CONFCOMMERCIO: I CONSUMI DI NATALE E LE PRINC ...

CONFCOMMERCIO: I CONSUMI DI NATALE E LE PRINC ...

L’andamento dei consumi nel periodo delle festività natalizie

106/99       Roma,13.12.99

 

 

 

CONFCOMMERCIO: I CONSUMI DI NATALE

E LE PRINCIPALI “VOCI” DI SPESA

 

 

Un’indagine mirata ad una articolata valutazione delle dinamiche dei consumi di Natale ma inquadrata nel più generale trend dell’economia italiana, della influenza dei fattori internazionali, di incertezze originate da un prolungato ciclo di debolezza dell’economia italiana che si protrae da circa un quinquennio: è questo, in sintesi, lo studio del Centro Studi Confcommercio che esce dalla logica di un’analisi “congiunturale” riferita ad un ristretto arco di tempo.

 

La nota del Centro Studi avverte, comunque, che “derivare da questi peculiari andamenti stagionali implicazioni che lascino supporre l’avvio di fasi di recessione o di espansione risulta quanto meno fuorviante”.

 

Una nota retrospettiva importante emerge dall’indagine: il 1990 è l’anno in cui le famiglie hanno dimostrato la maggiore disponibilità alle spese collegate al Natale: quasi il 56% in più della media dell’anno. Dal 1991, invece, la “voglia di spendere” degli italiani si è progressivamente ridotta, toccando il punto di minimo nel 1995, con circa il 38% in più della media, per poi risalire, proprio nel 1999, fino ad oltre il 46%, come nel 1993.

 

Quest’anno una famiglia media dovrebbe spendere, in occasione del Natale circa 59.400 lire in più rispetto al 1998, con un aumento del 5,4% degli impieghi complessivi.

 

 

Il contesto macroeconomico

 

Il quadro generale dell’anno che sta per concludersi lascia ritenere che gli acquisti effettuati nel periodo delle festività natalizie non si discostino in misura significativa, in quantità e qualità, da quelli dello scorso anno.

Un dato di rilievo è rappresentato dall’accelerazione della crescita occupazionale nei primi tre trimestri del 1999, anche se resta elevato il tasso di disoccupazione, all’11,6% circa nella media nazionale, con l’ulteriore ampliamento del divario tra Nord (5,5%) e Sud (22,2%).

Accanto ai timidi segnali di ripresa sul fronte occupazionale, ancora da consolidare, permangono quei preoccupanti elementi di debolezza che sembrano caratterizzare l’economia italiana da circa un quinquennio.

L’attività produttiva dei settori industriali è in continuo calo, i consumi delle famiglie non si discostano da un profilo di crescita modesto, si riaffacciano da alcuni mesi tensioni inflazionistiche che sembravano domate, sotto la duplice spinta del sensibile rialzo delle quotazioni internazionali del greggio e della debolezza via via più accentuata dell’euro, che dall’inizio del 1999 si è deprezzato nei confronti del dollaro di circa il 14%, toccando quasi la parità con la valuta statunitense.

Naturalmente, il ritorno dell’inflazione su dinamiche superiori al 2% in questo scorcio d’anno, penalizza proprio i maggiori consumi tradizionalmente connessi alle festività natalizie, in quanto erode in modo significativo il reddito disponibile aggiuntivo rappresentato, per coloro che percepiscono redditi da lavoro dipendente e di pensione, dalla “tredicesima” mensilità.

 

L’elemento da sottolineare è che i consumi di questo particolare periodo, al di là delle varianti congiunturali, presentano sempre un «picco stagionale» positivo, risultando cioè molto superiori alla media.

 

Derivare però da questi peculiari andamenti stagionali implicazioni che lascino supporre l’avvio di fasi di recessione o di espansione risulta quanto meno fuorviante.

 

Utilizzando i dati relativi alle vendite del commercio al dettaglio in sede fissa, rilevati dall’ISTAT mediante un’apposita indagine campionaria, e quelli relativi ai consumi di beni della contabilità nazionale (esclusi gli autoveicoli per omogeneità con l’indagine campionaria sul fatturato commerciale), emerge chiaramente come non vi sia alcuna correlazione tra ciclo dei consumi aggregati, ossia in termini macroeconomici, e oscillazioni più o meno ampie della stagionalità dei consumi natalizi da un anno all’altro.

 

Da un’analisi retrospettiva risulta che il 1990 è l’anno in cui le famiglie hanno dimostrato la maggiore disponibilità alle spese collegate al Natale: quasi il 56% in più della media dell’anno. Dal 1991, invece, la “voglia di spendere” degli italiani si è progressivamente ridotta, toccando il punto di minimo nel 1995, con circa il 38% in più della media, per poi risalire, proprio nel 1999, fino ad oltre il 46%, come nel 1993.

 

Questi andamenti, tradotti in termini reali, cioè misurati in termini di potere d’acquisto e quindi di quantità, evidenziano una forte casualità che non è in alcun modo spiegabile con la dinamica dei consumi di beni.

 

Con riferimento ad un ipotetico nucleo familiare, quello che potrebbe definirsi come «effetto Natale», cioè la spesa aggiuntiva rispetto ad un ammontare medio mensile, è variato tra il 1990 ed il 1999 rispettando i cambiamenti di segno della stagionalità relativa al mese di dicembre.

 

Come è cambiato l’«effetto Natale» per una famiglia media (lire correnti)

 

Spesa media mensile

«Effetto Natale»

Spesa totale in dicembre

incremento

 

(a)

(b)

(c)=(a)+(b)

sulla media

1990

1.264.210

707.049

1.971.260

55,9%

1991

1.492.987

702.080

2.195.067

47,0%

1992

1.707.569

678.935

2.386.504

39,8%

1993

1.870.489

870.884

2.741.373

46,6%

1994

2.085.923

989.782

3.075.705

47,5%

1995

2.166.679

816.838

2.983.517

37,7%

1996

2.258.410

1.025.370

3.283.780

45,4%

1997

2.312.963

1.057.392

3.370.355

45,7%

1998

2.411.539

1.101.687

3.513.226

45,7%

1999

2.520.138

1.161.063

3.681.201

46,1%

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT.

 

 

 

Gli effetti della tredicesima

 

La tredicesima contribuisce, come si è accennato, a spiegare il picco positivo nella spesa per i consumi natalizi in quanto integra, in alcuni casi notevolmente, il reddito disponibile corrente. Dei circa 67.000 miliardi percepiti sotto tale forma nel 1999 come retribuzioni da lavoro dipendente e pensioni, ne resteranno a disposizione delle famiglie, una volta detratto il prelievo fiscale, poco più di 53.000 miliardi sotto forma di reddito disponibile aggiuntivo.

 

Se si considerano gli acquisti, soprattutto di beni durevoli, effettuati con formule di pagamento differito o dilazionato, almeno il 7%, cioè quasi 3.200 miliardi, è rivolto a coprire gli impegni assunti.

 

Un altro 16%, più di 8.500 miliardi, è utilizzato per il pagamento del saldo dell'ICI, in scadenza il prossimo 20 dicembre. Si tratta di un esborso ragguardevole, soprattutto se si considera che il gettito complessivo di questa imposta è diventato una delle principali fonti di entrata dei bilanci comunali.

 

 

La “Tredicesima” degli italiani

RIPARTIZIONE PER IMPIEGO

miliardi di lire

composizione

Pagamento saldo ICI

8.501

16,0%

Spesa carburanti e parcheggio per lo shopping

1.149

2,2%

Accantonamenti per scadenze (*)

5.792

10,9%

Lotto e Superenalotto

5.249

9,9%

Pagamenti rateali per acquisti già effettuati

3.718

7,0%

Ratei di mutui e assicurazioni

5.843

11,0%

Spese per consumi

22.868

43,0%

Totale

53.120

100,0%

(*) Tassa di proprietà veicoli, canone radio-TV, imposte di bollo

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT, Ministero Finanze, ACI.

 

 

Negli ultimi cinque anni il gettito complessivo è cresciuto, in termini cumulati, di quasi il 22%, portandosi poco al do sotto dei 17.500 miliardi. È probabile però che le pressanti esigenze di bilancio inducano i comuni ad inasprire nei prossimi anni l’aliquota, portandola a ridosso del 7 per mille, il massimo consentito, con una ulteriore riduzione del reddito disponibile delle famiglie.

 

Si stima, ancora, che circa l’11% sia destinato all’adempimento di scadenze contrattuali, quali ad esempio ratei di mutui e di polizze assicurative.

 

Una quota di poco inferiore all’11% è lasciata dalle famiglie sotto forma di accantonamento per fronteggiare le scadenze dei primi mesi del prossimo anno (imposte di bollo, abbonamento Rai, tassa di proprietà dei veicoli, ecc.) ed in parte per i normali motivi precauzionali che inducono tutti gli operatori a detenere liquidità.

 

Poco più del 2%, 1.150 miliardi, sarà rappresentato dalle spese per gli spostamenti ed il parcheggio connessi allo shopping, quasi 80 miliardi in più del Natale dello scorso anno per l’impennata nei prezzi dei carburanti e, poco meno del 10%, verrà «bruciato» sotto forma di giocate del lotto e del superenalotto.

 

Quindi solo poco meno di 23.000 miliardi, pari cioè al 43% delle “tredicesime” sarà disponibile per i consumi effettuati nel periodo natalizio.

 

 

Come sarà il Natale 1999

 

Dal punto di vista dei prodotti sui quali si concentreranno gli acquisti, è superfluo dire che oltre un terzo della spesa riguarderà i prodotti alimentari, mentre circa un quarto sarà assorbito da articoli di abbigliamento, calzature e pelletteria. Il restante 40%, circa, si ripartirà tra articoli di arredamento, prodotti di profumeria, libri e abbonamenti a riviste, giochi e giocattoli, per citare i più importanti.

 

 

Come spende una famiglia media in occasione del Natale

(ripartizione % per tipo di prodotto)

 

Natale 1998

Natale 1999

Prodotti alimentari

34,5%

31,9%

Abbigliamento, pellicce e pelli per pellicceria

20,6%

21,8%

Calzature, articoli in pelle e da viaggio

3,3%

2,9%

Mobili, articoli tessili, arredamento per la casa

6,4%

7,0%

Elettrodomestici

1,8%

2,4%

Radio, televisori, registratori e dotazioni per l'informatica

2,5%

2,9%

Foto-ottica e pellicole

0,6%

0,7%

Generi casalinghi durevoli e non durevoli

1,7%

1,3%

Utensileria per la casa e ferramenta

3,6%

4,1%

Prodotti di profumeria e cura della persona

3,0%

3,2%

Cartoleria, libri, giornali e riviste

5,8%

6,7%

Compact disc, supporti magnetici audio-video

1,9%

2,3%

Giochi, giocattoli, articoli per lo sport ed il campeggio

2,9%

3,0%

Altri prodotti

11,3%

9,8%

Totale

100,0%

100,0%

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT.

 

Analizzando le singole voci merceologiche si riscontrano alcune differenze rispetto al Natale del 1998.

 

 

L’alimentare

 

La spesa alimentare, in linea con il trend strutturale degli anni novanta, evidenzia una flessione del 2,5%, che dovrebbe tuttavia riguardare soprattutto i prodotti freschi, mentre per prodotti confezionati e bevande è previsto, in alcuni casi, un modesto incremento.

 

Quanto spende una famiglia media in occasione del Natale

(valori in lire correnti)

 

1998

1999

var. ass.

var. %

Prodotti alimentari

380.049

370.379

-9.670

-2,5

Abbigliamento, pellicce e pelli per pellicceria

226.944

253.112

26.168

11,5

Calzature, articoli in pelle e da viaggio

36.267

33.671

-2.596

-7,2

Mobili, articoli tessili, arredamento per la casa

70.211

81.274

11.063

15,8

Elettrodomestici

19.516

27.866

8.350

42,8

Radio, televisori, registratori e informatica

28.092

33.671

5.579

19,9

Foto-ottica e pellicole

6.473

8.127

1.654

25,6

Generi casalinghi durevoli e non durevoli

18.587

15.094

-3.493

-18,8

Utensileria per la casa e ferramenta

39.833

47.604

7.771

19,5

Prodotti di profumeria e cura della persona

33.597

37.154

3.557

10,6

Cartoleria, libri, giornali e riviste

63.964

77.791

13.827

21,6

Compact disc, supporti magnetici audio-video

21.121

26.704

5.583

26,4

Giochi, giocattoli, articoli per lo sport

32.084

34.832

2.748

8,6

Altri prodotti

124.950

113.784

-11.166

-8,9

Totale

1.101.687

1.161.063

59.376

5,4

 FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT.

 

In particolare la flessione riguarderà pane fresco e pasta, carni (essenzialmente salumi e insaccati), latte, formaggi e uova, unitamente a frutta e ortaggi. Nel rispetto delle tradizioni alimentari del periodo, dovrebbe rimanere stabile il consumo di pesce, sia fresco, sia surgelato.

 

È attesa anche una ripresa della domanda di prodotti da forno dolci tipici del periodo (i cosiddetti “lievitati tradizionali” come il panettone), cioccolata, confetteria (torroni classici e farciti) e gelato.

 

 

Il non alimentare

 

L’abbigliamento evidenzia una certa ripresa rispetto al Natale dello scorso anno, soprattutto per effetto del positivo andamento dell’esterno uomo e donna, della maglieria e degli accessori. In sensibile arretramento, invece, l’abbigliamento sportivo e casual, mentre per le calzature il trend si presenta ancora su valori modesti.

 

La domanda di beni di arredamento si mostra più dinamica rispetto allo scorso anno, soprattutto nel segmento dei mobili e degli accessori per la casa e della cristalleria. Il tessile casa, per contro, mostra una flessione consistente all’interno delle voci di spesa del sistema arredamento.

 

Molto buona appare la performance degli elettrodomestici, sia quelli da incasso nel segmento dei mobili per la cucina, anche se inferiore alle attese connesse agli incentivi per la ristrutturazione, sia i cosiddetti elettrodomestici bianchi (lavaggio e piccoli elettrodomestici), i più dinamici sotto il profilo delle innovazioni di prodotto energy-saving, e tali da stimolare la domanda di sostituzione degli apparecchi tecnologicamente in declino anche nella fascia di prezzo medio-alta. Nel segmento dei piccoli apparecchi, sono soprattutto gli aspirapolvere anti-acaro a circolazione d’acqua a beneficiare dell’offerta di nuovi prodotti a prezzi relativamente contenuti.

 

Anche i settori degli elettrodomestici bruni (radio, TV, Hi-Fi, videoregistratori) e delle dotazioni per l’informatica sono contrassegnati da una crescita ancora sostenuta, grazie alla disponibilità di prodotti fortemente innovativi (DVD, registratori CD, apparecchiature per home theatre) a prezzi in costante riduzione. Riguardo invece alla telefonia mobile, il mercato degli apparecchi cellulari appare in via di saturazione, come dimostrano sia i prezzi sempre più contenuti, sia la crescita attesa (18% circa), di gran lunga inferiore all’incremento del 60% che aveva caratterizzato il Natale 1998.

 

In linea con gli andamenti degli anni precedenti risultano i prodotti per il benessere individuale (igiene e cosmesi e profumi), che evidenziano una crescita soddisfacente anche per l’introduzione sul mercato di prodotti ad elevato contenuto di innovazione, basati su sostanze di origine biologica e non chimica ed arricchite con ingredienti vitaminici.

 

Riguardo, infine, alle potenzialità del commercio elettronico, è prevedibile un impiego ancora piuttosto limitato di questo canale di vendita e circoscritto, per ora, agli acquisti on-line di libri, CD musicali, DVD e videocassette. Il ricorso non troppo diffuso a questa forma di acquisto diretto dipende essenzialmente dalla scarsa propensione al pagamento mediante carte di credito/debito, anche per il rischio di truffe. In Italia, infatti, rispetto al complesso degli strumenti di pagamento diversi dal contante, solo il 7% circa delle transazioni viene regolato con carta di credito, contro il 21% di Francia e Spagna, il 31% del Regno Unito ed il 23% degli Stati Uniti.

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