Confcommercio su Mar Rosso: impatto pesante su trasporti e commercio internazionale

Confcommercio su Mar Rosso: impatto pesante su trasporti e commercio internazionale

Compromessa la regolarità dei rifornimenti, tempi di navigazione delle merci più lunghi, costi di trasporto più alti. Automotive, moda e alcuni comparti dell’alimentare i più colpiti

Le tensioni sul Mar Rosso legate agli attacchi dei ribelli Houti si stanno riflettendo sul sistema economico nazionale ed europeo. La compromessa regolarità dei rifornimenti delle merci e l’incremento dei costi impattano sul sistema dei trasporti e sul commercio internazionale delle imprese italiane.
I tempi di navigazione nei traffici con l’estremo Oriente si allungano di 10-12 giorni per via della circumnavigazione del Continente africano. I costi dei noli per un container di 40 piedi sulla rotta Shangai-Genova sono più che raddoppiati (+129%) rispetto al 2023. I transiti delle navi attraverso il canale di Suez, da cui passa circa il 40% del nostro interscambio commerciale marittimo (€154 MLD), si sono ridotti di oltre un terzo con forte penalizzazione sia per i porti nazionali, specialmente quelli nell’Adriatico, come Trieste e Venezia, maggiormente interessati da traffici internazionali che, in generale, per il sistema Italia.
Sul commercio internazionale delle imprese italiane i maggiori problemi riguardano soprattutto l’import. Attraverso il Canale di Suez si stima che passi, infatti, il 16% delle importazioni italiane di beni in valore e il mancato arrivo delle merci importate espone, in molti casi, le imprese italiane a forti penali in quanto fornitori di una filiera. Automotive, moda e alcuni comparti dell’alimentare (ad esempio, riso, oli vegetali, tè e caffè) sono i settori che soffrono di più per i rallentamenti  nell’import e la riduzioni dei traffici marittimi via Suez.
Ferma restando la necessità di ripristinare la sicurezza e la praticabilità della rotta attraverso il canale di Suez, sul fronte dei trasporti e della logistica occorrono, dunque, interventi immediati come la sospensione del sistema di negoziazione delle emissioni (ETS) per i traffici destinati ai porti di trasbordo europei (ad esempio Gioia Tauro) e la deroga alle limitazioni del transito dei mezzi pesanti attraverso i valichi alpini (Brennero). Dal lato import-export bisogna da subito predisporre forme di tutela contrattuale o coperture assicurative ad hoc per le imprese costrette a pagare penali ai clienti per ritardi o mancati arrivi delle merci importate.

Questi i principali risultati che emergono da un’indagine di Confcommercio sulla crisi del Mar Rosso e gli impatti sul sistema dei trasporti e sull’import-export delle imprese italiane.

La crisi del Mar Rosso sta colpendo i trasporti e la logistica e impatterà su tutta l’economia

Le tensioni sul Mar Rosso legate agli attacchi dei ribelli Houti stanno generando una trasformazione negli assetti logistici globali.
Una quota significativa delle navi impegnate nei traffici con l’estremo Oriente ha abbondonato la rotta attraverso il Canale di Suez, in favore della più lunga e onerosa circumnavigazione del Continente africano.
Si tratta di un allungamento dei tempi di navigazione nell’ordine di 10-12 giorni, che impatta sulla regolarità dei rifornimenti del sistema produttivo e sul costo dei noli.
Secondo il centro di ricerca Drewry, nell’ultima settimana di gennaio i noli per un container di 40 piedi nella rotta Shanghai-Genova si sono attestati, in media, su 6.300$, registrando un +129% rispetto allo stesso periodo del 2023.

1. Costi di trasporto medi di un container da Shanghai a Genova

L’allungamento dei tempi di navigazione e il conseguente incremento dei costi del trasporto stanno già cominciando a riflettersi sul sistema economico nazionale ed europeo. I ritardi negli approvvigionamenti, per esempio, stanno colpendo quelle filiere, come l’automotive, particolarmente dipendenti dalle forniture provenienti dalla Cina, con limitazioni della produzione e chiusure temporanee di impianti. D’altra parte, l’interscambio commerciale tra i Paesi è, a parità di condizioni, inversamente proporzionale alla loro distanza e ai conseguenti tempi di trasporto. A tal riguardo, è stata empiricamente stimata[1] un’elasticità dell’interscambio commerciale alla distanza-tempo del trasporto pari a -0,85: vale a dire, a fronte di un incremento dell’1% della distanza tra due partner commerciali, il relativo interscambio registrerebbe una contrazione nell’ordine dello 0,85%.
Per gli scambi Singapore-Rotterdam -la cui rotta, per effetto della circumnavigazione dell’Africa, è cresciuta di circa il 40%– questo significherebbe una contrazione stimabile a regime nell’ordine del 30%.
I transiti delle navi attraverso il canale di Suez si sono ridotti di oltre un terzo e ciò rappresenta un duro colpo per il sistema Italia, visto che, attraverso questa infrastruttura, transita circa il 40% del nostro interscambio commerciale[2] marittimo (€154 MLD), di cui una parte significativa è relativa a forniture di petrolio.
Ovviamente, il limitato utilizzo del Canale di Suez spiazza i porti nazionali, specialmente quelli nell’Adriatico, come Trieste e Venezia, maggiormente interessati da traffici internazionali.
Lo scorso 23 gennaio il Vice Ministro Rixi ha tenuto una riunione con gli operatori marittimi per esaminare gli impatti della crisi. Sono, così, emersi timori di congestione delle catene logistiche per i ritardi generati dalle deviazioni, così come seria preoccupazione per la grande concentrazione di navi presso i porti di transhipment vicini a Gibilterra. 
Non c’è dubbio, infatti, che il Mediterraneo orientale rischi di essere ignorato dai traffici che passano dal capo di Buona Speranza e che la direttrice terrestre lungo la penisola iberica rappresenti un’alternativa più conveniente per il raggiungimento dei mercati europei.
D’altra parte, anche la penisola italiana potrebbe offrire una via d’accesso alternativa ai mercati europei, competitiva, in termini di tempi e costi, con l’approdo ai porti del nord Europa.
E’ necessario, però, che il tema del valore strategico della logistica e dell’accessibilità sia pienamente compreso, attivando strutturali misure per garantirne sempre la funzionalità e la resilienza, a partire dal collo di bottiglia dei valichi alpini.

L’impatto sul commercio internazionale delle imprese italiane

Una compiuta quantificazione dei maggiori costi per il trasporto dei container e dell’allungamento dei tempi di consegna dovuto alle (più lunghe) rotte alternative sulle attività di import-export delle imprese italiane è ancora in corso.
Da una parte, infatti, esperti del Kiel Institute ricordano che “La situazione odierna non è paragonabile ai tempi dell’incidente Evergiven nel Canale di Suez e alla pandemia del coronavirus[3]”; dall’altra, la citata analisi sull’elasticità dell’interscambio commerciale alla distanza-tempo del trasporto indica che le imprese più piccole e meno strutturate (che in Italia rappresentano una gran parte del totale, anche tra le imprese esportatrici) avranno più difficoltà ad assorbire i maggiori costi e usciranno dal mercato.Lato export, guardando ai primi 15 paesi
destinazione delle nostre esportazioni[4], solo quelle verso la Cina (7° posizione, 3,2% del nostro export) e il Giappone (15° posizione, 1,6% del nostro export) possono passare per il canale di Suez.
La stragrande maggioranza delle nostre esportazioni va verso altri paesi Europei e verso gli Stati Uniti.
I problemi maggiori, invece, stanno emergendo sul lato import.
Infatti, guardando ai primi 15 paesi di origine delle nostre importazioni[5], sono ancora solo 2 i paesi potenzialmente coinvolti: sempre la Cina (2° posizione, 8% del nostro import) e l’India (14° posizione, 1,6% del nostro import), ma i volumi sono quasi doppi, con Banca d’Italia che ha stimato il trasporto navale attraverso il Canale di Suez pari al 16% delle importazioni italiane di beni in valore.
Inoltre, come già cominciano a riferire alcune imprese di AICE-Confcommercio, il mancato arrivo delle merci in import spesso impatta su un ben più elevato flusso di export verso l’Europa o gli USA (tipico da paese trasformatore come l’Italia) e, in molti casi, espone le aziende italiane a forti penali in quanto fornitori di una filiera.
Oltre alla già citata filiera dell’automotive, anche il settore moda soffre di rallentamenti nell’import, principalmente fibre, tessuti, componenti (come le zip) che arrivano da Giappone, India e Cina e semilavorati/capi confezionati dal Sud est asiatico. Stessa situazione per alcuni comparti dell’alimentare (ad esempio, riso, oli vegetali, tè e caffè), duramente colpiti dalla riduzione di traffico in arrivo dal Canale di Suez.

Quali prospettive?

Dal punto di vista strategico, la riduzione dei traffici nel canale di Suez, se prolungata, minerà seriamente la possibilità dell’Italia (e, anche se in maniera diversa, dell’Unione Europea) di rafforzare i rapporti con i “vincitori del futuro” come India e Vietnam, alternative manifatturiere alla Cina ma anche nuovi mercati di sbocco, che godranno di situazioni geopolitiche relativamente stabili e di una popolazione giovane, dinamica e in crescita.
La Confederazione apprezza, quindi, l’istituzione di task force dedicate all’emergenza del Mar Rosso, che andrebbero estese, per la vastità degli impatti, a tutte le rappresentanze economiche e sociali del Paese, ma, contestualmente, evidenzia la necessità di curare le esigenze logistiche ogni giorno, ponendo la giusta attenzione agli impatti che shock esterni o politiche interne, come quelle per la transizione ecologica, generano sul fragile equilibrio dei flussi logistici, che tanto condiziona la competitività delle imprese e il benessere dei cittadini.
Premessa la necessità prioritaria di ripristinare la sicurezza delle rotte per il commercio internazionale, anche allargando, per quanto possibile, la coalizione internazionale di Stati a tal fine ingaggiati, per fronteggiare con maggiore efficacia questa nuova crisi logistica è necessario intervenire congiuntamente su più fronti:

  • sospendere immediatamente il sistema di negoziazione delle emissioni (ETS) per i traffici destinati ai porti di transhipment europei e promuovere una riduzione delle tasse e dei diritti marittimi;
  • assicurare la sicurezza e la permeabilità della barriera alpina, con deroghe ai divieti di circolazione per i mezzi pesanti per ridurre il transit time. Per le imprese italiane, infatti, l’efficace integrazione con i mercati europei è una condizione imprescindibile per partecipare attivamente ai flussi del commercio globale;
  • potenziare i servizi intermodali su ferro di collegamento con i mercati europei e internazionali;
  • promuovere servizi marittimi a corto raggio con la sponda sud del Mediterraneo, attraverso l’intermodalità garantita da semirimorchi e navi Ro-Ro;
  • promuovere le attività di logistica avanzata e prima lavorazione delle merci nelle zone franche portuali, per una maggiore fidelizzazione dei traffici;
  • sostenere le imprese terminalistiche colpite dai minori traffici provocati dall’emergenza, attraverso misure temporanee di riduzione dei canoni delle concessioni portuali.

Parimenti, dal lato import-export, sarà necessario:

  • predisporre forme di tutela contrattuale o, più facilmente, coperture assicurative ad hoc, eventualmente con l’intervento di SACE, per le imprese costrette a pagare penali ai loro clienti a causa di mancato o ritardato arrivo delle merci importate attraverso il Canale di Suez, soprattutto nel caso di piccole imprese, le più deboli nel rapporto contrattuale/di fornitura con i loro clienti (spesso multinazionali);
  • rafforzare le relazioni diplomatico-commerciali con India e Vietnam per minimizzare, per quanto possibile, le previsioni negative dovute ad una maggiore incertezza sui traffici che attraversano il Mar Rosso;
  • rafforzare le attività di nearshoring e friendshoring del nostro sistema economico, facilitando, come già sta avvenendo per le forniture di gas, forniture di import meno soggette a crisi internazionali. In questo senso, per esempio, il Piano Mattei va nella giusta direzione e può riguardare molte merceologie.
[1] Gianmarco Ottaviano, “Nel Mar Rosso non tutte le imprese sono sulla stessa barca”, La Voce.info, gennaio 2024
[2] Fonte: Studi e Ricerche per il Mezzogiorno-“L'analisi SRM sulla Crisi nel Mar Rosso: i principali numeri del Canale di Suez e i primi effetti” 22 dicembre 2023
[3] Julian Hinz, Direttore del Centro di Ricerca sulla Politica Commerciale, Kiel Institute, Sole 24 ore, 11/1/24
[4] MAECI, Osservatorio Economico Import-Export, gennaio 2024
[5] MAECI, Osservatorio Economico Import-Export, gennaio 2024

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