Il rapporto del Centro Studi di Confcommercio

Il rapporto del Centro Studi di Confcommercio

P:01 D:24-7-2002 T: Fuori dal tunnel della crisi solo nel 2003

DateFormat

24 luglio 2002
SCHEMA

LE PREVISIONI DELL'ECONOMIA ITALIANA 2002-2003

 

 

 

 

 

1. L’ECONOMIA INTERNAZIONALE

 

1.1. Il consuntivo del 2001

 

Il PIL mondiale ha fatto registrare nel 2001 una crescita del 2,5%, dimezzandosi in pratica rispetto all’incremento del 4,7% dell’anno precedente.

 

Questo forte rallentamento è stato determinato da due fattori:

 

·         l’«atterraggio duro» dell’economia americana;

·         la distruzione delle Torri Gemelle a New York nell’azione terroristica dell’11 settembre 2001.

 

In effetti, dopo oltre otto anni di crescita sostenuta ed ininterrotta, il PIL statunitense ha subito una pesante decelerazione, attestandosi su una modesta crescita dell’1,2%, inferiore di oltre due terzi all’incremento del 2000.

 

Il 2001 è venuto così a rappresentare il punto di svolta del ciclo economico mondiale guidato dagli USA, dando luogo ad una fase di rallentamento intenso e prolungato in grado di riassorbire gli eccessi, soprattutto speculativi dei mercati finanziari, che avevano caratterizzato quella lunga fase espansiva.

 

La Crescita Del Prodotto

Variazioni % del PIL reale rispetto al periodo precedente

 

 

1998

1999

2000

2001

Stati Uniti

4.3

 

4.1

 

4.1

 

1.2

 

Giappone

-1.0

 

0.7

 

2.2

 

-0.4

 

Unione Europea

3.0

 

2.7

 

3.4

 

1.7

 

   - Area dell’euro

2.9

 

2.6

 

3.4

 

1.5

 

Per memoria:

 

 

 

 

 

 

 

 

Altre economie avanzate

2.2

 

5.0

 

5.3

 

1.6

 

Paesi in via di sviluppo

3.5

 

3.9

 

5.7

 

4.0

 

Mondo

2.8

 

3.6

 

4.7

 

2.5

 

FONTE: IMF, World Economic Outlook, April 2002.

 

La brusca frenata dell’economia americana, quasi ai limiti della recessione, ed il perdurare della preoccupante crisi dell’economia giapponese, hanno finito per determinare un rallentamento sempre più intenso anche nell’economia europea.

 

Nei tre Paesi che da soli rappresentano ben il 70% del PIL dell’area dell’euro, cioè Francia, Germania ed Italia, l’ultimo trimestre del 2001 si è chiuso con una crescita negativa dell’ordine dello 0,2-0,3% rispetto al trimestre precedente, che ha ridotto l’incremento medio dell’anno al di sotto del 2,0% per Francia e Italia ed appena allo 0,6% per la Germania.

 

I risultati deludenti del terzo e del quarto trimestre 2001 in tutte le economie industriali, in parte già imputabili all’esaurirsi del ciclo espansivo, sono stati amplificati dagli effetti diretti ed indiretti dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre e dalla risposta degli americani e dei loro alleati.

 

È comunque inevitabile che il 2002 sconti una minor crescita del PIL mondiale, rispetto alle previsioni ante-11 settembre, quantificabile in alcuni decimi di punto, lasciandolo, sostanzialmente, sullo stesso profilo di crescita del 2001.

 

Questa è infatti la stima approssimativa e prudenziale dell’impatto sulle attività economiche dei danni arrecati al settore dei trasporti, aereo e merci, al turismo internazionale, alla circolazione delle persone e di mezzi finanziari, alla fornitura di servizi assicurativi.

 

L’effetto Twin Towers ha pesato particolarmente sul volume mondiale degli scambi di merci e servizi, già indebolito dal rallentamento ciclico iniziato nella prima metà del 2001 in tutte le economie avanzate.

 

Il commercio mondiale misurato in quantità, infatti, ha subito un vero e proprio crollo, passando dal 12,4% del 2000 ad una flessione dello 0,2% del 2001, contribuendo a deprimere le economie di quei Paesi maggiormente dipendenti dalla domanda estera, come quelle europee.

 

 

1.2. Le previsioni per il biennio 2002-2003

 

L’andamento delle maggiori economie dell’area OCSE nel prossimo biennio riflette, nelle previsioni dei principali organismi internazionali, un maggiore ottimismo, derivante dalla tenuta dell’economia americana, pur in rallentamento, e da un ridimensionamento delle ricadute negative degli eventi dell’11 settembre.

 

La gran parte degli analisti, infatti, concorda nel ritenere ormai superata la fase flettente del ciclo economico, anche se sono da verificare gli effetti di medio periodo sull’economia americana dello scandalo Enron e della gravissime irregolarità contabili della Worldcom, per mascherare perdite superiori ai 4 miliardi di dollari. Il rischio, non solo teorico, è quello di innescare una crisi di fiducia nelle imprese e nei mercati finanziari, coinvolgendo di riflesso, attraverso i grandi gruppi bancari europei, anche le economie dell’area euro.

 

I Principali Indicatori Macroeconomici Per Le Economie Avanzate

(Variazioni % rispetto al periodo precedente se non altrimenti specificato)

 

2000

2001

2002

2003

 

PIL reale

Stati Uniti

4.1

 

1.2

 

2.3

 

3.4

 

Giappone

2.2

 

-0.4

 

-1.0

 

0.8

 

Area Euro

3.4

 

1.5

 

1.4

 

2.9

 

Unione Europea

3.4

 

1.7

 

1.5

 

2.9

 

Totale Economie Avanzate

3.9

 

1.2

 

1.7

 

3.0

 

 

Domanda interna reale

Stati Uniti

4.8

 

1.3

 

3.1

 

3.8

 

Giappone

1.8

 

0.3

 

-1.3

 

0.4

 

Area Euro

2.8

 

0.9

 

1.2

 

2.8

 

Unione Europea

3.1

 

1.2

 

1.6

 

2.8

 

Totale Economie Avanzate

3.8

 

1.0

 

2.0

 

3.1

 

 

Inflazione (a)

Stati Uniti

3.4

 

2.8

 

1.4

 

2.4

 

Giappone

-0.8

 

-0.7

 

-1.4

 

-0.5

 

Area Euro

2.3

 

2.6

 

2.0

 

1.8

 

Unione Europea

2.4

 

2.6

 

1.9

 

1.6

 

Totale Economie Avanzate

2.3

 

2.2

 

1.3

 

1.8

 

 

Disoccupazione (in % della forza-lavoro)

Stati Uniti

4.0

 

4.8

 

5.5

 

5.3

 

Giappone

4.7

 

5.0

 

5.8

 

5.7

 

Area Euro

8.8

 

8.3

 

8.5

 

8.2

 

Unione Europea

8.2

 

7.7

 

7.9

 

7.7

 

Totale Economie Avanzate

5.8

 

6.0

 

6.4

 

6.2

 

 

Saldo partite correnti (in % del PIL)

Stati Uniti

-4.5

 

-4.1

 

-4.1

 

-4.0

 

Giappone

2.5

 

2.1

 

2.9

 

3.4

 

Area Euro

-0.2

 

0.7

 

0.8

 

0.8

 

Unione Europea

-0.4

 

0.4

 

0.4

 

0.4

 

Totale Economie Avanzate

-1.0

 

-0.8

 

-0.8

 

-0.7

 

 

2000

 

2001

 

2002

 

2003

 

Commercio mondiale

12.4

 

-0.2

 

2.5

 

6.6

 

(a) Indice generale dei prezzi al consumo

FONTE: IMF, World Economic Outlook, April 2002.

 

Secondo l’ultima stima effettuata dal Bureau of Economic Analysis, il PIL statunitense del primo trimestre 2002 è stato rivisto al rialzo dal 5,6% al 6,1%, il livello di crescita più elevato dell’ultimo biennio, che denota la rapida ripresa dell’economia dopo la recessione del terzo trimestre 2001.

 

La nuova accelerazione è stata determinata da un miglioramento delle esportazioni nette, dovuto ad una revisione al ribasso delle importazioni di beni, da una revisione delle scorte e da una tenuta dei consumi delle famiglie e della spesa pubblica, a cominciare dal comparto della difesa, in funzione anti-terrorismo.

 

La Federal Reserve lascia per il momento invariati i tassi d’interesse, nell’attesa di verificare se e quando la ripresa si consoliderà, anche perché la spinta espansiva potrebbe risultare meno sostenuta a causa di un ridimensionamento della domanda finale per consumi e degli investimenti aziendali per la ricostituzione delle scorte. Questa componente, infatti, ha evidenziato nel primo trimestre una flessione superiore al 6%, sebbene inferiore di oltre la metà alla consistente riduzione del 13,8% dell’ultimo trimestre 2001.

 

Il 2002 sarà comunque un anno di limitata espansione per le principali aree economiche, con una crescita inferiore al 2% sia per il PIL, sia per la domanda interna, in tutti i paesi OCSE.

 

Questo basso profilo è imputabile ad un ritmo estremamente contenuto del commercio mondiale, appena il 2,5%, che dovrebbe portarsi al 6,6% nel 2003 dando un maggiore impulso a tutte le economie, anche se il saldo delle partite correnti in percentuale del PIL continua a rimanere su livelli allarmanti per gli USA (oltre il 4% nel 2002 e nel 2003) e contribuirà in misura modesta alla crescita dei Paesi dell’area euro.

 

Le economie avanzate, soprattutto nell’area euro, grazie ad un ammorbidimento del vincolo sul rapporto indebitamento/PIL, che porterebbe a politiche fiscali più accomodanti e più efficaci nello stimolare il ciclo espansivo, dovrebbero tornare a crescere nel 2003 su ritmi prossimi o superiori al 3% sia in termini di prodotto, sia in termini di consumi ed investimenti, anche se con livelli della disoccupazione più elevati di quasi un punto per gli USA (5,5% circa) e sostanzialmente stabili al di sopra dell’8% per l’area dell’euro.

 

Il processo di rientro dall’inflazione, arrestatosi nel biennio 2000-01, dovrebbe riprendere a partire proprio da quest’anno e riportare l’incremento medio dei prezzi nel 2003 al di sotto del 2% in tutti i Paesi dell’area OCSE, tranne che negli USA, dove si prevedono maggiori tensioni sui prezzi tali da portare l’incremento medio al 2,4%.

 

 

2. L'ECONOMIA ITALIANA

 

2.1. Il consuntivo del 2001

 

In linea con quanto avvenuto nelle principali economie industrializzate nel corso del 2001 si sono intensificati anche in Italia i segnali di rallentamento produttivo.

 

A consuntivo il PIL, in termini reali, è aumentato lo scorso anno dell’1,8%, valore decisamente più contenuto rispetto al 2000 (+2,9%), ma sostanzialmente in linea con le dinamiche riscontrate nella seconda metà degli anni '90.

 

Conto Economico Risorse E Impieghi

PREZZI 1995 (Variazioni % sull’anno precedente)

 

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato

1,1

2,0

1,8

1,6

2,9

1,8

Importazioni di beni e servizi fob

- 0,3

10,1

8,9

5,3

9,4

0,2

Consumi nazionali

1,2

2,5

2,5

2,2

2,5

1,4

- Spesa delle famiglie residenti

1,2

3,2

3,2

2,4

2,7

1,1

- Spesa delle AA.PP. e delle ISP

1,1

0,3

0,3

1,4

1,7

2,3

Investimenti fissi lordi

3,6

2,1

4,0

5,7

6,5

2,4

Esportazioni di beni e servizi fob

0,6

6,4

3,4

0,3

11,7

0,8

 

 

 

 

 

 

 

INFLAZIONE

4,0

2,0

1,9

1,7

2,5

2,8

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Su questa evoluzione hanno pesato gli andamenti delle diverse componenti, estere ed interne della domanda, che hanno evidenziato un deciso rallentamento nel corso dell’anno.

 

 

2.1.1. La domanda estera

 

Il netto ridimensionamento del commercio mondiale ed il progressivo deterioramento del quadro produttivo interno hanno determinato nel corso del 2001 una netta decelerazione delle importazioni e delle esportazioni italiane.

 

In particolare si segnala come nella media del 2001 le esportazioni di beni e servizi siano aumentate in termini reali dello 0,8%, valore nettamente più contenuto rispetto all’11,7% del 2000.

 

A mantenere positiva la domanda dall’estero ha contribuito la tenuta delle esportazioni di servizi aumentate nell’anno del 3% a fronte di una sostanziale stagnazione delle merci (0,3%).

 

Un contributo negativo è derivato anche dagli acquisti dei non residenti, in conseguenza del rallentamento dei flussi turistici, diminuiti nel 2001 del 5,4% (+8,4% nel 2000).

 

Relativamente alla domanda verso l’estero si evidenzia come nel 2001 le importazioni siano risultate sostanzialmente stagnanti con una crescita, in termini quantitativi, nella media dell’anno dello 0,2%, (+9,7% nel 2000).

 

Anche in questo caso si è riscontrato un andamento di merci e servizi articolato, in quanto a fronte di un calo della domanda di beni (-0,2%) i servizi hanno mostrato una crescita dell’1,6%.

 

Anche sull’import ha gravato un rallentamento dei flussi turistici con un calo degli acquisti degli italiani all’estero pari al 5,5%, amplificando la tendenza già registrata nel 2000 (-3,2%).

 

La tendenza ad un ridimensionamento più sensibile delle importazioni di beni rispetto alle esportazioni associata al calo dei prezzi dei prodotti energetici ha comportato, dopo cinque anni, una crescita dell’attivo della bilancia commerciale.

 

Dall’analisi degli interscambi per area si risconta come sul ridimensionamento dell’export abbia gravato in particolare il rallentamento della domanda proveniente dai Paesi della UE, risultata in valore su livelli sostanzialmente analoghi a quelli dell’anno precedente. Tale evoluzione ha comportato un ulteriore ridimensionamento della quota del nostro export verso i Paesi dell’Unione, scesa al 2001 al 53,7%, contro il 55,5% del 2000.

 

In miglioramento sono risultate, invece le esportazioni verso i Paesi extra UE con tassi di sviluppo particolarmente sostenuti verso la Russia, la Cina ed i Paesi OPEC.

 

 

2.1.2. La domanda interna

 

Nel corso dell’anno si è assistito ad un progressivo rallentamento della dinamica della domanda interna sia per la componente relativa alla spesa delle famiglie, che per gli investimenti.

 

In controtendenza è risultata, invece, la spesa delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni senza fini di lucro, cresciuta del 2,3% in termini reali in accelerazione rispetto all’1,7% dell’anno precedente.

 

 

La spesa delle famiglie

 

Il rallentamento economico registrato lo scorso anno è stato determinato in larga misura dalla decelerazione registrata nel 2001 dalla spesa delle famiglie.

 

Nella media dell’anno questa componente ha evidenziato una crescita in termini reali dell'1,1% valore nettamente più basso di quello riscontrato nel 2000 e nella media degli ultimi anni.

 

A questo andamento ha contribuito in misura rilevante la scarsa dinamicità della domanda relativa ai beni, il cui incremento in termini reali è stato solo dello 0,3%, con una netta diminuzione della domanda per beni durevoli (-1,5%).

 

Spesa Sul Territorio Nazionale Per Tipologia

 

Variazioni % sull’anno precedente- Prezzi 1995

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

 T O T A L E

0,8

3,3

3,0

2,2

3,1

1,0

BENI

-0,1

4,7

3,2

1,9

2,5

0,3

Beni non durevoli

-0,5

2,1

2,7

1,0

1,5

0,8

Beni durevoli

1,9

16,4

5,0

5,4

5,9

-1,5

SERVIZI

1,9

1,5

2,8

2,6

3,9

1,9

Composizione percentuale – Prezzi correnti

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

 T O T A L E

  100,0

   100,0

  100,0

100,0

 100,0

100,0

BENI

  55,3

 55,6

 55,2

  54,6

  54,0

 53,2

Beni non durevoli

  45,4

 44,6

 44,1

  43,3

 42,7

 42,5

Beni durevoli

  9,9

11,0

 11,1

   11,2

  11,3

  10,7

SERVIZI

  44,7

   44,4

 44,8

45,4

  46,0

 46,8

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

Nonostante il rallentamento registrato nella parte finale dell’anno la domanda per servizi ha evidenziato anche nel 2001 una intonazione sostanzialmente positiva con una crescita dell’1,9% in termini reali (+3,9% nel 2000).

 

Il permanere di un tasso di sviluppo della domanda per servizi più sostenuto rispetto ai beni ha portato ad un ulteriore spostamento della quota di spesa delle famiglie verso questa tipologia di consumo, con una incidenza sul totale prossima ormai al 47%.

 

Il contenuto andamento della spesa delle famiglie riscontrato lo scorso anno sembra in contrasto con l’evoluzione registrata dal lato del reddito disponibile delle famiglie, che ha mostrato nel 2001 un aumento in termini nominali del 4,8%, segnalando un incremento del potere d’acquisto dell’1,9%.

 

Il combinarsi delle dinamiche del reddito e del consumo ha determinato nel 2001 un, sia pur contenuto, aumento della propensione al risparmio passata dall’11,8% del 2000 al 12,4% del 2001, invertendo una tendenza che si protraeva da quasi un decennio.

 

Propensione Al Risparmio E Al Consumo Delle Famiglie

 

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

 

 

 

 

 

 

 

PROPENSIONE AL CONSUMO

79,2

82,1

85,3

87,3

88,2

87,6

 

 

 

 

 

 

 

PROPENSIONE AL RISPARMIO

20,8

17,9

14,7

12,7

11,8

12,4

 

 

 

 

 

 

 

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Il mutamento registrato nei comportamenti delle famiglie è derivato presumibilmente dalla necessità di ritornare su funzioni di risparmio ritenute meno «rischiose» in conseguenza del minor rendimento delle rendite finanziarie e della diminuzione del valore del capitale investito sui mercati azionari, in un contesto che ha visto un peggioramento delle aspettative delle famiglie.

 

Nel corso del 2001 si sono, infatti, amplificati i timori relativi alla tenuta delle dinamiche dei redditi derivanti da lavoro autonomo e da lavoro dipendente, che avevano sostenuto negli ultimi anni la capacità di spesa delle famiglie.

 


L'evoluzione dei consumi delle famiglie per capitoli di spesa

 

La modesta evoluzione dei consumi sul territorio italiano rilevata dall'ISTAT nel corso del 2001 (+1,0% contro una crescita del 3,1% nel 2000) è la sintesi di andamenti differenziati tra i diversi capitoli di spesa, riflettendo i comportamenti di consumo delle famiglie italiane.

Se è rimasto praticamente fermo il capitolo riguardante l'alimentare e le bevande non alcoliche (0,0% nel 2001 dopo un +2,0% nel 2000), al suo interno si distingue da un lato il forte aumento (+6,1%) della voce acque minerali, bevande gassate e succhi, dall'altro il calo più accentuato rispetto agli anni precedenti della carne (-4,2%), che ha risentito dei noti problemi legati alla qualità del prodotto; anche se in misura minore rispetto al 2000 è rimasto elevato il tasso di sviluppo del consumo di pesce (+2,0%).

A contribuire al rallentamento dei consumi è stata la principalmente la flessione della spesa in beni durevoli (-1,5%) che ha riguardato particolarmente l'acquisto di mezzi di trasporto (-3,8%), di mobili (-1,2%) e in misura minore gli elettrodomestici (-0,1%).

In ripresa le spese per il vestiario (+3,5%) che dal 1999 registravano tassi di crescita non molto elevati e per una serie di articoli casalinghi, in particolare cristalleria e utensili per la casa (+3,6%) e attrezzature per la casa e il giardino (+3,3%).

Dopo che negli anni passati la voce tv, hi-fi, computer e strumenti fotografici ha raggiunto valori di crescita elevatissimi (+19,8% nel 1999, +17,8 nel 2000) sulla spinta di una forte propensione da parte delle famiglie ad acquisire strumenti relativi all'elettronica di consumo, nel 2001 l’incremento è stato più contenuto (+5,3%) presumibilmente per l'esaurirsi della necessità di rinnovo di tali beni.

Nel 2001 la spesa destinata all'abitazione, che per l'81% delle famiglie italiane è di proprietà, ha evidenziato una tendenza alla ripresa soprattutto per la fornitura d'acqua (+2,6%), energia elettrica e combustibili (+1,7%) e fitti (+1,4%).

Nel campo dei servizi la voce comunicazione è cresciuta del 4,3%, ma la suo interno si distingue il forte calo della spesa per telefoni ed equipaggiamento telefonico (-5,6% nel 2001 contro +25,7% nel 2000) ,che sembra indicare l'esaurirsi dell'onda lunga che ha portato negli anni passati ad una diffusione capillare dei telefoni cellulari, e ciò è confermato dal fatto che ormai oltre i due terzi delle famiglie italiane ne possiede almeno uno, mentre circa l'88% dispone nella propria abitazione di una linea telefonica fissa.

Anche nel 2001 è risultato in evidenza il consumo di pasti fuori casa, proseguendo in un trend che ha visto negli ultimi anni uno sviluppo della spesa per servizi di ristorazione a tassi più elevati rispetto al totale dei consumi; La tendenza ad incrementare i consumi alimentari fuori casa continua, comunque, ad essere più radicata nelle regioni del Centro-Nord rispetto al Mezzogiorno dove la spesa media mensile seppur in crescita è nettamente inferiore al resto del Paese.

Dopo il picco registrato nel 2000 (+9,3%) il ritmo di crescita di questa componente del consumo si è, tuttavia, nettamente ridimensionato con un incremento nel 2001 di poco inferiore al 3%.

Su tale risultato ha influito oltre al rallentamento dei flussi turistici la diffusione di un clima di insicurezza dopo i fatti terroristici dell'11 Settembre, che ha favorito la tendenza da parte delle famiglie ad un ritorno al consumo casalingo.

Più contenute sono risultate nel 2001 rispetto all’anno precedente le spese per servizi di alloggio (+1,9% ) e per i servizi ricreativi e culturali (+0,8%) dopo l'incremento eccezionale in occasione del Giubileo 2000 (rispettivamente +7% e +8,3%). Anche in questo caso ha pesato, per la parte finale del 2001, l'effetto 11 Settembre.

 

 

 

 

Spesa Per Consumi Delle Famiglie (Variazioni % sull’anno precedente)

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

Alimentari e bevande non alcoliche

- 1,1

1,8

0,7

- 0,2

2,0

- 0,0

- Pane e cereali     

3,3

2,0

1,7

0,6

3,4

1,0

- Carne         

- 3,9

0,3

- 0,4

- 0,5

- 0,1

- 4,2

- Pesce         

0,7

2,2

1,0

2,4

3,2

2,0

- Latte, formaggi e uova

- 1,4

3,0

- 0,5

- 0,5

2,2

0,5

- Oli e grassi       

- 3,8

5,0

3,5

- 3,5

- 3,2

0,5

- Frutta             

- 5,4

0,8

- 1,4

1,0

3,5

0,5

- Vegetali incluse le patate

0,6

0,8

0,6

- 2,1

1,5

1,2

- Zucchero, marmellata, ecc.

- 0,2

3,1

1,5

- 1,3

4,0

0,4

- Generi alimentari n.a.c.

- 7,1

- 0,6

2,2

3,0

7,9

1,6

- Caffe', te' e cacao

3,6

0,5

0,5

2,8

2,4

1,0

- Acque minerali, bevande gassate e succhi

- 0,5

4,2

3,6

2,7

6,6

6,1

Bevande alcoliche e tabacco

0,1

- 0,2

- 0,3

2,5

3,3

2,0

- Bevande alcoliche

- 2,1

- 1,0

- 0,8

- 1,0

- 0,0

0,1

- Tabacchi

1,2

0,1

- 0,1

4,1

4,7

2,8

Vestiario e calzature

- 0,8

3,9

4,4

0,3

1,5

2,9

- Vestiario

- 0,4

3,7

5,2

0,3

1,6

3,5

- Calzature

- 2,1

4,7

1,6

0,6

1,1

0,5

Abitazione, acqua, elettricità, gas ed altri combustibili

1,9

- 0,3

1,2

1,2

- 0,2

1,4

 -Fitti

2,2

0,4

0,1

0,1

0,3

1,4

- Manutenzione dell'abitazione

- 0,5

- 1,7

0,7

1,5

4,3

- 0,2

- Fornitura di acqua e altri servizi per l'abitazione

- 2,0

1,7

3,9

- 0,2

- 3,6

2,6

- Energia elettrica, gas e altri combustibili

3,1

- 2,8

4,4

5,3

- 2,3

1,7

Mobili, elettrodomestici e manutenzione casa

- 0,2

2,4

4,1

4,6

1,4

0,1

- Mobili e riparazioni

- 0,2

1,3

3,5

4,5

2,6

- 1,2

- Biancheria e altri articoli tessili per la casa

2,1

4,2

4,6

- 1,0

- 0,7

- 1,0

- Elettrodomestici e riparazioni

- 4,6

4,1

8,4

12,4

3,2

- 0,1

- Cristalleria, vasellame e utensili per la casa

3,0

4,3

5,8

4,4

2,9

3,6

- Utensili e attrezzature per la casa e il giardino

4,2

4,9

5,2

3,0

0,6

3,3

- Beni e servizi per la manutenzione della casa

- 0,0

2,2

2,3

2,5

- 1,3

1,1

Servizi sanitari

2,1

3,1

1,9

0,4

0,5

- 5,5

- Prodotti medicinali e farmaceutici

2,6

3,6

1,3

1,7

1,5

- 10,5

- Servizi medici e paramedici non ospedalieri

3,7

3,8

1,1

- 0,9

- 2,4

1,7

- Servizi ospedalieri

- 5,7

- 2,4

7,9

- 1,5

6,5

- 5,6

Trasporti

- 0,1

11,2

3,1

- 0,2

1,5

- 0,8

- Acquisto di mezzi di trasporto

0,8

40,7

1,8

- 1,4

3,0

- 3,8

- Spese esercizio mezzi di trasporto esclusi i combustibili

- 1,2

0,5

3,8

1,0

1,9

0,7

- Combustibili e lubrificanti

1,4

0,3

3,3

- 1,8

- 4,2

1,4

- Servizi di trasporto

- 1,0

2,5

4,4

1,7

4,9

- 0,4

Comunicazioni

13,5

14,2

14,6

20,0

17,6

4,3

- Servizi postali    

4,6

- 0,3

1,2

2,2

1,7

- 0,1

- Telefoni ed equipaggiamento telefonico

24,8

30,4

24,9

26,4

25,7

- 5,6

- Servizi telefonici, telegrafi e telefax

10,5

9,2

11,1

18,2

14,2

10,7

Ricreazione e cultura

3,9

4,1

3,6

4,6

7,9

1,5

- TV, Hi-Fi, computer, fotografia

- 0,6

13,5

4,3

19,8

17,8

5,3

- Altri beni durevoli per la ricreazione e la cultura

4,4

6,0

3,1

- 3,0

6,8

3,9

- Altri articoli ricreativi, piante, animali domestici

0,9

6,9

3,3

1,0

5,2

2,5

- Servizi ricreativi e culturali

9,5

3,2

5,3

5,4

8,3

0,8

- Giornali, libri e cancelleria

0,9

- 0,6

2,0

- 0,0

3,6

- 1,1

- Vacanze organizzate

7,6

3,6

- 0,8

7,3

11,1

0,2

Istruzione

2,1

0,5

0,2

1,0

2,4

1,2

Alberghi e ristoranti

2,1

1,5

2,9

3,3

8,7

2,6

- Servizi di ristorazione

2,4

1,8

3,0

3,4

9,3

2,9

- Servizi di alloggio

1,2

0,7

2,6

3,1

7,0

1,9

Beni e servizi vari

- 1,2

2,9

6,9

3,7

3,2

1,6

- Beni e servizi per l'igiene

- 2,9

2,6

4,6

2,7

2,6

1,0

- Articoli personali n.a.c.

0,1

6,4

7,4

0,6

0,3

3,4

- Servizi sociali

9,1

0,7

6,7

3,8

5,3

3,8

- Assicurazioni

- 4,9

- 3,5

7,2

8,5

1,0

1,8

- Servizi finanziari n.a.c.

0,5

5,7

16,0

6,8

7,2

- 5,0

- Altri servizi n.a.c.

0,9

5,4

6,3

3,8

9,4

2,7

Totale sul territorio economico

0,8

3,3

3,0

2,2

3,1

1,0

 


Il risparmio e la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane

 

Il 2001 ha modificato in misura consistente i comportamenti delle famiglie italiane, a causa della situazione di grande incertezza venutasi a creare per il rallentamento ciclico delle economie di tutti i paesi industriali ed il crollo degli indici azionari, soprattutto dopo gli eventi dell’11 settembre.

Rispetto al 2000, infatti, la propensione al risparmio è aumentata di 7 decimi di punto in termini di reddito disponibile, corrispondenti cioè a quasi 6 miliardi di euro, con una ricomposizione della componente finanziaria del risparmio a tutto vantaggio di investimenti in attività a basso rischio.

Nella seconda metà degli anni novanta, le famiglie italiane avevano rimodellato le proprie attività finanziarie secondo le linee di tendenza degli altri tre maggiori Paesi continentali dell’area euro (Germania, Francia, Spagna), quasi dimezzando sia la quota del circolante e dei depositi, sia la quota dei titoli di stato, incrementando invece di oltre il doppio la componente in azioni e quote di fondi comuni, con una crescita anche del peso degli accantonamenti destinati alle polizze vita ed ai fondi pensione, pur rimanendo, per questa voce, sensibilmente al di sotto della media dei Paesi euro.

 

Composizione Delle Attività Finanziarie Delle Famiglie

(dati di fine periodo)

 

Paesi

 

Anni

 

Circolante

e depositi

 

 

Titoli

 

Azioni (1) e

quote di

fondi comuni

 

Altre

attività

(2)

Per memoria:

Attività

finanziarie

Passività

finanziarie

 

 

 

(consistenze; quote % sul totale)

 

 

 

(consistenze;

in rapporto al PIL)

 

Francia

1995

36.0

 

5.1

 

34.1

 

24.8

 

1.65

 

0.43

 

2000

25.5

 

2.3

 

45.8

 

26.4

 

2.34

 

0.46

 

Germania

1995

41.7

 

13.5

 

18.0

 

26.8

 

1.49

 

0.63

 

2000

33.9

 

10.2

 

26.9

 

29.0

 

1.80

 

0.74

 

Giappone

1995

49.7

 

6.8

 

13.8

 

29.7

 

2.55

 

0.81

 

2000

53.0

 

4.4

 

10.9

 

31.7

 

2.76

 

0.76

 

Italia

1995

40.1

 

30.5

 

17.8

 

11.6

 

1.89

 

0.23

 

2000

24.7

 

18.9

 

42.9

 

13.5

 

2.27

 

0.30

 

Regno Unito

1995

24.2

 

1.6

 

19.5

 

54.7

 

2.61

 

0.71

 

2000

22.2

 

1.3

 

23.2

 

53.3

 

2.99

 

0.77

 

Stati Uniti

1995

15.3

 

8.9

 

45.0

 

30.8

 

2.92

 

0.69

 

2000

13.5

 

6.1

 

48.7

 

31.7

 

3.41

 

0.76

 

Per memoria:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Euro 4 (3)

1995

40.7

 

14.0

 

23.4

 

21.9

 

1.61

 

0.48

 

2000

29.3

 

9.0

 

38.7

 

23.0

 

2.06

 

0.55

 

(1)    Comprendono le partecipazioni

(2)   Riserve tecniche di assicurazione e fondi pensione

(3)   Francia, Germania, Italia, Spagna

FONTE: Banca d’Italia, Relazione Annuale, 2002.

 

Nel 2001 però, il progressivo deterioramento di tutte le forme di rendimento finanziario ha restituito importanza anche a quelle forme conosciute come attività dominate (circolante e depositi in conto corrente), riportandone la quota al 27,4%, in quanto si è ridotto il costo-opportunità di questi strumenti, misurato dalla rinuncia a tassi d’interesse calanti su attività alternative a breve termine.

In altre parole, le famiglie hanno preferito detenere una maggiore quota di risparmio sotto forma di biglietti, monete e depositi a vista, come testimonia il consistente flusso del 2001 pari ad oltre 19 miliardi di euro, perché deluse dagli andamenti di altre forme, come il risparmio gestito o quello obbligazionario.

Il rendimento medio dei BOT si è infatti più che dimezzato tra il 1996 ed il 2001, passando dall’8,5% al 4,1%. Tale flessione ha anche interessato sia i titoli di stato a lungo termine (BTP), con rendimenti lordi dal 9,1% al 5,2%, sia le obbligazioni a tasso fisso, dal 9,1% al 5,3%.


Analogo deludente andamento ha contrassegnato le varie tipologie di fondi comuni di investimento, come evidenzia la flessione di oltre il 9% dell’indice Fideuram, relativo ai rendimenti dei fondi italiani, dopo l’incremento di quasi il 7,5% registratosi nel 2000 rispetto al 1999.

Sul fronte dei corsi azionari la contrazione ha assunto nel 2001 proporzioni ben più consistenti, superando il 25% con il MIB storico, che sintetizza gli andamenti dell’intero mercato, raggiungendo picchi negativi di oltre il 31% nei titoli bancari, della distribuzione commerciale, elettronici ed elettrici, sino a superare il 51% nel settore dei media e dell’editoria.

Le performances negative dei rendimenti delle varie forme di investimento finanziario hanno ridimensionato lo stock delle attività finanziarie delle famiglie a poco più di 2.400 miliardi di euro, quasi il 9% in meno rispetto al 2000.

Alla flessione hanno contribuito proprio quegli investimenti di portafoglio ai quali è ricollegato l’effetto-ricchezza: vale a dire le azioni e le altre partecipazioni, il cui valore di mercato si è ridotto dai circa 750 miliardi di euro del 2000 ai 477 miliardi del 2001(-36,4%), e le quote di fondi comuni, passate dagli oltre 455 miliardi di euro del 2000 ai 402 miliardi del 2001 (-11,7%).

Va precisato che il ridimensionamento del valore delle azioni e partecipazioni detenute dalle famiglie risulta superiore alla flessione segnalata dal MIB storico per due ordini di ragioni:

·         la riduzione del valore potrebbe riflettere non solo la diminuzione del prezzo, ma anche un disinvestimento da parte delle famiglie, con una riduzione delle quantità di titoli azionari posseduti;

·         il MIB storico ha un valore puramente indicativo, esprimendo le tendenze di fondo del mercato azionario, in quanto solo il 18% circa dei titoli detenuti dalle famiglie è emesso da società quotate, mentre il rimanente 82% appartiene a società non quotate e dunque valutate con criteri indiretti.

Il minor valore delle quote di fondi comuni, in possesso delle famiglie, non sembra invece discostarsi troppo dal deprezzamento segnalato nel 2001 dall’indice Fideuram.

Un’ultima considerazione può essere suggerita dalla composizione della ricchezza totale delle famiglie, che continua ad essere dominata dalle attività reali, cioè beni immobili, aziende ed oggetti di valore, la cui quota nel decennio 1991-2000 si è ridotta di poco più di un punto percentuale, passando dal 78,1% al 76,9%, con un peso crescente negli anni, al suo interno della quota di immobili, dal 55,2% al 62,2%.

In altri termini, le attività finanziarie continuano a rimanere ben al di sotto del 25% nel portafoglio delle famiglie italiane, al contrario degli Stati Uniti dove superavano nel 2000 il 70%.

La modestia della quota italiana consente, tuttavia, di ridurre l’impatto negativo del cattivo andamento del risparmio finanziario, sebbene in Italia l’evidenza empirica di effetti-ricchezza significativi sui consumi sia scarsa, in parte per la difficoltà di realizzare guadagni in conto capitale sugli immobili, in parte per il peso contenuto, rispetto ad altri Paesi, di attività finanziarie scambiate sui mercati regolamentati e, quindi, rapidamente liquidabili.

 


Gli investimenti

 

Anche per la componente relativa agli investimenti nel corso del 2001 si è riscontrata una netta tendenza alla decelerazione, con una crescita in termini reali del 2,4% contro il 6,5% del 2000.

 

Investimenti Per Branca Produttrice

PREZZI 1995 (Variazioni % sull’anno precedente)

 

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

Costruzioni

3,6

-2,0

-0,2

2,8

5,6

3,7

       Abitazioni

-1,4

-2,8

-0,6

1,8

5,2

3,0

       Altre costruzioni

10,8

-0,8

0,3

4,1

6,0

4,5

Macchine, attrezzature e prodotti vari

3,3

6,9

4,5

5,2

6,1

0,3

Mezzi di trasporto

2,6

0,8

17,9

16,8

10,0

4,4

Investimenti immateriali

11,0

1,6

11,0

10,0

9,1

5,3

Totale investimenti fissi lordi

3,6

2,1

4,0

5,7

6,5

2,4

 

 

 

 

 

 

 

-  Investimenti fissi netti

6,7

1,3

7,2

12,0

13,5

1,0

-  Ammortamenti

2,4

2,4

2,6

2,9

3,2

3,1

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Il rallentamento nel processo di accumulazione è derivato dal contenuto sviluppo dei nuovi investimenti, in quanto l’incremento al netto degli ammortamenti è stato dell’1,0% contro il 13,5% dell’anno precedente.

 

Dall’analisi delle diverse tipologie di investimenti si evidenzia come lo scorso anno vi siano state dinamiche articolate, conseguenza del quadro economico di riferimento.

 

In particolare si è riscontrata una netta decelerazione degli acquisti di macchine ed attrezzature (0,3% contro il 6,1% del 2000), dopo alcuni anni di sensibile espansione. Su tale dinamica ha gravato il progressivo indebolimento dell’attività produttiva, che ha indotto le imprese a non espandere la propria capacità.

 

Anche per la componente relativa ai mezzi di trasporto dopo alcuni anni di sensibile espansione il 2001 si è configurato come un anno di attenuazione del processo di accumulazione. Su tale andamento sembra aver influito anche l’attesa dell’approvazione della Legge Tremonti bis, che ha spinto le imprese nel secondo e terzo trimestre a procrastinare questa tipologia di investimento.

 

Meno sensibile è risultata la tendenza alla decelerazione degli investimenti in costruzioni, aumentati del 3,7% contro il 5,6% del 2000. A tale andamento hanno contribuito entrambe le componenti dell’edilizia residenziale e non residenziale che hanno beneficiato sia del protrarsi degli incentivi al settore edilizio, sia della ripresa del mercato immobiliare.

 

 

2.1.3. Il mercato del lavoro

 

Il rallentamento produttivo registrato nel corso del 2001 non si è riflesso sulle dinamiche occupazionali: la crescita di 435mila unità rappresenta, infatti, il risultato più positivo degli ultimi dieci anni.

 

La dinamica, in linea con quanto avvenuto negli anni più recenti, è imputabile in misura particolarmente significativa alla componente femminile dell’occupazione, per la quale l’incremento è risultato pari a 296 mila unità, e alle posizioni dipendenti che hanno registrato una crescita di 386 mila unità, circa il 90% dei nuovi posti di lavoro creati lo scorso anno.

 

Occorre tuttavia sottolineare che all’interno della componente dipendente si è registrata una inversione di tendenza rispetto alle dinamiche riscontrate negli ultimi anni: si è interrotta la diffusione dell’occupazione temporanea ed è rallentata la crescita di quella part-time, a favore forme contrattuali «tradizionali».

 

L’occupazione

(Dati in migliaia- Variazioni assolute sul periodo corrispondente)

 

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

OCCUPATI

99

82

228

256

388

435

  Maschi

-16

12

75

68

158

139

  Femmine

115

70

153

188

231

296

DIPENDENTI

67

100

177

274

308

386

-pieno

18

31

62

153

186

338

-parziale

49

70

114

121

123

48

 

 

 

 

 

 

 

-permanente

65

17

55

113

189

401

-temporaneo

2

83

122

161

119

-15

 

 

 

 

 

 

 

INDIPENDENTI

32

-18

51

-18

80

49

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Nel corso dell’ultimo anno, infatti, il maggior contributo alla crescita è derivato dall’occupazione permanente a tempo pieno per l’operare degli sgravi contributivi previsti dalla L. 388/00, che hanno probabilmente favorito un effetto sostitutivo piuttosto che un aumento effettivo dell’occupazione.

 

La crescita della base occupazionale, associata ad una decisa riduzione del numero di persone in cerca di lavoro, ha favorito un deciso ridimensionamento del tasso di disoccupazione passato dal 10,6% del 2000 al 9,5% del 2001, il valore più basso dal 1992.

 

La Disoccupazione

 

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

 

(dati in migliaia- variazioni assolute sul periodo corrispondente

DISOCCUPATI

16

35

57

-75

-174

-228

  Maschi

6

8

19

-47

-87

-113

  Femmine

9

27

38

-28

-88

-115

 

 

 

 

 

 

 

TASSO DI DISOCCUPAZIONE

11,6

11,7

11,8

11,4

10,6

9,5

    Maschile

9,0

9,0

9,1

8,8

8,1

7,3

    Femminile

16,1

16,2

16,3

15,7

14,5

13,0

  GIOVANILE

34,1

34,0

33,8

32,9

31,1

28,2

    Maschile

29,8

29,6

29,8

29,2

27,6

25,0

    Femminile

39,5

39,6

39,0

37,4

35,4

32,2

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Evoluzione che ha interessato in misura abbastanza significativa anche la componente giovanile per la quale, comunque, le difficoltà di trovare una occupazione risultano ancora elevate in considerazione di una incidenza delle persone in cerca di lavoro superiore al 28%.

 

Il miglioramento registrato dal mercato del lavoro pur interessando tutte le aree del Paese non ha permesso quella sensibile riduzione dei divari tra centro-nord e mezzogiorno in grado di favorire il riequilibrio territoriale in termini di occupazione.

 

Nel Mezzogiorno la quota di persone in cerca di occupazione sul totale della forza lavoro è risultata pari al 19,3% contro il 5% del Centro Nord.

 

Divario che risulta ancora più consistente se si guarda alla componente giovanile (15-24 anni) per la quale, nonostante la riduzione degli ultimi anni, la percentuale dei senza lavoro nel Mezzogiorno è ancora superiore al 50% contro il 14,6% del Centro Nord.

 

 

Tasso Di Disoccupazione

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

ITALIA

     11,6

     11,7

     11,8

     11,4

     10,6

       9,5

NORD

       6,4

       6,3

       6,1

       5,4

       4,7

       4,0

  Nord ovest

        7,2

7,0

        6,8

        6,0

        5,3

        4,3

  Nord est

        5,4

        5,4

        5,1

        4,6

        3,8

        3,6

CENTRO

       9,9

       9,8

9,5

       9,2

       8,3

       7,4

MEZZOGIORNO

     20,8

     21,3

     21,9

     22,0

     21,0

     19,3

Tasso Di Disoccupazione Giovanile

 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

ITALIA

     34,1

     34,0

     33,8

     32,9

     31,1

     28,2

NORD

     19,1

     18,3

     17,2

     15,3

     13,6

     11,2

  Nord ovest

      22,5

      21,8

      20,6

      18,0

      16,1

      12,6

  Nord est

      14,6

      13,7

      12,7

      11,6

      10,1

        9,3

CENTRO

     34,4

     33,1

     31,0

     29,6

     26,3

     24,2

MEZZOGIORNO

     55,4

     56,3

     56,2

     56,6

     55,0

     50,8

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

2.1.4. La finanza pubblica

 

Il 2001 si è rivelato dal lato della finanza pubblica un anno particolarmente critico.

 

Tale valutazione non scaturisce tanto dalla decisione presa dall’Eurostat ai primi di luglio in materia di cartolarizzazioni, quanto dall’analisi della contabilità delle Amministrazioni Pubbliche resa nota a fine giugno dall’ISTAT.

 

Lo spostamento di alcune voci di entrata al 2002, così come previsto dai regolamenti UE, pur comportando per il 2001 un innalzamento del rapporto deficit/PIL al 2,2% di fatto rappresenta quasi una operazione contabile non implicando di per se un peggioramento tendenziale della finanza pubblica, come invece si evidenzia dall’analisi dei pubblicati dall’ISTAT a fine giugno.

 

Al netto delle operazioni di cartolarizzazione, pari a 6.000 milioni di euro, da questa prima revisione emerge rispetto al dato provvisorio di marzo un peggioramento dell’indebitamento netto di 2.300 milioni di euro.

 

Sulla base di questa nuova contabilizzazione il rapporto deficit /PIL era pertanto già salito all’1,6%, valore più elevato di due decimi di punto rispetto alla stima diffusa a marzo, ma di ben 8 decimi rispetto agli obiettivi fissati nel Patto di stabilità.

 

Conto Economico Consolidato Delle Amministrazioni Pubbliche

(Milioni di euro)

 

 

DATI MARZO 2001

 

DATI GIUGNO 2001

 

DIFFERENZE ASSOLUTE

 

2000

2001

 

2000

2001

 

2000

2001

USCITE

 

 

 

 

 

 

 

 

Spesa per consumi finali

212.187

223.433

 

212.187

224.663

 

0

1.230

 - prestazioni sociali in natura acquistate direttamente sul mercato

25.930

28.489

 

25.930

29.620

 

0

1.131

Prestazioni sociali in denaro

195.344

202.728

 

195.344

202.728

 

0

0

Altre uscite correnti

28.636

29.785

 

28.636

29.701

 

0

-84

Uscite correnti al netto interessi

436.167

455.946

 

436.167

457.092

 

0

1.146

Totale uscite correnti

511.432

533.057

 

511.432

534.225

 

0

1.168

Totale uscite in c/capitale

29.459

41.760

 

29.670

42.580

 

211

820

Totale uscite complessive

540.891

574.817

 

541.102

576.805

 

211

1.988

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

 

 

Totale entrate correnti

529.523

553.959

 

529.628

553.376

 

105

-583

Totale entrate in c/capitale

5.105

3.244

 

5.105

3.421

 

0

177

Totale entrate complessive

534.628

557.203

 

534.733

556.797

 

105

-406

Saldo corrente

18.091

20.902

 

18.196

19.151

 

105

-1.751

Indebitamento netto (*)

-6.263

-17.614

 

-6.369

-20.008

 

-106

-2.394

Saldo primario

69.002

59.497

 

68.896

57.125

 

-106

-2.372

(*) al lordo dei ricavi derivanti dall’assegnazione delle licenze per l’UMTS

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT Giugno 2002

 

 

Rapporti Caratteristici Del Conto Economico Consolidato Delle Amministrazioni Pubbliche

 

 

DATI MARZO 2001

 

DATI GIUGNO 2001

 

DIFFERENZE

 

2000

2001

 

2000

2001

 

2000

2001

Indebitamento netto / PIL (*)

-0,5

-1,4

 

-0,5

-1,6

 

0,0

-0,2

Saldo primario / PIL

5,9

4,9

 

5,9

4,7

 

0,0

-0,2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pressione fiscale (a)

42,5

42,4

 

42,5

42,4

 

0,0

0,0

Entrate correnti / PIL

45,5

45,5

 

45,5

45,5

 

0,0

0,0

Entrate totali / PIL

45,9

45,8

 

45,9

45,8

 

0,0

0,0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uscite correnti / PIL

43,9

43,8

 

43,9

43,9

 

0,0

0,1

Uscite totali al netto interessi / PIL

40,0

40,9

 

40,0

41,1

 

0,0

0,2

Uscite totali / PIL

46,4

47,2

 

46,5

47,4

 

0,0

0,2

(*) al lordo dei ricavi derivanti dall’assegnazione delle licenze per l’UMTS

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT Giugno 2002

 

A tale peggioramento ha concorso in misura particolare l’andamento della spesa, per la quale rispetto al preconsuntivo di inizio anno si registra un aumento di quasi 2.000 milioni di euro.

 

Su questa correzione ha influito in misura determinante la spesa per prestazioni sociali in natura acquistate direttamente sul mercato, voce nella quale rientrano le prestazioni sanitarie e farmaceutiche.

 

L’evoluzione registrata dal lato della spesa sanitaria ha determinato un peggioramento dei conti delle amministrazioni locali.

 

Nonostante l’aumento delle entrate fiscali delle amministrazioni locali, che ha portato ad una ulteriore crescita dell’incidenza delle diverse voci sulle corrispondenti delle amministrazioni pubbliche e di conseguenza della pressione fiscale attribuibile agli enti locali, il grado di autonomia finanziaria delle stesse si è ridotto, a conferma dei forti squilibri esistenti.

 

Entrate Fiscali Delle Amministrazioni Locali E Grado Di Autonomia Finanziaria

 

 

1998

1999

2000

2001

Valori assoluti in milioni di euro

Imposte indirette

47.648

44.376

53.418

56.960

Imposte dirette

13.924

15.160

18.407

20.399

Contributi sociali effettivi

70

70

69

74

Contributi sociali figurativi

840

842

895

917

Imposte in c/capitale

87

58

52

35

Totale

62.569

60.506

72.841

78.385

 

 

 

 

 

Incidenza percentuale sulle corrispondenti voci di entrata delle Amministrazioni pubbliche

Imposte indirette

29,0

26,5

30,5

32,2

Imposte dirette

9,0

9,1

10,8

11,1

Contributi sociali effettivi

1,7

5,6

6,2

6,5

Contributi sociali figurativi

0,6

0,6

0,6

0,6

Imposte in c/capitale

2,2

1,5

1,3

0,9

Totale

13,6

12,7

14,7

15,2

 

 

 

 

 

Pressione fiscale locale (a)

5,8

5,5

6,3

6,4

 

 

 

 

 

Grado di autonomia finanziaria (b)

44,1

41,6

45,3

43,6

 

 

 

 

 

(a) Entrate fiscali locali sul PIL nazionale

(b) Rapporto tra entrate fiscali e totale entrate delle amministrazioni locali        

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT Giugno 2002

 


2.2. Le previsioni per il biennio 2002-2003

 

 

2.2.1. I primi risultati del 2002

 

Il prodotto

 

La fase di rallentamento produttivo che interessa il nostro Paese ormai da oltre un anno non sembra essersi ancora completamente esaurita.

 

Nel primo trimestre del 2002 il PIL in termini reali è aumentato dello 0,2% rispetto agli ultimi tre mesi dello scorso anno e dello 0,1% su base annua, valori che seppure sostanzialmente in linea con le dinamiche registrate negli altri paesi europei non possono essere considerati rappresentativi di una netta inversione di tendenza del ciclo economico italiano.


 

 


A destare preoccupazione sulle possibilità di sviluppo nel breve medio periodo dell’economia italiana sono in particolare le modalità con le quali si è realizzato il, sia pur contenuto, miglioramento su base congiunturale.

 

La crescita è stata determinata esclusivamente dalle maggiori spese sostenute dalle Amministrazioni Pubbliche e dalla tendenza alla ricostituzione delle scorte, ridottesi notevolmente nella parte finale del 2001.

 

Conto Economico Risorse E Impieghi

PREZZI 1995

 

VARIAZIONI PERCENTUALI SUL TRIMESTRE PRECEDENTE

 

2001

 

 

 

2002

 

I Trim.

II  Trim.

III Trim.

IV Trim.

I Trim.

P.I.L

0,7

0,1

0,0

-0,2

0,2

IMPORTAZIONI

-1,1

2,0

-2,8

-1,9

-0,4

CONSUMI FINALI

0,4

0,3

-0,2

0,2

0,0

   SPESA DELLE FAMIGLIE RESIDENTI

0,3

0,3

-0,4

0,1

-0,2

   SPESA della P.A. e ISP

0,7

0,4

0,4

0,4

0,6

INVESTIMENTI

1,3

0,7

0,0

-0,2

-2,4

- Macchine attr. e prodotti vari

0,0

0,5

0,4

-1,3

-4,0

- Mezzi di trasporto

2,8

0,5

-0,3

1,1

-2,8

- Costruzioni

2,4

0,9

-0,3

0,7

-0,5

ESPORTAZIONI

0,3

-0,2

-2,4

-0,2

-2,1

VARIAZIONI PERCENTUALI SUL TRIMESTRE CORRISPONDENTE

 

2001

 

 

 

2002

 

I Trim.

II  Trim.

III Trim.

IV Trim.

I Trim.

P.I.L

2,5

2,3

1,7

0,6

0,1

IMPORTAZIONI

1,3

3,3

0,0

-3,8

-3,1

CONSUMI FINALI

2,0

1,7

1,1

0,7

0,2

   SPESA DELLE FAMIGLIE

1,9

1,5

0,7

0,3

-0,2

   SPESA della P.A. e ISP

2,2

2,4

2,4

2,0

1,9

INVESTIMENTI

3,7

2,8

1,4

1,8

-1,9

- Macchine attr. e prodotti vari

2,7

1,2

-0,3

-0,4

-4,3

- Mezzi di trasporto

6,0

4,1

3,3

4,1

-1,6

- Costruzioni

4,1

4,2

2,8

3,7

0,8

ESPORTAZIONI

3,0

4,8

-2,0

-2,5

-4,9

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Il permanere di un contesto di crescita non particolarmente favorevole a livello internazionale, ed in particolare in Europa, ha, infatti, continuato a produrre effetti negativi dal lato delle esportazioni, diminuite nel primo trimestre del 2002 del 2,1% in termini congiunturali e del 4,9% su base annua.

 

Meno sensibile è risultata la diminuzione delle importazioni. La necessità di ricostituire le scorte, fortemente compresse nei mesi precedenti, ha portato ad attenuare in misura meno significativa rispetto a quanto richiesto dalle dinamiche produttive la domanda verso l’estero.

 

Decisamente preoccupante appare il quadro relativo alla domanda interna, sia per la componente legata alla spesa delle famiglie, sia per gli investimenti.

 

In particolare nel primo trimestre del 2002 la spesa delle famiglie residenti ha evidenziato un calo dello 0,2% in termini reali sia nei confronti del periodo precedente, che su base annua.

 

Ancora più consistente è risultato il calo degli investimenti, per i quali la flessione è stata del 2,4% rispetto al quarto trimestre del 2001 e dell’1,9% nei confronti dell’analogo periodo dello scorso anno.

 

A tale evoluzione hanno concorso tutte le componenti con una contrazione particolarmente accentuata per gli acquisti di macchine, attrezzature e prodotti vari, proseguendo in una tendenza già manifestatasi alla fine dello scorso anno.

 

D’altra parte il permanere di un basso grado di utilizzo degli impianti e di incertezze sul reale avvio di una fase espansiva continuano a scoraggiare le imprese dall’intraprendere azioni per l’ampliamento della capacità produttiva.

 

 

Il mercato del lavoro

 

La presenza di un contesto produttivo sostanzialmente stagnante non sembra aver avuto ancora particolari ripercussioni sul mercato del lavoro.

 

Ad aprile del 2002 gli occupati sono risultati, infatti, in crescita rispetto all’analoga rilevazione dello scorso anno di 384 mila unità, evoluzione che, associata ad una ulteriore riduzione del numero di disoccupati, ha favorito il rientro del tasso di disoccupazione sceso al 9,2% dal 9,6% di aprile dello scorso anno.

 

Tuttavia se si analizzano con attenzione le dinamiche si riscontra come la spinta propulsiva alla crescita dell’occupazione, indotta dalla precedente fase espansiva, si vada in parte esaurendo.

 

Le indagini effettuate a gennaio ed aprile del 2002 evidenziano, infatti, un aumento degli occupati ed un calo delle persone in cerca di occupazione meno consistente rispetto a quanto riscontrato nelle analoghe rilevazioni dello scorso anno.

 

Il Mercato Del Lavoro

(Dati In Migliaia- Variazioni assolute sul periodo corrispondente)

 

 

2001

 

 

 

2002

 

 

Gen.

Apr.

Lug.

Ott.

Gen.

Apr.

FORZE DI LAVORO

388

169

180

90

190

322

OCCUPATI

656

443

391

248

371

384

   Dipendenti

499

378

375

292

350

374

   Indipendenti

157

66

17

-44

22

8

DISOCCUPATI

-268

-274

-211

-158

-181

-62

 

 

 

 

 

 

 

TASSO DI DISOCCUPAZIONE

10,1

9,6

9,2

9,3

9,2

9,2

 

 

 

 

 

 

 

TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

   29,2

   27,8

27,4

28,4

28,1

27,1

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

E’, inoltre, opportuno segnalare come parte delle discrepanze che esistono tra dinamiche produttive ed occupazionali possano essere ricondotte da un lato al ritardo con cui gli andamenti economici si trasmettono al mercato del lavoro, dall’altro all’emergere di quote di lavoro irregolare.

 

Tra gli elementi critici ancora presenti nel mercato del lavoro vi è il permanere di significativi squilibri territoriali, in quanto la tendenza alla crescita dell’occupazione, pur coinvolgendo tutte le aree del Paese, non ha prodotto una decisa attenuazione delle differenze esistenti.

 


 

 


Il tasso di disoccupazione meridionale, seppure in tendenziale rientro per tutte le sue componenti compresa quella giovanile, è ancora attestato su livelli particolarmente elevati (18,5% il dato generale e 48,5% per la classe 15-24 anni) e molto distanti da quelli relativi al centro nord.

 

 

L’inflazione

 

Tra gli elementi positivi che sembrano caratterizzare questa parte centrale del 2002 vi è la ripresa, dopo la battuta d’arresto di inizio anno, della tendenza al graduale rientro delle dinamiche inflazionistiche.

 

In particolare sembra essere in via di esaurimento la spinta al rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari, conseguenza delle pessime condizioni meteorologiche di inizio d’anno, con un rapido rientro della dinamica inflazionistica settoriale: si è passati, infatti dal 5,3% di febbraio al 3,3% di giugno.

 

Indice Dei Prezzi Al Consumo

(Variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

 

 

2001

2002

 

 

 

 

 

 

 

ANNO

Gen.

Feb.

Mar

Apr.

Mag.

Giu.

MEDIA

INDICE GENERALE lordo Tabacchi

2,7

2,4

2,5

2,5

2,4

2,3

2,2

2,4

Alimentazione e bevande analcoliche

4,1

4,9

5,3

4,2

4,2

4,0

3,3

4,3

Bevande alcoliche e tabacchi

2,5

3,3

3,3

3,2

0,5

0,4

1,6

2,0

Abbigliamento e calzature

2,9

2,9

2,8

2,9

2,7

2,7

2,6

2,8

Abitazione, acqua , elettricità' e combustibili

3,0

-0,1

0,0

-0,2

-0,2

0,4

0,3

0,1

Mobili, articoli e servizi per la casa

2,1

1,9

1,8

1,8

1,7

1,9

1,9

1,8

Servizi sanitari e spese per la salute

2,3

1,9

2,1

2,3

2,4

1,1

1,1

1,8

Trasporti

1,6

0,4

1,2

1,4

1,9

1,5

1,3

1,3

Comunicazioni

-2,1

-1,6

-1,7

-1,7

-1,6

-1,4

-1,4

-1,6

Ricreazione, spettacoli, cultura

3,4

2,8

2,8

3,1

3,1

3,1

3,2

3,0

Istruzione

3,2

2,9

2,8

2,8

2,8

2,8

2,7

2,8

Alberghi, ristoranti  e pubblici esercizi

3,9

4,6

4,4

4,3

4,2

4,3

4,3

4,4

Altri beni e servizi

3,4

3,2

3,6

3,4

3,1

3,0

3,1

3,3

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

Anche per la componente energetica, dopo le turbolenze registrate sui mercati internazionali nei primi mesi dell’anno, che produrranno attraverso l’adeguamento delle tariffe i loro ultimi effetti sul consumo nei prossimi mesi, la situazione sembra essere rientrata.

 

Tale evoluzione unitamente agli impulsi positivi che dovrebbero provenire dal riapprezzamento dell’euro sul dollaro, con effetti di contenimento dei prezzi delle materie prime importate, lascia ipotizzare per i prossimi mesi il permanere di una tendenza sostanzialmente contenuta dell’inflazione, i cui effetti dovrebbero, comunque, divenire più evidenti con l’inizio del 2003.


2.2.2. Le prospettive per il 2003

 

 

La presenza di un contesto produttivo interno ed estero, in particolare delle economie dell’area dell’euro, in sostanziale stagnazione non permette di ipotizzare nel breve periodo una accelerazione delle dinamiche produttive italiane.

 

Stando ai dati sulla produzione e sugli ordinativi anche il secondo trimestre dell’anno dovrebbe essersi chiuso con una crescita sostanzialmente contenuta, evoluzione che di fatto sembra spostare la ripresa agli ultimi mesi del 2002.

 

Con queste premesse è probabile che l’anno in corso, nonostante l’accelerazione produttiva attesa nei mesi finali, si chiuda con un tasso di sviluppo più basso rispetto a quello registrato nel 2001.

 

Il PIL dovrebbe, infatti, crescere nella media dell’anno dell’1,1% in termini reali, in conseguenza di una espansione molto moderata, rispetto ai livelli raggiunti lo scorso anno, delle esportazioni e della domanda interna.

 

Quadro Macroeconomico

(Variazioni percentuali sull’anno precedente)

 

 

2000

 

2001

 

2002

 

2003

 

PIL

2,9

 

1,8

 

1,1

 

2,3

 

Importazioni di beni e servizi

9,4

 

0,2

 

1,5

 

5,7

 

Consumi finali interni

2,5

 

1,4

 

1,0

 

1,6

 

- Spesa delle famiglie residenti

2,7

 

1,1

 

0,9

 

1,8

 

- Spesa delle AP e delle ISP

1,7

 

2,3

 

1,3

 

0,9

 

Investimenti fissi lordi

6,5

 

2,4

 

0,7

 

4,7

 

Esportazioni di beni e servizi

11,7

 

0,8

 

0,4

 

5,8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

OCCUPATI  (Variazioni assolute in migliaia)

388

 

434

 

259

 

152

 

INFLAZIONE

2,5

 

2,8

 

2,4

 

1,7

 

Fonte: 2000-2001 ISTAT, 2002-2003 Stime Centro Studi CONFCOMMERCIO

 

Il permanere di una dinamica contenuta della spesa delle famiglie (+0,9%) e della domanda proveniente dall’estero (+0,4%), dovrebbe determinare un grado di utilizzo degli impianti ancora inferiore alle potenzialità scoraggiando l’accumulazione di capitale.

 

Gli investimenti sono stimati crescere, infatti, nel 2002 solo dello 0,7% rispetto al 2001, uno dei valori più bassi dell’ultimo decennio.

 

Il persistere di un contesto produttivo caratterizzato da tassi di sviluppo moderati, dovrebbe cominciare a produrre nei prossimi mesi una attenuazione della tendenza espansiva del mercato del lavoro.

 

A rendere meno dinamico il contesto occupazionale potrebbero contribuire le frizioni esistenti nel mercato del lavoro italiano.

 

Il raggiungimento di tassi di disoccupazione particolarmente bassi nel Centro-Nord, area nella quale peraltro cominciano ad evidenziarsi a livello locale i primi effetti della crisi che coinvolge importanti settori, sottende l’emergere di situazioni caratterizzate da scarsità di offerta rispetto alla domanda che difficilmente, viste le rigidità nella mobilità territoriale, potranno trovare soluzione nel breve periodo.

 

A questo contesto si potrebbero associare gli effetti derivanti dalle difficoltà dell’economia meridionale di svilupparsi a ritmi tali da garantire una crescita del mercato del lavoro adeguata ad attenuare il disagio occupazionale di cui soffre l’area.

 

In questo panorama, di per sé non brillante, si innestano anche le preoccupazioni circa l’andamento della finanza pubblica.

 

La tendenza espansiva della spesa, in particolare di quella sanitaria, associata ad una evoluzione delle entrate inferiore alle previsioni rischia di determinare un sensibile scostamento rispetto agli obiettivi fissati.

 

Difficilmente, visti i risultati del primo semestre, il rapporto deficit/PIL potrà scendere nella media del 2002 sotto l’1,5%, un valore distante dall’obiettivo dell’1,1% indicato nel DPEF.

 

Le dinamiche che si stanno riscontrando in questi mesi e le prospettive di sviluppo del prossimo semestre rischiano di condizionare, in assenza di incisivi interventi volti a rilanciare la domanda interna, le possibilità di crescita del 2003,.

 

Anche nell’ipotesi, tutta da verificare, in cui il 2002 si chiuda con uno sviluppo produttivo prossimo al 3%, evoluzione favorita anche dal confronto con periodi di crescita contenuti, la spinta propulsiva potrebbe esaurirsi rapidamente, riportando i tassi di incremento su dinamiche vicine al 2%.

 

In particolare l’accresciuta domanda proveniente dall’estero (+5,8%) connessa al miglioramento delle principali economie industrializzate non sembra in grado di stimolare un aumento sensibile del prodotto.

 

Sulla dinamica dell’export gravano, inoltre, le incognite legate al rafforzamento della moneta unica sui mercati. In presenza di un ulteriore apprezzamento dell’euro sul dollaro le nostre merci potrebbero trovarsi a dover affrontare una difficile concorrenza basata sulla qualità e sull’innovazione, con il rischio, vista la nostra specializzazione in settori maturi, di una perdita di quote di mercato.

 

Dal lato dei consumi la contenuta riduzione della pressione fiscale prevista nel DPEF non appare in grado di contrastare la tendenza al permanere di comportamenti molto prudenti da parte delle famiglie. Anche nel 2003 la spesa delle famiglie è pertanto attesa crescere a ritmi a ritmi più contenuti rispetto al PIL (1,8% contro il 2,3%).

 

Sull’andamento di questa variabile dovrebbe continuare ad incidere oltre alla modesta evoluzione dei redditi, risultato di una dinamica economica meno favorevole del previsto e del probabile ridimensionamento dei tassi di crescita occupazionali, anche il permanere della tendenza alla ricostituzione degli stock di ricchezza risparmiata conseguenza delle turbolenze che ancora interessano i mercati finanziari.

 

Decisamente più positiva dovrebbe risultare la dinamica relativa agli investimenti attesi crescere del 4,7% in termini reali. Tale evoluzione, correlata alla necessità di migliorare la capacità produttiva e di effettuare investimenti innovativi anche al fine di ridurre i costi e sostenere la competizione, non dovrebbe, comunque, risultare sufficiente per promuovere una crescita dell’economia prossima al 3%.

 

Il quadro di riferimento, al cui interno l’elemento più positivo potrebbe essere rappresentato dal rientro dell’inflazione su valori di poco superiori all’1,5%, lascia ipotizzare uno sviluppo del mercato del lavoro in ulteriore ridimensionamento rispetto alle dinamiche degli ultimi anni. Evoluzione determinata anche dai ritardi con cui gli impulsi produttivi si trasmettono al mercato del lavoro.

 

La minor dinamicità dell’economia avrebbe come conseguenza quella di determinare anche il prossimo anno difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi finanziari, avvitando il nostro Paese in una spirale nella quale uno sviluppo più contenuto rispetto agli obiettivi impedisce alla politica economica di attuare interventi a sostegno della crescita.

 

Il DPEF recentemente varato dal Governo oltre a sollevare alcune perplessità circa l’efficacia degli interventi per il riequilibrio della finanza pubblica, che potranno essere valutati solo con la Legge finanziaria quanto verranno definite in modo più puntuale le azioni di contenimento della spesa, contiene misure ancora troppo limitate per il rilancio dei consumi.

 

La riduzione della pressione fiscale di circa mezzo punto percentuale di PIL e segnatamente gli sgravi di 5miliardi di euro sulle famiglie non appaiono infatti sufficienti a rilanciare l’economia e garantire una crescita prossima al 3% già nel 2003.

 

Effetti più consistenti, anche in relazione alla perdurante debolezza del ciclo economico, si sarebbero ottenuti attuando già dal prossimo anno una correzione pari ad un punto percentuale di PIL come evidenziato nella simulazione effettuata.

 

 

Un’ipotesi di riduzione della pressione fiscale

 

L’incapacità del sistema produttivo italiano, in assenza di fattori esogeni (incentivi alla rottamazione delle auto, domanda estera su livelli elevati), di riavviare una fase sostenuta e duratura di sviluppo, dopo la seria recessione del 1993, ha evidenziato come sia ormai ineludibile un ridimensionamento della pressione fiscale sulle imprese e le famiglie.

L’attuale contesto di debolezza dei consumi delle famiglie, derivante da una insufficiente dinamica del reddito disponibile reale, ritornato a crescere nell'ultimo biennio su tassi vicini al 2% solo grazie all’assenza di manovre correttive dei conti pubblici, dopo i massicci prelievi degli anni novanta, esige l’adozione di politiche a sostegno della domanda interna, in particolare della componente dei consumi finali dei residenti, in modo da riavviare una fase ciclica espansiva che funga da volano anche per gli investimenti e l’occupazione.

Naturalmente, esiste un preciso vincolo rappresentato dalla esigenza di mantenere «virtuosa» la situazione dei conti pubblici: la permanenza nell’UEM ed il rispetto del Programma di Stabilità, impongono all’Italia di azzerare l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche entro il 2003 e di far convergere, il più rapidamente possibile, il rapporto debito/PIL verso la soglia del 60%.

Sebbene il rigore della finanza pubblica rappresenti ormai l’ambito entro il quale debbono muoversi le scelte del policy maker, è indubbio che il convergere dei tassi d’interesse interni ed esteri verso livelli fra i più bassi dal dopoguerra – tra il 1994 ed il 2001 i tassi a lungo termine nelle economie avanzate (G7 e area euro) si sono ridotti dal 7,1% al 4,4% - costituisca un’opportunità da non perdere per adottare una politica fiscale moderatamente accomodante senza compromettere in misura rischiosa il perseguimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio.

Partendo da queste premesse è possibile svolgere una simulazione degli effetti sulle grandezze macroeconomiche (PIL, consumi e investimenti) di una riduzione della pressione fiscale dell’1,0% l’anno a partire dal 2003, con un impatto moderato sul conto economico delle Amministrazioni pubbliche.

La diminuzione della pressione fiscale di un punto percentuale di PIL, renderebbe disponibili poco più di 13 miliardi di euro.

Si è ipotizzato, per bilanciare l’intervento nel modo più proficuo, di destinarne il 60%, cioè quasi 8 miliardi di euro, a sostegno della spesa delle famiglie ed il rimanente 40%, cioè poco più di 5 miliardi di euro, a beneficio delle imprese.

 

Il Pil E Le Componenti Della Domanda Interna

(variazioni % annuali su valori a prezzi 1995)

 

 

2001

 

2002

 

2003 (a)

 

2003 (b)

 

PIL

1.8

 

1.1

 

2.3

 

2.8

 

Importazioni di beni e servizi

0.2

 

1.5

 

5.7

 

6.0

 

Consumi finali interni

1.4

 

1.0

 

1.6

 

2.2

 

- Spesa delle famiglie residenti

1.1

 

0.9

 

1.8

 

2.7

 

- Spesa delle AP e delle ISP

2.3

 

1.3

 

0.9

 

0.6

 

Investimenti fissi lordi

2.4

 

0.7

 

4.7

 

5.1

 

Esportazioni di beni e servizi

0.8

 

0.4

 

5.8

 

5.8

 

(a)    Andamento tendenziale

(b)    Scenario alternativo che incorpora la riduzione della pressione fiscale

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT.

 

Ipotizzando una propensione media la consumo sugli stessi livelli fatti registrare a partire dalla metà degli anni novanta, cioè intorno all’85%, l’impatto positivo sui consumi delle famiglie sarebbe di quasi un punto percentuale.

La spesa dei residenti, misurata in termini reali, passerebbe cioè dall’1,8% dello scenario di base o tendenziale, al 2,7% dello scenario alternativo che incorpora, nella simulazione, la riduzione della pressione fiscale.

Riguardo all’utilizzo delle risorse da parte delle imprese, l’esercizio previsionale destina circa il 70% degli oltre 5 miliardi di euro disponibili a riduzione del carico contributivo sul lavoro, in modo da abbassarne il costo e favorire una robusta crescita occupazionale.

Il rimanente 30%, cioè poco più di 1,5 miliardi di euro, dovrebbe essere direttamente utilizzata dalle imprese per nuovi investimenti, soprattutto nell’acquisizione di tecnologie innovative, utilizzando forme di incentivazione diverse dai meccanismi già sperimentati, come la “Legge Tremonti” (prima e seconda edizione) o la “DIT”, che finiscono per favorire esclusivamente le grandi imprese industriali organizzate in forma di società di capitali.

Gli investimenti fissi aggiuntivi realizzati in tal modo dalle imprese, si tradurrebbero in una maggior crescita di quattro decimi di punto rispetto allo scenario tendenziale, innalzando il profilo degli investimenti nel 2003 dal 4,7% al 5,1%.

Il peggioramento dei saldi di bilancio della finanza pubblica, per effetto della riduzione della pressione fiscale, dovrebbe comunque risultare di ampiezza limitata e tale da non compromettere il sostanziale raggiungimento degli obiettivi del Patto di stabilità.

I 13 miliardi di euro di minori entrate verrebbero subito parzialmente compensati, per circa 2 miliardi di euro, dall’incremento del gettito IVA sui maggiori consumi (800 milioni), dai contributi sociali generati dalla crescita occupazionale (440 milioni) e da una riduzione (poco meno di 700 milioni) negli acquisti di beni e servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche.

Quest’ultimo versante è quello dove occorrerebbe procedere con i tagli più consistenti, considerando che nel biennio 1999-2001 la spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche – sotto forma di redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi e prestazioni sociali in natura - è cresciuta in termini cumulati del 12,5%, contro un’analoga crescita del PIL del 9,8%, un differenziale che accresce di un ulteriore mezzo punto la quota dei consumi pubblici in relazione al prodotto interno lordo.

Occorre inoltre considerare che l’incremento occupazionale generato dalla diminuzione dei contributi sociali gravanti sul lavoro, determina a sua volta un aumento del monte redditi delle persone fisiche, via retribuzioni lorde, nonché dei redditi delle società e delle persone giuridiche, via maggiori profitti, che si traducono in un incremento del gettito delle imposte dirette pari a circa 1 miliardo di euro.

Ne consegue che l’effettivo disavanzo di bilancio si attesterebbe, nell’ipotesi minimale di contenimento della spesa pubblica e di recupero di imposizione diretta via maggiore crescita, poco al di sopra dei 10 miliardi di euro, pari allo 0,7% del PIL.

Il rapporto indebitamento/PIL potrebbe addirittura migliorare di più di un punto percentuale, portandosi cioè allo 0,6-0,5%, attraverso una razionalizzazione ed una maggiore efficienza nel funzionamento della macchina pubblica, realizzabili sia con l’adozione di procedure semplificate e più rapide relativamente alla contrattualistica per gli appalti e le forniture, sia con una gestione del patrimonio pubblico ispirata a criteri di economicità, sia con il completamento ed il potenziamento del programma di informatizzazione della P.A., che renderebbe assai più efficace l’azione degli uffici in sede di accertamento del reddito e di recupero dell’evasione fiscale.

 

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca