Aice chiede la ratifica del trattato CETA

Aice chiede la ratifica del trattato CETA

In una lettera al ministro Di Maio, l'Associazione italiana commercio estero caldeggia l'ok del Governo all'accordo tra UE e Canada per favorire scambi commerciali e investimenti. Sono 41 le Indicazioni Geografiche italiane riconosciute dall'accordo che coprono più del 90% dell'export italiano in Canada. Per le nostre pmi con vocazione all'export solo benefici.

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19 luglio 2018

"E' sorprendente il dibattito che si è scatenato in questi giorni sull'ipotesi che il nostro Parlamento non ratifichi il Ceta. La riduzione delle barriere e un più facile accesso al mercato sono, infatti, elementi vitali per le imprese italiane con vocazione all'export. E quest'accordo produce solo vantaggi per la nostra economia anche perché non vengono intaccati gli standard di sicurezza già in vigore nell'Unione Europea": così il presidente di Aice, Claudio Rotti, interviene in merito alla discussione sul Ceta e in una lettera inviata al ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, esprime grande preoccupazione.  L'Aice, l'Associazione italiana commercio estero aderente a Confcommercio, chiede, pertanto, la ratifica dell'accordo da parte dell'Italia e, a questo proposito, vuole fare un'operazione di chiarezza e di verità su questo trattato che favorisce gli scambi commerciali e gli investimenti tra l'UE e il Canada. I vantaggi dell'accordo – sottolinea l'Aice – sono, infatti, molteplici: la riduzione del 98% dei dazi reciproci, la possibilità per le  imprese europee di partecipare agli appalti pubblici in Canada,  nessuna modifica alle competenze dei Governi,  nessuna modifica ai servizi pubblici, il mantenimento degli standard di sicurezza e salute europei a tutela di cittadini e imprese, la diffusione da parte dell'UE di una liberalizzazione degli scambi regolamentata a difesa di lavoratori e ambiente contro forme di globalizzazione selvaggia. Inoltre, Ceta introduce per la prima volta misure concrete contro l'italian sounding. Ad esempio, il parmesan commercializzato in Canada non può più utilizzare simboli che richiamino all'Italia e occorre che venga indicato il Paese di origine. In poco meno di un anno dall'entrata in vigore dell'accordo (21 settembre 2017), le esportazioni italiane verso il Canada dei prodotti Dop e Igp del settore lattiero-caseario sono cresciute di oltre il 5%. E nei primi tre mesi del 2018 l'export italiano verso il Canada è passato da 908 a 937 milioni di euro, con gran parte dell'incremento attribuibile all'export di prodotti alimentari, aumentato da 171 a 182 milioni di euro. Sono 41 le Indicazioni Geografiche (IG) italiane riconosciute dall'accordo (come, ad esempio, l'Aceto Balsamico di Modena) che coprono più del 90% dell'export italiano in Canada. Grazie al Ceta, ad esempio, il Prosciutto di Parma può essere venduto in Canada con il proprio nome, mentre in precedenza questo non era possibile perché il marchio "Parma" era di proprietà di un'azienda canadese. "Una convinzione da sfatare – spiega il presidente di Aice, Claudio Rotti - è  che gli accordi di libero scambio favoriscano le multinazionali a danno delle pmi. Non è così. Le multinazionali, infatti, sono già presenti da tempo sui nostri mercati e più un mercato è chiuso e complesso, più si allarga il gap con le piccole imprese che non hanno le risorse per competere ad armi pari. Sono, dunque, proprio le pmi a trarre il più grande vantaggio dall'eliminazione del 98% dei dazi, come prevede il Ceta. Soprattutto, le piccole e medie italiane con vocazione all'export, quelle che hanno dato un grande contributo alla nostra economia negli anni della crisi".  "Le imprese che riescono a competere sui mercati internazionali - conclude Rotti - portano crescita e innovazione anche per quelle che operano esclusivamente sul territorio nazionale. Non vogliamo un sistema economico basato su barriere alla circolazione di merci e servizi, vogliamo un sistema aperto con regole semplici e chiare che consenta al Made in Italy di crescere e svilupparsi".

 

 

 

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