Le due facce della piccola, grande Italia

Le due facce della piccola, grande Italia

Confcommercio e Legambiente hanno presentato una ricerca sui piccoli Comuni italiani. Dai dati emerge un'Italia divisa in due: una con la "i" maiuscola e l'altra con la "i" minuscola. Quest'ultima rappresenta un immenso patrimonio da valorizzare.

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25 ottobre 2001

Le due facce della piccola, grande Italia

 

In Italia esistono migliaia di piccoli comuni che, pur avendo prodotto nei secoli un patrimonio straordinario di beni culturali e ambientali, abilità manifatturiere, saperi e sapori, oggi appaiono (almeno nel 50% dei casi) davvero poco competitivi da un punto di vista economico e vedono ridursi di anno in anno servizi, scuole, presidi sanitari, esercizi commerciali. Si tratta di un'Italia con la "i" minuscola, che raccoglie appena il 6,2% degli abitanti, che ha pochissimi giovani (gli ultra 64enni sono il 34%, il 20% rispetto alla media nazionale), pochi studenti (il 3,5%, con un'incidenza sulla popolazione pari quasi alla metà della media nazionale) e un numero bassissimo di laureati (l'1,5% dei residenti rispetto a una media nazionale del 3,6%). Ma si tratta anche di un patrimonio immenso e misconosciuto, da riscoprire e valorizzare.

Questo l'obiettivo della ricerca che Confcommercio e Legambiente hanno commissionato a Serico (Gruppo Cresme) e che è stata presentata il 25 ottobre in occasione della seconda conferenza programmatica nazionale "La scommessa glocal-Investire sul Bel Paese, difendere i piccoli comuni per promuovere l'identità e le qualità italiane". L'indagine, coordinata da Sandro Polci, ha "radiografato" attraverso l'esame di 53 indicatori i 3.644 Comuni italiani con meno di 2.000 abitanti. Quella dei Comuni con meno di 2.000 abitanti è un'Italia che rappresenta complessivamente il 45% dei centri abitati, che occupa il 27,8% della superficie nazionale, che si concentra spesso nelle zone montane e che conta la registrazione di ben 552.825 partite Iva, il 7,1% del totale nazionale, a significare la polverizzazione della struttura produttiva in piccole e piccolissime unità locali, peraltro a un tasso di redditività molto basso (ogni partita Iva traduce 74 lire in reddito contro le 100 della media nazionale).

Contemporaneamente, la ricerca ha però evidenziato l'esistenza di un'Italia minuscola solo nelle dimensioni, dove sono alti sono gli standard economici e la qualità della vita e dove piccolo non solo è bello, ma si traduce anche in attività turistiche (c'è un posto letto ogni quattro abitanti e le presenze di vacanzieri per abitante sono triple rispetto alla media nazionale), naturalistiche, sportive, artigianali, gastronomiche.

I 3.644 Comuni italiani con meno di 2.000 abitanti, in sintesi, si dividono quasi equamente in due gruppi. Il primo è concentrato quasi esclusivamente nel Nord Italia e si caratterizza per un quadro di scolarizzazione intermedio, per la facilità di impiego per i giovani, per l'elevato utilizzo delle strutture turistico–ricettive e per la scarsa dipendenza dal settore pubblico.

Al secondo appartengono i Comuni che la ricerca definisce "a rischio disagio" (sono 1.867, il 51,2% dei 3.644 presi in esame) e che sono localizzati nel Sud e nelle isole, nelle aree interne del Centro, nell'entroterra appenninico ligure e piemontese, nell'alta Toscana e nelle province di Parma e Piacenza. Questo insieme di municipi presenta problemi di spopolamento, difficoltà economica, deficit occupazionali ed imprenditoriali, carenza di servizi e scarsa attenzione al territorio e alle sue potenzialità.

 

 

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