Intervento del Presidente Sangalli alla conferenza stampa di apertura del XXII Forum Confcommercio-Ambrosetti 2023

Intervento del Presidente Sangalli alla conferenza stampa di apertura del XXII Forum Confcommercio-Ambrosetti 2023

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18 aprile 2023

Buongiorno a tutti e benvenuti alla ventiduesima edizione del nostro Forum.

Lo scorso anno, da questo stesso palco, ci eravamo lasciati con una drammatica “istantanea”: quella di uno scenario internazionale sconvolto dal conflitto russo-ucraino scoppiato due mesi prima.

E ancora oggi ci troviamo, purtroppo, a dover fronteggiare le conseguenze dirette e indirette della guerra: che è ancora in corso e della quale non si vede, con ragionevole chiarezza, una qualche conclusione nel breve termine.

La guerra ha acuito l’intensità ed esteso nel tempo le pregresse tensioni inflazionistiche. La crescita generalizzata dei prezzi, sebbene abbia intrapreso l’atteso percorso di rallentamento, è ancora elevata.

A fronte di una normalizzazione delle politiche di aiuti pubblici, l’inflazione, soprattutto in questi mesi, riduce il potere d’acquisto dei redditi ed il valore reale dei risparmi.

E la questione energetica ha messo a dura prova il nostro sistema economico e sociale, creando danni a famiglie e imprese.

A questo proposito, i pur confortanti segnali di riduzione del costo delle forniture di energia, osservati di recente, non devono far dimenticare che la spesa energetica complessiva delle imprese del terziario di mercato si attesterà, nel 2023, a circa 38 miliardi di euro, ancora molto al di sopra dei 13 miliardi del 2021.

Possiamo certo affermare che il peggio sia passato, ma resta confermata una sostanziale incertezza dello scenario internazionale, come resta confermato il rallentamento dell’economia mondiale.

E questo vale anche per l’Italia che, secondo le nostre stime, avrebbe chiuso il primo trimestre con un Pil sostanzialmente stabile e che presenta una prospettiva di crescita per il 2023 poco sotto l’1%, un risultato che verrebbe leggermente migliorato il prossimo anno.

Sono valutazioni marginalmente meno favorevoli rispetto a quelle del Governo.

Eppure, questa fragilità del quadro attuale va letta nella giusta prospettiva storica, perché l’economia italiana arriva a questo rallentamento davvero in ottima salute, avendo mostrato, nel biennio 2021-2022, una capacità di reazione eccezionale e inattesa, con una crescita superiore anche a quella dei nostri principali partner internazionali.

Ma non possiamo pensare che i dati positivi del Pil ci possano far dimenticare i problemi strutturali del Paese.

A cominciare dalla debolezza dei consumi che, nella media del 2022, sono ancora sotto di quasi venti miliardi di euro rispetto al 2019.

Dobbiamo allora lavorare per costruire una nuova e più forte fase di sviluppo, proprio per evitare di ripiombare nell’incubo degli ‘zero virgola’.

Gli ultimi due anni ci hanno insegnato che abbiamo le energie per farlo.

Preoccupazioni, speranze e fiducia che ritroviamo anche nel recente Documento di economia e finanza, dal quale traspare, appunto, una cauta e condivisibile visione ottimistica sulle capacità dell’Italia di costruire benessere economico.

Ci sembra che il DEF fotografi il 2023 come spartiacque tra la brillante fase di reazione post pandemica e il 2024 come momento di nuovo impulso alla crescita, basato sulla realizzazione del PNRR, dentro il rinnovato quadro di regole europee.

Non mancano, né sono occultate, le oggettive difficoltà che vanno affrontate e alle quali facevo cenno: il rientro lento dell’inflazione, gli esigui spazi fiscali per sostenere la crescita, i ritardi nell’utilizzo dei fondi pubblici nazionali ed europei, l’incertezza presso famiglie e imprese che frena i consumi e la propensione all’investimento.

Sullo sfondo resta la preoccupazione di evitare, a tutti i costi, di sprecare l’occasione di fare le riforme che da molto, troppo tempo, l’Italia chiede e che l’Italia merita.

Al Governo abbiamo chiesto, buone regole, buoni investimenti, buone politiche a sostegno del terziario di mercato, per il commercio, per i servizi, per il turismo, per i trasporti e per il lavoro autonomo.

E, a proposito di terziario di mercato, questo comparto rappresenta il settore che può dare il maggiore impulso alla nuova occupazione, soprattutto femminile, e irrobustire la crescita del nostro Paese.

L’abbiamo visto poco fa scorrendo i dati dell’Osservatorio Terziario e Lavoro del nostro Ufficio Studi: negli ultimi due anni, la crescita di tutti gli occupati in Italia è stata di quasi un milione e 800mila unità, di cui i tre quarti proprio nel terziario di mercato.

In questo settore, però, oggi c’è una vera e propria emergenza rappresentata dalla carenza di personale: solo nella filiera turistica e nel commercio, quest’anno, rispetto al 2022, c’è bisogno di circa 560 mila lavoratori in più.

E, di questi, il 40% potrebbero essere introvabili soprattutto per mancanza di competenze.

Per creare nuova occupazione servono, prima di tutto, più crescita e più produttività.

E, naturalmente anche la costruzione di un compiuto sistema di politiche attive, utile per favorire l’incontro tra domanda e offerta.

Sistema che, però, nel nostro Paese, sconta ancora un considerevole ritardo.

Guardiamo, pertanto, con favore alla riforma delle politiche per il lavoro, così come delineata dal PNRR, che sembrerebbe tracciare un importante cambio di prospettiva.

Un cambio di prospettiva rappresentato dalla stretta correlazione fra queste politiche e il sistema dei sostegni al reddito e dal ruolo centrale che assume la formazione: un nuovo paradigma che si pone l’obiettivo di aumentare il tasso di occupazione ed intervenire sulla distanza fra le professionalità formate dal sistema educativo e le opportunità offerte dal sistema produttivo.

Ma, all’appello, manca il grande tema delle riforme.

E quando parlo di riforme, mi riferisco soprattutto a quella fiscale.

In questo ambito la legge delega di riforma del fisco, recentemente approvata dal Governo, va nella giusta direzione, almeno rispetto all’impianto generale e agli obiettivi – ambiziosi, ma fondamentali - che si propone di perseguire.

E cioè: impulso alla crescita attraverso la riduzione del carico impositivo, contrasto di evasione ed elusione, semplificazione degli adempimenti, certezza del diritto.

Ci sono, però, alcuni aspetti che vanno valutati attentamente: andrà definito un chiaro sistema di detrazioni e deduzioni per conciliare principio di progressività e transizione verso l’aliquota impositiva unica.

Le scelte – tanto in materia di IRPEF, quanto in materia di IRES – per favorire il reinvestimento degli utili in azienda e per dare impulso a nuova occupazione e ad investimenti in innovazione vanno coordinate con il generale riordino degli incentivi alle imprese.

Vanno, poi, approfonditi gli impatti della sovraimposta IRES per il superamento dell’IRAP; la fiscalità green dovrà essere coerente con un approccio che tenga insieme sostenibilità ambientale, economica e sociale. 

Andranno inoltre preservate misure indispensabili per la competitività delle nostre imprese dei trasporti.

Quanto all’IVA, infine, la nostra posizione è nota: il riordino delle aliquote non dovrà comunque tradursi in un aumento complessivo della tassazione indiretta su beni e servizi.

Il percorso di riforma si preannuncia, dunque, lungo e complesso.

Proprio per questo riteniamo indispensabile un confronto continuo e strutturato con le parti sociali.

Chiudo con il PNRR.

Inflazione, prezzi ed emergenze energetiche rendono necessario l’adeguamento strutturale del Piano.

Ma serve anche uno straordinario impegno sul versante della sua governance, così come per bandi e semplificazioni, per il reclutamento di personale e per l’assistenza tecnica agli enti locali.

Bisogna fare presto e bene.

Perchè il PNRR è un’opportunità irripetibile per rendere l’Italia più moderna, efficiente, inclusiva, aperta all’innovazione e al merito.

E la sua necessaria rivisitazione è anche l’occasione per mettere in campo interventi per rilanciare il settore del turismo e, in generale, il terziario di mercato.

Occorre, dunque, fare di tutto per ridurre i ritardi politici, amministrativi ed operativi e realizzare gli interventi strategici e capaci di produrre effetti positivi durevoli, in particolare nel Mezzogiorno, per costruire una crescita più robusta e duratura.

Grazie.

 

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