Assosementi: minimo storico per le superfici coltivate di mais

Assosementi: minimo storico per le superfici coltivate di mais

L'Italia sta sottovalutando la riduzione di superfici coltivate che in questi anni sta interessando una coltura strategica come il mais e rischia di aggravare la sua dipendenza dall'estero. Riso, minacciata la leadership italiana.

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9 febbraio 2016

 

L'Italia sta sottovalutando la riduzione di superfici coltivate che in questi anni sta interessando una coltura strategica come il mais e rischia di aggravare la sua dipendenza dall'estero. Per superare tale crisi, le aziende sementiere puntano a sostenere gli importanti investimenti nel nostro Paese sullo sviluppo di varietà nelle classi di maturità specifiche per le nostre condizioni agroclimatiche e sulla formazione della propria rete di professionisti sul territorio che sappiano orientare interventi agronomici mirati così da esprimere al massimo il potenziale produttivo e la redditività della coltura. È quanto emerge dall'intervento di Gianluca Fusco, in rappresentanza della Sezione colture industriali di Assosementi, l'Associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, nel corso della tavola rotonda "Mais italiano: che mercato ci aspetta?", tenutasi a Bergamo durante la Giornata del Mais, promossa dal CREA, Unità per la maiscoltura di Bergamo. Secondo le indicazioni della Sezione colture industriali, la contrazione delle superfici coltivate a mais nel 2015 è stata ancora più accentuata rispetto alle statistiche ufficiali dell'ISTAT: poco più di 800.000 ettari rispetto a 1 milione di ettari circa accertati da ISTAT. Le intenzioni di semina diramate questi giorni da ISTAT prevedono per il 2016 un calo delle superfici del 3,9% per mais da granella e addirittura un aumento del 2,6% per il mais da foraggio. "Temiamo un ulteriore calo delle superfici anche per il 2016, con conseguenti ricadute negative sulla filiera agroalimentare Made in Italy - ha dichiarato Fusco a margine del convegno. Il rischio che potremmo correre è quello di non disporre di mais italiano per sorreggere produzioni DOP di punta come prosciutti e formaggi. È quindi necessaria una forte collaborazione tra tutti gli attori di questo settore per trovare soluzioni adeguate che permettano a questa coltura di tornare a essere al centro di una agricoltura a cui offre ancora enormi possibilità". Il mais rappresenta una preziosa risorsa economica per il nostro Paese: è alla base dell'alimentazione zootecnica da carne e da latte, nonché la materia prima di uno dei nostri piatti della tradizione, la polenta. Sta inoltre acquisendo sempre più valore, assieme al riso nelle diete gluten-free. Il 2% della produzione nazionale di mais è destinata al settore alimentare.

 

Riso, minacciata la leadership italiana

L'attività sementiera risicola italiana, leader nel settore europeo, continua a vivere una preoccupante perdita di competitività a causa del crescente ricorso al seme non certificato o reimpiegato, che nel complesso ha oramai superato il 30% delle superfici risicole coltivate e su cui non viene pagata alcuna royalty, unico strumento per sostenere la ricerca, l'innovazione e la competitività del sistema risicolo nazionale. A lanciare l'allarme è Massimo Biloni, coordinatore del Gruppo riso di Assosementi, nel corso della terza edizione della giornata tecnica dedicata alla sperimentazione agronomica e all'attività sementiera ("Rice Seed Day") svoltasi presso il Centro ricerche dell'Ente Nazionale Risi a Castello D'Agogna (PV), alla presenza di una nutrita platea di tecnici, agricoltori, rappresentanti delle Regioni e delle istituzioni. "L'impiego di semente certificata – ha precisato Biloni - è il mezzo imprescindibile per assicurare ai nostri raccolti tutti i requisiti di purezza, tracciabilità, qualità, assenza di malattie e difetti. Requisiti, questi, essenziali per poter competere con successo sul mercato globale. Per non vanificare i brillanti risultati raggiunti dalla nostra attività sementiera nel campo della ricerca e dell'innovazione e per garantire un futuro in linea con i successi del passato, chiediamo agli organi di controllo di continuare la loro azione di vigilanza e alle figure istituzionali di supportare il settore in questa fase di crisi con tutti i mezzi a disposizione". Biloni, in tema di reimpiego di sementi, ha ricordato inoltre che non solo le attuali norme non ne consentono lo scambio e la compravendita a qualunque titolo - come pure ribadito dai relatori di Ente Risi e ICQRF, che nei loro interventi hanno toccato tra l'altro gli aspetti della tutela varietale - ma anche che l'impiego di sementi non certificate agevola la diffusione del pericoloso nematode del riso. Classificato come organismo da quarantena e vero flagello delle nostre risaie che con la recrudescenza degli ultimi anni, questo parassita ha rappresentato nel 2015 il 21% delle infestazioni delle coltivazioni da seme di riso. Le aziende sementiere hanno infine presentato le ultime novità varietali, che saranno introdotte con la nuova campagna di semina. Da un'analisi dei dati Ente Risi emerge che il panorama varietale impiegato in Italia nel 2015 è costituito per il 34% da varietà che hanno meno di 5 anni e che tale percentuale sale al 49% se si considerano varietà che hanno meno di 10 anni e al 61% con varietà che hanno meno di 15 anni. "Questo significa – ha concluso Biloni - che l'attività di ricerca e sviluppo varietale, pur con le difficoltà del momento, continua a svolgere un ruolo fondamentale nel fornire strumenti nuovi e attraenti per il mercato".

 

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