I reati societari

I reati societari

P:01 D:22-11-2002 T:Il Codice Etico di Confcommercio

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22 novembre 2002

Art

Capitolo III

I REATI SOCIETARI

 

1. Linee guida per un codice di condotta

 

ARTICOLO 1

 

2621 c.c. (false comunicazioni sociali)

Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci od il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci od al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino ad un anno e sei mesi.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità è esclusa se la falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se la falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%.

     In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta.

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1.     Reato - caratteristiche

L’esposizione dei fatti, cui si riferisce l’articolo, deve aver ad oggetto fatti materiali falsi.

Tra questi ultimi, rientrano anche le “valutazioni”, vale a dire le stime che caratterizzano la maggior parte delle voci di bilancio e che rispondono ad una pluralità di considerazioni fondate su elementi di varia natura. In buona sostanza, si tratta quindi di un mendacio attinente a dati storici.

I fatti materiali falsi, ancorché oggetto di valutazione, devono essere idonei a trarre in inganno i destinatari della situazione economica patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. In altre parole, la fraudolenza, che in passato rilevava solo come elemento psicologico del reato, rileva ora sul piano dell’attitudine ingannatoria della condotta.

Si noti ancora che la condotta cui si riferisce la norma in commento, riguarda sia il comportamento attivo che quello omissivo. Pertanto, diventa penalmente rilevante ogni condotta che comporti un occultamento di comunicazioni imposte dalla legge.

Quanto sino ad ora esposto trova applicazione, mutatis mutandis, anche nel caso di bilancio consolidato.

Oggetto materiale del reato sono i bilanci, le relazioni, le comunicazioni sociali, previste dalla legge, dirette ai soci od al pubblico.

Riguardo a queste ultime, la dizione della norma manifesta la volontà del legislatore di espungere dalla fattispecie le comunicazioni interorganiche e le comunicazioni con unico destinatario, pubblico o privato.

Tra le prime, (comunicazioni interorganiche), rientrano tutte le comunicazioni che si verificano tra diversi organi della società, tipicamente tra organo d’amministrazione ed organo di controllo. Si pensi, ad esempio, alle falsità nel progetto di bilancio e nella relazione di comunicati dagli amministratori al Collegio sindacale, ex articolo 2429 c.c..

Tra le seconde, ovvero tra le comunicazioni con unico destinatario, si pensi, per i soggetti privati, alla falsa situazione patrimoniale relativa alle condizioni economiche della società, presentata dagli amministratori a istituti di credito, al fine di ottenere finanziamenti. Riguardo ai soggetti pubblici, invece, c’è solo da precisare che, tra questi, non vi rientra l’Amministrazione tributaria. Infatti vi è un’alternatività tra false comunicazioni sociali e dichiarazione dei redditi o IVA fraudolenta o infedele.

Si noti, inoltre, che la norma prevede che deve trattarsi di comunicazioni sociali previste dalla legge. Pertanto, non rientrano nella fattispecie criminosa, ad esempio, gli atti interni e le interviste.

Soggetti attivi[1] del reato possono essere gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori. Restano pertanto esclusi dalla fattispecie criminosa i promotori ed i soci fondatori.

In ordine alla pena, presupposto indefettibile per la sua applicabilità (arresto sino ad 1 anno e 6 mesi) è che il soggetto tenga intenzionalmente un comportamento che, seppur non produttivo di danno per alcuno, sia anche solo suscettibile di potenziale pericolo. Ciò, ovviamente, viene disposto al fine di fornire massima tutela alle esigenze di “trasparenza societaria”.

La condotta descritta, per essere incriminabile, deve comunque essere sorretta dal dolo, consistente nell’intenzionalità dell’agente di trarre in inganno in ordine all’effettiva situazione patrimoniale della società, unita al proposito di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri.

A quanto sino ad ora esposto, deve tuttavia aggiungersi che il comportamento dell’agente, è punibile solo nel caso in cui le informazioni false od omesse, siano rilevanti e tali da alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinino variazioni del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%.

In ogni caso, il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscano in misura non superiore al 10% da quelle corrette.

 

2.    Area critica

L’area critica va individuata non soltanto nell’attività di redazione del bilancio ad opera degli amministratori, bensì in tutti i settori deputati alla predisposizione di ogni dato economico, patrimoniale e finanziario sottostante alla redazione del bilancio stesso e di ogni altra comunicazione contemplata nella norma in commento.

In questa prospettiva, sono da considerare non solo lo stato patrimoniale, il conto economico, la nota integrativa e la relazione degli amministratori, ma anche, ed innanzitutto, ogni documento ad essi sottostante. Si pensi alla contabilità dai cui saldi di periodo si passa al bilancio, e, prima ancora, alla documentazione posta a base dello stesso (protocolli, contratti, fatture) nonché al carteggio afferente a lettere d’intenti, comunicazioni interne, fax, e-mail.

E’ cioè necessario accertare che ogni posta di bilancio sia il risultato di criteri obiettivi facilmente individuabili e, soprattutto, omogenei per ogni singola operazione ivi riportata.

 

3.    Norma etico-pratica

Nel codice di condotta sarà necessario prevedere l’adozione di procedure contabili-amministrative, idonee ad assicurare un agevole ed immediato controllo in ordine a:

a)     rispetto dei “Principi contabili” emanati dalle apposite Commissioni dei Consigli Nazionali dei dottori commercialisti e ragionieri, nonché dei principi contabili internazionali;

b)     protocollazione di lettere, fax, e-mail e di ogni altro documento, sì da renderli immediatamente riferibili alle comunicazioni od alle poste di bilancio cui gli stessi accedono;

c)      rispetto, da parte dei soggetti delegati a peculiari funzioni, del contenuto di cui alle proprie medesime deleghe.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

Gli organi deputati alla redazione del bilancio ed alle comunicazioni sociali, dovranno informare la propria attività al rispetto delle procedure previste nel modello, ispirando il proprio operato ai principi di correttezza e buona fede, ovvero agendo con l’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia.  Dovranno altresì evitare situazioni di conflitto d’interesse, anche solo potenziale, nell’ambito dello svolgimento delle funzioni ad essi delegate.

 

 

ARTICOLO 2

 

Art. 2622 c.c. (false comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori) Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettano informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale ai soci o ai creditori sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

         Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato a danno del patrimonio di soggetto diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

         Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d’ufficio.

         La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è stesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

         La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

         La punibilità è comunque esclusa se la falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%.

         In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta

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1.     Reato - caratteristiche

La fattispecie in commento si distingue da quella oggetto del precedente articolo 2621, solo per il fatto che si tratta di un delitto in cui il comportamento del soggetto agente è perseguibile solo se comporta un danno per i soci o per i creditori.

Ulteriore elemento di diversità va rilevato nella pena, che qui si differenzia a seconda che la società sia quotata in borsa o meno.

Nel primo caso il reato è procedibile d’ufficio, e la pena varia da 1 a 4 anni.

Nel secondo caso - società non quotata in borsa - il reato è invece perseguibile a querela di parte, e la pena varia da 6 mesi a 4 anni.

Pertanto, quanto sino ad ora esposto nel commento dell’articolo 2621, va integrato con le suesposte precisazioni.

 

2.    Area critica

A riguardo valgono le considerazioni svolte nel commento del precedente articolo 2621 c.c..

 

3.    Norma etico pratica

A riguardo valgono le considerazioni svolte nel commento del precedente articolo 2621 c.c..

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

A riguardo valgono le considerazioni svolte nel commento del precedente articolo 2621 c.c..

 

 

ARTICOLO 3

 

Art. 2623 c.c. (Falso in prospetto) Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all’investimento o dell’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo ad indurre in errore i suddetti destinatari è punito, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale, con l’arresto sino ad un anno.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari del prospetto, la pena è della reclusione da uno a tre anni.

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1.     Reato - caratteristiche

Il reato descritto nell’articolo 2623, risponde all’esigenza sentita dal legislatore di distinguere il comportamento di chi falsifica i “prospetti” e i “documenti”, da quello che ha per oggetto le comunicazioni sociali, di cui ai precedenti articoli 2621 e 2622.

Oggetto del delitto in commento sono, infatti, i prospetti richiesti ai fini della sollecitazione dell’investimento (art. 94, D.lgs. 58/98) o dell’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati (art. 113 D.lgs 58/98), ovvero dei documenti da pubblicare in occasione di offerte pubbliche di acquisto, (OPA), o di scambio, (OPS), redatti con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, esponendo false informazioni idonee ad indurre in errore o ad occultare dati o notizie.

Soggetto attivo del reato può essere chiunque rediga materialmente i menzionati documenti esponendo false informazioni od occultando dati e notizie con intenzione fraudolenta.

Riguardo alla punibilità, si deve osservare che la norma prevede, nel primo comma, un’ipotesi di contravvenzione e, nel secondo, un’ipotesi di delitto.

Pertanto, nel primo comma, viene prevista la pena dell’arresto fino ad 1 anno, nel caso in cui la condotta del soggetto agente non abbia cagionato ad alcuno un danno patrimoniale. Nel secondo comma, invece, al reo si applica la pena della reclusione sino a 3 anni, qualora la condotta fraudolenta abbia cagionato un danno patrimoniale ai destinatari del prospetto.

 

2.    Area critica

L’area critica va individuata in tutte le fasi che portano alla redazione della documentazione ed alla sua diffusione.

Si parte così dalla scelta dei soggetti, anche esterni alla società, cui affidare l’incarico di redigere i prospetti, alla loro materiale redazione, fino alla loro stesura definitiva e diffusione presso il pubblico.

 

3.    Norma etico-pratica

Si intendono qui riportate tutte le considerazioni svolte nel commento del precedente articolo 2621 c.c..

Oltre a quanto sopra riportato, una particolare attenzione comporta il caso in cui le funzioni, oggetto della norma in commento, siano affidate a soggetti esterni all’ente. In tal caso, al relativo conferimento di incarico, dovranno essere allegati, per integrale accettazione, i principi etici e le procedure contenute nel modello organizzativo interno all’ente.

 

4.     Principi generali di ordine comportamentale

Tutti i soggetti agenti dovranno informare il proprio comportamento a criteri di diligenza e buona fede, rispettando e facendo rispettare le norme poste dal codice di condotta, essendo altresì tenuti a dare immediata comunicazione di eventuali comportamenti adottati in pregiudizio della correttezza e veridicità di dati ed informazioni.

Analogamente a quanto detto nel commento dell’articolo che precede, dovranno essere evitati comportamenti in possibile conflitto d’interesse con il soggetto agente,  da realizzarsi anche mediante l’astensione del medesimo soggetto, dalle funzioni allo stesso delegate.

 

 

ARTICOLO 4

 

Art. 2624 c.c. (falsità nella relazione o nelle comunicazioni delle società di revisione) I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per se o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari della comunicazione sulla predetta situazione, sono puniti, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale, con l’arresto sino ad un anno.

         Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.

 

1.     Reato - caratteristiche

L’articolo 2624 prevede, come illecito, il comportamento avente ad oggetto le falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione.

Esso deve consistere nel fatto dei responsabili della revisione, i quali, nelle relazioni od in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestino il falso od occultino informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto comunque sottoposto a revisione.

Anche in tal caso, si prevede che la condotta posta in essere debba essere rivolta a conseguire, per sè o per altri, un ingiusto profitto e che debba essere idonea a trarre in inganno i destinatari della predetta situazione.

 Soggetti attivi del reato sono, secondo il dettato legislativo, esclusivamente i responsabili della revisione.

Come per l’articolo che precede, la norma prevede sanzioni differenziate a seconda che la condotta posta in essere abbia, o meno, cagionato un danno patrimoniale ai destinatari. Il reo sarà punito con l’arresto fino ad un anno se non vi sia danno patrimoniale per i destinatari delle relazioni; altrimenti la pena sarà la reclusione da 1 a 4 anni.

 

2.    Area critica

L’area critica va individuata tenendo conto delle modalità con cui si svolge l’attività di revisione: Il revisore, infatti, opera direttamente all’interno dell’ente, attingendo a tutta la documentazione redatta dai soggetti interni al medesimo. Pertanto, l’area critica sarà ulteriormente rappresentata dal settore preposto ai rapporti con i revisori, ovvero alla verifica della correttezza e verità dei dati contenuti nelle relazioni redatte dai revisori medesimi.

 

3.    Norma etico-pratica

Nel codice di condotta dovrà quindi essere contemplata l’attribuzione di una specifica delega volta all’intrattenimento dei rapporti con la società di revisione, nonché la procedura da seguire per trasmettere e comunicare i dati al revisore incaricato di svolgere l’attività di verifica.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

Gli organi od i soggetti delegati all’intrattenimento dei rapporti con la società di revisione, saranno tenuti alla redazione di un’apposita informativa per i competenti organi societari, nel caso in cui abbiano a riscontrare eventuali falsità, errori od omissioni, nelle relazioni redatte dai revisori nell’espletamento della loro attività.

 

 

ARTICOLO 5

 

Art. 2625 (impedito controllo) Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifizi, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro. Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione sino ad un anno e si procede a querela della persona offesa.

 

1.     Reato - caratteristiche

La condotta del reato è  costituita dal fatto degli amministratori che impediscano od ostacolino, mediante occultamento di documenti od altri idonei artifici, lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali ovvero alle società di revisione.

Pertanto, la norma contiene un espresso riferimento non solo al controllo afferente la gestione contabile - amministrativa, ma anche alle attività di verifica della medesima affidate a revisori esterni. Il legislatore ha dunque reputato necessario estendere la previsione incriminatrice anche a quest’ultimo caso.

Perché scatti la tutela penale è, però, necessario che all’impedito controllo sia conseguito un danno patrimoniale ai singoli soci, titolari del diritto di querela.

In tal caso, il reo è punito con la reclusione sino ad 1 anno.

Come risulta ictu oculi dalla lettura norma, soggetti attivi della condotta criminosa possono essere esclusivamente gli amministratori che impediscano od ostacolino le attività di controllo o di revisione.

Il reato, inoltre, non è più a forma libera, ma contiene una specificazione dell’impedimento o dell’ostacolo, in termini di “occultamento di documenti” o “altri idonei artifici”.

 

2.    Area critica

L’area critica va individuata nel settore deputato alla trasmissione di documenti o di ogni informazione necessaria od utile per consentire il corretto esercizio del controllo da parte dei soci, dei revisori e degli altri organi societari.

 

3.    Norma etico-pratica

Oltre a quanto già rappresentato nel precedente commento, nel codice di condotta dovranno quindi, in linea generale, essere previste le modalità procedurali idonee a consentire il corretto e veritiero out put dei dati sottoposti a controllo e revisione.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

Gli amministratori devono informare il loro comportamento a buona fede e correttezza, essendo tenuti a svolgere il loro incarico con la diligenza richiesta al mandatario, nonché nel rispetto del criterio di collaborazione nei confronti degli altri organi societari, ivi inclusi quelli esterni all’ente, deputati all’attività di verifica.

 

 

ARTICOLO 6

 

Art. 2626 (indebita restituzione dei conferimenti) Gli amministratori che, fuori dai casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono, anche simultaneamente, i conferimenti ai soci o li liberano dall’obbligo di eseguirli, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.

 

1.     Reato - caratteristiche

La norma contempla la figura delittuosa dell’indebita restituzione dei conferimenti, consistente nel fatto degli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscano, anche simultaneamente, i conferimenti ai soci o li liberino dagli obblighi di eseguirli.

La norma incrimina tutti i comportamenti finalizzati a diminuire la garanzia patrimoniale dei creditori, quali, ad esempio, il rendere false dichiarazioni, anche contabili, circa l’avvenuto conferimento da parte di soci che, in realtà, non vi hanno mai proceduto.

Soggetti attivi del reato sono gli amministratori che effettuano l’indebita restituzione ledendo, così, il diritto dei creditori di far affidamento sull’integrità ed effettività del capitale sociale, vale a dire sul valore complessivo dei conferimenti iniziali o di quelli successivi dei soci.

La pena prevista dal legislatore per il delitto in commento, è la reclusione sino ad 1 anno.

 

2.    Area critica

L’area critica va individuata, in particolare, nella verifica del rispetto, da parte degli amministratori, dell’esercizio delle proprie funzioni in conformità e nei limiti delle deleghe ad essi conferite, nonché, in generale, al settore amministrativo – contabile della società

 

3.    Norma etico-pratica

Alla luce di quanto esposto sarà necessario prevedere, all’interno dei codici di condotta, un sistema chiaro ed articolato di attribuzione delle deleghe.

A ciò si aggiunga che occorrerebbe inoltre, in tale ambito, limitare le funzioni attribuite agli amministratori prevedendo, ad esempio, la necessità di una delibera espressa dell’assemblea che autorizzi, in via preventiva, operazioni che comportino come fine ultimo la restituzione di conferimenti o la liberazione dall’obbligo di eseguirli. Per le stesse operazioni si potrà altresì prevedere l’acquisizione preventiva di pareri degli organi di controllo.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

L’amministratore, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza che debbono ispirare il proprio operato, dovrà non solo agire nel rispetto delle procedure contemplate per tutte le aree critiche, ma dovrà, altresì, tempestivamente comunicare all’organo di vigilanza ogni comportamento che appaia in contrasto, anche solo potenziale, con il dettato legislativo, tutelando l’integrità del patrimonio sociale, prescindendo, ove richiesto, dall’interesse dei soci alla restituzione dei conferimenti.

 

 

ARTICOLO 7

 

Art. 2627 c.c. (illegale ripartizione degli utili e delle riserve) Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli amministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite, sono puniti con l’arresto fino a un anno.

La restituzione degli utili o la ricostruzione delle riserve prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio estingue il reato.

 

1.     Reato - caratteristiche

La norma prevede la pena dell’arresto sino ad 1 anno per la fattispecie di illegale ripartizione degli utili e delle riserve, consistente nel fatto degli amministratori che ripartiscano utili od acconti, in relazione ad utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscano riserve, anche non costituite con utili, che non possono, per legge, essere distribuite.

Anche in questo caso, come per il precedente articolo, l’oggetto giuridico tutelato dalla contravvenzione in commento, è da ravvisarsi nell’integrità del capitale sociale e delle riserve legali e statutarie.

Soggetti attivi sono gli amministratori che tengono la condotta vietata.

Quest’ultima ha ad oggetto l’illegale ripartizione di utili, o acconti su utili, non effettivamente conseguiti. Si tratta dei cosiddetti utili fittizi, per la cui definizione è opportuno preliminarmente precisare quando, al contrario, l’utile possa dirsi effettivamente conseguito. L’utile può infatti definirsi “reale”, quando risulti da operazioni concluse e da situazioni giuridiche definite. Deve, invece, ritenersi “fittizio” - e, in quanto tale, non ripartibile - quando incide sul capitale sociale, traducendosi, in tal modo, in un illecito rimborso ai soci di conferimenti dagli stessi effettuati. A diversa soluzione si perviene con riferimento agli utili che intaccano la riserva legale, poiché essa risulta costituita da utili effettivamente conseguiti: in tal caso verrà meno, semmai, il carattere della distribuibilità. A riguardo, sulla scorta della giurisprudenza formatasi sotto la precedente legislazione, sono da considerare fittizi anche gli utili che non esistono, ma che risultino da un bilancio falso.

Dalla norma risulta altresì che dovrà configurarsi come condotta criminosa, la ripartizione di qualsiasi riserva, anche non da utili, che non possa essere per legge distribuita. L’area di protezione penalistica risulta, pertanto, essere circoscritta alle sole riserve obbligatorie per legge, con esclusione delle riserve non distribuibili per statuto.

 

2.    Area critica

L’area a rischio chiama in causa, nella fattispecie, i massimi organismi dell’ente (amministratori della società) i quali, solamente, possono effettuare i comportamenti sanzionati dalla norma, ma anche e soprattutto, l’area relativa alla redazione del bilancio che abbia, eventualmente, prospettato dati non veritieri e/o inesatti circa, ad esempio, la reale consistenza del patrimonio sociale.

 

3.    Norma etico-pratica

Nei codici di condotta occorrerebbe limitare, per tale ambito, le funzioni attribuite agli amministratori prevedendo, ad esempio, la necessità di una delibera espressa dell’assemblea che autorizzi, in via preventiva, operazioni che si pongano, come fine ultimo, la distribuzione di utili od il riparto di riserve. Per le stesse operazioni si potrà altresì prevedere l’acquisizione preventiva di pareri degli organi di controllo.

In ultimo si noti che, qualsiasi intervento previsto nel codice di condotta, dovrà altresì armonizzarsi con il dettato legislativo che prevede l’estinzione del reato nel caso in cui la restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve, avvenga prima dell’approvazione del bilancio. Pertanto si potranno prevedere forme d’incentivazione di tali comportamenti.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

Gli amministratori saranno quindi tenuti, prima di procedere alle operazioni di cui alla norma in commento, alla verifica dello stato patrimoniale della società, con particolare riferimento all’esattezza e veridicità dei dati ivi riportati.

 

 

 

 

 

 

ARTICOLO 8

 

Art. 2628 (illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante) Gli amministratori che fuori da casi consentiti dalla legge acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali, cagionando una lesione all’integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge, sono puniti con la reclusione fino a un anno.

La stessa pena si applica agli amministratori che, fuori dai casi consentiti dalla legge acquistano o sottoscrivono azioni o quote emesse dalla società controllante, cagionando una lesione del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.

Se il capitale sociale o le riserve sono ricostituite prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è estinto.

 

1. Reato - caratteristiche

Il reato concerne le illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, consistenti nel fatto degli amministratori che acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali o della società controllante cagionando una lesione all’integrità del capitale sociale e delle riserve non distribuibili per legge.

La pena prevista è la reclusione sino ad 1 anno.

Nella fattispecie in oggetto per aversi il reato sarà necessario che le condotte cagionino un danno al bene giuridico tutelato, vale a dire all’integrità del capitale sociale e delle riserve non distribuibili per legge.

Anche in questo caso, come per nel precedente di cui all’art. 2627, se il capitale sociale o le riserve sono ricostituite prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è estinto.

Si noti che non è più prevista come reato la violazione dell’art. 2358 che pone il divieto di prestiti e garanzie su azioni o quote proprie. Di conseguenza non incorrerà più in rischi penali il leveraged by out[2].

A ben vedere, questa operazione finanziaria, da parte della dottrina ritenuta “in frode alla legge”, secondo alcuni non ha mai integrato il delitto sopra citato, in base alla considerazione che la cosiddetta Newco non fornisce garanzie per l’acquisto di azioni “proprie”, ma per l’acquisto di azioni della società target ed a nulla rileva, sul terreno penalistico, dominato dal principio di legalità che vieta l’analogia in malam partem, che la complessa operazione sia, fin dall’inizio, destinata a concludersi con la fusione per incorporazione della società target nella Newco. Solo dall’eventuale illegittimità della fusione potranno scaturire rischi penali per i protagonisti del leveraged buy out secondo il dettato del successivo articolo 2629.

 

2.    Area critica

A riguardo si richiamano i principi esposti nel precedente articolo 7 in ordine al 2627 c.c..

 

 

 

3.    Norma etico-pratica

A riguardo si richiamano i principi esposti nel precedente articolo 7 in ordine al 2627 c.c..

 

4.     Principi generali di ordine comportamentale

Si richiamano i principi esposti nel commento del precedente articolo 7 in ordine al 2627 c.c..

 

 

ARTICOLO 9

 

Art. 2629 (Operazioni in pregiudizio dei creditori) Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altre società o scissioni, cagionando danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.

 

1.     Reato - caratteristiche

La norma contempla le operazioni in pregiudizio dei creditori, consistenti nel fatto degli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela di creditori, effettuino riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni, cagionando un danno ai creditori.

Si tratta, quindi, di un reato di danno la cui ratio incriminatrice può individuarsi nella funzione di garanzia del capitale sociale nei confronti dei creditori.

Riguardo alle violazioni in materia di riduzione del capitale sociale, l’elemento materiale del reato può sussistere nel caso in cui i soggetti attivi non abbiano osservato una o più delle prescrizioni contenute negli articoli 2306 (riduzione del capitale di società in nome collettivo) o 2445 (riduzione per esuberanza del capitale di s.p.a.).

In caso di fusione, il reato in commento può ricorrere nell’ipotesi di violazione dell’art. 2503 c.c., afferente l’opposizione dei creditori all’operazione di fusione. Analoga considerazione può formularsi in tema di scissione.

Si noti da ultimo che, il risarcimento del danno ai creditori prima dell’instaurazione del relativo giudizio, estingue il reato.

 

2.    Area critica

A riguardo si veda quanto esposto nel precedente articolo 7 in ordine al 2627 c.c..

 

3.    Norma etico-pratica

A riguardo si veda quanto esposto nel precedente articolo 7 in ordine al 2627 c.c..

 

4. Principi generali di ordine comportamentale

In questo caso trova applicazione quanto già esposto nell’articolo 7 in ordine al 2627 c.c..

 

 

ARTICOLO 10

Art. 2632 (formazione fittizia del capitale) Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano o aumentano fittiziamente il capitale della società mediante attribuzioni di azioni o quote sociali per somme inferiori al loro valore nominale, sottoscrizione reciproca di azioni o quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.

 

1. Reato - caratteristiche

L’articolo in commento, così come le fattispecie descritte nei precedenti articoli 6 (indebita restituzione dei conferimenti), 7 (illegale ripartizione degli utili e delle riserve) ed 8 (illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante), è posto a tutela dell’effettività del capitale sociale, in riscontro alla specifica funzione di garanzia degli interessi dei creditori e dei terzi.

La disposizione delinea, in particolare, la fattispecie dell’irregolare emissione di azioni, consistente nel fatto degli amministratori e dei soci conferenti che, anche in parte, formino od aumentino fittiziamente il capitale della società, mediante attribuzioni di azioni o quote sociali per somme inferiori al loro valore nominale.

Sulla scorta dell’orientamento dottrinario formatosi nella vigenza della precedente normativa, dalla dizione della norma sembrerebbe potersi riportare, quale esempio di commissione del reato in esame, l’ipotesi di violazione degli articoli 2346 c.c. – secondo il quale è vietata l’emissione di azioni per somme inferiori al loro valore nominale – e 2438 – secondo il quale, invece, è vietata l’emissione di nuove azioni fino all’integrale liberazione di quelle già emesse.

La norma in commento delinea altresì la fattispecie dell’illecita sottoscrizione di azioni nonché la rilevante sopravvalutazione dei conferimenti dei beni in natura o dei crediti, ovvero del patrimonio della società, in caso di sua trasformazione.

In altre parole, i fenomeni degenerativi che la norma intende impedire, sono quelli attuati mediante comportamenti volti ad un’artificiosa e fittizia formazione del capitale sociale, s^ da impedire la lesione della buona fede dei creditori, nonché dei soci estranei all’operazione.

Soggetti attivi della condotta criminosa possono individuarsi negli amministratori e nei soci conferenti, punibili con la reclusione sino ad un anno.

 

2. Area critica

Nel caso in esame, come già rappresentato per le fattispecie poste a tutela dell’integrità del capitale sociale, l’area critica va individuata nell’attività di verifica del rispetto, da parte degli amministratori, dell’esercizio delle proprie funzioni in conformità e nei limiti delle deleghe ad essi conferite, nonché, in generale, nel settore amministrativo – contabile della società.

 

3. Norma etico-pratica

Si veda quanto già esposto nel precedente articolo 7, salvo che per l’oggetto delle eventuali delibere assembleari o dei preventivi pareri degli organi di controllo che dovranno, in questo caso, riguardare le ipotesi previste dalla norma.

 

4. Principi generali di ordine comportamentale

L’amministratore dovrà agire nel rispetto delle procedure contemplate per tutte le aree critiche. Dovrà altresì comunicare all’organo di vigilanza ogni comportamento che appaia in contrasto, anche solo potenziale, con il dettato legislativo, privilegiandola tutela dell’integrità del patrimonio sociale.

 

 

ARTICOLO 11

Art. 2633 (indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori) I liquidatori che, ripartendo i beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli, cagionano danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

         Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.

 

  1. Reato - caratteristiche

L’articolo 2633, prevede la fattispecie dell’indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori. Come per il precedente articolo 2629, si tratta di un reato di danno in cui il comportamento è punito se cagiona un danno ai creditori.

La ratio incriminatrice va ravvisata nell’esigenza di proteggere le ragioni  dei creditori, i quali vantano sui beni sociali un diritto di prelazione rispetto ai soci.

Focalizzando ora l’attenzione su quello che è l’elemento caratterizzante la fattispecie, risulta che il reato consiste nel fatto che i liquidatori, ripartendo beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli, cagionano un danno ai medesimi. Si noti che per il perfezionamento della fattispecie, non è necessario il completamento delle operazioni di riparto, potendo bastare anche un solo pagamento.

La sanzione prevista dal legislatore è la reclusione da 6 mesi a 3 anni, nonché la procedibilità a querela. La sanzione non trova, invece, applicazione e, conseguentemente, il reato si estingue nel caso in cui via sia il risarcimento del danno ai creditori, prima dell’instaurazione del relativo giudizio.

 

2.      Area critica

Si consideri qui riportato quanto esposto nel precedente articolo 7.

 

3.         Norma etico-pratica

Anche in questo caso si consideri qui riportato quanto esposto nel precedente articolo 7.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

Si consideri qui riportato quanto esposto nel precedente articolo 7.

 

 

 

ARTICOLO 12

 

Art. 2636 (illecita influenza sull’assemblea) Chiunque, con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

 

1.     Reato - caratteristiche

Il reato consiste nel fatto di chi, con atti simulati o con frode, determini la maggioranza in assemblea, allo scopo di conseguire, per se o per altri, un ingiusto profitto.

Il bene tutelato sembra potersi identificare nell’interesse di ciascun socio a non essere vincolato da delibere adottate, senza il suo consenso, in violazione della legge o dell’atto costitutivo.

Infatti, per la commissione del reato si richiede un concreto risultato lesivo – l’illecita determinazione della maggioranza – strumentale al conseguimento della finalità espressa dal dolo specifico.

Riguardo alla condotta delittuosa, questa, sulla scorta dell’esperienza maturata sotto la precedente legislazione, può concretarsi nell’impiego di azioni o quote non collocate, nell’esercizio sotto altro nome del diritto di voto, oppure nell’uso di altri mezzi illeciti.

Le azioni non collocate sono ovviamente quelle non sottoscritte, ovvero rese successivamente, libere per mancata esecuzione dei versamenti, sempre che non siano state vendute od estinte.

Per quanto riguarda l’esercizio sotto altro nome, si presuppone che il titolare delle azioni o delle quote, non possa esercitare il diritto di voto per l’esistenza di una disposizione legale o statutaria che, in certe situazioni, lo vieti espressamente. In tal caso, il reato sussiste se i soggetti qualificati aggirano il divieto facendo prestare, sotto altro nome, il loro voto.

Ancora, si può ipotizzare di ricondurre alla formulazione del reato in esame, gli ulteriori seguenti casi: attribuzione a taluni di un voto plurimo (in violazione dell’articolo 2351, 3° comma, c.c.); computo di voti corrispondenti ad azioni rimborsate per riduzione del capitale; ammissione al voto di titolari di azioni o quote per i quali tale diritto sia sospeso od escluso.

In ordine alla natura del reato, questa è ora divenuta comune, in quanto il legislatore ha ritenuto meritevole di sanzione il comportamento lesivo di chiunque, e non solo, quindi, dei soggetti che rivestono la qualifica di amministratori. Così soggetti attivi del reato potranno anche essere i soci.

 

2.    Area critica

L’area critica investe tutte le fasi inerenti all’assemblea, dalla sua convocazione, al deposito, ove previsto, delle partecipazioni presso la sede della società, all’esercizio del diritto di voto.

 

3.    Norma etico-pratica

Nel codice di condotta sarà opportuno prevedere la regolamentazione delle varie fasi assembleari considerate critiche ai fini della commissione del presente reato. Così potranno essere previsti il controllo della regolare convocazione dell’assemblea, nel rispetto delle norme di legge e di statuto, nonché il deposito di ogni documento reputato idoneo all’assunzione della delibera da parte dei soci.

Si potranno inoltre prevedere specifiche procedure, secondo le quali ogni modifica dell’assetto azionario, debba essere comunicato all’organo di controllo. Ad esempio, in caso di annullamento di azioni o di esclusione del diritto di voto per determinate azioni o categorie di azioni, tali variazioni potranno essere oggetto di comunicazione all’organo di controllo, con congruo anticipo rispetto alla data di fissazione dell’assemblea dei soci.

 

4.    Principi generali di ordine comportamentale

Al fine di prevenire la commissione del reato in oggetto, chiunque si trovi nella condizione di non poter o dover esercitare il voto, deve darne comunicazione all’organo di controllo. Ogni soggetto che sia a conoscenza dei menzionati impedimenti, anche se riferiti a terzi estranei, sarà tenuto a darne avviso agli organi competenti, investiti dei necessari poteri per svolgere indagini conoscitive a riguardo.

 

 

ARTICOLO 13

 

Art. 2637 c.c. (aggiotaggio) Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

 

1. Reato - caratteristiche

Il fatto materiale è costituito dalla diffusione di notizie false, dal compimento di operazioni simulate o di altri artifizi che risultino essere idonei a determinare alterazioni di apprezzabile entità dei valori (le cd informazioni price sensitive) degli strumenti finanziari, o idonei a cagionare una menomazione della fiducia dei consumatori sulla stabilità verso le aziende esercenti il credito.

Mediante tale norma si tutelano contestualmente gli interessi dei soci uti singuli, specialmente di quelli estranei al gruppo di controllo della società, gli interessi dei terzi, l’interesse al regolare svolgimento dell’attività bancaria, nonché l’interesse più generale che si suole designare con le espressioni “economia pubblica” e “ordine economico”.

Il reato è comune, può quindi essere commesso da tutti.

Il dolo del reato de quo è costituito dalla coscienza  di diffondere delle notizie false o di utilizzare qualsiasi artifizio accompagnato dalla consapevolezza di incidere sul valore della quotazione degli strumenti finanziari o di arrecare un danno alla stabilità del sistema creditizio.

 

 

2. Area critica

L’area critica va individuata nella tutela della riservatezza afferente le informazioni ed i documenti dell’azienda, con particolare riferimento alle informazioni “price sensitive”.

Occorrerà, in conseguenza, valutare non solo l’opportunità di assicurare la riservatezza a particolari operazioni straordinarie (acquisizioni o dismissioni, operazioni sul capitale, ecc.), ma anche ad attività tipiche, quali la redazione dei bilanci o od ogni altra rappresentazione dell’andamento economico, patrimoniale e finanziario dell’azienda.

 

3. Norma etico-pratica

Nel codice di condotta dovranno essere previste le norme dirette a tutelare la riservatezza delle operazioni di particolare rilievo.

Prevedendo le modalità per la comunicazione all’esterno di documenti ed informazioni riguardanti l’azienda.

Determinando, altresì, le procedure per la tutela della riservatezza nella circolarizzazione interna alla stessa azienda di documenti dichiarati riservati.

 

4. Principi generali di ordine comportamentale

Gli amministratori sono altresì tenuti a mantenere riservate le informazioni e i documenti acquisiti nello svolgimento delle loro funzioni ed a non utilizzare a proprio vantaggio tali informazioni.

 

 

ARTICOLO 14

 

Art. 2638 c.c. (ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza) Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità imposte dalla legge, al fine di ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fati non rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni.

Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, intenzionalmente ne ostacolano le funzioni.

La pena è dell’arresto fino ad un anno o dell’ammenda fino a € 10.329,14, se le funzioni di vigilanza vengono comunque ostacolate, fuori dei casi previsti dai commi  precedenti.

 

1. Reato - caratteristiche

Il reato de quo può essere commesso con tre distinte modalità.

La prima, prevista nel I° comma, consiste nella comunicazione all’autorità di vigilanza di fatti non rispondenti al vero rispetto alla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dell’azienda ovvero mediante fraudolento occultamento di tali situazioni.

La seconda fattispecie è rappresentata da qualsiasi comportamento, anche omissivo, che sia intenzionalmente diretto ad ostacolare le funzioni delle autorità di vigilanza.

La terza ipotesi, di natura contravvenzionale, riguarda tutti i casi in cui vengano comunque ostacolate le funzioni di vigilanza.

Mediante tale reato, si persegue la tutela delle funzioni di garanzia e controllo, attribuite dalla legge alle autorità di vigilanza, che verrebbero pregiudicata da informazioni mendaci o dall’omissione di informazioni circa la reale situazione economico patrimoniale delle società.

Si tratta di un reato tipico che può essere commesso esclusivamente dagli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società, enti e soggetti sottoposti per legge all’autorità pubbliche di vigilanza.

La prima fattispecie sembrerebbe richiedere il dolo specifico, ovvero la consapevolezza di comunicare false informazioni od omettere informazioni, invece dovute, al fine di ostacolare le funzioni di vigilanza delle autorità pubbliche.

La seconda fattispecie sembrerebbe richiedere il dolo generico, consistente nell’ostacolare le funzioni delle autorità pubbliche in qualsiasi forma, anche omissiva.

La terza fattispecie, trattandosi di un reato di natura contravvenzionale, è punibile a titolo di dolo o di colpa.

 

2. Area critica

Si rinvia a quanto detto nel commento della disposizione contenuta nel 2624 c.c. di cui al precedente articolo 4.

 

3. Norma etico-pratica

Si rinvia a quanto detto nel commento della disposizione contenuta nel 2624 c.c. di cui al precedente articolo 4.

4. Principi generali di ordine comportamentale

Si rinvia a quanto detto nel commento della disposizione contenuta nel 2624 c.c. di cui al precedente articolo 4.

 

[1] Riguardo ai soggetti attivi sia della fattispecie in oggetto che di tutti gli altri “reati societari”, alla luce dell’esperienza maturata da dottrina e giurisprudenza sotto l’egida delle precedente normativa, si ripropongono una serie di interrogativi. Così ci si chiede se possa essere considerato “amministratore” anche l’amministratore di fatto, od il liquidatore. Ed, ancora se rientri nella dizione di amministratore anche il caso di semplice delega di funzioni gestorie operata all’interno all’organo amministrativo.

Neanche può darsi una risposta certa al quesito se, in caso di delibera assunta collegialmente dall’organo amministrativo, la responsabilità sia di tutti gli amministratori o meno.

Infine ci si chiede se, nel caso di amministratore dissenziente, anche questo sia coinvolto dagli effetti sanzionatori della condotta antigiuridica assunti dagli altri membri del consiglio di amministrazione.

[2] Il leveraged buy out è la particolare tecnica, di origine statunitense, per l’acquisto del controllo di una società. L’operazione, che può congegnarsi in vari modi, in genere prevede che, chi (spesso gli stessi amministratori) intende acquisire il controllo di una società (denominata società target), costituisce un’apposita società per azioni (Newco) con modesto capitale sociale, che ottiene un cospicuo prestito (di regola da una banca) utilizzato nell’acquisto delle azioni della società bersaglio. Conseguito il controllo di quest’ultima, viene deliberata la fusione per incorporazione della stessa nella società acquirente ed il finanziamento da questa ottenuto è rimborsato con gli utili futuri della società bersaglio incorporata e/o con la vendita di parte dell’attività della stessa. E’ vero quindi che la restituzione del prestito concesso alla società acquirente è sostanzialmente garantita dal patrimonio della società bersaglio, del cui valore il finanziatore tiene conto nella concessione del prestito.

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