L’importanza che il consumatore, la qualità dei servizi, il clima nelle aziende e l’impegno individuale assumono per il nostro settore non sono misurabili con sistemi importati da certe culture e approcci.

Questo ci fa ritenere importanti le potenzialità del nostro sistema bilaterale.

Il recente rinnovo del nostro contratto nazionale, pur in presenza di un dissenso profondo della FILCAMS CGIL,  che non lo ha sottoscritto, ha comunque evidenziato una sensibilità ed una capacità di guardare lontano, valorizzando e riaffermando il ruolo del contratto nazionale, delle deroghe che da esso discendono, e dell’ importanza che queste parti sociali danno allo sviluppo della bilateralità.

La stessa recente conclusione del CCNL dei Dirigenti del terziario ha dimostrato, nuovamente, la volontà delle parti di riformare parti importanti del welfare e nello stesso tempo di sperimentarne di nuovi relativi al mercato del lavoro ed alle politiche attive mirate alla ricollocazione di coloro che escono dal mercato del lavoro, per effetto di quelle riorganizzazioni o ristrutturazioni che il mercato di questi tempi richiede.

Ecco, questo è lo spunto con cui noi oggi apriamo questa discussione sapendo che il modello di società che abbiamo in mente deve prevedere spazi per tutti: per i lavoratori autonomi, per le imprese, soprattutto per quelle che la crisi lascia indietro, per il merito e per l’integrazione, per l’assunzione delle responsabilità, ma anche per la condivisione delle stesse.

Speriamo che questa volontà sia colta e che questo ci consenta di guardare al futuro del nostro settore con quell’ottimismo necessario a scuotere ciascuno di noi come parte di una comunità che vuole farcela e non si tira indietro quando ci sono responsabilità da assumere

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