Sileoni: "L'insostenibile anacronismo dei saldi"

Sileoni: "L'insostenibile anacronismo dei saldi"

Sono superati da e-commerce e outlet. E penalizzano, invece di aiutare, i piccoli negozi.

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16 gennaio 2017

Il 15 gennaio sono iniziati i saldi in tutta Italia, anticipati di qualche giorno in Sicilia, Basilicata e Valle d'Aosta. Ma ha ancora senso parlarne? Sì e no. Ha senso perché i saldi, come concetto giuridico, esistono. Prima di diventare un appuntamento fisso, furono un'idea fascista per controllare le vendite a prezzi ribassati delle rimanenze (il saldo, appunto) dei beni stagionali. Di quell'idea ha raccolto l'eredità una legge del 1980, più volte modificata. I saldi non solo diventano vendite straordinarie sottoposte a rigidi controlli per evitare presunte forme di distorsione della concorrenza (come se comprare ad un prezzo ribassato fosse un pericolo per il cliente!), ma vengono limitati a due periodi fanno coincidenti con l'avanzare dell'inverno e dell'estate, con date di inizio e fine rigide, stabilite dalle regioni. Non ha invece senso dedicare attenzione ai saldi nella misura in cui, come rito sociale, non esistono più. Non si vedono ingorghi di macchine nelle vie dello shopping, la ressa nei negozi, la corsa ad aggiudicarsi le taglie rimanenti dei capi di stagione, perché le modalità di acquisto sono cambiate. Prima che aprissero gli outlet e che il commercio online offrisse sconti tutto l'anno, prima del black friday e dell'uso delle vendite in liquidazione straordinaria, la disciplina dei saldi raggiungeva lo scopo che (in maniera balzana) si prefiggeva: tenere sotto controllo la concorrenza dei prezzi tra esercenti. Oggi le cose sono cambiate. E' nato il commercio su Internet e gli italiani hanno cominciato ad avere fiducia nelle transazioni online, sempre più sicure. Gli outlet sono sorti non solo nei grandi centri commerciali ma anche tra un negozio di vicinato e l'altro. Non serve aspettare i saldi per trovare l'occasione. Lo hanno capito i consumatori, ma pure i commercianti, a giudicare almeno dalla prassi ormai diffusa dei pre-saldi, fino a ieri limitata alla clientela fidelizzata, ma ormai estesa a tutti anche a ridosso delle festività natalizie. Stupisce quindi che, di fronte alla concorrenza di prezzi e canali di vendita e alle strategie che i negozianti stessi individuano per fronteggiarla, vi sia ancora chi propone, come il presidente di Confesercenti di Firenze, di limitare ulteriormente il periodo dei saldi «per far ripartire le nostre piccole imprese». Più ancora stupisce la (r)esistenza stessa dei saldi, come concetto giuridico. In un mercato italiano che registra una concorrenza online cresciuta nel solo anno 2015 del 19%, e probabilmente anche di più nel 2016, i negozi tradizionali non sono tutelati, ma casomai danneggiati, dalla regolamentazione degli sconti. Di essi, si direbbe che non beneficia nessuno, né il consumatore, che ha imparato a rivolgersi altrove, né il commerciante, che ha imparato negli anni ad aggirare l'ostacolo in vari modi. Non resta che pensare a solo un motivo per cui essi ancora (r)esistono. Ed è la consueta fatica del legislatore di accorgersi che le cose cambiano, e di adeguarsi in tempo.

Serena Sileoni, Vice direttore generale Istituto Bruno Leoni

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