Ruote d'Italia: "Attenzione al terzo mostro"

Ruote d'Italia: "Attenzione al terzo mostro"

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1 giugno 2022

Penso che il professor Giulio Tremonti non se ne avrà a male se mi approprio di una colorita metafora di sua invenzione per descrivere le circostanze che i cittadini italiani si stanno trovando ad affrontare recentemente. In più occasioni, infatti, l’ex Ministro ha paragonato la situazione economica mondiale, e in particolare quella del nostro Paese, a quei video game dove si combattono i “mostri”. Eliminatone uno, guai a pensare che la battaglia sia terminata poiché ve ne è in agguato un secondo, ancor più pericoloso, e poi un terzo... È proprio quello che in verità sembra succedere in questi ultimi periodi. Sembrava che, con il superamento della fase acuta della pandemia, l’economia del Paese avrebbe conosciuto una nuova rinascita e che, con la crescita dei consumi e dei fatturati, anche la nostra vita avrebbe ripreso il suo normale corso. Tuttavia, prima ancora che potessimo percepire gli effetti della fine del Covid, abbiamo visto affacciarsi all’orizzonte il secondo mostro, la guerra in Ucraina, con tutto il suo pesante strascico di conseguenze.  E, ahimè, non solo quello. In questo quadro a fosche tinte, certamente non è di aiuto il comportamento tenuto dall’Esecutivo, che si produce in annunci mirabolanti ma porta a termine ben pochi fatti.

Non lo affermo certo io ma la Corte dei Conti, che recentemente ha evidenziato come gli intoppi burocratici, sia a livello locale che centrale, di fatto stiano rallentando, se non impedendo, non solo l’avvio dei lavori che erano stati annunciati ma addirittura anche gli affidamenti e l’assegnazione di appalti. Così il Paese rischia di perdere molte delle opportunità che con il PNRR erano date per attuabili. Se questo dovesse malauguratamente accadere, potrebbe innescarsi un processo che ci porterebbe rapidamente verso la recessione. Già oggi, chi sperava nel bonus del 110% sulle ristrutturazioni si sta in tutta evidenza scontrando con la titubanza di chi concede i crediti, con la mancanza di materiali, etc.

Nel mondo del trasporto merci non possiamo lamentarci e gran parte del merito è dovuto all’eccezionale impegno della Viceministra Teresa Bellanova, che ha portato avanti le intese contenute nel Protocollo scaturito dalle trattative con la rappresentanza di categoria.

Proprio in questi giorni, l’Albo ha approvato le disposizioni relative alle riduzioni compensate dei pedaggi che sicuramente daranno un sollievo, anche se parziale, alle nostre imprese. Certamente rimangono ancora da definire alcuni aspetti operativi per l’erogazione dei 498 milioni di euro stanziati per ristorare i maggiori costi sul gasolio (anche se questo compito non è di competenza delle sole associazioni del trasporto) e molto lavoro deve ancora essere fatto sul tema delle regole.

Quello che, tuttavia, non induce alla tranquillità sono i comportamenti di quello che un tempo veniva denominato Ministero dei Trasporti. La sensazione è che il dicastero sia oggi più impegnato a gestire la transizione ecologica, nonostante vi sia un apposito ministero a cui demandare questo compito. Sembra che la parola trasporti contenga un anatema o che in essa vi sia il germe del peccato originale. Sembra quasi che domini la deliberata intenzione di penalizzare il mondo del trasporto su gomma e su nave, scaturita da alcune ipotetiche teorie che mettono in connessione inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici. Non le sottovalutiamo di certo, ma vorremmo sottolineare, ad esempio, che una posizione di tenore opposto è stata espressa da oltre mille scienziati in una petizione inoltrata all’Onu, e da questo ignorata. Queste considerazioni non scaturiscono da una postura ideologia o da semplice contrarietà alle teorie ambientaliste, ma dalla volontà di evidenziare che la correlazione tra emissione di CO2 e cambiamenti climatici non è così ovvia e incontestabile come si vorrebbe far credere. Se Annibale ha potuto valicare le Alpi con il proprio esercito nel III sec a.C., vuol significare che era in corso anche allora una fase di riscaldamento. Se nel 1600 e nel 1770 si pattinava sulla laguna di Venezia o si teneva il festival sul Tamigi, significa che era in atto un periodo di glaciazione. Questi sono fatti testimoniati e mai contestati. Ma allora non esistevano i “tir inquinatori”. Oggi, poi, sembra che la panacea di tutti i problemi ecologici sia l’energia elettrica. Peccato solo che nessuno si degni di spiegare alla gente come si intende produrre l’enorme quantità di elettricità necessaria a tutti questi scopi. Con il nucleare, con il carbone o con il gasolio no di certo, perché questi inquinano! Allora con le pale eoliche? Mi pare francamente improbabile… Né, tantomeno, vogliono spiegare come si pensa di smaltire le batterie che si vorrebbe installare su tutti i veicoli in circolazione. Domande semplici e legittime che dovrebbero tuttavia indurre qualche cauta riserva sull’opportunità di portare avanti in modo acritico iniziative di questo tipo, soprattutto alla luce delle evidenti difficoltà finanziarie che le imprese e i cittadini stanno vivendo. Non sarà quindi il caso di prevedere un allungamento dei tempi di transizione, rispetto agli obiettivi propagandati?

Ecco il terzo mostro con il quale saremo chiamati a combattere. Tutti! Cittadini e soprattutto le imprese che spostano le merci che consentono di dare competitività all’economia del Paese.      

Paolo Uggè

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