Buoni pasto, "carta vincente" per rilanciare i consumi

Buoni pasto, "carta vincente" per rilanciare i consumi

A Roma convegno organizzato da Fipe, Anseb, sindacati e associazioni dei consumatori. Dall'inizio della crisi i consumi delle famiglie si sono ridotti in termini reali di 66 miliardi di euro. Aumentare il valore di deducibilità fiscale del buono pasto ha ripercussioni positive immediate sul Prodotto interno lordo, sul valore aggiunto e sul gettito fiscale.

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10 settembre 2014

Aumentare il valore di deducibilità fiscale del buono pasto ha ripercussioni  positive immediate sul Prodotto interno lordo, sul valore aggiunto e sul gettito  fiscale. Ogni euro aggiuntivo di deducibilità fiscale del buono pasto genera un  aumento dello 0,1% di Pil, un incremento di valore aggiunto da 0,75 a 1,35  miliardi di euro, mentre il gettito aggiuntivo netto di entrate fiscali può  arrivare fino a 330 milioni di euro.

È il dato principale del convegno "Aumentare i buoni pasto per aumentare i consumi" organizzato a Roma, presso la sala Aldo Moro di Montecitorio da Anseb, Fipe, Confcommercio, Cittadinanzattiva, Adiconsum, Adoc, Federconsumantori, Movimento Consumatori, Cgil, Cisl e Uil proprio per dimostrare, numeri alla mano, a quanto ammonta l'impatto economico sia a livello micro, sia macro se si eleva l'importo esentasse del buono pasto fissato nel 1998 (e da allora rimasto immutato) a 5,29 euro.

Tali effetti positivi potrebbero subire ulteriori amplificazioni se, oltre al valore  esentasse, il sistema del buono pasto venisse applicato a tutti i lavoratori aventi potenzialmente diritto. Infatti, i buoni pasto sono distribuiti attualmente solo a due milioni e mezzo di lavoratori (1,6 ml nel settore  privato e 900 mila nel settore pubblico). Di conseguenza anche il giro d'affari annuale diretto che si attesta attualmente a 2,7 miliardi potrebbe aumentare in maniera considerevole, creando un effetto traino per l'intera economia.

Secondo il vice presidente vicario di Fipe, Aldo Cursano, "rafforzare i benefici fiscali e contributivi sul servizio sostitutivo di mensa serve  da un lato a ridurre la pressione fiscale su lavoro ed imprese, dall'altro a sostenere i consumi delle famiglie sempre più in affanno". "Ci sono, tuttavia, anche aspetti sociali che non possono essere trascurati. Ogni giorno 8 milioni di lavoratori dipendenti pranzano fuori casa in mensa, al bar, al  ristorante o direttamente sul luogo di lavoro portandosi il pranzo da casa o acquistandolo in esercizi di prossimità. Le modalità alternative alla mensa sono oramai assolutamente prevalenti per effetto  dei grandi cambiamenti che si sono verificati nella struttura produttiva ed occupazionale del Paese. Il risultato è che le mense vengono via via dismesse anche nelle strutture produttive più grandi dove si preferisce affidare il servizio in outsourcing a bar e ristoranti per mezzo del buono pasto". "Per questo possiamo dire - ha concluso Cursano - che il buono pasto è, in un certo senso, "democratico" giacché consente anche ai lavoratori delle imprese più piccole, che di norma non potrebbero sostenere il costo di una  mensa, di fruire del servizio".

La risposta della politica alle sollecitazione della Fipe, sono arrivate dal Capogruppo PD in Commissione Finanze della Camera dei Deputati, Marco Causi, dal sottosegretario al ministero dell'Economia, Pierpaolo Baretta, dal capo della segreteria del ministro del Lavoro, Bruno Busacca e dal vice ministro delegato ai Trasporti e alle Infrastrutture, Riccardo Nencini. Sia pure con toni e modalità diverse, è emersa la volontà di governo e parlamento di intervenire sul tema, a valutarne costi e benefici e a considerarlo per la futura Legge di Stabilità perché ritenuto socialmente ed economicamente rilevante, ma facendo attenzione a quelle che sono le risorse disponibili in un contesto di crisi.

 

L'intervento del direttore generale Francesco Rivolta

"Voglio andare subito al "cuore" di questo Convegno con un dato: la crisi del reddito e dei consumi che stiamo vivendo da diversi anni ha fatto scendere la spesa reale pro capite di 1.800 euro tra il 2007 ed il 2014; una riduzione di quasi il 10,3% pro capite. È evidente che per cercare di portare il nostro Paese fuori dal guado della crisi economica non c'è altra via: occorre attuare, con urgenza, politiche di rilancio dei consumi e di crescita economica. Ed a tal fine, un primo passo importante in questa direzione, è stata la decisione del Governo di ridurre il peso dell'Irpef per i lavoratori dipendenti a reddito medio-basso, attraverso l'attribuzione di un bonus mensile di 80 euro per i redditi fino a 24.000 euro. Il mio auspicio è che tale misura, con la prossima legge di stabilità, diventi strutturale e venga estesa anche ad altre categorie di contribuenti".

"In questo contesto, un ulteriore fattore di incremento dei consumi e, al contempo,  di sostegno dell'intero comparto della ristorazione potrebbe essere data rivedendo l'attuale disciplina dei buoni pasto che, in questi anni di recessione, hanno assunto, in un certo qual modo, un ruolo di "ammortizzatore sociale" per molti lavoratori e tante famiglie.Negli ultimi anni l'utilizzo dei buoni pasto ha subito un forte incremento. I dati del vostro rapporto indicano che circa in 2,5 milioni i lavoratori che usufruiscono, dei buoni pasto, per un totale di oltre 500 milioni di transazioni su base annua; oltre 80.000 le aziende e le pubbliche amministrazioni che li acquistano per i propri dipendenti; circa 120.000 gli esercizi commerciali convenzionati, distribuiti su tutto il territorio nazionale.Gli attori in campo non sono pochi ed i numeri sono di un certo rilievo; purtroppo, la "nota dolente" è data dal fatto che il valore "defiscalizzato" di un buono pasto è fermo, da circa vent'anni, a 5,29 euro, una soglia di esenzione, fiscale e contributiva, assolutamente inadeguata alla evoluzione del costo della vita. È quindi evidente che per generare quel "circolo virtuoso" di sostegno al reddito dei lavoratori ed al bilancio delle famiglie e che si traduca, di conseguenza, in un rilancio dei consumi, occorre adeguare il valore dei buoni al costo della vita, portando la soglia di esenzione, quantomeno, a 10 euro, il che significa semplicemente attualizzare l'importo ora esente con tasso di inflazione intercorso. In tal modo, lo strumento "buono pasto" potrebbe davvero, un'efficace leva per favorire la ripresa dei consumi favorendo intese aziendali di politiche welfare. Certo non possiamo trascurare la necessita di aprire un tavolo tra le imprese  di distribuzione e gestione dei buoni e le imprese commerciali e della ristorazione convenzionate al fine di determinare il giusto rapporto tra valore commerciale  ed importo effettivo riconosciuto. Confidiamo che l'obiettivo di ampliare l'utilizzo dei buoni pasto possa essere conseguito rispettando la giusta remunerazione delle imprese fornitrici dei beni e dei servizi. Voglio cogliere l'occasione di questo incontro, soprattutto, per fare insieme a Voi alcune riflessioni su una delle questioni cruciali per la crescita economica ed il benessere sociale del nostro Paese e che, da sempre, è al centro della nostra azione politico-sindacale: la questione fiscale".

"La pressione fiscale in Italia ha raggiunto livelli record. Nel 2014 sarà pari al 44% del PIL a cui corrisponde una pressione fiscale effettiva sui contribuenti che versano regolarmente le imposte di circa il 54%. Nel nostro Paese, più che in ogni altra economia avanzata, quindi, il carico fiscale grava in una misura ai limiti della sostenibilità sulle imprese e sui lavoratori che operano in modo trasparente nel rispetto delle regole e degli obblighi derivanti dalle norme tributarie e contributive. È del tutto evidente che una pressione fiscale così alta - oltre a comprimere la domanda interna - mette a rischio la competitività del nostro sistema produttivo, rende inappetibile il nostro Paese per le imprese e gli investitori esteri, spinge le imprese più strutturate alla delocalizzazione. È indispensabile, pertanto, che il Governo ed il Legislatore diano priorità alla questione fiscale, collocandola nelle pratiche del buongoverno e nella ricerca di un punto di equilibrio sostenibile tra esigenze finanziarie dello Stato, capacità di tenuta del contribuente, equità del carico tributario. Ed in questa direzione un primo passo è stato fatto con l'approvazione della Legge Delega di Riforma fiscale che rappresenta un'importante opera di "manutenzione ordinaria" del sistema fiscale del nostro Paese in quanto corregge alcuni aspetti critici dell'ordinamento tributario per renderlo più equo, trasparente ed orientato alla crescita economica. La sua attuazione - tramite i decreti legislativi che il Governo sta emanando - darà, sicuramente, maggiore certezza del diritto, semplificherà gli adempimenti a carico dei contribuenti, migliorerà i rapporti Fisco-cittadini, ma tutto ciò non basta se non è accompagnato da ulteriori e più incisivi interventi che riducano la pressione fiscale nel nostro Paese. È urgente, pensare ad immediati e precisi meccanismi di restituzione delle maggiori entrate incassate - attraverso una decisa lotta all'evasione fiscale - ai contribuenti in regola con il Fisco per mezzo dell'abbattimento contestuale delle aliquote legali. Occorre, in pratica, con il gettito recuperato dall'evasione, mettere mano alla struttura dell'Irpef, riducendo le aliquote d'imposta per imprese e lavoratori. Su questo fronte cambiare rotta è diventata una scelta obbligata. Sappiamo bene che nella realtà non c'è mai stato un sistema fiscale perfetto. Ma quello che da troppo tempo ha preso forma in Italia è esattamente l'opposto: un sistema fiscale perfettamente sbagliato, per cui le tasse si pagano tre volte: come tasse, come burocrazia, come incertezza. Occorre, quindi, un deciso cambio di rotta anche sul fronte della semplificazione di un sistema fiscale troppo burocratizzato, che richiede alle imprese di sopportare, per far fronte agli adempimenti, costi amministrativi non più sostenibili. Il rapporto Fisco-contribuenti deve basarsi su principi di trasparenza, equità e correttezza. Per proseguire nel processo di cambiamento e di rafforzamento della cultura della legalità fiscale è indispensabile, pertanto, ridurre al minimo difficoltà ed ostacoli che impediscono l'agevole assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti. Nello stesso tempo occorre perseguire in tempi certi, con  azioni progressive, una maggiore armonizzazione delle politiche fiscali a livello dell'Unione Europea eliminando le distorsioni  causate da regimi fiscali altamente differenziati. Questi sono fattori di distorsione del mercato e degli assetti produttivi che, con precise volontà politiche, determinano delocalizzazione degli insediamenti  e gravi  turbamenti nel mercato del lavoro".

"Sappiamo, del resto, che bisogna spostare l'attenzione dalle imprese e le famiglie all'area di evasione, soprattutto quella di matrice criminale. In Italia l'evasione fiscale sottrae all'Erario una quantità enorme di gettito ed aggrava il prelievo sui contribuenti onesti generando condizioni di concorrenza sleale tra le imprese, l'evasione distorce le scelte economiche degli operatori, creando inefficienze nel sistema produttivo. Si tratta, quindi, di una vera e propria piaga sociale del nostro Paese che mette a rischio quel patto fiscale - cardine del patto di cittadinanza - tra Stato-Fisco e cittadini-contribuenti. Oggi gli strumenti necessari per contrastare efficacemente questo fenomeno non mancano di certo; anzi, sono stati rafforzati se è vero - come ha dichiarato l'Agenzia delle Entrate - che le maggiori entrate incassate nel 2013 derivanti dalla lotta all'evasione sono state pari a 13,1 miliardi di euro. Ed al riguardo, è positivo che il Governo si sia posto come obiettivo di conseguire nel 2015 almeno 15 miliardi di maggiori entrate dal contrasto all'evasione. Si proceda, dunque, con decisione in questa "mission", a condizione, però, che l'agibilità effettiva del contraddittorio con l'Amministrazione finanziaria sia sempre garantita ma è necessario, soprattutto, che il gettito derivante dalla lotta all'evasione venga destinato totalmente alla riduzione della pressione fiscale su imprese e lavoratori. In tale contesto va, quindi, vista con favore la scelta del Governo di inserire nel Programma Nazionale di Riforma - quale strategia - che le maggiori entrate provenienti dal contrasto all'evasione fiscale siano attribuite, esclusivamente, al "Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale".

"In conclusione, noi la nostra proposta per un Fisco che sappia coniugare esigenze finanziarie dello Stato, capacità di tenuta del contribuente ed equità del carico tributario, ce l'abbiamo, ed è una proposta semplice, chiara, ma, riteniamo, efficace: si proceda con rigore nella revisione e razionalizzazione della spesa pubblica ed i risparmi derivanti da tale processo - al netto di quelli destinati al mantenimento dell'equilibrio di bilancio - insieme alle maggiori entrate recuperate da una decisa lotta all'evasione fiscale, vengano restituite alle imprese, ai lavoratori ed alle famiglie, riducendo loro il carico fiscale. L'obiettivo da perseguire, in pratica, è quello di definire un nuovo "patto fiscale", sulla cui base stabilire che il gettito derivante dal recupero di risorse evase, insieme a parte dei risparmi di spesa, siano destinate, prioritariamente, alle imprese ed ai lavoratori, con una sorta di "vincolo di destinazione".

"È, pertanto, indispensabile che i contribuenti abbiano la certezza e la percezione che gli incrementi di gettito di natura strutturale derivanti dalla lotta all'evasione e parte dei risparmi derivanti dal processo di "spending review", siano interamente ed immediatamente destinati alla riduzione delle aliquote legali, traducendosi in un vantaggio per tutti i contribuenti onesti".

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