FASE 2: I COMMENTI E LE INIZIATIVE DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE FEDERAZIONI DEL SISTEMA

FASE 2: I COMMENTI E LE INIZIATIVE DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE FEDERAZIONI DEL SISTEMA

DateFormat

4 maggio 2020

I provvedimenti annunciati dal governo sulla cosiddetta Fase 2 di ripartenza delle attività produttive, e soprattutto lo slittamento di gran parte delle riaperture, hanno deluso le aspettative del mondo Confcommercio che attraverso il presidente Sangalli ha sottolineato il rischio di ulteriori danni alle imprese e ai lavoratori chiedendo un incontro urgente al presidente Conte. Di seguito le reazioni e i commenti delle associazioni territoriali e delle federazioni.  

 

FEDERAZIONI NAZIONALI

 

Altoga e Federgrossisti: "piena crisi se non riaprono presto i pubblici esercizi"

Emergenza Covid-19: la “Fase 2”, resa nota con l’ultimo decreto del Governo, ha suscitato enorme sconcerto nella base associativa di Altoga e Federgrossisti che rappresentano i comparti della distribuzione alimentare verso il canale dell’horeca in generale e dei pubblici esercizi in particolare.

L’annunciata riapertura di bar, dei ristoranti, pub, pizzerie, gelaterie al 1° giugno comporta il rischio della chiusura di numerossime piccole-medie aziende che già hanno subito gravi perdite, dal 50% al 90%, per l’inattività dei pubblici esercizi.

“Il settore – spiega Remo Ottolina, presidente di Altoga, l’Associaziona nazionale Confcommercio torrefattori, importatori di caffè, grossisti alimentari - viene intermediato da circa 2.400 distributori specializzati, con oltre 700 aziende della torrefazione di caffè, già fortemente penalizzati nei primi due mesi dell’emergenza epidemiologica. Ma è tutto ciò che ruota attorno al mondo del caffè che rimane paralizzato: i fabbricanti delle macchine professionali, dei macinadosatori, delle stoviglie in genere ecc.; il comparto saccarifero. In un anno vengono servite 10 miliardi di tazzine di caffè che, per l’80%, il consumatore preferisce zuccherare”.

Delle norme, finora emanate, a sostegno delle imprese – lamentano Altoga e Federgrossisti - nemmeno a parlarne. La cassa integrazione? Chi per ora l’ha vista? Le Regioni latitano e l’Inps, di conseguenza, non riesce ad erogare, per cui i dipendenti sono semplicemente disperati.

Il “decreto liquidità”?  “I tanti messaggi e le telefonate che riceviamo – rileva Francesco Geracitano, presidente di Federgrossisti – testimoniano le difficoltà degli operatori con gli istituti di credito”.

Tutta la filiera – proseguono Altoga e Federgrossisti - sta predisponendo le misure igienico-sanitarie per garantire la sicurezza al 100%, sanificando le strutture aziendali (uffici, magazzini, pertinenze ecc.), predisponendo tutte le misure di prevenzione previste dai decreti presidenziali finora emanati e attenendosi al protocollo di sicurezza sottoscritto dalla Confcommercio con le organizzazioni sindacali dei lavoratori.

“Altrettanto – sottolineano Ottolina e Geracitano - è in grado di fare la nostra clientela primaria dei pubblici esercizi assicurando anche il distanziamento sociale, a tutela del consumatore. Presidente Conte: ascolti le istanze che il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli le rappresenta con la massima urgenza. Le nostre aziende hanno necessità di ‘riaprire’: non possono attendere ancora un mese. L’alternativa, per molti, sarà la scomparsa”

Fipe: "Si rischia il fallimento della ristorazione"

Con le aperture di bar e ristoranti dal primo giugno si rischia il fallimento della ristorazione italiana. A lanciare l'allarme è la Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi. "I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno", sottolinea la Fipe. "Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall'inizio della crisi. Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell'intrattenimento alla chiusura, prosegue la Federazione".

"Moriranno oltre 50mila imprese e 350mila persone perderanno il loro posto di lavoro. Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Accontentati tutti coloro, che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo.

Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall'Inail che indica i pubblici esercizi come attività a basso rischio". "Questo- ha concluso la Fipe - nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma". 

Federmoda: "Con slittamento riaperture condannano a morte il settore"

“Questa sembra la cronaca di una morte annunciata – afferma il Presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Renato Borghi. Abbiamo bisogno di ripartire il prima possibile per far fronte alle necessità di cassa di un settore che vive sulla stagionalità. Questo ulteriore slittamento creerà un danno irreparabile: un prevedibile calo di consumi per il 2020 di oltre 15 miliardi di euro che porterà almeno 17mila punti vendita ad arrendersi, con una perdita di occupazione di oltre 35mila persone”.

“Le aziende del settore – prosegue Borghi – hanno effettuato gli acquisti dei prodotti della stagione in corso circa 8 mesi fa e avrebbero dovuto essere messi in vendita a partire dal mese di marzo; ad oggi tutta la merce è ancora imballata in magazzino ed è destinata a rimanere in gran parte invenduta con il prolungamento dell’obbligo di chiusura.  Nel frattempo i proprietari immobiliari e i fornitori esigeranno da parte nostra il rispetto delle obbligazioni assunte che non saremo, a causa della mancanza di liquidità, in condizione di onorare come in tempo di normalità. Si prefigura un pericolo per la tenuta della filiera e, da questo punto di vista, sollecitiamo Confindustria Moda ad un’assunzione di responsabilità per condividere con il retail il rischio derivante dalla perdita di un’intera stagione, attraverso il diritto di reso.

"Non comprendiamo questa inaspettata e inspiegabile decisione di rinviare ulteriormente l’apertura di altre tre settimane dei negozi, visto che l’Inail ha classificato il nostro settore a basso rischio e che è già operativo il protocollo del 24 aprile per la riapertura in sicurezza. E neppure comprendiamo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando invece sono molto diversi i dati epidemiologici di diffusione". "Serve ripartire il prima possibile – conclude Borghi – non il 18 maggio. Delusi e preoccupati, chiediamo con forza al Governo di ritornare su questa decisione. Ora urgono liquidità vera attraverso contributi a fondo perduto, zero burocrazia e una moratoria fiscale e contributiva al 30 settembre”.

Federmobili: “vogliamo pensare ad una svista”

“Inutile nascondere la delusione totale provata nell’ascoltare le parole del premier e nel leggere il decreto da lui firmato. Non vogliamo mettere in secondo piano la salute della popolazione Italiana, ma non possiamo neppure accettare che venga messa in secondo o terzo piano l’attività economica del Paese”. Così il presidente di Federmobili, Mauro Mamoli, che evidenzia che “ci sono comparti del commercio al dettaglio che possono riaprire il 4 maggio senza ripercussioni sulla salute del personale e dei clienti, il nostro è uno di questi settori. Non si rischiano assembramenti, si possono accogliere i clienti solo su appuntamento in orari e giorni prestabiliti. Si possono fare aperture parziali in spazi con superfici espositive di dimensioni importanti dove il distanziamento sociale può essere garantito e rispettato senza problemi”.

“Vogliamo pensare che il mancato inserimento del Codice Ateco 47.59.10 tra le attività che potranno riiniziare ad operare dal prossimo 4 maggio sia solo una svista alla quale il Governo porrà rimedio con urgenza, anche considerando che il commercio al dettaglio di articoli per l’illuminazione non ha mai subito sospensioni. Il 4 maggio giustamente, e finalmente, riprenderà la produzione dei mobili, le industrie riapriranno per produrre e consegnare a chi? Chiediamo con forza e determinazione che il commercio al dettaglio della distribuzione tradizionale ed indipendente dell’arredamento italiana possa ricominciare a lavorare con la partenza della fase 2 della prossima settimana, esattamente come succederà per il commercio al dettaglio di auto e motocicli che per modalità di vendita, dimensione e contingentamento delle persone e del tutto simile al nostro comparto”.

“Fortunatamente non tutto il DPCM si è dimostrato una delusione e un fallimento. Il nostro mondo non può, e non deve, perdere completamente la visione ottimistica e propositiva che stanno alla base del pensiero di chi fa impresa. Federmobili-Confcommercio Imprese per l’Italia ha chiesto con insistenza, e senza perdersi d’animo, che le consegne riprendessero il prima possibile, quindi ritengo un successo della nostra Federazione – supportata da Confcommercio – l’aver trovato il codice Ateco 43 tra quelli che riprenderanno l’attività all’inizio del mese prossimo. Stiamo verificando che, come da noi richiesto, non siano state definite limitazioni al sottocodice 43.32.02 ‘posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili ed affini’. Vogliamo poter comunicare ai nostri associati notizie certe e verificate per non aumentare ed alimentare la confusione che questi decreti riescono a provocare. In tal senso stiamo procedendo con ulteriori verifiche ad altri codici Ateco, già presenti nell’allegato del documento ministeriale, che potrebbero avere significativi riscontri sui montaggi nelle case dei privati”, conclude.

 

ASSOCIAZIONI REGIONALI E PROVINCIALI

 

Confcommercio Pisa: "Riaprire in sicurezza si può"

Imprenditori pisani protagonisti della giornata di mobilitazione #riapriamoilcommercio #riapriamoipubbliciesercizi. Su iniziativa e invito di Confcommercio Provincia di Pisa, serrande alzate, negozi, bar, ristoranti, pizzerie aperti simbolicamente, e selfie da condividere sui social, per lanciare un messaggio forte: che nel rispetto dei protocolli di sicurezza aprire si può!.

Ne è fortemente convinta la presidente di Confcommercio Federica Grassini, mentre al cospetto del sindaco di Pisa Michele Conti snocciola i numeri dell'impatto tremendo che l'epidemia del Covid-19 ha sull'economia del commercio, del turismo e dei servizi pisani. “Numeri drammatici e previsioni preoccupanti” - ha ricordato la presidente Grassini, alla presenza anche del vicepresidente vicario Alessandro Trolese, della presidente di ConfRistoranti Daniela Petraglia e del direttore Federico Pieragnoli: “Con 13 mila aziende su 20 mila chiuse da marzo a causa del lockdown, in un trimestre crollo del Pil provinciale di 9 punti percentuali, 800 milioni di euro in fumo, una perdita stimata di 6 7 mila posti di lavoro e la chiusura definitiva di un numero compreso di aziende tra le 2 mila e le 3 mila".

Di fronte a questo scenario apocalittico, chiediamo di fare presto e una riapertura anticipata nella più assoluta sicurezza per noi, per i nostri collaboratori e per i nostri clienti. Fino ad oggi non abbiamo avuto nessun aiuto dallo Stato, escluso la cassa integrazione per i nostri dipendenti, di questo passo si rischia una crisi irreversibile. Tutto questo è contenuto in un corposo dossier che abbiamo inviato al Prefetto di Pisa Giuseppe Castaldo affinché lo inoltri al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte”.

Le richieste di Confcommercio sono sintetizzate dalle parole del direttore Federico Pieragnoli: “Riaperture il 4 maggio per i negozi e il 18 maggio per i pubblici esercizi, anno fiscale in bianco e annullamento delle tasse per l'intero 2020, risorse a fondo perduto per i mancati guadagni delle aziende costrette a chiudere, moratorie sui debiti estese a dodici mesi, l'azzeramento dei costi di accesso al credito, con lo Stato che si fa carico degli interessi richiesti dalle banche e dei costi della garanzia, mantenimento della cassa integrazione, lo sblocca fondi per le casse dei comuni”.

 

Confcommercio Toscana: "Le imprese del terziario stanno pagando un prezzo altissimo"

Sono 128mila in Toscana le imprese del terziario sospese nel periodo di lockdown, che hanno visto i propri ricavi completamente azzerati – o quasi – e che ora, col protrarsi dell’emergenza sanitaria, si sentono ogni giorno di più a rischio sopravvivenza. Proprio per raccogliere il loro grido di allarme Confcommercio Toscana ha organizzato la mobilitazione che ha visto coinvolti capillarmente molti negozi, bar e ristoranti di tutte le città toscane. Serrande alzate, porte aperte, luci accese: pur senza far entrare i propri clienti, gli imprenditori del terziario hanno voluto sensibilizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sulla necessità stringente di ripartire, così come è stato concesso ad altri settori, economici, e su quella di misure concrete di sostegno al settore (come contributi a fondo perduto, moratoria fiscale, aiuti per pagare affitti e bollette) per evitare il peggio.

Secondo l’indagine commissionata da Confcommercio Toscana all’istituto Format Research, per il 2020 è a rischio l’11% del valore aggiunto complessivo del terziario regionale, ovvero 8,5 miliardi di euro; sono in bilico 65 mila posti di lavoro e potrebbero andare in fumo tra le 20 mila e le 30 mila imprese del commercio, della ristorazione, della ricezione turistica, dei servizi alle imprese, dei servizi alla persona, della logistica.

“La crisi economica nata dall’emergenza sanitaria è ben più dura di quelle che abbiamo vissuto nel 2008 e nel 2011. Ci sono settori che, come il turismo, hanno azzerato il loro apporto alla ricchezza regionale e il contraccolpo sarà durissimo”, commenta la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, “per questo oggi abbiamo dato voce a quella parte del terziario che è stata esclusa dalla ripartenza. Si tratta, non dimentichiamolo, di imprenditori con famiglie, figli, genitori anziani: nessuno vuole mettere in pericolo la propria salute. Ma possiamo garantire standard elevati di sicurezza e quindi vogliamo e, soprattutto, dobbiamo tornare a lavorare per garantire un futuro alle nostre imprese e ai nostri dipendenti. E rivolgo un appello ai nostri clienti: non dimenticateci, abbiamo bisogno della vostra solidarietà, potremo risollevarci solo grazie a voi”.

“C’è tanta voglia di ripartenza”, sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “oltre due mesi di inattività hanno minato duramente gli equilibri economici delle nostre aziende, ma non ancora il nostro spirito. Oggi ci siamo mobilitati perché non c’è motivo di tenere altre due settimane ferme alcune attività, mentre altre già sono ripartite. Perché una profumeria o un ferramenta possono lavorare ed un negozio di casalinghi, per esempio, no? Crediamo sia più pericoloso mettere insieme decine di centinaia di operai nelle fabbriche che non autorizzare ad entrare nei nostri negozi, un cliente alla volta, rispettando tutte le misure di prevenzione. Non vorrei che qualcuno avesse già decretato la morte di decine di migliaia di imprese commerciali, che rappresentano la spina dorsale di un modello sociale italiano, che ci distingue dagli altri. Non vogliamo diventare un Paese che vive di Amazon, commercio elettronico e delivery”.

“Per i ristoranti e pubblici esercizi in genere è più importante il “come” riaprire, rispetto al “quando””, aggiunge il presidente della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) Confcommercio Aldo Cursano, “se dovessimo riaprire con gli stessi costi di prima, e gli incassi più che dimezzati dalle misure di prevenzione e dalla paura del virus, sarebbe un bagno di sangue”, spiega. “Vogliamo ripartire presto, ma servono misure di sostegno importanti. Per questo abbiamo chiesto spazi pubblici gratuiti nei quali distanziare meglio i nostri tavolini e mantenere gli stessi coperti di prima, sgravi sulle locazioni, la deducibilità fiscale delle spese di ristorazione e la riduzione dell’Iva, e soprattutto la decontribuzione delle spese del personale”.

Alla mobilitazione hanno partecipato anche le rappresentanze degli ambulanti. “Siamo gli invisibili del commercio”, denuncia il presidente regionale di Fiva (Federazione Italiana Venditori Ambulanti)-Confcommercio Rodolfo Raffaelli, “un negozio chiuso si nota, ma dei nostri banchi non resta traccia. Qualcuno di noi ha dovuto sospendere il lavoro addirittura dalla fine di febbraio e ancora molti mercati sono sospesi anche per la parte alimentare. Le nostre sono molto spesso imprese familiari, non abbastanza strutturate per resistere a questi mesi di mancati incassi. Abbiamo bisogno di sostegni concreti, come l’esonero da Cosap e Tari e liquidità a fondo perduto, ma soprattutto vogliamo tornare a fare i mercati all’aperto, che hanno tutti i requisiti per poter diventare luoghi sicuri per la spesa”.  

 

Confcommercio Siracusa: "Attività portuali pronte a ripartire"

Come emerge già dai primi studi, il comparto turismo è sicuramente tra i più colpiti dagli effetti economici catastrofici legati alla pandemia Covid-19. Questo settore che occupa migliaia di lavoratori nella sola Sicilia e genera ricadute economiche su vari altri comparti è completamente fermo a causa della chiusura dei porti e dai divieti di circolazione, fin qui in vigore. Eppure,

la Sicilia, con grande impegno, negli ultimi anni si è avviata verso il superamento del gap infrastrutturale che in passato l’aveva relegata a ruoli marginali del mercato, posizionandosi come meta di grande interesse grazie al miglioramento dell’offerta di servizi, anche di lusso, registrando un costante segno positivo nei settori crocieristici, yachting e diporto.

Per questa ragione, Confcommercio Siracusa per mezzo del presidente delle Attività Portuali, Francesco Diana, agente marittimo, intende rivolgersi al Governatore Musumeci per stimolare l’avvio di una Fase2 anche nel comparto Nautico, crocieristico e yachting, che rischia un vero e proprio collasso, vanificando il lavoro svolto negli ultimi anni.

La tutela della salute pubblica rimane la priorità e per questo gli stessi armatori delle grandi navi da crociera restano cauti e attendono l’adozione di misure di prevenzione a bordo per impedire la circolazione del virus prima di riprendere l’operatività. Ma per lo yachting, di lusso ed il diporto in genere, il discorso è ben diverso: infatti gli armatori vorrebbero usare le proprie unità appena possibile, così come i proprietari di natanti ed imbarcazioni che, col rimessaggio dei propri mezzi e navigando lungo le nostre coste, possono immettere liquidità e dare respiro agli operatori del settore.

Confcommercio chiede quindi al presidente Musumeci di attivarsi sia a livello regionale che nazionale affinché in Sicilia ed in tutte le regioni che non rappresentano elevate criticità, si possa ripartire appena possibile con la stagione diportistica. Francesco Diana, infatti, vorrebbe fornire al decisore politico delle informazioni che facciano comprendere che l’esiguo numero di passeggeri a bordo di uno yacht è capace di mettere in moto un’economia fatta di guide turistiche, operatori portuali, ristoratori, marinas e autisti. Inoltre, la federazione degli agenti marittimi caldeggia il ritorno dei grandi Yachts come apripista al turismo in generale, poiché la presenza degli Yacht fa sempre da cassa di risonanza per i viaggiatori, e, mai come ora c’è bisogno di promuovere il turismo nella nostra Isola.

Preparare un piano per rendere appena possibile fruibili dai grandi Yacht i nostri porti, magari dedicando loro degli spazi sicuri e sanificati, consentirebbe un rilancio di questo settore, che è estremamente flessibile e dunque risponderebbe immediatamente alla riapertura con il segno positivo al quale ci ha abituati.

 

Confcommercio Piemonte e Confcommercio Cuneo: "Fase 2 anche per noi"

Lettera aperta di Confcommercio Piemonte e Confcommercio Provincia di Cuneo per sottolineare lo stato di profonda frustrazione in cui si trovano le imprese del Commercio, Turismo, Servizi, Trasporti e gli operatori delle Professioni e denunciano la pressoché totale indifferenza che il Governo italiano ha dimostrato per la loro sorte, Dopo due mesi di gravissimi sacrifici, accettati responsabilmente nella consapevolezza di dover dare precedenza alla salute, fino a domenica 26 aprile questi imprenditori erano pronti a ripartire in condizioni di massima sicurezza, disponibili ad ulteriori rinunce pur di rispettare le procedure e le regole previste dal protocollo nazionale dello scorso 24 aprile e dalle linee guida sviluppate all’interno delle singole categorie. Si sarebbe trattato di una ripartenza obbligata, peraltro, a fronte del mancato arrivo degli aiuti economici che sarebbero stati necessari per evitare la moria di un numero altissimo di imprese. Tale speranza è andata ancora una volta delusa dopo le insufficienti parole del Presidente Conte – si legge nella lettera. “Le nostre imprese, a fatturato zero dall’11 marzo sono state le prime a chiudere, chiediamo di sapere con esattezza quando e come potranno aprire. Rivolgiamo un accorato appello a tutti i rappresentanti delle Istituzioni che possano tramettere al Presidente Conte le ragioni dei piccoli negozi, ambulanti, pubblici esercizi, operatori turistici e dei servizi, che, per non morire, hanno disperato bisogno di riaprire prima delle date fissate dal Governo – dichiara Maria Luisa Coppa presidente Confcommercio Piemonte. Se restano chiusi negozi, ristoranti, bar e mercati non alimentari, buona parte delle merci prodotte dalle industrie italiane ben difficilmente potrà essere venduta e consegnata al consumatore finale. Per tutti questi motivi è anche fondamentale che le misure di sostegno finora promesse si concretizzino in veri aiuti per le aziende che rappresentiamo e per i loro dipendenti, aggiunge Luca Chiapella – presidente Confcommercio Provincia di Cuneo.” Prosegue intanto la mobilitazione delle imprese che da domenica sera continuano ininterrottamente a manifestare tramite le Ascom la loro indignazione, mista ad un senso di smarrimento, per l‘indifferenza che ancora una volta il Presidente del Consiglio ha mostrato per la loro sorte. Anche a Cuneo infatti continuano le iniziative di protesta. Dai cartelli esposti sulle saracinesche (Fateci riaprire ora per non chiudere per sempre!) per i negozi che dovranno attendere fino al 18 maggio e per ristoranti e bar per i quali il rinvio è stato al 1° giugno, all’iniziativa social #fasedueanchepernoi! che vede unite le imprese del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti ed i professionisti, per rivendicare la prosecuzione della cassa integrazione per i dipendenti, con richiesta di maggiore celerità, moratoria fiscale per i prossimi mesi, estensione del credito d’imposta ad uffici, magazzini ed alberghi, promozione turistica, sostegno all’e-commerce per le micro e piccole imprese, regolamentazione delle piattaforme online.

Confcommercio Udine: quasi 30 mila persone coinvolte con il flash mob

In sole 5 ore il video simbolo di Confcommercio Udine sull’urgenza di riaprire le attività economiche ha raggiunto 28mila utenti, con quasi 500 condivisioni, pure quella del presidente della Regione Massimiliano Fedriga, e numerose reazioni positive, che continuano ad aumentare. Si trattava del flash mob su Facebook promosso alle 12 dall’associazione sulla sua pagina social e che ha visto tantissime imprese visualizzare, condividere e commentare un video di una quarantina di secondi con immagini simbolo delle città deserte, delle serrande abbassate e delle categorie costrette allo stop nelle settimane del coronavirus, con ricavi azzerati e collaboratori a casa.

«Un’iniziativa riuscita – commenta il presidente provinciale Giovanni Da Pozzo –, un modo per occupare una piazza al momento virtuale, ma che esprime la drammaticità del momento per aziende che vedono messo in pericolo un progetto di lavoro e di vita, con migliaia di posti di lavoro a rischio».

L’intenzione di Confcommercio è a unire imprese e collaboratori per sensibilizzare il governo regionale a fare pressing a Roma per la riapertura delle attività commerciali, del turismo e dei servizi. L'invito è alla condivisione in tutta Italia della consapevolezza che le imprese, da sempre responsabili, devono ripartire al più presto per evitare la catastrofe socio-economica nel Paese.

 

Confcommercio Siracusa: presentato un protocollo per le aperture delle attività commerciali

L’Associazione di rappresentanza del commercio, turismo, servizi e dei professionisti di Siracusa, ha elaborato un Protocollo per garantire una chiarezza nell’informazione ed una sicurezza all’interno delle aziende che, il prossimo 4 maggio, apriranno seppur in modo depotenziato. Sistemi di protezione, informazione ai lavoratori e ai clienti, modalità di pulizia e sanificazione, raccolti in un Protocollo di Regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid-19 per il comparto del commercio, turismo e dei servizi.

“Il protocollo in questione – dichiara il presidente di Confcommercio, Elio Piscitello -, che riprende pedissequamente le disposizioni del Dpcm del 26 Aprile 2020, verrà sottoscritto dal titolare dell’azienda e controfirmato dal RLS oppure RLST (ove previsto), sotto la propria responsabilità ai sensi degli ARTT. 46 E 47 D.P.R. N. 445/2000. E’ uno strumento agile e di facile gestione”.

Inoltre, qualora le mutevoli condizioni imponessero nuove specifiche procedure per i vari settori merceologici, sarà cura dell’Associazione inviare degli allegati alle autorità, per spiegare le nuove procedure specifiche relative all’applicazione delle nuove norme a cui l’azienda si sottoporrà.

“Abbiamo voluto chiarire e assistere – afferma il direttore di Confcommercio – Francesco Alfieri - le aziende che ogni giorno ci chiamano per avere chiarezza ed essere tranquillizzate anche rispetto alle tante fakenews che girano nella rete. Con questo protocollo le aziende sono messe al riparo nell’applicazione delle norme, fermo restando che lo rispettino nell’organizzazione e nelle procedure interne”.

Si Riparte, è lo slogan coniato per questa ripartenza che dovrà avvenire nel rispetto delle norme e nella massima trasparenza, ma occorre dare tutto il supporto possibile per far sopravvivere le imprese che hanno visto cancellare i propri ricavi e mantenere i costi per la quasi totalità.

Confcommercio Fvg: petizione online al governatore Fedriga per una riapertura anticipata

Una petizione per chiedere al presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, di "far valere a Roma le ragioni di un territorio che può e deve poter riaprire le imprese del terziario prima delle date fissate dal Governo". L’iniziativa, sulla piattaforma change.org (https://www.change.org/p/massimiliano-fedriga-riaprire-subito-imprese-del-commercio-turismo-e-servizi-in-fvg-o-rischio-acasapersempre), è di Confcommercio Fvg, che fa seguito alla denuncia sulle anticipazioni del premier Conte in merito alla fase 2, a partire dal 4 maggio, "un’agenda folle", secondo l’Associazione.

"In sicurezza, ma ripartiamo!», è la sintesi di un testo in cui si ricorda come per settimane negozi, bar, ristoranti, alberghi, palestre, professionisti, agenzie di viaggio sono rimasti in silenziosa attesa di poter riaprire e si ritrovano invece ora con una prospettiva di chiusura prolungata al 18 maggio e addirittura al 1 giugno per le attività di ristorazione e pubblico esercizio. "L’ultima mazzata – si legge – davanti a redditi azzerati, posti di lavoro a rischio, una primavera persa e un’estate che perderemo, soprattutto per chi opera nelle località turistiche. Tutto questo dopo che abbiamo dato totale garanzia di essere pronti a riaprire in sicurezza, con tutte le precauzioni del caso».
Di qui l’appello al governatore Fedriga, "che ha capito immediatamente la disperazione di migliaia di imprenditori e collaboratori. Attraverso questa petizione – è l’invito finale a firmare su change.org – aiutateci a fare arrivare alle istituzioni la voce di aziende che vogliono lavorare, ma rischiano invece di morire".

Confcommercio Umbria: "Pronti a proteste eclatanti"

"Il rinvio della riapertura di  negozi e pubblici esercizi, soprattutto in Umbria, è  irragionevole e produrrà danni gravissimi ad una economia già  debole. Chiediamo alla Regione un atto di coraggio". Parole di Giorgio Mencaroni, presidente regionale di  Confcommercio. "Le nostre imprese sono esasperate come non mai;  sono pronte davvero a tutto, anche a proteste eclatanti" aggiunge. "L'ulteriore rinvio della riapertura degli esercizi  commerciali, dei pubblici esercizi e di tante attività del  turismo e dei servizi, annunciata ieri sera dal premier Conte, è inaccettabile" sostiene Mencaroni.

"Soprattutto in Umbria -  prosegue - tra le regioni dove il contagio, secondo i dati  comunicati da diversi giorni, ha avuto una minore diffusione,  tanto da sembrare quella più quotata per una riapertura rapida. Le dichiarazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono state perciò una vera e propria doccia fredda per gli imprenditori umbri, che si stavano preparando mentalmente a riaprire, pur con le restrizioni necessarie a prevenire il contagio e garantire la salute di tutti". 

Confcommercio Lazio: "Una condanna a morte per migliaia di imprese"

"Nel discorso di Conte, nessuna certezza, sugli aiuti economici, nessuna visione complessiva sulla gravità dello 'tsunami' che si sta abbattendo sul sistema delle imprese e più in generale sulla nostra società, e ancora tanta confusione". Cosi' il Presidente di Confcommercio Lazio e Consigliere Nazionale di Confcommercio Giovanni Acampora. "Solo autocelebrazioni su recovery found, ringraziamenti a pioggia ai vari comitati e task force, conditi degli ormai consueti aggettivi a partire dall'ormai irrinunciabile 'poderosa', ma stavolta con un inquietante" 'non consentiremo'; un errore di comunicazione oppure un inizio di deriva autoritaristica in nome di una presunta conoscenza a noi non nota di estrema gravita' sanitaria?"

"La realtà è che i dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione, la 'poderosa liquidita'' stenta a decollare, l'assegno di 600 euro e' meno di una mancetta e di indennizzi, contributi a fondo perduto e moratoria su tasse e tributi neanche l'ombra".  "La tanto annunciata e auspicata 'fase due' e' diventata al massimo 'fase 1 e mezzo', con timidissime aperture e interi comparti strategici lasciati nella piu' completa incertezza". E ancora, continua Acampora: "sui bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, solo una data ipotizzata, sugli stabilimenti balneari solo un timido accenno, interi comparti neanche nominati tra cui gli ambulanti, tutto ciò produrrà solo per i pubblici esercizi altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall'inizio della crisi.

Nel settore della ristorazione e dell'intrattenimento Moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone perderanno il loro posto di lavoro. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall'Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio e nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza". "E beffa delle beffe il divieto di licenziamento per altri due mesi; cioe' le aziende con un prevedibile, anzi certo, calo del fatturato oltre il 50% minimo, saranno costretti a non licenziare ma solo a fallire".

Confcommercio Veneto: “il governo cambi date, imprese allo stremo”
 

"Qui siamo alla deresponsabilizzazione della classe politica. Mentre le imprese sono allo stremo il governo allunga i tempi della chiusura degli esercizi e decreta, di fatto, la morte delle imprese". Lo sottolinea Patrizio Bertin, presidente di Confcommercio Veneto e di Ascom Padova che non se lo aspettava proprio un "rilancio" al 18 maggio dell'apertura dei negozi "anche perché tutte le imprese erano pronte per ripartire in sicurezza".

"Sono giorni - continua Bertin - che tutti i nostri colleghi stanno attrezzandosi per ripartire già dal 4 maggio, una data che, nei giorni scorsi, sembrava la più plausibile per la ripartenza e che ancora adesso io ritengo la più logica. Invece niente. I negozi, abbigliamento in primis, slittano al 18 maggio e, addirittura, bar e ristoranti, ma non solo, ‘franano’ al primo giugno". "Io non so - aggiunge il presidente - se il governo si rende conto che sta decretando la fine di un intero tessuto imprenditoriale che se non riparte subito è destinato alla morte".

Dunque, secondo Bertin, si poteva e si doveva fare diversamente. "Io insisto sul concetto della sicurezza - ribadisce - e dunque non comprendo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando sono diversi i dati epidemiologici di diffusione ed il Veneto, in questo senso, sembra avere dati piuttosto rassicuranti". Ma Bertin non intende gettare la spugna e, anzi, rilancia: "se nei prossimi giorni il governo non modificherà la propria linea anticipando le date non ci resterà che consegnare le chiavi dei nostri negozi che dovranno chiudere, direttamente a Palazzo Chigi. Si assumerà il governo l'onere delle nostre spese per i dipendenti, per gli affitti, per i fornitori non pagati, per le tasse, ecc. E anche se chiediamo a gran voce destinazioni a fondo perduto non vogliamo essere degli assistiti ma vogliamo poter lavorare per far ripartire questo Paese. In sicurezza. Ma in piedi, non stesi perché morti".

Confcommercio Trentino: “se non si cambia strategia l’emergenza economica e sociale è vicina”

Mentre il governo Conte annuncia i primi provvedimenti per la cosiddetta fase 2, quella di riapertura, il terziario entra in una crisi che rischia di diventare irreversibile portando alla morte centinaia di imprese con le conseguenze drammatiche che ciò comporterebbe.

“Non accettiamo questa impostazione – spiega il vicepresidente vicario di Confcommercio Trentino, Massimo Piffer - non è questo il modo di garantire la ripresa al sistema Paese: così il terziario viene pesantemente danneggiato e rischia di subire un tracollo irreversibile. Si è deciso per la riapertura di alcune tipologie di esercizi commerciali, lasciandone fuori molti altri. Con il giusto senso di responsabilità, regole chiare e misure di prevenzione crediamo che anche le altre attività oggi rimandate a data di destinarsi, come il settore della moda, le librerie, potrebbero invece ripartire subito. Magari ci fosse l’afflusso di clienti, ma non sarà comunque così: dobbiamo però mettere le aziende in grado di ripartire subito, in sicurezza”.

“Stesso discorso – prosegue Piffer – anche per gli altri settori del terziario, dalla ristorazione ai pubblici esercizi, all’alberghiero: questo fermo ad oltranza sta mettendo in ginocchio migliaia di imprese, e con loro gli imprenditori ed i loro collaboratori, che significano famiglie che rischiano di entrare in uno stato di miseria. Così non può funzionare: dopo l’emergenza sanitaria ora rischiamo un’emergenza economica e sociale senza precedenti”.

“Valuteremo con la Provincia la sua possibilità di manovra, per intervenire subito e concretamente. Il primo problema è la liquidità, e nonostante protocolli e accordi il sistema bancario sta opponendo ancora troppa resistenza ed è troppo lento. Per chi sta garantendo gli stipendi occorre prevedere interventi che abbattano il costo aziendale. Il tempo ormai è agli sgoccioli e il malcontento tra gli imprenditori sta montando in maniera veloce e massiccia: si cambi strategia e lo si faccia in fretta”, conclude.

Confcommercio Val d'Aosta: "incredulità e amarezza per le misure"


"Incredulità, sconcerto ed amarezza" sono espresse da ConfCommercio Vda per le decisioni prese dal Governo per la cosiddetta fase due. "Mentre tutti gli imprenditori si aspettavano di poter finalmente aprire il 4 maggio - commenta il presidente Graziano Dominidiato - abbiamo appreso senza alcuna giustificazione che la riapertura per noi sarà spostata al 18 maggio e che i pubblici esercizi non riapriranno prima del primo giugno. Si chiede al commercio un sacrificio troppo pesante senza misure compensative e con un annuncio senza commenti". "Aprire un negozio oppure un bar, dove entrerebbero una o due persone alla volta con guanti e mascherina, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori? Con queste scelte si condannano le imprese del commercio e della ristorazione al fallimento", aggiunge Dominidiato. 

Confcommercio Pordenone: “vogliamo tornare a lavorare nelle nostre imprese”

“La crisi economica del 2008, per altro tutta Italiana, ha mietuto molte vittime tra gli imprenditori e, per evitare che quella di oggi ne provochi ancora di più, è estremamente doveroso procedere alla riapertura immediata delle attività del terziario, ovviamente nel rispetto delle regole di sicurezza”. Così il presidente di Ascom-Confcommercio Pordenone, Alberto Marchiori, per il quale “il Paese deve ripartire e solo con un sostegno a tutto il sistema imprenditoriale ne potrà uscire a testa alta. Per quanto riguarda la ‘fase 2’ questa doveva tener conto delle diverse situazioni verificatesi negli ambiti regionali al fine di sbloccare - con le dovute cautele e precauzioni del caso - il mondo del terziario, congiuntamente a quello dell’artigianato, dell’industria e, più in generale, quello del culto religioso e della cultura e dell’istruzione. Guarda caso, invece, sono stati decisi solo ulteriori rinvii delle aperture. Ecco perché i nostri imprenditori sono profondamente delusi e sul piede di guerra contro questo Governo incapace di scelte coraggiose. Forse tutto questo è frutto di una grande improvvisazione messa in atto da ‘apprendisti stregoni’, oppure si tratta di reale abuso di potere?”.

 

Confcommercio Trieste: "Tempistiche di riaperture improponibili per un terziario allo stremo"

"Inversione di rotta, subito, o la nave, già a pelo d’acqua, andrà irrimediabilmente a fondo, con tutte le implicazioni economiche, occupazionali e di ordine sociale che ne deriverebbero". Questo il monito di Antonio Paoletti, presidente di Confcommercio Trieste, a fronte di un Lockdown, allentato, in base agli indirizzi esposti dal premier Conte, nelle intenzioni ma non certo nei fatti e che rischia di spegnere l’ultimo e già tenue barlume di speranza di migliaia di imprenditori di commercio, ristorazione e turismo del territorio locale, senza peraltro trascurare i numerosi segmenti produttivi ad essi correlati.

“Il blocco forzato al commercio - attacca Paoletti – è tanto più incomprensibile sia considerate la maggiore libertà di circolazione che sta incrementando il flusso di gente in città, sia le ultime dinamiche del settore, con i punti vendita che certo non erano presi d’assalto dalla clientela anche prima dell’inizio dell’epidemia. Pertanto non si capisce quali possono essere i rischi individuati dal Governo nel riavvio degli esercizi commerciali, specie quelli di piccole dimensioni, che sono già pronti a riaccogliere la clientela nel pieno rispetto delle misure vigenti per la sicurezza individuale”.

Nell’obbiettivo di Paoletti anche la ristorazione “per la quale - rimarca il numero uno di Confcommercio - non è certo pensabile che delivery e take away possano garantire tenuta delle imprese ed occupazione visto poi i livelli di tassazione e costi del lavoro sui quali mi pare invece non ci si soffermi concretamente. Inoltre, se si consente l’asporto, con relativo ingresso del cliente nell’esercizio, non comprendo come si possa ritenere maggiormente pericolosa una somministrazione diretta anche in virtù del fatto delle varie misure di distanziamento che dovranno adottare gestori e avventori.

"Ritengo pertanto doveroso, urgente e improcrastinabile – conclude Paoletti - un deciso cambio di rotta del Governo sulle date di aperture delle imprese di commercio e ristorazione, settori che nella sola Trieste vedono semiferme o del tutto chiuse più di 3.000 aziende e che, assieme ai comparti ricettivo, dei servizi e della logistica, rappresentano l’asse portante della nostra città per produttività ed occupazione. E’ tempo perciò ora, non fra settimane e neppure giorni, di scelte e azioni concrete ed adeguate, fatte peraltro anche di misure fruibili e tempi certi e non di parole, promesse o impegni generici. Altrimenti, la ripartenza, quella effettiva, sia chiaro a tutti, sarà a ranghi ridotti”. 

 

Confcommercio Palermo: "In Sicilia si rischia la rivoluzione"

"La Sicilia sta sprofondando e il Governo nazionale, con le ultime decisioni, ha evidentemente deciso di farci morire di fame. Basta, la situazione e' insostenibile. Faccio appello alle istituzioni regionali per una forte presa di posizione in favore della Sicilia, penalizzata in modo ingiustificabile e irresponsabile. E' un Dpcm inaccettabile che mette l'Italia del Sud in ginocchio e che premia le lobby del Nord, che possono riaprire industrie e cantieri, mentre qui si tengono chiuse le attività con cui si regge prevalentemente la nostra economia".

Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo, interpreta "il forte malumore delle imprese" e invita la politica "a un immediato sussulto di orgoglio e unita' e a fare valere la propria autonomia per garantire la sopravvivenza del popolo siciliano mortificato da provvedimenti senza logica e proporzionalità per le differenti categorie e territori". "In queste ore - spiega Di Dio - sta montando il malumore dei nostri associati e di tutto il mondo delle imprese del commercio, del turismo, delle professioni e dei servizi che sono il motore della nostra economia. Cosi' si rischia una rivoluzione che non potremo più contenere. Siamo stati responsabili, non vogliamo diventare martiri di un sistema distorto".  

"Il popolo siciliano - aggiunge - ha dimostrato senso di responsabilità e del rispetto delle regole, la situazione sanitaria è assolutamente sotto controllo, siamo la regione che in percentuale ha il minor numero di contagi ma sembra che questo non sia stato oggetto di valutazione da parte di chi ha deciso il calendario della ripresa. Anzi, il messaggio di Conte è letteralmente 'esploso' nelle case dei siciliani che attendevano con speranza e fiducia un immediato ritorno al lavoro. Non possiamo certo aspettare il 18 maggio! La maggior parte dei siciliani da fine febbraio, ovvero da quando e' iniziata la crisi sanitaria in Italia, non può contare sui ricavi della propria attività, non e' stato erogato nemmeno un euro di indennità a fondo perduto, non si e' ancora vista la cassa integrazione, ottenere i finanziamenti dalle banche per la maggior parte degli imprenditori e' un'impresa. In questa situazione mi sembra molto più preoccupante per la Sicilia l'emergenza economica e sociale che non quella sanitaria".

"Sono certa - conclude Di Dio - che il Governo regionale assumerà una posizione forte a tutela dei siciliani contro questa ennesima ingiustizia sulle categorie e sui territori e si batterà per una riapertura anticipata delle attività produttive, con il dovuto rispetto di tutte le misure precauzionali". 

Confcommercio centro di Roma: "Oltre mille negozi pronti a non riaprire"

Con un sentimento di sofferenza e rabbia siamo intenzionati a non riaprire le nostre attività perché i costi di gestione supererebbero di di gran lunga i costi della chiusura. È infatti impossibile provare a ripartire in questa situazione e senza il minimo supporto da parte di chi ci governa: non potremo ritirare dalla cassa integrazione i nostri dipendenti, non potremo onorare i nostri debiti con i fornitori, non potremo pagare i canoni di affitto.'' È quanto dichiara in una nota il presidente di Confcommercio centro di Roma e Federmoda Roma, David Sermoneta.

''Oltre mille negozi appartenenti alle catene di distribuzione più conosciute sono intenzionate a non riaprire - prosegue Sermoneta - perché non possono sostenere una situazione ancor più gravosa della chiusura. Il 18 maggio sarà infatti concessa la facoltà di aprire, ma non quella di lavorare, abbandonati a noi stessi e senza la possibilità di poter beneficiare di alcun supporto concreto, malgrado le promesse fatte dal governo centrale e locale. Con stupore avvertiamo la mancanza di volontà da parte delle Istituzioni nel comprendere le dinamiche reali del commercio al dettaglio e i suoi bisogni per potere avere garantito il diritto al lavoro".

''Per questi motivi Federmoda Roma intende appoggiare tutti i movimenti spontanei territoriali che invitano alla non riapertura, se non in presenza di concrete misure di sostegno alle imprese e modalità operative in linea con le più elementari dinamiche commerciali".

Confcommercio Ravenna: "Danno gravissimo per il sistema economico"

Il posticipo delle riaperture di esercizi commerciali (dal 18 maggio) e pubblici esercizi, stabilimenti balneari nonché delle attività legate al turismo (dal 1 giugno) è un danno gravissimo per il sistema economico che mette a repentaglio migliaia di posti di lavoro e l’esistenza stessa di migliaia di imprese. Le aziende del commercio, turismo e servizi sono invece pronte ad aprire in piena sicurezza, rispettando le norme nazionali.

Ogni giorno di riapertura rinviato determina un ulteriore aggravio per le imprese, già vicine al collasso. Non sono più derogabili rinvii di misure per indennizzi a fondo perduto per le imprese, e blocco totale delle tassazioni locali.

Lanciamo un appello al Governo, ai Ministri, alle pari sociali, ai sindacati, al Presidente della Regione Stefano Bonaccini, ai Presidenti della provincia, ai Sindaci, ai Parlamentari locali, ai Consiglieri regionali perché si facciamo concretamente portavoce delle istanze delle imprese che sono al limite della sopravvivenza.

Ascom Bologna: “provvedimento sbagliato, gravi danni alle imprese”

“Il provvedimento del Governo sulla fase 2 costringerà molti imprenditori del territorio a chiudere e questo è inaccettabile”. Così Enrico Postacchini, presidente di Confcommercio Ascom Bologna, per il quale “la crisi economica, in atto e molto profonda, sta già colpendo tutte le aziende dei settori che rappresentiamo, chi più chi meno ma nessuno è risparmiato da quello che sta accadendo. Nel rispetto della salute pubblica e della sicurezza delle persone, abbiamo la necessità di ripartire immediatamente perché sono stati già persi completamente mesi importanti ed allo stesso tempo la ripartenza non sarà facile né veloce”.

“Inoltre il calo di consumi per il 2020 sarà una certezza e questo comporterà sicuramente numerosi e notevoli problemi perché tutte le nostre aziende hanno già effettuato gli acquisti dei prodotti e ad oggi la merce - ancora imballata in magazzino - è destinata a rimanere in gran parte invenduta se non si provvederà ad anticipare la possibilità di apertura. Nel frattempo i proprietari immobiliari e i fornitori esigeranno da parte nostra il rispetto delle obbligazioni assunte che non saremo, a causa della mancanza di liquidità, in condizione di onorare. Si prefigura un pericolo per la tenuta delle imprese dei settori del commercio, turismo, pubblici esercizi e servizi. Non comprendiamo questa inaspettata e inspiegabile decisione di rinviare ulteriormente l'apertura delle attività, visto che la gran parte delle nostre associate è classificata a basso rischio e visto che è già operativo il protocollo del 24 aprile per la riapertura in sicurezza, e neppure comprendiamo perché sia prevista una data uguale per tutte le regioni quando invece sono molto diversi i dati epidemiologici di diffusione. Gli imprenditori, le imprenditrici e i loro collaboratori non possono pagare un prezzo così alto per gli errori organizzativi e gestionali che il Governo sta commettendo. I nostri dipendenti stanno ancora aspettando la cassa integrazione che non abbiamo certezze su quando sarà pagata, il decreto liquidità è decisamente insufficiente, servono subito risorse e indennizzi a fondo perduto per i mancati incassi, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti perché la misura è colma”, continua Postacchini.

“Per tutte queste ragioni – conclude - chiediamo al Governo di modificare l’ultimo  DPCM pubblicato Gazzetta Ufficiale indicando la riapertura delle attività del Terziario a partire dal 4 maggio, e al presidente Bonaccini di intervenire a livello regionale con proprio provvedimento per anticipare le date attualmente fissate dall’Esecutivo”.

Confcommercio Taranto: “terziario in coma profondo”
 

"Il tempo della attesa è scaduto. Gli imprenditori non ce la fanno più, le attività del terziario sono ormai al coma profondo". Lo segnala Confcommercio Taranto a prefetto e sindaci. "La proroga della chiusura al 18 maggio per vari settori ed a giugno per ristorazione e bar - evidenzia Confcommercio Taranto - ha ucciso anche quell'ultimo residuo di energie di chi sperava di poter tentare la ripartenza ai primi di maggio e recuperare almeno in minima parte le settimane di lockdown delle attività. Ora la gente è disperata, e noi che abbiamo la rappresentanza delle categorie ed ascoltiamo ogni giorno dalle voci dei nostri imprenditori il racconto di chi non ce la fa più, siamo molto preoccupati per la tenuta sociale del territorio".

"Chiediamo che il prefetto voglia al più presto convocarci per definire assieme un percorso di confronto con i sindaci ai quali avanzeremo la richiesta di adottare misure adeguate a far fronte alla gravità della situazione delineatasi con l'ultimo decreto del Governo, come, ad esempio l'utilizzo, del suolo pubblico a costo zero per consentire il distanziamento negli spazi estivi per ristoranti e bar". "Proporremo - aggiunge Confcommercio Taranto - che si chieda al Governo di sostenere i Comuni con maggiori risorse affinché si decida, almeno sino a 31 gennaio 2021, l'azzeramento dei tributi locali e perché si programmino indennizzi per tutte le imprese danneggiate dalla emergenza sanitaria". Contestualmente - conclude Confcommercio - al governo regionale proponiamo di costituire una cabina di regia per programmare, con il coinvolgimento delle rappresentanze delle imprese, una ripartenza che tenga conto delle reali necessità del territorio".

Ascom Ferrara: "tutto questo è inaccettabile"

“Innanzitutto esprimo la profonda preoccupazione e un ampio sconcerto degli operatori del settore ma in più generale del mondo del commercio, turismo e servizi su questo ulteriore incomprensibile rinvio delle aperture, che tradotto in pratica significa buttare, per il settore moda, al vento le collezioni della primavera estate 2020. Alle quali si aggiungono i dubbi per gli ordini dell’autunno inverno. Mentre rimangono invece in essere le pressioni dei fornitori, dei proprietari degli immobili, le scadenze fiscali rispetto ai colleghi che chiusi da numerose settimane hanno realizzato incassi zero. E non vedono ancora una fine chiara, come addirittura nel caso dei pubblici esercizi, per i quali addirittura il Governo ipotizza una data ancora più lontana. Tutto questo è inaccettabile”. Parole di Giulio Felloni, presidente di Ascom Confcommercio e Federazione Moda Ferrara .

“L'economia, anche quella del nostro territorio, avrà danni gravissimi ed è dunque indispensabile avere chiarezza sulle riaperture. L’Italia è a due velocità e non si comprende come questo team di ‘esperti’ non riesca a coordinare questa situazione, pur nel rispetto delle norme sanitarie. Facciamo un forte appello ai nostri governanti affinché considerino, una volta per tutte, il valore economico e sociale delle piccole imprese fornendo elementi vitali per una ripartenza coordinata ed efficace”, conclude Felloni.

Confcommercio Lazio Nord: “decretata la condanna a morte di migliaia di imprese”

“Nel discorso di Conte nessuna certezza sugli aiuti economici, nessuna visione complessiva sulla gravità dello tsunami che si sta abbattendo sul sistema delle imprese e più in generale sulla nostra società, e ancora tanta confusione”. Così il presidente di Confcommercio Lazio Nord, Leonardo Tosti, per il quale “la realtà è che i dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione, la ‘poderosa liquidità’ stenta a decollare, l’assegno di 600 euro è meno di una mancetta e di indennizzi, contributi a fondo perduto e moratoria su tasse e tributi neanche l’ombra”. “La tanta annunciata e auspicata ‘fase due’ è diventata al massimo ‘fase 1 e mezzo’, con timidissime aperture e interi comparti strategici lasciati nella più completa incertezza”.

“Nel discorso di Conte nessuna certezza sugli aiuti economici, nessuna visione complessiva sulla gravità dello tsunami che si sta abbattendo sul sistema delle imprese e più in generale sulla nostra società, e ancora tanta confusione”. Così il presidente di Confcommercio Lazio Nord, Leonardo Tosti, per il quale “la realtà è che i dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione, la ‘poderosa liquidità’ stenta a decollare, l’assegno di 600 euro è meno di una mancetta e di indennizzi, contributi a fondo perduto e moratoria su tasse e tributi neanche l’ombra”. “La tanta annunciata e auspicata ‘fase due’ è diventata al massimo ‘fase 1 e mezzo’, con timidissime aperture e interi comparti strategici lasciati nella più completa incertezza”.

Confcommercio Ragusa: "si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento"

“Le decine di dipendenti dei pubblici esercizi della provincia di Ragusa stanno ancora aspettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare e in più si apprende che si potrebbe riaprire dal primo di giugno. Significano altri milioni di danni che portano le perdite stimate a 10-11 milioni di euro in totale dall’inizio della crisi”. Lo dice il presidente di Confcommercio Ragusa, Gianluca Manenti, secondo il quale “forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento della provincia iblea alla chiusura. Moriranno decine di imprese e centinaia di persone perderanno il loro posto di lavoro. Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Accontentati tutti coloro, che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo. Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa di quando le misure di sostegno saranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i pubblici esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura, a questo punto, è colma”.

Confcommercio Benevento: “la vera tragedia sarà la pandemia economico-sociale”

“La preoccupazione di oggi non è la pandemia sanitaria ma quella monetaria, perché lo shock socio-economico mette in serio pericolo il futuro dell’Italia, dell’Europa e dell’intero Pianeta. L’Italia già si era fatta trovare fortemente impreparata all’emergenza sanitaria di cui al Covid-19 ed adesso sta ripetendo l’errore sul lato finanziario fregandosene delle imprese nonostante le stesse abbiano dato il fianco alle azioni messe in campo dal Governo centrale attraverso un criticabile lockdown”. Così Confcommercio Benevento, che evidenzia anche che “il Governo ha nuovamente tradito le imprese. Avremmo sperato che almeno con la cosiddetta fase 2 rispettasse gli impegni nella riapertura degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e di tante attività del turismo e dei servizi, tanto più che siamo davanti ad una enorme crisi di liquidità a cui l’Italia non sta reagendo con mezzi straordinari e che determinerà fallimenti a catena”.

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca