A Milano Go International misura la “febbre” dell’export
A Milano Go International misura la “febbre” dell’export
Dall’11 al 12 ottobre la fiera dei servizi per l’export organizzata da Aice. Garosci: “diversificazione e regionalizzazione dei mercati le parole chiave per rimanere competitivi”.
Sarà Go International - la fiera dei servizi per l’export in programma a Milano all’Allianz Mico-FieraMilanoCity l’11 e il 12 ottobre prossimi – a misurare la “febbre” delle esportazioni italiane: nel convegno di apertura della manifestazione, con i rappresentanti delle istituzioni, si discuterà di “Un nuovo modello per l’internazionalizzazione del Sistema Italia”. A Go International imprese e operatori del commercio estero potranno incontrare oltre 110 espositori (da istituzioni pubbliche come Ice, Simest, Agenzia delle Dogane, a player del digital export come Alibaba.com, piattaforma mondiale del B2B; ad aziende della logistica, studi legali, istituti finanziari, società di marketing internazionale, temporary export manager) e partecipare ad oltre cinquanta workshop tematici.
Go International è organizzata da Aice, l’Associazione italiana commercio estero, assieme a Trade Events. “A Go International – spiega Riccardo Garosci, presidente di Aice e vicepresidente milanese e nazionale di Confcommercio – le imprese trovano le migliori soluzioni per l’export. Stimiamo che almeno 3mila aziende interessate ad aumentare le proprie vendite all’estero visiteranno la fiera nelle due giornate dell’11 e 12 ottobre”.
Ma qual è l’andamento dell’export per le imprese italiane? C’è effettivamente una “febbre” da curare? Gli ultimi numeri inducono a una crescente preoccupazione. Nei primi sette mesi del 2023, rileva l’Istat, l’export ha registrato una crescita tendenziale del 2,3%, ma a luglio le esportazioni hanno subito una brusca frenata diminuendo su base annua del 7,7% in termini monetari, e dell’11,6% in volume. Un altro segnale di allarme è che la percentuale dell’export italiano sul totale mondiale è scesa dal 2,79% del 2021 al 2,65% del 2022. Senza considerare che il numero di imprese italiane che esportano è stabile fra le 130-140 mila e che oltre 100mila imprese fra queste ha un fatturato estero inferiore ai 750mila euro.
“Questo – evidenzia Garosci – ad ulteriore conferma che l’export è un tema ormai trasversale che coinvolge il sistema Paese nella sua interezza e non più solo il settore della manifattura. Da una parte sono urgenti politiche di sostegno e formazione per favorire l’accesso delle pmi nei mercati internazionali, ma al contempo istituzioni e associazioni imprenditoriali devono lavorare intensamente con l’obiettivo di creare le condizioni affinché i fatturati esteri crescano in modo significativo. Sono due le parole chiave per rimanere competitivi: diversificazione e regionalizzazione dei mercati. In questi ultimi anni di difficoltà con la pandemia prima e il conflitto Russia-Ucraina poi, il Made in Italy ha trovato nei mercati tradizionali un rifugio. Il proseguimento dell’incertezza internazionale impone di accelerare la diversificazione dei mercati di sbocco per mantenere il livello competitivo delle nostre eccellenze”.