Def. alle Regioni "mancano" 2,7 miliardi di euro. I commenti delle parti sociali

Def. alle Regioni "mancano" 2,7 miliardi di euro. I commenti delle parti sociali

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19 aprile 2017

Gli enti locali avvertono che non intendono subire altri tagli, i sindacati chiedono maggiori interventi per l'occupazione, le imprese insistono per le riforme e la riduzione del carico fiscale, le associazioni invocano piu' risorse contro la poverta'. Le audizioni delle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Documento di economia e finanza sono iniziate oggi con le organizzazioni della societa' civile unite nella campagna 'Sbilanciamoci',
critiche su una politica ancora legata all'austerita'. Una stretta contestata anche dagli enti locali: le Regioni a statuto ordinario hanno dato un contributo alla finanza pubblica per il 2017 da 9,3 miliardi e per il prossimo anno - hanno detto in audizione - restano da coprire 2,7 miliardi. Ai Comuni sono state ridotte risorse per oltre 9 miliardi di euro in 4 anni e le Province hanno avuto tagli "abnormi" che non possono piu' sopportare. Secondo i calcoli di Confindustria, la restrizione cumulata netta (cioe' la differenza tra le maggiori entrate nette e le minori spese nette) sarebbe pari a 1,2 punti percentuali di Pil nel 2018 (0,9 al netto della manovrina) e 1,7 punti nel 2019 (0,5 al netto di quanto gia' realizzato nel 2018): circa 30 miliardi cumulati strutturali nel triennio 2017-2019. A chiedere piu' coraggio e ambizione nella programmazione economica Cgil, Cisl e Uil: la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, ha espresso la preoccupazione per le previsioni sulla disoccupazione e la mancanza di interventi per l'equita' fiscale e ha puntato l'indice contro "il continuismo" nelle scelte dal precedente all'attuale esecutivo. Il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, ha sostenuto che nel Def mancano interventi per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro. Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl, ha espresso la necessita' di un taglio del peso fiscale per lavoratori e pensionati e di maggiori investimenti pubblici per lo sviluppo.
Paolo Capone, segretario generale dell'Ugl, ha mostrato la mancanza nel Def di piani industriali strategici e programmi di riqualificazione della spesa pubblica. Tutti hanno rinnovato la richiesta di rinnovare i contratti dei dipendenti pubblici e dar seguito alle stabilizzazioni dei lavoratori precari nella P.a. Un problema, quello del personale pubblico, sollevato anche dai rappresentanti di Regioni, Anci e Upi, che non vogliono piu' essere sottoposti a riduzione di risorse e contrazione delle spese. Le imprese, da parte loro, hanno intravisto nel Def luci e ombre: Confindustria vede il "crinale stretto tra la necessita' di assicurare il graduale consolidamento delle finanze pubbliche e l'esigenza di favorire la crescita" e chiede di non fare retromarcia sulle riforme, procedere nelle liberalizzazioni e non avere timidezza nella spending review. Ma sottolinea anche il forte stimolo che puo' venire alla crescita dallo scambio Iva-cuneo. Confapi si augura che le misure messe in campo con il Def possano offrire strumenti per rafforzare la competitivita', la ripresa degli investimenti cosi' come la semplificazione burocratica e l'innovazione, ma esprime la preoccupazione per il fatto che non siano state messe in campo misure adeguate per la riduzione del costo del lavoro e per una decisiva ripresa della domanda interna. Secondo l'Allenza Cooperativa, il Def si muove nella giusta direzione sul piano degli obiettivi e degli indirizzi politici tributari, ma occorre rafforzare le misure a favore delle imprese. Rete Italia apprezza l'intenzione di evitare l'entrata in vigore delle clausole di salvaguardia, ma chiede una manovra rafforzata da maggiori investimenti, dalla rapida riforma della giustizia civile, da agevolazioni mirate sui giovani. Infine, il giudizio dei tecnici del Servizio Bilancio di Camera e Senato, che sollevano dubbi sulle modalita', i tempi e l'entita' finanziaria degli interventi sul sistema bancario. 

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