Confcommercio su dati istat: ripresa poco significativa

Confcommercio su dati istat: ripresa poco significativa

Meglio le vendite dei prodotti alimentari, fermo il non alimentare.82/2003
02/00

 

 

82/2003
Roma, 25.11.03

 

 

 

Meglio le vendite dei prodotti alimentari, fermo il non alimentare

 

 

CONFCOMMERCIO SU DATI ISTAT:

RIPRESA  POCO SIGNIFICATIVA

 

 

Un recupero in termini tendenziali del fatturato delle imprese commerciali, che non  rivela però una ripresa significativa della domanda interna: questo è il commento del Centro Studi di Confcommercio sui dati relativi alle vendite al dettaglio in settembre.

 

La crescita, misurata al netto della variazione dei prezzi dei beni dello stesso mese – prosegue la nota - risulta pari a +1,1% rispetto a settembre 2002, ma desumere da questo risultato un segnale concreto di ripresa della domanda interna per consumi è fuorviante, perché il recupero è molto debole.

Il 2003, infatti, si sta rivelando un anno di modificazioni nei comportamenti di spesa delle famiglie, tendenti a concentrare gli acquisti in alcuni mesi dell’anno e quindi ad alterare la “stagionalità”, cioè le specificità che si ripetono nel tempo con le stesse caratteristiche, rendendo così inattendibili i confronti in termini tendenziali.

 

Assume così un valore esplicativo molto elevato il dato riferito al periodo gennaio-settembre 2003 rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente.

In questo caso, l’incremento, al netto sempre della variazione dei prezzi del periodo, risulta pari ad un modestissimo +0,3%, che evidenzia come la situazione delle vendite in quantità e quindi della spesa delle famiglie permanga stagnante.

 

Infine – conclude il Centro Studi di Confcommercio - continua la forte divaricazione tra vendite di prodotti alimentari e vendite non alimentari. Mentre le prime crescono, in quantità, del 2,2% sia in termini tendenziali, sia nella media del periodo, le seconde evidenziano una flessione dello 0,3% nel confronto tendenziale e dell’1,2% riferita al periodo. Il dato positivo dell’alimentare è spiegato quasi esclusivamente dalle dinamiche di fatturato della grande distribuzione, dove ormai si concentra gran parte della spesa per beni di largo e generale consumo.

 

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