Importazione cereali ucraini, “bene la clausola di salvaguardia Ue”

Importazione cereali ucraini, “bene la clausola di salvaguardia Ue”

Ok del Parlamento europeo alle restrizioni su grano tenero, mais, orzo, avena e miele. Compag: “stoccatori italiani fortemente penalizzati da un mercato saturato dalle importazioni”.

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20 marzo 2024

"Ci troviamo concordi in merito alla limitazione delle importazioni da Kiev, che nel 2023 ha aumentato le esportazioni di cereali verso i Paesi dell'Ue, approvata dall'Assemblea plenaria del Parlamento europeo". Così Fabio Manara, presidente di Compag, la Federazione nazionale delle rivendite agrarie aderente a Confcommercio. Al superamento della media delle esportazioni di grano tenero, mais, orzo, avena e miele destinate al mercato europeo nel biennio 2021-2023 scatterà dunque il ripristino dei dazi ordinari che erano stati sospesi nel 2022 con l'inizio della guerra in Ucraina.

"Nell'attesa di un via libera della misura a seguito del trilogo, auspichiamo che vengano assunte quanto prima iniziative per tutelare il mercato europeo e dunque quello italiano, attualmente in fase di forte sofferenza", aggiunge Manara spiegando che "le importanti turbative del mercato, che si registrano oramai in maniera costante da settimane con i prezzi dei cereali e in particolare del grano, in forte discesa, stanno suscitando una grande preoccupazione da parte degli agricoltori e degli stoccatori italiani. Questi ultimi sono fortemente penalizzati da un mercato fermo, saturato dalle importazioni, con magazzini pieni di merce in prossimità dell'avvio dell'imminente campagna di raccolta del grano duro".

Il grano duro ha infatti registrato negli ultimi mesi un notevole aumento delle importazioni, con circa 3 milioni di tonnellate importate nel 2023. Queste politiche di import hanno implicato una significativa discesa delle quotazioni del prodotto italiano e una mancata richiesta di prodotto da parte dell'industria di trasformazione, già soddisfatta dagli approvvigionamenti di prodotto estero. I prezzi del prodotto italiano non sono competitivi rispetto a quelli del prodotto importato e ciò determina una scarsa marginalità per gli agricoltori, con un prezzo del grano duro che è sceso in media del 30% rispetto a inizio campagna di commercializzazione.

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