IL TESTO INTEGRALE DEL "MANIFESTO PER UNA NUOVA POLITICA AMBIENTALE"

IL TESTO INTEGRALE DEL "MANIFESTO PER UNA NUOVA POLITICA AMBIENTALE"

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5 luglio 2007
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Il Manifesto per una nuova politica ambientale

Analisi di contesto e proposte di miglioramento al nuovo Codice dell'Ambiente - Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152

 

 

 
2007
 

SOMMARIO

 


Premessa  3

1. Le priorità per una riforma del codice ambientale  8

PARTE IV - Norme in materia di gestione dei rifiuti 8

1.1 Le definizioni 8

1.1.1  La nozione di rifiuto  8

1.1.2  La nozione di sottoprodotto  10

1.1.3  La nozione di materia prima secondaria (MPS) 12

1.1.4  I rottami ferrosi 13

1.2 Gli adempimenti ambientali a carico delle imprese  16

1.2.1 I Registri di carico e scarico  16

1.2.2 Oneri dei produttori e detentori 18

1.2.3 Trasporto ferroviario dei rifiuti 19

1.2.4 Il trasporto in proprio  22

1.2.5 Iscrizione all'Albo gestori ambientali per le imprese certificate  23

1.3 Gli accordi di programma  25

1.3.1 Gli accordi con le Pubbliche Amministrazioni 25

1.3.2 Gli accordi con le Regioni 27

1.3.3 Il marchio ECOLABEL e le certificazioni ambientali 28

1.4 La gestione dei rifiuti 32

1.4.1 I criteri di assimilazione  32

1.4.2 Le funzioni delle ATO   36

1.4.3 La tariffa rifiuti 38

1.4.4 L'autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero  41

1.4.5 I veicoli fuori uso (proposta Federaicpa-Unrae) 43

1.4.5bis I veicoli fuori uso (proposta ADA) 47

1.4.6 I rifiuti provenienti da navi 51

1.5 La gestione degli imballaggi e i consorzi di filiera  54

1.5.1 Il Conai 54

1.5.2 I Consorzi di trattamento oli esausti (Conoe) 58

1.5.3 I Consorzi di batterie esauste (COBAT) 60

1.6 Il sistema sanzionatorio  61

1.6.1 Sanzioni pecuniarie e non pecuniarie  61

 

PARTE III - Norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento  65

1.7 La gestione delle risorse idriche  65

1.7.1 La nozione di scarico  65

1.7.2 L'autorizzazione agli scarichi 66

1.7.3 La gestione dei servizi idrici 68

1.7.4 La tariffa relativa ai servizi idrici 69


Premessa

 

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 14 aprile u.s. del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 "Norme in materia ambientale" si è concluso il complesso e articolato iter legislativo per il riordino delle disposizioni ambientali, il cui punto di partenza è costituito dalla legge 308 del 15 dicembre 2004 che aveva delegato il Governo alla emanazione di uno o più decreti legislativi di revisione, coordinamento ed integrazione della varie disposizioni legislative esistenti in materia ambientale.

 

Il provvedimento, entrato in vigore il 29 aprile 2006, intervenendo praticamente su tutti gli aspetti della vita economica, sociale e istituzionale del Paese, riscrive l'intero complesso delle norme ambientali, dalla gestione dei rifiuti alla bonifica dei siti contaminati, dalla tutela delle acque dall'inquinamento alla gestione delle risorse idriche, dalla difesa del suolo alla gestione delle aree protette, dalla tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente alle procedure autorizzatorie per la localizzazione produttiva, dalla tutela dell'aria alla riduzione delle emissioni in atmosfera.

 

Attraverso il processo di rivisitazione delle disposizioni in materia, il Legislatore ha inteso perseguire l'intento di realizzare un complesso di norme stabili ed armonizzate con l'obiettivo di offrire alle imprese e agli utenti in genere certezza di regole e una chiara strumentazione normativa.

 

L'esigenza di giungere ad riordino della normativa era peraltro fortemente sentita anche dagli operatori, stante la carenza di un quadro di riferimento coerente con le necessità di un sistema produttivo in rapida evoluzione.

 

A tale proposito appare d'obbligo esprimere alcune considerazioni di carattere generale. L'eccesso di produzione normativa in materia ambientale, la sua complessità formale con la consequenziale, difficoltosa, applicazione, hanno avuto, sino ad oggi, effetti paralizzanti sulla concreta attuazione delle disposizioni di legge.

 

Va rilevato che sistematicamente, soprattutto in materia ambientale, si è sviluppata la tendenza a non considerare gli effetti della regolazione sul sistema produttivo.

 

Tale stato dei fatti è confermato, in parte, dalla presenza di una legislazione complessa, articolata e difficilmente applicabile, frutto più dell'emergenza che di strategie di lungo periodo e, dall'altro, da quella che potrebbe definirsi la proliferazione dei procedimenti amministrativi.

 

Solo per ciò che attiene al profilo ambientale, esistono 13 distinti procedimenti amministrativi affidati, peraltro, alla competenza di distinti organi amministrativi.

 

Il soggetto interessato a realizzare ed esercire un impianto commerciale di medie dimensioni deve infatti ottenere: un parere di via, laddove previsto e quattro diverse autorizzazioni, deve effettuare tre comunicazioni, una richiesta di sopralluogo, la compilazione dei registri di carico e scarico e del modello unico di dichiarazione ambientale, una notifica e una relazione.

 

Gli enti, tecnici e amministrativi, che intervengono, direttamente o indirettamente, nei vari procedimenti ambientali sono undici (Ministero dell'Ambiente, Ministero dello sviluppo economico, Prefettura, Regione, Provincia, Comune, Gruppo di lavoro interassessorile, Comitato tecnico regionale, Ente Gestore delle aree naturali protette, ASL e ARPA).

 

Il quadro normativo sulle tematiche ambientali precedente all'entrata in vigore del D.Lgs. 152/06, sviluppatosi in maniera esponenziale sulla scia del continuo ricorso alle procedure d'urgenza (vedasi per tutte le annose vicende legate ai Commissariamenti in materia di gestione dei rifiuti) appariva inoltre stratificato, spesso contraddittorio e caratterizzato da continui sorpassi legislativi regionali che, in contrasto con gli orientamenti comunitari, creavano barriere tecniche e normative che impedivano una gestione integrata e complessiva del sistema a livello nazionale.

 

Tutte le norme settoriali previgenti sono state caratterizzate, da una parte, per il rigido approccio del "comando e controllo" di prima generazione, che si trova all'origine di quell'eccesso di regolamentazione cui gli organi comunitari intendono oggi porre rimedio e, dall'altra, per l'assenza di un quadro di uniformità, soprattutto a causa dell'incompletezza delle norme regolamentari ed attuative e di quella farraginosità e frammentarietà che ha reso la legislazione spesso difficile da interpretare e, ancor più, da applicare.

 

Sempre più frequentemente nel corso degli ultimi anni le aziende si sono trovate costrette ad operare in un contesto normativo sempre più appesantito da regole spesso ridondanti, a tratti incoerenti, quando non eccessivamente onerose rispetto agli effettivi obiettivi di tutela ambientale.

 

Basti pensare che le imprese interessate da tutto l'iter gestionale dei rifiuti devono compilare ogni anno 3 milioni di moduli, impiegando 50 milioni di ore di lavoro e spendendo oltre 800 milioni di €. Registri, formulari, moduli di denuncia annuale devono essere acquistati, vidimati, compilati con numeri incrociati e conservati.

 

Quanto poi al settore del trasporto dei rifiuti, è stato introdotto un apposito Albo con procedure di iscrizione tra le più complesse dell'ordinamento italiano. Per il solo rinnovo dell'iscrizione, cioè per continuare l'attività in essere, è necessario rifare tutte le perizie, i certificati, le garanzie finanziarie e le attestazioni di acquisita professionalità già prodotte per la prima iscrizione.

 

Tale situazione ha finito per determinare elevatissimi costi, sia diretti che indiretti, sull'intero sistema delle imprese.

 

Un recente studio condotto da Confcommercio ha consentito di stimare il costo medio annuo per adempimenti burocratici ambientali in circa 15.124 €, di cui 5.786 € per supporti esterni (consulenze), 2.808 € per giornate di lavoro impiegate e 6.535 € per spese legali.

 

E' per questi motivi che il nuovo codice dell'ambiente ha risposto ad un'esigenza fortemente sentita dall'intero mondo imprenditoriale: quella, cioè, di unificare tutte le norme vigenti nell'ambito di un unico corpus giuridico, con l'obiettivo di offrire agli operatori e agli utenti in genere certezza di regole e una chiara strumentazione normativa.

 

Siamo consapevoli che vi sono aspetti che meritano maggiori approfondimenti e che numerosi sono gli elementi di criticità - non da ultimo il fatto che l'operatività del codice è subordinata all'emanazione di oltre 110 decreti attuativi - ma crediamo sia assolutamente importante non azzerare l'intera riforma con provvedimenti assunti unilateralmente.

 

Innanzitutto per il metodo. Perché ci sembra necessario che i problemi dell'economia reale del Paese – i problemi del fare impresa e del competere – debbano essere affrontati con un'attenzione costante e puntuale al dialogo con le forze sociali, con chi, in buona sostanza, rappresenta i soggetti sui cui ricadono le scelte del legislatore.

 

E poi anche per i contenuti. Sia a causa del possibile vuoto normativo che potrebbe conseguire, sia a causa della confusione normativa che la sospensione produrrebbe sulle attività economiche.

 

Verrebbe in tal senso violato uno dei cardini di ogni democrazia economica evoluta: la certezza del diritto.

 

Nel giro di pochi mesi, infatti, una medesima attività economica sarebbe soggetta a quattro diverse normative. Prima del 29 aprile vigeva il decreto Ronchi, dopo il 29 aprile il nuovo Codice ambientale; esisterebbe poi un periodo di quiescenza in cui non sarebbe chiaro quale disposizione vigerebbe per poi entrare in vigore una nuova legge di modifica del codice ambientale.

 

Come allora riuscire a migliorare la nuova normativa senza produrre impatti traumatici sul sistema produttivo?

 

Pensiamo che un buon punto di partenza sia quello di avviare un'attività di ricognizione di tutte le disposizioni normative oggi vigenti in materia ambientale, al fine di mettere in luce gli aspetti positivi, da mantenere quindi, e quelli negativi, da eliminare.

 

Quali gli uni e quali gli altri?

 

Tra gli elementi di favore contenuti nel D.Lgs. 152/06 certamente positiva è la valutazione sulla tecnica legislativa adottata, in quanto consente di conferire una struttura più razionale ed organica al complesso insieme delle norme ambientali, mirando a superare la logica dell'emergenza e dell'urgenza che ha caratterizzato la passata normativa.

 

In questo campo la semplificazione, infatti, non è più sufficiente, troppe essendo le sovrapposizioni, le incrostazioni, le normative collegate e connesse. Si rende invece necessaria la demolizione di interi corpi giuridici settoriali e la loro riscrittura nell'ambito di un Testo Unico in materia ambientale.

 

Da segnalare, inoltre, la semplificazione nella tenuta dei registri di carico e scarico, del Mud e del formulario; l'ottimizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti attraverso gli ambiti territoriali ottimali; le semplificazioni dei procedimenti autorizzativi per la gestione e l'esercizio di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti; lo snellimento delle modalità di iscrizione all'Albo gestori; l'abrogazione della TIA; l'introduzione di agevolazioni per le utenze stagionali o non continuative, elevando così a rango di norma primaria quelle previsioni agevolative che erano talvolta contenute in singoli regolamenti comunali; la previsione della facoltà per gli enti locali di contemplare agevolazioni autonome; l'introduzione di coefficienti di riduzione della tariffa proporzionali alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero; la determinazione della nuova tariffa da parte delle Autorità d'Ambito.

 

Venendo agli elementi di criticità, l'aspetto sicuramente più rilevante riguarda il problema dei controlli.

 

Il difficile funzionamento della normativa ambientale in Italia è infatti dipeso in larga misura anche da alcune pesanti disfunzioni dell'apparato di controllo amministrativo a causa sia dello strutturale sottodimensionamento organizzativo e finanziario delle amministrazioni competenti, sia a causa della notevole frammentazione delle competenze e della difficile ripartizione delle funzioni tra lo Stato e gli Enti locali.

 

Occorre inoltre considerare come i controlli, che spesso insistono su aspetti formali e non sostanziali, siano attualmente svolti da una molteplicità di soggetti (Carabinieri, Guardia Forestale, Anpa, Finanza, Provincia) senza alcun coordinamento tra gli stessi e con conseguente mancanza di uniformità nei comportamenti.

E' questa evidentemente una realtà che è necessario lasciarsi alle spalle, procedendo con decisione verso un riforma strutturale del sistema.

 

La revisione del sistema autorizzativo e dei controlli potrebbe risultare del tutto vana se non si affermeranno comportamenti ecosostenibili da parte di tutti gli attori coinvolti nel settore ambientale e, soprattutto, se non si affermerà una nuova cultura dell'ambiente che coinvolga, oltre ai cittadini, anche il management delle aziende.

 

È necessario dunque che si sviluppi e si diffonda anche in Italia l'uso degli strumenti volontari, tra cui in primo luogo l'EMAS e l'ISO.

 

Per concludere, quindi, ed in estrema sintesi, ad avviso di Confcommercio occorre recuperare ciò che di buono è stato sino ad oggi fatto ed avviare, da subito, una nuova stagione di dialogo e confronto fra Istituzioni e categorie economiche.

 

Costruiamo, insieme, una nuova governance dell'ambiente, capace di superare i vincoli dello scontro ideologico e delle tattiche politiche.

 

E facciamolo in modo tale che l'ambiente, da fattore addizionale di costo, torni a diventare occasione di crescita e sviluppo, rappresentando così una spinta a rafforzare la nostra competitività.

 

In questa delicata fase non va dimenticato, infatti, che il riordino della normativa ambientale deve rappresentare per il mondo produttivo un'occasione unica per ricostruire in modo finalmente stabile una struttura giuridica coerente, omogenea, semplice, applicabile ed efficace.

 

La chiave di lettura in termini di sviluppo sostenibile dovrà portare a considerare come elementi centrali gli aspetti ambientali assieme a quelli economici e sociali. E' quindi fondamentale dare il dovuto risalto, nell'azione di restyling normativo che le Istituzioni (Ministeri, Commissioni parlamentari, Regioni) si accingono a compiere, a tutte le possibili integrazioni di questi tre aspetti, per fornire alle imprese un quadro di riferimento realmente innovativo e costruttivo.

 

Le norme ambientali dovranno garantire da un lato la tutela dei beni e delle risorse ambientali, dall'altro la capacità di innovazione tecnologica, salvaguardando la competitività del sistema.

 

Più volte e in molteplici sedi abbiamo sostenuto che i vincoli devono essere quelli essenziali e minimi, oltrepassando la logica del comando-controllo e andando verso quella della valutazione dei risultati.

 

Contestualmente riteniamo doveroso e necessario l'avvio e il proseguimento di una attività di confronto costante e sinergica tra il Governo e il mondo imprenditoriale in quanto è nostra convinzione che il metodo del dialogo e della concertazione sia il sistema più efficace per rendere le norme da varare effettivamente praticabili e maggiormente idonee a produrre i loro effetti.

 

Occorre dunque costruire una nuova governance dell'ambiente, che da fattore addizionale di costo torni a diventare occasione di crescita e di sviluppo, rappresentando così una spinta al rafforzamento della competitività delle imprese.

 

Ed è in quest'ottica e con questo spirito che Confcommercio intende offrire il proprio contributo, attraverso la predisposizione di un documento contenente osservazioni e proposte emendative, frutto del lavoro e della realizzazione di una posizione condivisa sulle diverse tematiche affrontate, da parte delle diverse componenti del sistema confederale.

1. Le priorità per una riforma del codice ambientale

 

PARTE IV - Norme in materia di gestione dei rifiuti

 

 

1.1 Le definizioni

 

1.1.1 La nozione di rifiuto

 

 

Situazione di contesto

 

 

Artt. 182 - Smaltimento dei rifiuti

 183 – Definizioni, comma 1 lettera a)

 

 

 

 

 

Attualmente la definizione di rifiuto è rimasta sostanzialmente invariata rispetto a quella prevista dal Dlgs. 22/97 (c.d. Decreto Ronchi), e cioè: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nell'allegato A) al Dlgs. 152/06 e di cui il detentore si disfi, o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si propone di mantenere inalterati gli artt. 182 e 183, che pur non modificando la nozione di rifiuto preesistente, codificano in un unico testo ed ampliano quanto attualmente in vigore riguardo ai sottoprodotti di lavorazione.

 

Infatti l'introduzione nel nuovo Codice Ambientale della definizione di "materia prima secondaria" (MPS), precedentemente non prevista, e la nuova definizione di "sottoprodotto" consente, automaticamente, di poter escludere dalla definizione di "rifiuto" gli scarti di produzione che possono essere immessi sul mercato senza ulteriori trattamenti o quelli che possono essere usati in un processo industriale o commercializzati.

 

Si richiede, inoltre, in relazione alla definizione riportata alla lettera dd) "spazzamento delle strade" di specificare se rientri in tale definizione anche lo "spazzamento su plateatico", voce attualmente non chiarita dalla normativa e che potrebbe in futuro dare adito a dubbi interpretativi.

 

 

Risultati attesi

 

 

Tale orientamento legislativo, in analogia con quanto stabilito dalla Corte di Giustizia della UE, dovrebbe consentire di superare le criticità manifestate nel corso degli anni circa la distinzione corretta tra ciò che è rifiuto e sostanze o materiali che possono essere reimmessi nei cicli lavorativi.

 

Infatti in merito all'interpretazione da dare alla definizione comunitaria di rifiuto, il giudice comunitario, si è espresso (art. 1, lett. a, primo comma della direttiva 75/442, come successivamente modificata) stabilendo che la nozione di rifiuto non esclude l'insieme dei residui di produzione e di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ciclo di produzione, mirando ad esonerare dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti, quei materiali residuali dei cicli di produzione, che possono essere reimpiegati, senza alcun trattamento preventivo, in un ciclo produttivo o commerciale (analogo o diverso dal ciclo produttivo che li ha generati).

 

 

 

 


1.1.2 La nozione di sottoprodotto

 

 

Situazione di contesto

 

 

 

 

Art. 183 – definizioni

comma 1 lettera n)

 

La definizione di "sottoprodotto" ricomprende i prodotti dell'attività dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo. Una serie, cioè, di residui di lavorazione che vengono generati, periodicamente, nel corso dei processi produttivi.

 

Non sono, quindi, soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del decreto i sottoprodotti di cui l'impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa stessa, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari.

 

 

 
Proposte di riforma

 

 

Per quanto riguarda la categoria dei "sottoprodotti", appare opportuno mantenere inalterata questa nuova definizione, che sottrae dalla definizione di "rifiuto" una serie innumerevole di sottoprodotti che si generano in modo continuativo nei processi produttivi.

 

Inoltre la definizione di sottoprodotto, come riportata nel codice ambientale, recepisce in Italia i recenti orientamenti della Corte di Giustizia Europea.

 

Infatti i Giudici comunitari hanno chiarito che un materiale (derivante da un processo di fabbricazione non principalmente destinato a produrlo) può costituire non tanto un residuo, ma un sottoprodotto, del quale l'impresa non cerca di disfarsi, ma che intende sfruttare o vendere in un processo successivo, senza trasformazioni preliminari.

 

Sono materiali che, economicamente, hanno valore di prodotti indipendentemente da qualsiasi trasformazione e che, quindi, sottostanno alle norme applicabili a tali prodotti, purchè il loro riutilizzo non sia solo eventuale, ma certo, e senza trasformazione preliminare nel corso del processo di produzione (sentenza Niselli C452/02 e Palin Granit C-9/00).

 

Va rilevato che già lo stesso Decreto Ronchi prevedeva all'art. 8, l'esclusione dall'intero complesso normativo, dei rifiuti agricoli riutilizzati nelle normali pratiche agricole.

 

 

 

Risultati attesi

 

 

L'introduzione della categoria dei sottoprodotti, consente di avere maggiori certezze riguardo ad alcune attività ormai da anni consolidate e soggette a vincoli e controlli, che generano residui o scarti di produzione, immediatamente reimpiegabili nello stesso o in altri cicli commerciali o produttivi senza bisogno di alcun ulteriore trattamento, quali ad esempio: rottami di ferro, carta, plastica, residui di legno, scarti della cernita, pulitura e confezionamento dei prodotti utilizzati come concime o mangime.

 

Ad esempio è utile, anche nel rispetto delle normative ambientali, che gli scarti di lavorazione dei prodotti ortofrutticoli possano essere immessi in un nuovo ciclo produttivo ed essere commercializzati senza essere considerati rifiuti. Ci si riferisce, in particolare alla pratica, sempre più diffusa di utilizzare gli scarti ortofrutticoli come mangime per gli animali o come compostaggio per i terreni.

 

Inoltre tale nuova definizione di sottoprodotto, permette di ottenere dati reali sulla effettiva quantità dei rifiuti prodotti nel territorio nazionale, consentendo una programmazione più incisiva dei sistemi di recupero e smaltimento.

 

Infine, la sottrazione dal regime dei rifiuti di considerevoli quantità di prodotti, riducendo i costi, comporta un importante valore aggiunto in termini economici per il nostro paese notoriamente carente di materie prime.

 

 

 

Emendamento

Art. 183

Comma 1 , lett. n)

 

Aggiungere dopo le parole "dell' impresa stessa" le parole "all'interno del luogo di produzione.".

 

Mantenere inalterati i successivi periodi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.1.3 La nozione di materia prima secondaria (MPS)

 

 

Situazione di contesto

 

 

 

 

Art. 183 – definizioni

comma 1 lettera q)

 

All'articolo 183, comma 1, lett. q), del Dlgs. 152/2006 è stata introdotta una definizione più ampia e generale di MPS, con rinvio alle disposizioni all'articolo 181, commi 6, 12 e 13.

 

E cioè, quelle sostanze, materiali e oggetti ottenuti dalle operazioni di recupero che possono essere reimpiegati in un processo industriale o commercializzati perché non necessitano di ulteriori trattamenti a cui non si applica la disciplina in materia di gestione dei rifiuti, sempre che il detentore non se ne disfi o non abbia deciso o non abbia l'obbligo di disfarsene.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si propone di mantenere inalterata la definizione di "materia prima secondaria" (MPS), come descritta nel nuovo Codice dell'Ambiente.

 

Ciò consente di poter escludere dalla definizione di "rifiuto" gli scarti di produzione che possono essere immessi sul mercato senza ulteriori trattamenti o quelli che possono essere usati in un processo industriale o commercializzati.

 

 
Risultati attesi

 

 

 La reimmissione nel mercato della materia seconda riciclata, può produrre vantaggi alla società e all' ambiente in termini di abbattimento dell'inquinamento e della riduzione dell'uso delle risorse.

 

Si tende alla ottimizzazione dei cicli economici, recuperando la materia prima e reinserendola nel mercato come materia seconda, rivendendola agli utilizzatori primari con un riscontro economico che copra i costi del recupero e dello smaltimento.

 

 


1.1.4 I rottami ferrosi           

                       

 

Situazione di contesto

 

 

 

 

Art. 183 - Definizioni

comma 1, lettera u)

 

Tale comma introduce nella normativa ambientale la nuova definizione di materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche la cui utilizzazione è certa e non eventuale.

 

 

Proposte di riforma

 

 

Proponiamo l'abrogazione dell'articolo 183, comma 1, lett. u), del D.Lgs. n. 125/2006, recante la definizione di "Materia Prima Secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche" (classificando il rottame ferroso come MPS sin dall'origine) e introducendo contestualmente una norma transitoria al fine di coordinare il passaggio alla normativa sui "rifiuti" ed evitare vuoti normativi e nuove incertezze interpretative.

Si evidenzia che una norma transitoria, da rivedere e modificare completamente, esiste già in parte e risulta inserita all'articolo 266, comma 6, del D.Lgs. n. 152/2006.

 

In questa nuova ottica normativa, anche le acciaierie e le fonderie saranno destinate ad operare all'interno della disciplina dei "rifiuti" (le imprese del nostro settore che effettuano operazioni di raccolta, trasporto e recupero - lavorazioni e trattamenti per renderli "pronti al forno" - di rottami, vi rientrano già da anni) grazie al progressivo rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che, come previsto dal combinato disposto dell'articolo 5, comma 14 - All. II - del D.Lgs. n. 59/2005 [Attuazione Integrale della Direttiva 96/61/CE relativa alla Prevenzione e Riduzione Integrate dell'Inquinamento (IPPC)] e dall'articolo 213, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, sostituirà a tutti gli effetti anche le autorizzazioni in regime ordinario e/o semplificato previste dalla disciplina sui "rifiuti", consentendo a questi impianti industriali di poter ricevere il rottame classificato come "rifiuto" e di riciclarlo (rifusione), ottenendo un nuovo prodotto siderurgico/metallurgico.  

 

In questo modo, cesseranno altresì i noti problemi normativi relativi all'afflusso di rottame dall'estero a titolo di "Materia Prima Secondaria": il rottame giungerà nel nostro Paese come "rifiuto" appartenente ed elencato nella "Lista Verde" del Regolamento CEE n. 259/1993, scortato dall'apposito documento di accompagnamento già individuato per questi rifiuti in sede di revisione del suddetto Regolamento (trattasi del documento di cui all'All. VII del nuovo Regolamento CE n. 1013/2006 del 14 giugno 2006 – che entrerà in vigore solo dal 12 luglio 2007 ).

 

Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 27 e 28, della Legge 15 dicembre 2004, n. 308, diverranno pertanto superflue, così come le disposizioni che ne hanno ripreso il contenuto all'articolo 212, comma 12, del D.Lgs. n. 152/2006 e potranno essere pertanto abrogate, sollevando l'Albo Gestori Rifiuti di Roma dai noti e ardui problemi inerenti l'istituzione della Sezione speciale dedicata alle imprese estere che dichiarano l'intenzione di voler introdurre nel nostro Paese rottame classificato come "Materia Prima Secondaria".

 

Le specifiche/standard esistenti sui rottami (CECA; AISI; CAEF; UNI; ecc……), ritorneranno ad avere una mera rilevanza di mercato, legata agli aspetti connessi alle relative transazioni commerciali (fissazione del prezzo, in funzione di una determinata tipologia di rottame).

 

Quanto sopra, necessita tuttavia la predisposizione di un percorso normativo che consenta all'industria siderurgica e metallurgica del nostro Paese di approvvigionarsi di rottame come "rifiuto" in attesa del rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), che avverrà impianto per impianto, a seconda dei tempi previsti in ogni Regione, anche in relazione al numero (carico di lavoro degli uffici) delle domande pervenute relativamente a ciascuno dei settori coinvolti nella normativa IPPC.

 

Ciò comporta l'inserimento di precise norme transitorie che, entro una data certa, ultima, oltre la quale il rottame verrà gestito esclusivamente come "rifiuto" in ogni sua fase, da qualunque impresa, prevedano la possibilità temporanea, di continuare a gestirlo come MPS derivante da operazioni di recupero di "rifiuti" e pertanto, di continuare ad avviarlo momentaneamente come MPS in acciaieria/fonderia.

 

In sostanza, stabilita una data ultima di "svolta" normativa definitiva del sistema, è necessario evitare a tutti i costi l'interruzione (blocco) degli approvvigionamenti all'industria fusoria nazionale, con grave danno per tutto il Paese ivi inclusi, per assurdo, gli stessi operatori della raccolta e recupero del rottame (già autorizzati da anni), che si troverebbero, di fatto, immediatamente nell'impossibilità di avviare il rottame come "rifiuto" in acciaieria/fonderia per cause che non dipendono assolutamente dalla loro volontà.

 

Inoltre, come vedremo meglio nel prosieguo, al fine di non creare situazioni di conflitto tra norme e ulteriori incertezze, è a nostro avviso necessaria anche una disposizione che non renda più obbligatoria la trasformazione del rottame ferroso e non ferroso (ottenimento) in "MPS" da parte dei fornitori del comparto industriale fusorio (vale a dire le imprese associate o comunque appartenenti al nostro settore), così come sostanzialmente previsto dall'articolo 3, comma 1, del D.M. 5 febbraio 1998 e dalle autorizzazioni in regime ordinario attualmente in essere.

 

Ciò premesso, per concludere questo argomento, il nuovo approccio normativo, sicuramente aderente al dettato della disciplina comunitaria vigente, consentirebbe finalmente di riportare al centro della normativa e dell'attenzione della pubblica opinione, l'attività delle imprese che svolgono operazioni di raccolta e recupero di "rifiuti", troppo spesso criminalizzate o mortificate da disposizioni che mirano a svuotare di contenuto e di valore le autorizzazioni faticosamente conseguite e rinnovate in questi anni (ottemperando alla normativa vigente), vanificando gli sforzi economici e personali compiuti in fase di adeguamento degli impianti e di conseguimento e mantenimento della certificazione ambientale (ISO 14001).

 

 

 

 

Risultati attesi

 

 

Il rottame ferroso e non ferroso (quand'anche dovesse già rispondere fin dall'origine alle specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI o EURO), dovrebbe pertanto rimanere assoggettato alla disciplina sui "rifiuti" fino al momento della rifusione, vale a dire fino a quando non verrà trasformato in un nuovo prodotto siderurgico/metallurgico ("riciclaggio"). 

 

La soluzione normativa individuata premierebbe in definitiva tutte le imprese coinvolte:

-         sia fornitori di rottame che, fino ad ora, per poter trasformare il rottame "rifiuto" in Materia Prima Secondaria (MPS) e poterlo consegnare al comparto fusorio, hanno dovuto autorizzarsi (ed effettuare i relativi rinnovi), sia a livello di impianti, sia per quanto riguarda gli automezzi, sopportando costi, oneri e sacrifici, notevoli anche di carattere personale;

 

-         sia il comparto siderurgico/metallurgico che, dovendo ottenere il rilascio delle nuove Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA), sta anch'esso sopportando costi ed oneri sicuramente non indifferenti, legati all'adeguamento degli impianti.

 

 

 


1.2 Gli adempimenti ambientali a carico delle imprese

 

1.2.1 I Registri di carico e scarico

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 190 – Registri di carico e scarico

commi 1, 4 e 6

 

 

Correttamente nel comma si fa riferimento alle procedure previste per i Registri Iva per la tenuta amministrativa dei registri di carico e scarico. Pur essendo stata soppressa la vidimazione dei registri IVA dall'art. 8 della L. 383/01 (e conseguentemente soppressione di tale obbligo anche per i registri di carico e scarico dei rifiuti) il termine "vidimati" ha dato adito ad interpretazioni difformi da parte di alcune Agenzie delle Entrate sul territorio, ingenerando nelle imprese uno stato di confusione ed incertezza.

 

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si propone di specificare, o quantomeno ribadire in modo esplicito, l'abrogazione dell'obbligo di vidimazione per i Registri di carico e scarico dei rifiuti in conformità con quanto stabilito dalla normativa sui Registri IVA, ponendo così fine ad ogni incertezza interpretativa.

 

 La prevista possibilità di tenuta dei registri di carico e scarico presso le associazioni di categoria dovrebbe essere consentita per le imprese non tanto in ragione delle quantità di rifiuti prodotti (10 tonn. di non pericolosi e 2 tonn. di pericolosi, art. 190 comma 4), quanto in funzione della sussistenza dei requisiti da parte delle stesse  di rientrare essere nella definizione di piccola o media impresa secondo i criteri di cui al Decreto del Ministero delle attività Produttive 18 aprile 2005, che ha recepito la Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003.

 

 

 

Risultati attesi

 

 

 

La proposta di richiamare la definizione di PMI come sopra specificato, se accolta, potrebbe effettivamente costituire una valida possibilità, in particolare per le organizzazioni di piccole e medie realtà economiche, per contenere i costi, nonché standardizzare e velocizzare le procedure amministrative. Inoltre le associazioni di categoria a livello locale potrebbero svolgere anche un'importante azione di monitoraggio sul territorio, relativamente all'applicazione degli adempimenti ambientali da parte delle imprese.

 


 

Emendamenti

Art. 190

 

Comma 1 - lett. c)

Precisare come sopra "per i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione ecc……" lasciando immutato il restante testo.

 

Comma 1 - lett. d)

Riscrivere come segue: "per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento entro 5 giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti o dallo scarico dei medesimi".

 

 

 

Emendamento

Art. 190

 

Comma 4

Sostituire le parole "I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e due tonnellate di rifiuti pericolosi" con le parole "Le PMI così come definite dal Decreto del Ministero Attività Produttive 18 aprile 2005"

 

 

 

Emendamento

Art. 190

 

Comma 6 primo rigo

Sopprimere la parola "vidimati"

 

 


1.2.2 Oneri dei produttori e detentori

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 188 – Oneri dei produttori e dei detentori

Comma 4 (Certificato di avvenuto smaltimento)

 

Viene prevista l'esclusione della responsabilità del detentore per il corretto smaltimento e recupero dei rifiuti nel caso di:

 

-         ricezione della quarta copia del formulario rilasciata dal destinatario dell'impianto;

 

-         ricezione del certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che effettua le operazioni di recupero.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si propone l'abrogazione del rilascio del certificato di avvenuto smaltimento in quanto tale superfluo documento non trova alcuna giustificazione in termini ambientali, rappresentando soltanto un ingiustificato carico di responsabilità per il produttore.

 

Infatti, oltre ad essere un inutile adempimento burocratico, attribuisce una ulteriore responsabilità al detentore di rifiuti (produttore), il quale ha già provveduto a passare tale responsabilità ad un gestore di rifiuti anche tramite il compenso economico. I comportamenti eventualmente illeciti del gestore non possono ricadere sul produttore dei rifiuti.

 

 

Risultati attesi

 

 

Semplificazione procedurale per le imprese

 

 

 

 

 

 

Emendamento

Art.188

 

Comma 4 (certificato di avvenuto smaltimento)

Eliminare

1.2.3 Trasporto ferroviario dei rifiuti

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 188 – Oneri dei produttori e dei detentori

Comma 2, lett.d) (Trasporto ferroviario dei rifiuti)

 

 

Viene prevista l'utilizzazione del trasporto ferroviario dei rifiuti pericolosi per distanze superiori a 350 km e quantità eccedenti le 25 tonnellate.

 

Proposte di riforma

 

 

L'obbligo previsto risulta illegittimo, impossibile da realizzare, pericoloso e contrario alle stesse norme ambientali.

 

Illegittimo in quanto limita senza alcuna ragione sociale o di sicurezza, la libera iniziativa economica , tutelata a livello costituzionale e viola il principio comunitario della libera circolazione delle merci;

impossibile da realizzare in quanto la rete ferroviaria ha dei limiti molto ristretti di assorbimento delle quantità di rifiuti che dovessero essere dirottate su tali modalità, che si stima non vadano oltre il 2 o 3% di tutti i rifiuti che attualmente vengono trasportati su strada o via mare;

 

Pericoloso in quanto i percorsi ferroviari si snodano, più che quelli stradali i del mare , nei contesti urbani, tal che un incidente ferroviario con spandimento o travaso di rifiuti pericolosi coinvolgerebbe un misura maggiore persone, infrastrutture o beni

 

Contrario alle stesse norme di tutela ambientale che perseguono la finalità del più rapido recupero o smaltimento dei rifiuti, mentre il trasporto ferroviario, non potendo arrivare in via diretta dal produttore all'impianto di recupero o smaltimento, necessità obbligatoriamente di tratte iniziali e finali su strada, di trasbordo degli stessi rifiuti ed infine con una moltiplicazione delle operazioni di manipolazione e movimentazione degli stessi.

 

 

 

Risultati attesi

 

Realizzare procedure più rapide e dirette del recupero e dello smaltimento dei rifiuti

 

 

 

 

 

 

 

Emendamento

Art.188

 

Comma 2 lett.d)

Eliminare le parole "distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate" e sostituire con le parole "lunghe distanze e elevate quantità"

 

 

 

 

Formulario di trasporto

 

 

Emendamenti

Art. 193

 

Comma 4

 Sostituire le parole : "di trenta chilogrammi o trenta litri" con le parole: "di sessanta chilogrammi o sessanta litri"

 

Comma 11

 Al secondo periodo sostituire le parole "nei formulari di identificazione dei rifiuti" con le seguenti: "Nel formulario di identificazione dei rifiuti, unico per ciascun trasporto effettuato"

 

 

Ö       Si risolverebbe in tal modo il problema della microraccolta (più prelievi consecutivi, di entità minima, presso soggetti diversi) dei rifiuti (inclusa la raccolta e trasporto di piccoli quantitativi di rifiuti abbandonati sul territorio ad es.: batterie al piombo esauste), ritenendosi sufficiente, proprio per le modeste quantità prelevate l'emissione di un unico formulario, in occasione di ogni trasporto.

 

 

Emendamenti

Art. 193

 

Comma 6

Sostituire il primo periodo fino alla parola "microraccolta" con il seguente:

 

La definizione del formulario di identificazione, i contenuti minimi e le modalità di numerazione, di vidimazione e di gestione dei formulari di identificazione, nonché la disciplina delle specifiche responsabilità del produttore o detentore, del trasportatore e del destinatario sono fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio tenendo conto delle specifiche modalità delle singole tipologie di trasporto, con particolare riferimento ai trasporti intermodali, ai trasporti per ferrovia e alla microraccolta."

 

 

 

 

Ö       Si ritiene opportuno non predefinire in un formato unico e statico il documento di trasporto dei rifiuti, affinché una volta fissati i requisiti minimi del formulario, ciascuna categoria di operatori nel settore rifiuti possa ampliarlo inserendo dati aggiuntivi, funzionali alle attività svolte, al fine di poter rappresentare al meglio le singole esigenze.


1.2.4 Il trasporto in proprio

 

 

Situazione di contesto

 

Art. 212 – Albo nazionale gestori ambientali

comma 8

 

Attualmente le imprese che trasportano rifiuti propri non pericolosi e rifiuti propri pericolosi in quantità non superiore ai 30Kg/lt al giorno devono richiedere l'iscrizione all'Albo gestori dietro versamento di un diritto di iscrizione annuale pari a 50€

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si richiede che l'obbligo di iscrizione previsto possa essere sostituito con una autorizzazione in via generale, in conformità a quanto già stabilito in altri paesi comunitari.

 

Inoltre si ritiene un onere eccessivo per le imprese il pagamento annuale dei 50€.

A tale proposito si propone, quindi, che il pagamento del diritto venga effettuato "una tantum" ossia in occasione della richiesta di iscrizione all'Albo presso la sezione regionale territorialmente competente.

 

E' importante tra l'altro precisare che non si è in presenza di una attività continuativa e professionale in quanto le imprese che producono rifiuti trasportandoli in proprio, non sono trasportatori professionali. Questo chiarimento è necessario al fine di evitare richiami comunitari.

 

Risultati attesi

 

 

 Semplificazione procedurale e alleggerimento degli oneri economici per le imprese

 

 

Emendamento

Art. 212

 

Comma 8

Eliminare le parole: "Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione pari a euro 50 rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'Ambiente 28 aprile 1998, n. 406".

O in subordine: "Eliminare le parole: "Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione pari a euro 50 rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'Ambiente 28 aprile 1998, n. 406" e sostituire con la seguente frase: " Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un diritto pari a 50 euro da versarsi all'atto dell'iscrizione".

 

1.2.5 Iscrizione all'Albo gestori ambientali per le imprese certificate

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 212 - Albo nazionale gestori ambientali

Commi 6 e 7

 

Attualmente le garanzie finanziarie a favore dello Stato che devono essere prestate dalle imprese che effettuano le attività di raccolta e trasporto, intermediazione e commercio senza detenzione, nonché l'attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e recupero dei rifiuti, sono ridotte del 50% per le imprese registrate ai sensi del Regolamento EMAS e del 40% per quelle in possesso della certificazione ISO 14001.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

A titolo di ulteriore semplificazione, per i soggetti che risultano in possesso della Certificazione Ambientale UNI EN ISO 14001, come già previsto per le imprese che hanno ottenuto la Registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit EMAS (Regolamento CE n. 761/2001) dall'articolo 18 della Legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), si richiede il rinnovo automatico della iscrizione.

 

L'implementazione di sistemi di certificazione ambientale, infatti può costituire uno strumento che, in assenza di variazioni sostanziali relative all'impianto di recupero già autorizzato, consente di ottenere a tutti gli effetti un rinnovo automatico dell'autorizzazione, sia in regime ordinario che semplificato e/o il rinnovo dell'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali per l'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, previa comunicazione dell'ottenimento (e del mantenimento) della Certificazione alle Autorità Competenti, per i necessari controlli.

 

 

 

Risultati attesi

 

 

 

Semplificazione procedurale e alleggerimento degli oneri economici per le imprese che hanno già sostenuto dei costi per l'ottenimento della certificazione ambientale.

 

 

 

 

Emendamento

Art. 212

Comma 6

Aggiungere il seguente periodo:

 

"Per la reiscrizione all' Albo, le imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001 possono sostituire il nuovo certificato di iscrizione con autocertificazione resa alle Autorità competenti ai sensi della legge 4 gennaio 1968 n.15 e successive modificazioni, così come previsto per le imprese registrate ai sensi del regolamento Ce n.761/2001 dall' art.18 della legge 23 marzo2001 n.93"

 

 

 

 

Art. 212

 

Comma 5

Eliminare le parole: "nonché gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi"

 

 

Ö       Si ritiene inutile continuare a mantenere tra le imprese obbligate all'iscrizione la categoria di cui si propone l'eliminazione.

 

Infatti la prassi usuale prevede che l'autorizzazione all'esercizio sia rilasciata direttamente a favore della società che effettivamente gestisce l'impianto, chiunque ne sia il titolare e nel caso di subentro, l'autorizzazione stessa viene volturata a nome dell'impresa subentrante. Si è quindi in presenza di aziende già regolarmente autorizzate all'esercizio dell'impianto e che hanno prestato garanzia finanziaria a favore della regione che le ha autorizzate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

1.3 Gli accordi di programma

 

1.3.1 Gli accordi con le Pubbliche Amministrazioni   

        

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 181 – recupero dei rifiuti

comma 4 e succ.

 

In più parti dell'articolato viene disposto che le pubbliche amministrazioni, promuovano e stipulino accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati o con le associazioni di categoria rappresentative dei settori interessati, al fine di favorire il riutilizzo, il reimpiego, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti, nonché l'utilizzo di materie prime secondarie, di combustibili o di prodotti ottenuti dal recupero dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si condividono i richiami da parte del legislatore alla previsione degli accordi di programma stipulati tra le Pubbliche Amministrazioni e le organizzazioni rappresentative di categorie maggiormente interessate.

 

Infatti, la fissazione di standard ambientali e l'incentivazione fiscale, agiscono su un tipo di inquinamento ambientale localizzato, circoscritto alle singole imprese, nell'ottica di una gestione dell'ambiente basata su un atteggiamento ormai obsoleto di command e control.

 

Con gli accordi volontari, invece, che intervengono su problematiche strettamente legate a fattori ambientali, si tende ad attuare e diffondere la partecipazione negoziata e concordata di tutti gli attori, pubblici e privati.

 

In tal modo viene rispettato il principio dell'UE della "responsabilità condivisa", riportato nel V Programma comunitario di politica e azione ambientale, dove tale principio viene individuato come caratteristica principale della strategia per lo sviluppo sostenibile.

 

Con la responsabilità condivisa, infatti, il rispetto dell'ambiente viene considerato non già come un mero vincolo da rispettare, ma come un obiettivo da raggiungere attraverso l'impegno di tutti i soggetti che ne fruiscono. Il ricorso agli accordi deve essere, comunque, attentamente valutato caso per caso al fine di evitare che si possa creare un discriminante competitivo tra le categorie che riescono a convenzionarsi e quelle imprese che pur operando nello stesso settore o in settori similari sono invece fuori convenzione

 

 

Risultati attesi

 

 

Gli accordi e i contratti di programma per la raccolta differenziata, il recupero, il riciclaggio, ed il corretto smaltimento dei rifiuti, semplificano gli adempimenti a carico delle imprese.

 

Infatti gli obblighi amministrativi che esse devono rispettare nella gestione dei rifiuti sono molteplici e il mancato rispetto comporta sanzioni pecuniarie molto pesanti: l'accordo di programma semplifica le procedure, facilitando le imprese nell'osservanza delle norme e aumentando nel contempo l'efficacia del controllo pubblico.

 

Inoltre, l'applicazione del principio della "responsabilità condivisa", implica:

 

-         una nuova percezione dell'impresa come realtà promotrice di valori socialmente utili;

 

-         un rapporto cooperativo tra imprese e pubblica amministrazione nel perseguimento degli obiettivi di politica ambientale;

 

-         la diffusione di un atteggiamento consensuale dei cittadini, rispetto alla presenza delle imprese sul territorio e alle decisioni pubbliche di politica ambientale.

 

Tale gestione partecipata della tutela dell'ambiente, crea, per di più, le condizioni favorevoli perché sia agevolata l'introduzione volontaria di afficaci sistemi di gestione ambientale (SGA), utili per il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali delle imprese.

 

Inoltre, al fine di incrementare le attività di riutilizzo, di reimpiego e di riciclaggio, nonché l'adozione delle altre forme di recupero dei rifiuti, le pubbliche amministrazioni ed i soggetti economici possono promuovere analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, campagne di informazione e tutte le altre iniziative utili.

 

                                     


1.3.2 Gli accordi con le Regioni

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 206 – Accordi, contratti di programma, incentivi

comma 1

 

Attualmente, riguardo alle PMI, viene prevista la stipula degli accordi e contratti di programma, soltanto con le amministrazioni centrali.

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si ritiene necessario, prevedere la possibilità di stipulare accordi e contratti di programma anche con le Regioni e gli Enti locali nell'ambito delle rispettive competenze in conformità con le disposizioni di cui al decreto.

 

Il punto cardine, infatti, degli accordi volontari attuati su base locale, consiste proprio nella possibilità di poterli adoperare per lo sviluppo territoriale locale sostenibile, facendo leva sulle risorse effettivamente presenti sul territorio nonché sui bisogni reali dell'area interessata.

 

 

Risultati attesi

 

 

L'allargamento delle possibilità per le imprese di accedere a incentivi e a semplificazioni amministrative attraverso l'adesione agli accordi.

 

Grazie alla "volontarietà"espressa anche su base locale, inoltre, ogni azienda può individuare le strade percorribili per realizzare una prassi di gestione virtuosa ambientale, secondo la propria identità in modo da essere stimolata a passare da un atteggiamento passivo ad un atteggiamento proattivo, che vede l'ambiente come una reale opportunità.

 

 

 

 

Emendamento

Art. 206

 

Comma 1

Tra le parole "di concerto con il Ministro delle Attività Produttive," e le parole "stipulare appositi accordi e contratti di programma" inserire le parole "nonché le Regioni e gli Enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze ed in conformità alle disposizioni del presente decreto, possono".

 

1.3.3 Il marchio ECOLABEL e le certificazioni ambientali

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 206 – Accordi, contratti di programma, incentivi

comma 2, lettera a)

 

In tale articolo, sono previsti accordi e contratti di programma tra le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti economici interessati o le associazioni di categoria rappresentative, che abbiano come finalità quella promuovere e favorire l'utilizzo della Registrazione EMAS, ma non vengono presi in considerazione i sistemi di certificazione ambientale quali: ISO 14001 o il marchio ECOLABEL

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

La previsione di un riconoscimento di status privilegiato alle aziende certificate ISO 14000 o EMAS, ma anche e soprattutto del marchio Ecolabel – si pensi alle strutture ricettive turistiche - essendo questo un marchio di eccellenza, deve essere inserita in modo costante in ogni disciplina ambientale, in particolare con forme di semplificazione negli adempimenti sia per gli iter amministrativi che per le procedure di controllo.

 

Uno strumento valido che può affiancare ed integrare le tradizionali fonti normative è rappresentato proprio dai processi di negoziazione tra la Pubblica Amministrazione ed i soggetti privati.

 

La validità di tale strumento negoziale, che si propone anche come leva alternativa all'applicazione di strumenti fiscali, è riconosciuta a livello comunitario nel campo delle politiche per l'ambiente.

 

Gli accordi di programma, per le loro caratteristiche di flessibilità ed efficacia, in particolare per la gestione di situazioni complesse, rappresentano uno degli strumenti più aderenti alle reali esigenze di tutela ambientale.

 

 

Risultati attesi

 

 

In conformità con le politiche ambientali proposte dalla UE, verrebbero incentivate e promosse le cosiddette buone pratiche ambientali e verrebbe favorita la loro diffusione presso le piccole e medie imprese italiane, al fine di essere adottate, su base volontaria, a fronte di un abbattimento delle difficoltà economiche ed organizzative spesso riscontrate.

 

 


Emendamenti

Art. 206

 

Dopo il comma 3 aggiungere il seguente comma: "3-bis. Con decreto del Ministro dell'Ambiente e tutela del territorio di concerto con il Ministro per lo Sviluppo Economico da emanarsi entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto sono definite le procedure per la concessione di contributi per la promozione di sistemi di gestione ambientale per le piccole e medie imprese così come definite dal decreto del Ministero delle attività Produttive 18 aprile 2005".

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 206

 

Comma 4 - terzo rigo

Dopo la parola "finanziamento," sopprimere il periodo sino alla fine e sostituire con il seguente: " agli accordi e ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2, fissando le modalità di stipula dei medesimi, nonché agli incentivi di cui al comma 3-bis".

 

 

 

Ulteriori proposte per l'estensione di strumenti agevolativi

 

Incentivi per la certificazione ambientale

 

Il Decreto 7 maggio 2003 ha concesso contributi in conto capitale per il parziale rimborso di spese sostenute per l'acquisizione di servizi reali di consulenza e assistenza volti ad attivare Sistemi di gestione ambientali ed a registrarli ai sensi del Regolamento CE n. 761/2001 (EMAS) o certificarli ai sensi della norma tecnica armonizzata UNI EN ISO 14001/96.

 

Tali contributi sono previsti a favore delle piccole e medie imprese operanti in alcuni settori di attività (estrazione di minerali; manifatturiere; produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua; costruzione; alberghi; smaltimento rifiuti solidi, delle acque di scarico e simili;).

 

Al riguardo si ritiene opportuno confermare tale strumento, ma nel rispetto delle seguenti modifiche:

 

-                     estensione della norma a tutte le attività di cui al citato regolamento comunitario;

 

-                     concessione dei contribuiti a monte dell'atto di certificazione o di registrazione, al fine di non discriminare le PMI che, come è noto, non hanno disponibilità finanziarie e un difficoltoso accesso al credito.

 

Legge 488 Ambiente

 

La recente normativa agevolativa per le imprese, fatta per fronteggiare le principali emergenze ambientali del Mezzogiorno (rifiuti, tutela delle acque, ecc.), non ha avuto un riscontro pari alle attese; pur avendo un portafoglio di 310 milioni di euro, con un finanziamento in conto capitale fino all'80% delle spese ammissibili, solo 190 imprese hanno fatto richiesta per la cosiddetta Legge 488 Ambiente, con l'eventuale impegno economico del 45% del portafoglio stanziato.

 

Le principali criticità di tale strumento di incentivazione sono state:

-                     la rigida imposizione di determinati temi ambientali per cui si concede il finanziamento;

-                     la complessa organizzazione del calcolo dei punteggi atti a determinare il miglioramento ambientale;

-                     l'elevata soglia minima dell'investimento, pari a 300 mila euro, per l'accesso ai finanziamenti;

-                     l'esclusione, dai finanziamenti, per i progetti con miglioramenti ambientali che sono anche adeguamenti alla normativa cogente.

 

Con le rivisitazioni di cui sopra, si richiede pertanto di confermare lo strumento, utilizzando quindi le risorse comunitarie all'uopo destinate; sarebbe anche opportuno studiare le possibilità di reperire fondi per allargare tale incentivazione alle imprese del centro nord.

 

Riferimenti alla Legge 388

 

 

Emendamento

Art. 206

 

Aggiungere il seguente comma: "5bis. Le disposizioni di cui ai commi da 13 a 19 dell'art. 6 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 si applicano anche agli investimenti effettuati negli anni 2006 e 2007. A tal fine l'apposito fondo presso il Ministero delle Finanze istituito con il comma 18 dell'articolo suddetto è rifinanziato per la somma di cento milioni di euro a valere sulle somme di cui al comma 9 del presente articolo"

 

In alternativa si propone di impegnare una quota di analogo valore degli stanziamenti previsti dallo stato di previsione del Ministero dell'Ambiente e tutela del territorio.

 

 

Ö       I commi da 13 a 19 dell'articolo 6 della Legge 23. 12. 2000 n.388 dispongono una esenzione dall'imposizione della quota di reddito prodotta dalle piccole e medie imprese e destinata ad investimenti ambientali (costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali atte a prevenire, ridurre e riparare i danni causati all'ambiente) realizzati negli anni 2001, 1002 e 2003.

Tale strumento agevolativi si è rivelato decisamente positivo per il sostegno alle imprese in campo ambientale e pertanto se ne richiede il finanziamento almeno per gli anni 2006 e 2007.

 

Si reputa tuttavia necessario in proposito:

 

  • non escludere sic et simpliciter gli investimenti ambientali realizzati per ottemperare agli obblighi di legge, ma valutare i miglioramenti che l'investimento produce. A nostro avviso la sostituzione di impianti obsoleti ma rispondenti ad obblighi di legge con impianti meno inquinanti o a minor consumo energetico è da considerarsi meritevole dell'agevolazione.

 

  • eliminare il c.d. "approccio incrementale" che determina l'importo della detassazione in base all'incremento dell'investimento ambientale effettuato, rispetto alla media degli ultimi due anni precedenti, riducendo di fatto il beneficio.

 

 


1.4 La gestione dei rifiuti

 

1.4.1 I criteri di assimilazione                    

                         

 

Situazione di contesto

 

 

 

Art. 195 – Competenze dello stato

comma 2, lettera e)

 

L'articolo demanda allo Stato la competenza in merito alla "… determinazione dei criteri qualitativi e quali – quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, derivanti da enti o imprese esercitate su aree con superficie non superiore ai 150 mq nei comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti, o superficie non superiore a 250 mq nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti…".

 

L'aver circoscritto la possibilità di determinare i criteri di assimilabilità solo per i rifiuti prodotti da imprese rientranti in determinate classi dimensionali porterebbe quindi a legittimare l'interpretazione in base alla quale il legislatore avrebbe posto implicitamente un divieto assoluto di assimilazione per i rifiuti prodotti da imprese esercitate su aree con superficie superiore a 150 mq o 250 mq (a seconda del numero della popolazione residente).

 

Gli effetti derivanti da tale disposizione riguarderebbero la maggior parte delle attività economiche, come ad esempio i ristoranti, gli alberghi o i supermercati che, non rientrando nella delimitazione della superficie sopra indicata, diventano, per presunzione di legge, produttori di rifiuti speciali non assimilabili.

 

Gran parte del rifiuto prodotto dalle utenze non domestiche, quindi, uscirebbe dal ciclo di gestione dei rifiuti urbani così che le attività coinvolte, dovendo provvedere direttamente alla gestione dei rifiuti prodotti, sarebbero esenti dal pagamento della Tarsu o della Tia.

 

Tale disposizione legislativa costituisce senza dubbio una novità di rilievo rispetto alla previgente normativa e consente ai piccoli esercizi che insistono sulle aree di superficie richiamate dal comma di essere soggette "ope legis" al servizio pubblico di raccolta e viceversa permette alle imprese della distribuzione organizzata sensibili risparmi in termini di costi sostenuti per il pagamento della tassa dei rifiuti agli Enti locali. Tra l'altro è opportuno evidenziare che, di fatto, proprio per la natura e le dimensioni dei punti di vendita delle aziende operanti nel settore della grande distribuzione, già adesso il servizio di raccolta dei rifiuti viene affidato a soggetti privati.

 

Il problema che emerge riguarda i termini per l'attuazione delle nuove regole.

 

Secondo una prima opinione, infatti, trattandosi di una disposizione sufficientemente precisa e dunque non avendo bisogno di decreti attuativi, la previsione sarebbe immediatamente applicabile con l'entrata in vigore del Dlgs. 152/06.

 

E cioè, in concreto, gli effetti decorrerebbero già dallo scorso 29 aprile data di entrata in vigore del decreto, a partire dalla quale le imprese potrebbero invocare l'esenzione dalla Tarsu/Tia, ma dovrebbero anche attrezzarsi a provvedere in maniera autonoma alla raccolta e smaltimento dei rifiuti speciali.

 

Tale ipotesi sembrerebbe essere avvalorata, per analogia, anche da quanto stabilito all'art. 221 comma 4, del codice ambientale, in cui si dispone che, fino all'adozione dei criteri di cui all'art. 195 c. 2, lettera e) è ammesso il conferimento degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari per superfici rientranti nella classificazione prevista dal suddetto articolo (150mq per comuni con ab.< 10.000 e 250mq per comuni con a. >10.000), da cui per analogia discenderebbe che la norma prevista nell' art. 195 per i rifiuti speciali sarebbe immediatamente applicabile.

 

L'altra tesi, invece, differisce gli effetti delle novità alla data in cui saranno emanati, con apposito decreto attuativo, i nuovi criteri di classificazione dei rifiuti da parte dello Stato, essendo, la ripartizione prevista nell' art. 195 del decreto in esame, di tipo soltanto quantitativo e quindi destinata ad integrare un quadro giuridico di riferimento che si avrà con la pubblicazione delle nuove regole di assimilazione.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

La formulazione si ritiene sostanzialmente condivisibile anche se l'attuale stato di incertezza, sia tra gli operatori che tra le amministrazioni locali, in ordine alla effettiva efficacia delle nuove disposizioni, renderebbe opportuno un chiarimento ufficiale.

 

In ogni caso sarebbe auspicabile tener conto di un periodo di vacatio, durante la quale si realizzeranno quelle situazioni – di mercato, di accreditamento e di capacità dei nuovi soggetti gestori dei rifiuti – che potranno favorire situazioni nelle quali le imprese potrebbero venire a pagare costi di transizione eccessivi e penalizzanti.

 

Con riferimento al c. 2 lettera e) dell'art. 195, inoltre, andrebbe esplicitata e resa univoca tale disposizione, in quanto non è chiaro se la frase " salvo i rifiuti prodotti nei bar e nei locali di servizio… e comunque aperti al pubblico" possa in eccezione a quanto stabilito dalla norma essere oggetto di un'interpretazione restrittiva.

 

Oltre a ciò, vanno gestiti, a tutela degli utenti, con adeguate misure, gli affidamenti a nuovi operatori di asporto e trattamento rifiuti, i cui requisiti di rispetto della legge non sono facilmente riscontrabili, pur rimanendo la responsabilità dell'accertamento, anche in capo al produttore del rifiuto. La questione probabilmente necessita di una concertazione anche con i consorzi deputati alla gestione delle particolari tipologie di imballaggi.

 

Per quanto riguarda tale questione si ritiene fondamentale la concertazione tra categorie ed enti locali, anche per arrivare alla definizione di parametri il più possibile univoci. L'obiettivo dovrebbe consistere nella redazione di una lista/matrice con le tipologie qualitative e quantitative suddivise per tipo attività e metratura, che rispecchi il principio di equa differenziazione e di effettivo rispetto al principio della tariffa come corrispettivo reale di un servizio.

 

Altro aspetto è relativo ai costi dei servizi prestati dai terzi autorizzati alla gestione dei rifiuti. Più in particolare, in molte parti d'Italia, gli operatori ambientali privati si trovano in una situazione di monopolio e, quindi, avrebbero la possibilità di praticare un prezzo sproporzionato rispetto al servizio erogato.

 

Ed ancora, in altre parti del Paese le imprese erogatrici di servizi ambientali formano un mercato oligopolistico, che come noto è quasi sempre l'anticamera della nascita degli accordi di cartello tra imprese.

 

A ciò si aggiunga che sono a carico dell'impresa ulteriori adempimenti burocratici:

-         verifica che il terzo autorizzato sia iscritto all'Albo Gestori Rifiuti;

-         emissione dei formulari di trasporto;

-         identificazione del codice CER.

 

Infine, non bisogna dimenticare che le imprese che insistono su immobili più ampi delle superfici in questione devono pagare la parte fissa della tariffa o della tassa, perché determinata in base ai costi fissi sostenuti dall'Ente locale e indipendenti dalla quantità di rifiuti prodotti dal singolo utente.

 

Nella prassi, molti Enti Locali, approfittando anche dei dubbi che ci sono in dottrina sulla natura di alcuni costi, tendono a far rientrare molti oneri che sono di natura variabile in quelli fissi.

 

Ciò significa che nel momento in cui dovesse essere data attuazione alla norma così come è stata scritta, l'impresa turistica, ad esempio, si troverà a pagare, comunque, una parte dei costi variabili.

 

Da quanto esposto, emerge la necessità di rendere facoltativa la possibilità da parte dell'impresa di aderire o meno alla disposizione di cui al richiamato art. 195, consentendo, cioè, alla struttura ricettiva di poter effettuare la scelta di rimanere con il settore pubblico, pagando per intero la tariffa, o in alternativa, rivolgersi al settore privato. In questo modo, l'azienda potrebbe, da una parte vanificare eventuali comportamenti anticoncorrenziali delle imprese private e dall'altra evitare di pagare due volte i costi variabili all'operatore privato e a quello comunale, aderendo al sistema pubblico di raccolta.

 

 

 

Risultati attesi

 

 

Con l'applicazione di tali disposizioni, le aziende che non rientrano nella classificazione prevista nell'art. 195 del decreto, trarrebbero un beneficio economico in termini di giusto risparmio dei costi sostenuti, evitando così l'ingiusto pagamento agli Enti locali di un importo tariffario, a fronte della mancanza di erogazione del servizio.

 

 

 

 

 

Emendamento

Art. 195

 

Comma 2 - lett. e)

Dopo il primo periodo, aggiungere la seguente frase: "E' in ogni caso fatta salva, per le imprese non rientranti nelle superfici determinate secondo i criteri di cui sopra, la facoltà di aderire al sistema pubblico di raccolta"

 

 


1.4.2 Le funzioni delle ATO

 

 

Situazione di contesto

 

 

 

Art. 201 – Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

comma 2

 

L'art. 201 del D.Lgs. 152/06 prevede che l'intero ciclo della gestione dei rifiuti sarà organizzato sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) delimitati dalle Regioni ed individuati su base generalmente infracomunale.

 

Ciascun ATO dovrà costituire un'Autorità d'ambito, struttura consortile di diritto pubblico, partecipata dai vari enti locali, che si occuperà dell'organizzazione, affidamento e controllo della gestione del servizio. Ogni Autorità d'ambito dovrà raggiungere entro 5 anni l'autosufficienza di smaltimento, anche attraverso forme di cooperazione con altri soggetti pubblici e privati.

 

Secondo le vigenti disposizioni alla gestione dell'Autorità d'ambito così come delimitata territorialmente dalla Regione, partecipano obbligatoriamente gli Enti locali.

 

 

Proposte di riforma

 

 

E' condivisa la modalità di gestione integrata dei rifiuti urbani, organizzata sulla base degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto dei seguenti criteri:

 

-         superamento della frammentazione delle gestioni;

 

-         valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

 

-         ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

 

-         potenziamento delle infrastrutture e del sistema di comunicazione, al fine di ottimizzare i trasporti all'interno delle ATO.

 

Tuttavia, l'attuazione dei nuovi principi devolutivi previsti dalla riforma costituzionale (sussidiarietà orizzontale e valorizzazione delle autonomie funzionali) e la promozione di forme di cooperazione e collegamento tra soggetti pubblici e privati per una più efficiente gestione del servizio, sancita dal comma 5 del medesimo articolo 201, renderebbe opportuno integrare la composizione dell'Autorità d'ambito, con componenti delle categorie economiche presenti a livello territoriale.

 

E' necessario, dunque, favorire la consultazione dei singoli cittadini e delle categorie economiche e sociali del territorio per una corretta gestione dei rifiuti urbani

 

Risultati attesi

 

 

L'integrazione della composizione dell'Autorità d'ambito con le componenti delle categorie produttive operanti all'interno del contesto territoriale, crea la possibilità di partecipazione diretta, ai poteri decisionali, relativi alla gestione delle imprese .

 

 

 

 

 

Emendamento

Art. 201

 

Comma 2

Sostituire il periodo "alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente" con il seguente: "alla quale partecipano obbligatoriamente gli enti locali e le organizzazioni imprenditoriali del commercio, industria, artigianato, agricoltura e cooperazione maggiormente rappresentative per ciascun ambito territoriale,".

 

 

 

 

 


1.4.3 La tariffa rifiuti

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 238 – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani

 

Art. 201 – Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

 

Il Dlgs 152/06 all'art. 238 introduce un'importante novità in materia di tassazione dei rifiuti urbani. Viene infatti soppressa la tariffa (TIA) introdotta dall'art. 49 del Dlgs. 22/97 (Decreto Ronchi) e istituita, al suo posto, una tassa che viene applicata nei confronti di chiunque occupi o conduca locali che producono rifiuti urbani prevedendo in particolare:

 

-                     l'introduzione a livello di norma primaria di agevolazioni per le utenze stagionali;

 

-                     la facoltà per gli enti locali di contemplare agevolazioni autonome;

 

-                     l'introduzione di coefficienti di riduzione tariffari proporzionali alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero.

 

Inoltre al comma 2 dello stesso articolo, viene previsto che per la determinazione della tariffa si debba tenere conto anche di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.

 

Come sancito dall'art. 201 del Dlgs. 152/06, poi, la determinazione della nuova tariffa verrà effettuata da parte degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO).

 

Ciascun ATO dovrà costituire un'Autorità d'ambito, cioè una struttura consortile di diritto pubblico partecipata dai vari Enti locali territorialmente interessati, che si occuperà dell'organizzazione, dell'affidamento e del controllo della gestione del servizio integrato dei rifiuti.

 

Infine, la nuova normativa prevede che, con apposito decreto del Ministero dell'Ambiente, debbano essere determinati i criteri generali per definire le componenti dei costi e determinare la tassa.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Con riferimento alle agevolazioni per le utenze non domestiche, le disposizioni contenute nell'articolo 67 del decreto legislativo 15 novembre 1993 n. 507, hanno consentito ai Comuni la facoltà di inserire nei propri regolamenti comunali, speciali ed autonome agevolazioni, compatibilmente con le particolari esigenze del tessuto produttivo ed aderenti alle singole realtà territoriali. Si pensi alle riduzioni concesse per le aree ove oggettivamente sia impossibile la produzione dei rifiuti, per la particolare distanza dai cassonetti, per i locali ove di norma vengono prodotti rifiuti speciali, per gli utenti che abbiano sostenuto spese per interventi tecnico organizzativi comportanti una ridotta produzione di rifiuti.

 

Si ritiene pertanto essenziale, al fine di mantenere inalterata questa prassi ormai consolidata per un elevatissimo numero di Enti locali in oltre 15 anni di vigenza del decreto 507/93, riproporre la possibilità di contemplare agevolazioni autonome, purchè debitamente coperte.

 

Occorre chiarire, poi, con assoluta precisione che gli indici reddituali non sono criteri per la formazione della tariffa, ma criteri per l'individuazione delle agevolazioni.

Inoltre si ritiene necessario specificare che i minori introiti derivanti dalle agevolazioni debbano essere coperti con risorse diverse dai proventi della tariffa.

 

E' chiaro che, in caso contrario, si legittimerebbe un effetto perverso in base al quale le utenze produttive andrebbero a sostenere le agevolazioni alle fasce economicamente o territorialmente svantaggiate. Si segnala, peraltro, che una disposizione analoga è attualmente contenuta nell'art. 67, comma 3, del Dlgs 507/93

 

Riteniamo inoltre favorevole l'erogazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte degli Ambiti Territoriali Ottimali così da consentire il superamento della frammentazione delle gestioni locali, assicurando un servizio integrato e quindi più efficiente di gestione dei rifiuti.

 

Riguardo alla disposizione relativa alla determinazione dei criteri generali per definire le componenti dei costi della nuova tassa, essa riveste particolare rilevanza dato che gli indicatori previsti dal D.P.R. 158/99, come ampiamente dimostrato da numerose campagne di pesatura avviate sul territorio, non riflettendo la reale produzione dei rifiuti delle varie categorie economiche hanno fino ad oggi determinato rilevanti ed ingiusti aumenti tributari a carico delle aziende terziarie, contraddicendo il principio comunitario del "chi inquina paga".

 

Alla luce di ciò, auspichiamo che venga avviato al più presto, da parte ministeriale, un tavolo di concertazione con tutte le categorie economiche per elaborare, congiuntamente, i contenuti tecnici del provvedimento.

 

 

 

Risultati attesi

 

 

L'istituto della tariffa deve essere caratterizzato da un rapporto proporzionale nonché reale tra la quantità di rifiuti prodotti e l'importo che viene richiesto all'utente del servizio.


Nella pratica questa proporzionalità è stata difficile da realizzare, perché il sistema pubblico di gestione dei rifiuti è stato sempre improntato su una logica della presunzione della quantità dei rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche e da quelle domestiche.


La formulazione del citato articolo va quindi nella direzione di incentivare gli Enti Locali a implementare un sistema di misurazione dei rifiuti effettivamente prodotti sia dalle utenze domestiche che dalle categorie economiche.

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 238

 

Comma 2

Spostare la frase: "che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali" e inserirla al comma 7 dopo la parola "agevolazioni" (primo rigo)

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 238

 

Comma 7

dopo la parola: "risorse" aggiungere le seguenti parole "diverse dai proventi della tariffa"

 

Aggiungere il comma 7-bis "Oltre alle agevolazioni di cui al comma 7, le Autorità d'Ambito possono prevedere speciali agevolazioni, sotto forma di riduzioni e, in via eccezionale, di esenzioni. La relativa copertura è assicurata da risorse diverse dai proventi della tariffa"

 

 

 

 

 

 

 

 

 


1.4.4 L'autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero

 

 

Situazione di contesto

 

 

 

Art. 208 – Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti

comma 4 e 6

 

Il termine di novanta giorni di cui al comma 4 sembra eccessivo anche in considerazione del fatto che la Regione ha trenta giorni di tempo per nominare il responsabile del procedimento e convocare la Conferenza dei Servizi.

Dal ricevimento della documentazione rimangono così comunque novanta giorni di tempo (secondo quanto previsto ai commi 3 e 4).

 

 Analogamente anche per il comma 6 si ritiene necessario dimezzare i tempi dal momento che la Conferenza dei Servizi ha già espresso il proprio parere. Alla Regione non resta che approvarlo e comunicarlo.

 

 

Proposte di riforma

 

 

Ridurre il termine da 90 giorni a 60 giorni e il termine di 30 giorni a 15 giorni.

 

 

Risultati attesi

 

 

Snellimento procedurale negli iter autorizzativi .

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 208

 

Comma 4

Sostituire le parole "novanta giorni" con le parole " sessanta giorni"

 

Comma 6

Sostituire le parole "trenta giorni" con le parole " quindici giorni"

 

 

 

 

 

 

 

Operazioni di recupero

 

Emendamenti

Art. 216

 

Aggiunta del comma 14-bis.

Il nuovo comma recita quanto segue: "Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti non pericolosi individuati ai sensi del Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e successive modifiche ed integrazioni, sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio e rinnovo di attività in modo disgiunto e autonomo rispetto all'esercizio delle operazioni di recupero e riciclaggio previste ai punti da R1 e R9 dell'allegato C".

 

 

Ö       La richiesta di aggiunta del comma che segue è motivata da alcune gravi restrizioni da tempo in atto in alcune Province, in relazione ai rifiuti non pericolosi individuati nel D.M. 5 febbraio 1998.

 

 

 

 

 

Aggiunta del comma 16.

Il nuovo comma recita quanto segue: "Le imprese che effettuano attività di recupero dei rifiuti individuati ai sensi dell'articolo 214, comma 2, non sono sottoposte alla prestazione di garanzie finanziarie".

 

 

La richiesta è motivata dal fatto che alcune regioni hanno sottoposto anche l'attività di recupero esercitata in regime semplificato alla prestazione di garanzie finanziarie.

 

 


1.4.5 I veicoli fuori uso (proposta Federaicpa-Unrae)

 

 

Situazione di contesto

 

 

 

Art. 231 – Veicoli fuori uso non disciplinati dal Dlgs. 209/03

 

La gestione di questa particolare tipologia di rifiuti è disciplinata dal Dlgs. n. 209/2003 come modificato dal Dlgs. n. 148/06 a seconda della categoria del veicolo preso in considerazione.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Rispetto a quanto disciplinato, si ritiene opportuno, in analogia con quanto previsto dal Dlgs. n. 209/2003 come modificato dal Dlgs. n. 148/06, estendere la possibilità di ritiro dei veicoli fuori uso anche agli automercati.

 

Per rendere efficacemente operativo il ritiro dei veicoli da parte dei concessionari, al fine di evitare oneri economici ed organizzativi per la gestione dei veicoli da rottamare (quali rifiuti pericolosi) ed uniformare le disposizioni relative al ritiro ed al deposito temporaneo dei veicoli disciplinati dall'art. 152 con quelli di cui al D.Lgs. 209/03 così come modificato dal D.Lgs. 149/06, è necessario integrare il comma 2 con una specifica deroga a favore dei concessionari, stabilendo un congruo periodo di deposito temporaneo, nonché l'esonero da vincoli e obblighi amministrativi e autorizzativi.

 

 

 

Risultati attesi

 

 

Il fine è quello di rendere possibile un'adeguata operatività dei concessionari in questo settore che, altrimenti, rischia di essere minato nelle fondamenta, rendendo la consegna degli autoveicoli un'operazione a forte rischio ambientale e sociale.

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 1

Dopo le parole "recupero dei materiali" aggiungere le parole "e dei componenti"

 

 

Ö       Va precisato che oltre al recupero dei materiali vi è quello dei componenti.

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 2

Dopo le parole "…acquistarne un altro.", aggiungere il seguente capoverso: "Il deposito temporaneo dei veicoli nel luogo di produzione del rifiuto – presso il concessionario, la succursale della casa costruttrice o l'automercato – destinati all'invio a impianti autorizzati per il trattamento è consentito fino a un massimo di 30 giorni, nel rispetto di quanto stabilito all'art.183".

 

 

Per rendere efficacemente operativo il ritiro dei veicoli da parte dei concessionari, al fine di evitare oneri economici ed organizzativi per la gestione dei veicoli da rottamare (quali rifiuti pericolosi) ed uniformare le disposizioni relative al ritiro ed al deposito temporaneo dei veicoli disciplinati dall'art. 152 con quelli di cui al D.Lgs. 209/03 così come modificato dal D.Lgs. 149/06, è necessario integrare il comma 2 con una specifica deroga a favore dei concessionari, stabilendo un congruo periodo di deposito temporaneo, nonché l'esonero da vincoli e obblighi amministrativi e autorizzativi.

 

Per questi motivi, si chiede l'adozione della proposta sopra riportata al fine di rendere possibile un' adeguata operatività dei concessionari in questo settore che, altrimenti, rischia di essere minato nelle fondamenta, rendendo la consegna degli autoveicoli un'operazione a forte rischio ambientale e sociale.

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 4

Sostituire il comma con il seguente: "Il centro di raccolta ovvero il concessionario, la succursale della casa costruttrice o l'automercato rilasciano al detentore del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione il certificato di rottamazione, direttamente o in nome e per conto del centro di raccolta che riceve il veicolo, conforme ai requisiti di cui all'allegato 4 del D.Lgs.209/03 come modificato dal D.Lgs. 149/06 nonché l'impegno da parte del gestore del centro stesso, o se assunto del concessionario, del titolare della succursale o del gestore dell'automercato della presentazione della denuncia di radiazione del veicolo dal Pubblico registro automobilistico (P.R.A)".

 

 

Ö       Al fine di omogeneizzare le presenti disposizioni con quanto previsto dal D.Lgs. 209/03 così come modificato dal D.Lgs. 149/06, si rende necessario prevedere per il concessionario la possibilità di effettuare o meno, la radiazione ed il rilascio del Certificato di rottamazione conforme a quello previsto dall'art.5, comma 6 e dall'allegato IV del D.Lgs.203/03 così come modificato dal D.Lgs.149/06.

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 5

Eliminare l'avverbio "esclusivamente", inserire dopo"titolare della succursale" "o automercato" sostituire il numero: "90" con "60".

 

 

Ö       Al fine di prevedere per il concessionario la possibilità di effettuare o meno la radiazione e per coordinare la tempistica di radiazione con quella prevista normalmente dal PRA.

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 6

 

Dopo il termine"certificato" inserire "di rottamazione" . Sostituire il termine "proprietario del veicolo" con "detentore del veicolo.

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 7

Sostituire il periodo "i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici" con "i concessionari, i titolari delle succursali delle case costruttrici e gli automercati".

 

Eliminare il verbo: "alienare"

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 10

Sostituire le parole : "dalle fatture e dalle ricevute fiscali" con le parole: "dai documenti fiscali"

 

 

 

Ö       Tra le diverse modalità fiscali regolamentate e adottate dagli operatori nella vendita delle parti di ricambio ricomprendere anche lo scontrino fiscale.

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 13

 

Sostituire il comma con il seguente:

"Le norme tecniche relative agli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza dei veicoli sono rispettivamente disciplinate dall'Allegato I e dall'Allegato III del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 successivamente modificato dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 149" 

 

 

 

Ö       Le norme tecniche di realizzazione degli impianti di trattamento dei veicoli nonché dell'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza sono già disciplinate rispettivamente dall'allegato I) e III) del D.Lgs. 209/03 così come modificato dal D.Lgs. 149/06. Una nuova normativa creerebbe solo confusione e aumento dei costi di gestione degli impianti.

 

 

 

 

 


1.4.5bis I veicoli fuori uso (proposta ADA)

 

 

Situazione di contesto

 

 

 

Art. 231 – Veicoli fuori uso non disciplinati dal Dlgs. 209/03

 

La gestione di questa particolare tipologia di rifiuti è disciplinata dal Dlgs. n. 209/2003 come modificato dal Dlgs. n. 148/06 a seconda della categoria del veicolo preso in considerazione.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si ritiene opportuna una maggiore puntualizzazione, nello specifico, di alcuni aspetti delle disposizioni contenute nell' Art. 231, quali: sostituzione del "certificato di rottamazione" con il "certificato di demolizione", regolamentazione dei veicoli sottoposti a sequestro giudiziario, commercializzazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza dei veicoli e altro.

 

 

Risultati attesi

 

 

 

La disciplina sulla gestione dei veicoli fuori uso, se più specificatamente dettagliata, consentirebbe agli operatori coinvolti nel ciclo di fine vita dell'auto, di operare nel pieno rispetto della normativa.

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 2

 

Sostituire il comma con il seguente:

"Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro, può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici, i quali, in deroga alla disciplina dei rifiuti, possono effettuare la raccolta dei veicoli fuori uso prima della consegna ai centri di cui al comma 1, nel rispetto di quanto definito all'articolo 183, comma 1 lettera m."

 

Ö       Al fine di specificare meglio concetti che possano consentire a tutti i soggetti coinvolti nel fine vita dell'auto di operare nel più completo rispetto della norma

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 4

Aggiungere dopo le parole "un certificato" il seguente periodo: "di demolizione, emesso ai sensi del presente articolo"

 

 

 

Ö       Si ritiene opportuno identificare il certificato di cui al comma 4 con l'apposita denominazione "certificato di demolizione", ai sensi dell'articolo 231, al fine di evitare sovrapposizione e conseguente inquinamento di trasmissione di dati, con il "certificato di rottamazione" previsto dal D.Lgs. 209/03 e s.m.i. art. 5 comma 6 e 7, i cui dati dovranno essere trasmessi all'APAT ai sensi dell'articolo 11 comma 2 del D.Lgs. 209/03 e s.m.i..

 

Tale auspicata differenziazione, inoltre, consentirebbe agli operatori di evitare inutili e fuorvianti sovrapposizioni di documentazione e di adempimenti amministrativi.

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 5

Sostituire il comma con il seguente:

"La cancellazione dal PRA dei veicoli a motore e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio, tramite l'attivazione della pratica direttamente presso i PRA di competenza ovvero tramite il processo informatico Demotel. A tal fine, entro sessanta giorni dalla consegna del veicolo a motore o del rimorchio da parte del proprietario, ovvero secondo le procedure stabilite dal processo informatico Demotel, se adottato, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285

 

Ö       Si ritiene importante poter usufruire dell'adozione della citata procedura che consente sia un riscontro amministrativo immediato della pratica relativa al veicolo destinato alla demolizione che la definizione della stessa.

Il tutto nell'ottica di un servizio professionale e conseguentemente anche nell'ottica della miglior tutela dei cittadini che si rivolgono ai centri di demolizione per il fine vita del loro veicolo e che potranno in questo modo acquisire immediatamente i dati di definizione della radiazione.

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 6

Sostituire le parole "il proprietario" con le parole "il detentore".

 

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 9

Sostituire il comma con il seguente:

 

"Nel caso di demolizione ai sensi dell'articolo 215 comma 4 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, il titolare di ogni luogo di deposito dei veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 dello stesso D.Lgs. 285/92, a definizione dell'iter procedurale e amministrativo previsto, deve consegnare il veicolo da demolire al centro di raccolta che provvederà al rilascio del certificato di demolizione, ai sensi dell'articolo 231, alla successiva cancellazione dal PRA ed al trattamento dei veicoli. A ritiro del veicolo effettuato da parte del centro di raccolta, il titolare del luogo di custodia dovrà annotare gli estremi del certificato rilasciato dal centro stesso nell'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 "

 

 

Ö       Al fine di evitare che i luoghi di deposito dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo o giudiziario debbano essere costretti ad onerosi adeguamenti, poiché la destinazione a demolizione del veicolo sequestrato gli attribuisce la qualifica di rifiuto pericoloso (e, pertanto, soggetti a precise prescrizioni relativamente alle caratteristiche degli stessi luoghi di deposito).

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 11

Sostituire il comma con il seguente:

 

"Le parti di ricambio attinenti la sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, ovvero sono esportate o cedute a commercianti esportatori nel rispetto delle norme del paese destinatario. Nel caso di cessione ad imprese di cui alla legge 122/92, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità."

 

Ö       In questo comma si stabilisce che le parti di ricambio attinenti la sicurezza possano essere cedute solo alle imprese esercenti attività di autoriparazione. Occorrerebbe specificare che tale disposizione ha valore solo per il territorio nazionale, mentre è possibile la loro commercializzazione all'estero, compresa ovviamente la cessione in Italia a commercianti esportatori, in quanto queste parti dovranno già rispondere alle norme vigenti nel paese di destinazione.

 

 

 

 

 

 

 

Emendamenti

Art. 231

 

Comma 13

 

Sostituire il comma con il seguente:

"Le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11 sono definite dall'Allegato I e dall'Allegato III del D.Lgs. 24 giugno 2003 n. 209 e s.m.i.."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.4.6 I rifiuti provenienti da navi

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 232 – Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico

 

Nel titolo III della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo alla gestione di particolari categorie di rifiuti, il legislatore ha inteso prendere in considerazione anche i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico.

 

In particolare, il primo comma dell'art. 232 prevede che la disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182.

 

Tale ultimo provvedimento, di attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico, è stato emanato in attuazione della delega di cui all'articolo 32 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (Legge Comunitaria 2001).

 

Novità fondamentale della precitata direttiva – il cui obiettivo è quello di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico, in particolare gli scarichi illeciti, da parte delle navi che utilizzano porti situati nel territorio della Comunità europea, migliorando la disponibilità e l'utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i suddetti rifiuti e residui e rafforzando pertanto la protezione dell'ambiente marino – è quella di porre il costo degli impianti portuali di raccolta, incluso il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi, a carico delle navi.

 

Essa infatti prevede, fra l'altro, che tutte le navi contribuiscano in misura significativa ai costi di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi a prescindere dall'effettivo uso degli impianti.

 

Conformemente a tale indirizzo, l'art. 8 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 dispone che gli oneri relativi all'impianto portuale di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, ivi compresi quelli di investimento e quelli relativi al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti stessi, debbano essere coperti da tariffa a carico delle navi che approdano nel porto.

 

L'Allegato IV del medesimo decreto, recante «Criteri per la determinazione della tariffa di cui agli articoli 8 e 10», ha inoltre previsto, sub comma 1, che in caso di conferimento di rifiuti prodotti dalla nave la tariffa deve comporsi di una quota fissa, indipendente dall'effettivo utilizzo degli impianti portuali di raccolta, commisurata in modo da coprire almeno il 35% dei costi di cui al richiamato art 8, e di una quota, correlata al quantitativo ed al tipo dei rifiuti effettivamente conferiti agli impianti di raccolta, commisurata in modo da coprire la parte dei costi non coperta dalla quota fissa.

 

 


 

Al riguardo, occorre osservare che la premessa «nel caso di conferimento di rifiuti prodotti dalla nave…» ed il successivo inciso «…, indipendente dall'effettivo utilizzo degli impianti di raccolta,…» rendono contraddittoria l'attuale formulazione primo comma dell'Allegato IV al decreto.

 

 

Proposte di riforma

 

Riteniamo pertanto opportuno che sia segnalata in sede di revisione del decreto legislativo n. 152/2006 la necessità di un intervento correttivo del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, per effetto del quale, al comma 1 del predetto Allegato IV, le parole «Nel caso di conferimento dei rifiuti prodotti dalla nave di cui all'art. 7» siano soppresse.

 

In relazione ai profili tariffari, occorre inoltre osservare che, l'art. 8, comma 3, della direttiva prevedeva che «per garantire che le tariffe applicate siano eque, trasparenti, non discriminatorie e rispecchino i costi degli impianti e dei servizi messi a disposizione ed, eventualmente, utilizzati, andrebbero precisati agli utenti dei porti l'importo delle tariffe e la base sulla quale sono state calcolate». Il rispetto di tale previsione da parte dei provvedimenti di recepimento della direttiva avrebbe dovuto consentire un coinvolgimento dell'utenza anche nei procedimenti di determinazione delle tariffe del servizio, ai fini di una migliore verifica della loro congruità.

 

Tuttavia, l'Allegato II del decreto legislativo n. 182/2003 si limita a prescrivere che, per garantire l'equità e la trasparenza delle tariffe, l'Autorità competente fornisca agli utenti del porto un semplice documento informativo recante, fra l'altro, la descrizione delle stesse e del sistema di tariffazione.

 

 
Risultati attesi
 
 
La futura rivisitazione della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 offre un'occasione non rinunciabile, per rendere il decreto legislativo n. 182/2003 realmente conforme ai principi di equità e trasparenza tariffaria previsti nella Direttiva comunitaria

 

 

Emendamenti

Art. 232

 

Aggiungere il seguente comma: "2.I sistemi di gestione adottati, nonché le relative tariffe, i devono essere aperti alla partecipazione di tutte le parti interessate e concepiti in modo da evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati nonché ostacoli agli scambio distorsioni della concorrenza".

 

1.5 La gestione degli imballaggi e i consorzi di filiera

 

1.5.1 Il Conai

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 224 – Consorzio nazionale imballaggi

 

Il nuovo sistema di gestione degli imballaggi, pur potenziando notevolmente ruolo e compiti del Conai, non risolve il problema della rappresentatività delle categorie economiche che vi partecipano essendo, quest'ultima, direttamente commisurata al numero di deleghe che ciascuna organizzazione riceve espressamente dai propri soci. Tale circostanza genera una evidente distorsione del sistema rappresentativo – a danno soprattutto delle organizzazioni che associano imprese di piccole dimensioni capillarmente diffuse sul territorio - a causa della materiale ed oggettiva difficoltà di reperimento delle firme. Vi è poi da considerare che tutte le deleghe recuperate nel 1998 al momento della costituzione del Conai (l'operazione allora risultò relativamente semplice in quanto l'impresa era obbligata per legge ad iscriversi al Consorzio attraverso un modulo che recava anche l'indicazione del soggetto delegato) sono oramai quasi tutte scadute.

 

L'articolo inoltre, nel ribadire quanto già contenuto nel Dlgs. 22/97, dispone la partecipazione obbligatoria al Conai degli utilizzatori (indistintamente considerati) e dei produttori e prevede che le categorie dei produttori e degli utilizzatori partecipino al Conai in forma paritaria anche ai fini contributivi.

Tale ultima disposizione farebbe ricadere sugli utilizzatori commerciali pesanti oneri di carattere economico, in quanto il contributo ambientale al Conai è differenziato in ragione della tipologia di impresa oltre che per la dimensione o il fatturato della stessa, e pertanto si andrebbero ad introdurre pesanti elementi discriminatori

In realtà, già dalla fase costitutiva del consorzio si è reso necessario operare una distinzione tra utilizzatori industriali ed utilizzatori commerciali, per i diversi ruoli svolti dai singoli comparti, ripartizione che è stata formalizzata nello Statuto e nel Regolamento consortile e che, in questi anni di vigenza del Conai, è stata di fatto rispecchiata anche nella composizione del Consiglio di Amministrazione.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Con riferimento al primo aspetto evidenziato, si ritiene opportuno introdurre una norma che, al fine di consentire l'adeguamento e l'aggiornamento dei dati concernenti la gestione degli imballaggi usati e dei rifiuti di imballaggio, imponga a tutti gli iscritti al Conai di rinnovare, tra l'altro, le deleghe a suo tempo conferite o di conferirle nuovamente, se scadute.

 

Relativamente al problema della partecipazione al consorzio, oltre alla necessità di eliminare ogni riferimento alla pariteticità contributiva, si sottolinea la necessità di un riconoscimento specifico delle tre categorie dei produttori, degli utilizzatori commerciali e degli utilizzatori industriali, ferma restando la partecipazione paritaria in termini di rappresentatività.

 

 

Risultati attesi

 

 

Maggiore rappresentatività del Conai e maggiore equilibrio tra le diverse componenti rappresentate.

 

 

 

 

 

Emendamento

Art. 224

 

Inserire, dopo il comma 3, il seguente comma: "3-bis. Al fine di consentire l'aggiornamento dei dati concernenti la gestione degli imballaggi usati e dei rifiuti di imballaggio, tutte le imprese iscritte al Conai, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, devono inoltrare al Consorzio, direttamente o attraverso le proprie Associazioni di categoria, una dichiarazione contenente l'indicazione della categoria di appartenenza e relativa componente, l'eventuale adesione ad un consorzio di filiera nonché l'eventuale delega di rappresentanza in assemblea."

 

 

 

Emendamento

Art. 224

 

Comma 1 terzo rigo

Dopo le parole "i produttori" aggiungere le parole: "gli utilizzatori industriali e gli utilizzatori commerciali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ulteriori emendamenti proposti

 

Emendamento

Art. 221

 

Comma 4

primo rigo sostituire le parole "sono tenuti" con la parola "possono".

 

 

Ö       L'attuale formulazione del comma prevede, ai fini dell'adempimento delle disposizioni inerenti il riciclaggio ed il recupero, che gli utilizzatori "siano tenuti" a consegnare gli imballaggi usati presso un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con lo stesso concordato.

 

La previsione di questa unica modalità di conferimento potrebbe essere configurata come una sorta di obbligatorietà ad adottare tale strumento, ed in fase applicativa potrebbero ingenerarsi difficoltà da parte degli utilizzatori a riconsegnare gli imballaggi usati o i rifiuti di imballaggio, ove non siano presenti sul territorio piattaforme organizzate dai produttori, né tanto meno con gli stessi concordate.

 

Si propone quindi di introdurre una maggiore flessibilità nella definizione delle varie forme di conferimento che consentano l'utilizzo di strumenti organizzativi differenziati di riconsegna degli imballaggi, a seconda delle esigenze e delle peculiarità delle singole imprese interessate.

 

 

 

Emendamento

Art. 224

 

Comma 3, lettera h)

Alla fine del periodo, aggiungere il seguente: " Il CONAI può stipulare, con le associazioni imprenditoriali di categoria e/o con i Consorzi di cui all'articolo 223, accordi per il reperimento dei mezzi finanziari al fine di organizzare sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari."

 

 

 

 

Emendamento

Art. 224

 

Comma 8

Aggiungere il seguente periodo: "Resta fermo quanto previsto dagli accordi relativi agli imballaggi secondari e terziari di cui al comma 3, lettera h)".

 

 

Ö       Gli emendamenti proposti si prefiggono di eliminare la possibilità che venga posto a carico delle imprese un aggravio economico aggiuntivo per la ripresa degli imballaggi secondari e terziari da superfici private. Lo stesso legislatore, d'altronde, stabilisce ( articolo 224, comma 8) che il contributo ambientale CONAI deve essere utilizzato in via prioritaria (e quindi non esclusiva) per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico.

 

A tutt'oggi il Sistema CONAI/Consorzi è riuscito a mantenere i costi tra i più bassi a livello europeo, raggiungendo al contempo gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dalla legge.

 

La proposta di modifica troverebbe, come finora ha trovato, all'interno del Sistema le soluzioni adeguate per organizzare la raccolta, il recupero e il riciclaggio dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari.

 

E' inoltre da sottolineare la pratica impossibilità, in molti casi, di applicazione della norma, giacché un imballaggio non può essere definito come secondario e terziario al momento della sua immissione sul mercato, e cioè al momento in cui si applica il contributo ambientale CONAI.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


1.5.2 I Consorzi di trattamento oli esausti (Conoe)

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 233 – Consorzi nazionali di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti

 

Attualmente, tutti gli operatori della filiera possono costituire uno o più consorzi.

 

In proposito, si reputa necessario svolgere alcune considerazioni di carattere generale sui consorzi previsti per le varie filiere.

 

Con le nuove disposizioni il legislatore ha inteso introdurre un sistema di libero mercato, e pertanto chiunque, in ragione della propria attività, potrà costituire consorzi per raccogliere e riciclare rifiuti.

 

La costituzione di più Consorzi, relativamente ad una stessa tipologia di rifiuto (es, oli vegetali esausti, batterie, plastica etc) potrebbe comportare il rischio di una frammentazione dell'intera filiera, rendendo problematico verificare il reale e corretto iter del rifiuto) ed un probabile aumento dei costi di gestione dei rifiuti stessi.

 

A ciò va aggiunto che gli attuali consorzi obbligatori garantiscono "per legge" la raccolta residuale in ogni parte del territorio nazionale, mentre con la costituzione di più consorzi non è chiaro chi garantirà tale raccolta o su chi graverà la responsabilità delle raccolte residuali.

 

Per quanto riguarda l'istituzione di più consorzi per la gestione degli olii vegetali esausti è forte il rischio di una frammentazione dell'intera filiera, con la pressoché certa incapacità di seguire il processo operativo (recupero o smaltimento) del rifiuto, che potrebbe, di conseguenza, essere utilizzato anche in sistemi non consentiti (mangimistica).

 

Inoltre, non vi sarebbero garanzie di contenimento dei costi anzi, considerata l'attuale esiguità dei quantitativi recuperati, il rischio di un loro aumento, a seguito della richiesta concorrenziale tra i vari Consorzi, sarebbe molto alto.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si reputa necessario prevedere un consorzio obbligatorio unico per la gestione di tale tipologia di rifiuto.

 

Dovrebbe essere resa obbligatoria, ovvero in subordine, essere prevista volontariamente, in misura paritetica, la partecipazione dei produttori ed importatori di oli alimentari ovvero provvedendo anche a definire per legge la riscossione dei contributi a loro carico.

 

 

Risultati attesi

 

 

Garantire e mantenere l'operatività e l'efficienza della filiera così come consolidata

 

 

 

 

 

 

 

 


1.5.3 I Consorzi di batterie esauste (COBAT)

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 235 – Consorzi nazionali di batterie esauste

 

Attualmente è liberalizzata la possibilità di istituire più consorzi.

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si reputa necessario prevedere un consorzio obbligatorio unico per la gestione di tale tipologia di rifiuto.

 

Infatti, la statuizione della possibilità di istituire più consorzi, ponendoli in concorrenza, consentirà difficilmente di mantenere gli alti livelli di raccolta raggiunti dal COBAT su tutto il territorio nazionale, in quanto innescherà tra gli operatori uno scontro per assicurarsi le aree con i gettiti di batterie più ingenti, con il rischio dell'abbandono della raccolta residuale, di entità minima.

 

Si ritiene pertanto che il sistema attuale, fondato sul COBAT, debba essere mantenuto fermo, in attesa che a livello comunitario venga portata a compimento la riforma della Direttiva comunitaria in materia.

 

Risultati attesi

 

 

Garantire e mantenere l'operatività e l'efficienza della filiera così come consolidata

 

 

 

 

Ö       Si rileva inoltre che il richiamo effettuato dal comma 5, alle imprese di cui al comma 4, lett. a), non è chiaro, in quanto la predetta lettera non individua con precisione alcun soggetto.

 

Infine all'articolo 264, comma 1, lett. c) [Abrogazione di norme], non viene fatto salvo l'articolo 9-quinquies del Decreto istitutivo del COBAT. Sebbene al penultimo periodo del comma 1 dell'articolo in esame, vengano richiamati i consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa (che saranno tenuti ad adeguare il loro Statuto), non sembra che questo generico richiamo sia giuridicamente sufficiente per mantenere formalmente in vita il COBAT, consentendone la trasformazione. 

 

 

 

 

1.6 Il sistema sanzionatorio

 

1.6.1 Sanzioni pecuniarie e non pecuniarie

 

 

Situazione di contesto

 

 

Artt. 254 - 266

 

L'attuale sistema sanzionatorio disciplinato dal D.Lgs 152/06 rivela una serie di aspetti critici che rendono la normativa scarsamente efficace e, a tratti, fortemente iniqua.

 

L'esame delle sanzioni pecuniarie e non pecuniarie, di natura penale o amministrativa evidenzia, infatti, i seguenti aspetti problematici:

 

-                     mancanza di proporzionalità tra misura del danno e/o del pericolo e ammontare della sanzione pecuniaria o gravità della pena non pecuniaria;

 

-                     scarse garanzie procedimentali e difensive rispetto a quelle che caratterizzano il processo penale;

 

-                     termini di prescrizione troppo lunghi;

 

-                     casualità delle ipotesi di concreto funzionamento delle sanzioni pecuniarie e non pecuniarie previste rispetto alla complessiva area degli illeciti cui esse si riferiscono ed alle esigenze di repressione efficace dei comportamenti inquinanti.

 

Proprio a causa di tali contraddizioni il sistema delle sanzioni pecuniarie originariamente previsto dal D.Lgs 22/97 è stato ampiamente modificato con il D.Lgs 152/06.

 

Le correzioni più significative hanno riguardato, in particolare, l'attenuazione, per le violazioni meno gravi di taluni importi subito apparsi eccessivamente elevati e la previsione di oneri ridotti a carico di alcune realtà imprenditoriali di dimensioni estremamente modeste. Si tratta, però, come si vede, di correzioni di portata limitata, che lasciano sullo sfondo un sistema tuttora caratterizzato da margini elevati di irrazionalità.

 

 

Proposte di riforma

 

 

La situazione descritta pone chiaramente in luce l'esigenza che il sistema delle sanzioni venga adeguatamente rapportato alla natura della violazione – distinguendo, al riguardo, tra violazioni formali e sostanziali – ed alla sua effettiva gravità.

 

E' quindi necessario procedere sulla strada della depenalizzazione tutte le volte in cui la garanzia di effettiva tutela dell'ambiente e della salute lo consenta, limitando quindi l'intervento della sanzione penale ai soli comportamenti idonei a provocare un significativo danno o pericolo per l'ambiente.

 

Oltre a ciò è indispensabile creare un nuovo e diverso contesto di funzionamento del regime sanzionatorio, finalizzato sostanzialmente al perseguimento di tre principali obiettivi:

 

·          un'equilibrata e rapida definizione di buona parte del contenzioso riguardante i procedimenti per illeciti ambientali;

 

·          l'emersione, per iniziativa degli interessati, di numerose situazioni irregolari, altrimenti destinate a rimanere tali;

 

·          un aumento dell'efficienza degli organi amministrativi e giudiziari competenti per l'accertamento degli illeciti futuri e per la conseguente irrogazione delle sanzioni amministrative e penali.

 

Alla luce delle considerazioni che precedono viene formulata, qui di seguito, una proposta di carattere generale per l'introduzione, nell'ambito dell'attuale apparato sanzionatorio previsto dal D.Lgs 152/06, di meccanismi destinati a funzionare a regime e tali da agevolare l'emersione e la sistemazione delle situazioni irregolari.

 

Le soluzioni che si propongono si ispirano a quelle già previste dagli artt. 19-25 del D.Lgs 758/94 per le infrazioni alle norme sulla sicurezza sul lavoro (secondo cui l'estinzione delle contravvenzioni è legata all'adeguamento delle non conformità secondo modalità e tempi concordati con l'organo di vigilanza) con gli adattamenti necessari per renderli efficaci nel maggior numero possibile di situazioni.

 

Si tratta, in sostanza, di adottare una procedura alternativa o coordinata con il procedimento penale, che comunque privilegi l'adempimento rispetto alla sanzione.

 

I modelli di riferimento sono sostanzialmente due: la diffida e la prescrizione ad adempiere che, sotto una apparente e forse voluta affinità, nascondono invece istituti, percorsi e persino approcci culturali molto differenti.

 

Attraverso l'introduzione del meccanismo della diffida si potrebbe realizzare un vero e proprio sistema alternativo al procedimento penale che potrebbe essere articolato secondo le seguenti fasi:

 

-                     ordine di rimuovere, entro un termine fissato, una situazione ritenuta antigiuridica o pericolosa per difformità da uno specifico precetto di legge;

 

-                     ottemperanza (obbligatoria) all'ordine dell'organo di vigilanza quale condizione di non punibilità e, quindi, di non procedibilità dell'illecito, tale cioè da non dare neppure inizio al procedimento penale sino alla conclusione dell'iter amministrativo;

 

-                     regolarizzazione della situazione antigiuridica, con conseguente risoluzione del reato (abolitio criminis).

 

L'altro modello di riferimento è costituito dalla cosiddetta prescrizione ad adempiere che, rispetto alla diffida, ha la prerogativa di appartenere totalmente al procedimento penale (è infatti emanata nell'ambito dell'attività di polizia giudiziaria e non già di quella amministrativa), anche se tende a impedire che si giunga a un vero e proprio processo penale. L'iter proposto si sviluppa attraverso momenti e passaggi tra loro concatenati:

 

1.      apposita prescrizione della regolarizzazione della violazione entro un termine prefissato, impartita al contravventore dall'organo di vigilanza nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, con contemporanea notizia di reato al pubblico ministero;

 

2.      verifica dell'adempimento della prescrizione da parte del medesimo organo di vigilanza;

 

3.      conseguente ammissione del contravventore a pagare in sede amministrativa una somma di denaro ridotta rispetto alla normale oblazione;

 

4. sospensione del procedimento penale dall'iscrizione della notizia di reato fino alla comunicazione dell'avvenuto adempimento della prescrizione o del mancato adempimento;

 

5. estinzione del reato se il contravventore, dopo aver adempiuto le prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza, provvede al pagamento.

 

 

Risultati attesi

 

 

L'introduzione della diffida o della prescrizione ad adempiere nell'ambito dell'apparato sanzionatorio delineato dal D.Lgs 152/06 costituisce una soluzione senz'altro preferibile e, comunque, più completa rispetto a quella della "sospensione condizionale della pena subordinata all'esecuzione delle prescrizioni stabilite nelle ordinanze contingibili ed urgenti", prevista dagli artt. 50 e 51-bis dello stesso decreto.

 

Quest'ultima, infatti, oltre ad essere limitata solo ad alcune fattispecie di reato è comunque solo parziale in quanto non fa conseguire alla regolarizzazione, accompagnata o meno da un pagamento, l'estinzione del reato, e non è, quindi, dotata di un'analoga efficacia incentivante.

 

 

 


PARTE III - Norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento

 

1.7 La gestione delle risorse idriche

 

1.7.1 La nozione di scarico

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 74 – Definizioni

comma 1 lettere ff)

 

La normativa stabilisce la definizione di "scarico" in: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali,suolo, sottosuolo e rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche s e sottoposte a trattamento di depurazione preventivo.

 

 

 

Proposte di riforma

 

 

Ripristinare la nozione di scarico inteso come immissione diretta tramite condotta.

 

 

Risultati attesi

 

 

Il fine è quello di non creare confusione di norme e difficoltà di gestione con riferimento ai rifiuti liquidi.

 

 

 

 

Casella di testo: Emendamento Art. 74 comma 1 Sostituire la lettera ff) con la seguente: bb)

 

 

 

 


1.7.2 L'autorizzazione agli scarichi

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 124 – Criteri generali

comma 1

 

Attualmente la normativa prevede che tutti gli scarichi debbano essere autorizzati, conformemente a quanto era stato stabilito con il Dlgs. 152/99 che l'attuale Dlgs. 152/06 abroga.

 

 

Proposte di riforma

 

 

Si richiede di inserire nella previsione della legge la possibilità di assimilare agli scarichi domestici quelli prodotti dalle attività di servizio o piccole attività di produzione che insistono nei centri urbani e nei condomini.

 

In merito alla richiesta di autorizzazione agli scarichi idrici, infatti, si deve considerare che è richiesto lo stesso iter sia per gli scarichi idrici di maggiore pericolosità che per quelli di minore complessità.

 

Si ritiene opportuno, invece, prevedere procedure differenziate in funzione della complessità delle istruttorie tecniche ed ambientali necessarie, anche in relazione alla maggiore o minore pericolosità, degli scarichi da autorizzare;

 

 

Risultati attesi

 

 

Nell'attuale codice dell'ambiente, in riferimento alla Parte III relativa alla tutela delle acque, è stato trasposto quasi integralmente l'impianto normativo realizzato con il Dlgs. 152/99.

 

L'opportunità da cogliere è quindi quella di correggere le incoerenze proprie di tale precedente legislazione, che non è riuscita ad omogeneizzare la normativa nazionale con quella europea.

 

Sia di esempio il fatto che l'autorizzazione agli scarichi idrici nel nostro Paese si basa sul rapporto ottimale tra contenimento del carico inquinante e uso delle risorse idriche, mentre nell'UE è stata adottata la misura ponderale, basata cioè sulla quantità di inquinante.

 

Situazione che diventa ancora più grave se si considera che per la richiesta IPPC i limiti di emissione sono strutturati sulla misura ponderale.

 

Quindi, alle imprese italiane è richiesto di adeguarsi per alcune normative al sistema ponderale e per altre a quello della concentrazione.

 

 

 

Casella di testo: Emendamento Art. 101 comma 7 Aggiungere la seguente lettera:

 

 

 

 

 


1.7.3 La gestione dei servizi idrici

 

 

Situazione di contesto

 

 

Artt. 148 - 151 – Forme di gestione delle Autorità d'Ambito territoriali ottimali

 

Attualmente, la normativa, non prevede la consultazione delle Autorità d'Ambito con le associazione di categorie maggiormente rappresentative.

 

 

Proposte di riforma

 

 

E' auspicabile, in sede regolamentare (decreto ministeriale), proporre una fase consultiva anche delle categorie produttive maggiormente rappresentative a livello territoriale sin dalla fase di definizione della regolamentazione.

 

Ciò anche in considerazione che all'art. 151 comma 8 viene offerta opportunamente la possibilità per gli utenti di accedere all'acquisizione dei prestiti obbligazionari, ovvero, in caso di aumento di capitale, la possibilità di acquisire compartecipazioni in quanto almeno il 10% dell'aumento di capitale sociale deve essere messo a disposizione degli utenti in qualità di potenziali acquirenti.

 

 

Risultati attesi

 

 

L'integrazione della composizione dell'Autorità d'ambito con le componenti delle categorie produttive operanti all'interno del contesto territoriale, crea la possibilità di partecipazione diretta, ai poteri decisionali, relativi alla gestione delle imprese

 

 

Casella di testo: Emendamento Art. 148 comma 1 Sostituire il periodo:


1.7.4 La tariffa relativa ai servizi idrici

 

 

Situazione di contesto

 

 

Art. 154 – Tariffa del servizio idrico integrato

 

Il secondo periodo del comma 6 dell'art. 154 del Dlgs. 152/06 prevede che per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

 

Tale previsione contrasta con il comma 2 dello stesso articolo il quale stabilisce che il Ministro dell' Ambiente e della Tutela del Territorio, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.

 

 

Proposte di riforma

 

 

La norma così com'è formulata, nel prevedere maggiorazioni per gli impianti ricettivi stagionali e per le aziende…commerciali… appare suscettibile di minare alcuni elementi di competitività e di sostenibilità economica di alcune attività, in particolare le attività stagionali e commerciali tout court.

In tal senso la discrezionalità delle amministrazioni pubbliche locali potrebbe costituire un serio elemento discriminante, in particolare nel definire il piano investimenti e ammortamenti.

 

L'applicazione del principio comunitario del "chi inquina paga" comporta che tutti debbano pagare in funzione della quantità di acqua consumata.

Al fine, quindi, di tutelare da una parte i cittadini in disagiate condizioni economiche e dall'altra le strutture ricettive, che già con la contrazione della domanda turistica estera e italiana di questi ultimi anni vedono ridurre i ricavi in maniera consistente, si propone di finanziare i mancati introiti, derivanti dalle riduzioni per le utenze domestiche in disagiate condizioni economiche, con la fiscalità generale.

 

 

Risultati attesi

 

 

Tale azione di sostegno permetterebbe il finanziamento di questa spesa sociale mediante il contributo di tutta la collettività e non solo di alcune categorie di utenti.

 

 

 


 

Casella di testo: Emendamento Art. 154 comma 6 Eliminare l'intero secondo periodo e sostituire con

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


a cura della Commissione per le Politiche Ambientali

Segreteria Tecnica Settore Ambiente Qualità e Sicurezza

Piazza G.G. Belli, 2 – 00153 Roma

Tel. 06 5866370/296/483 – Fax 0658332705 – e-mail ambiente@confcommercio.it

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