Ruote d’Italia: “PNRR: Per Non Renderci Ridicoli”
Ruote d’Italia: “PNRR: Per Non Renderci Ridicoli”
Si prenda il titolo dell’editoriale odierno come una constatazione. Leggendo le dichiarazioni di questi giorni rilasciate dalla CGIA di Mestre e da vari esperti sul rischio che non si riescano a spendere le risorse europee del piano di ripresa e resilienza, sorge qualche legittimo dubbio sulle decisioni assunte dal passato governo. Alla luce dei fatti, appare tutt’altro che balzana una riflessione del capogruppo della Lega alla Camera, che è stata contestata da molti e valutata a fondo da pochi. Rilevava infatti l’onorevole Molinari che chiedere ed ottenere fondi a prestito (dunque da rimborsare con gli interessi) per finanziare opere che forse non produrranno i benefici attesi, fosse una scelta da ponderare con maggiore cautela.
La dichiarazione, subito smentita, pare meno bislacca di quanto non si pensasse, visto quanto sta emergendo in questi giorni.
Leggere che l’Italia tra il 2014 e il 2020 non è riuscita a spendere i 65 milioni circa del fondo di coesione e che, ad oggi, ne restano ancora quasi 30 milioni, non depone a favore di coloro che si sono affrettati subito a criticare e silenziare l’osservazione di Molinari. Le somme non spese di quei 65 milioni torneranno in disponibilità dell’Europa. La responsabilità dei ritardi e dei mancati interventi sarà, ancora una volta, attribuita ad un sistema burocratico e ad una macchina amministrativa che certo avranno i loro difetti, ma che non possono diventare il capro espiatorio per giustificare ogni gestione inefficiente delle risorse pubbliche. Non sempre è colpa della “solita burocrazia”. Basta leggere le proposte presentate per sostenere la ripresa e resilienza al livello locale. Per una pista ciclabile, un Comune campano ha chiesto ben 5 milioni; inoltre non sono stati considerati gli interventi infrastrutturali, che sono un grande elemento di competitività. C’è poi “la solita burocrazia europea” che, mentre con il governo Draghi in carica si era allineata ai progetti presentati, ora inizia a contestarli.
Ovviamente, come è ormai d’abitudine, le responsabilità ricadranno sull’attuale Governo, che se ha delle responsabilità (e chi non è prevenuto sa che ne ha molto poche), non può che condividerle con chi guidava il Paese nei mesi trascorsi. Il tutto diverrà oggetto di polemiche politiche ma il vero dramma è che il Paese rischia di perdere delle opportunità. Altro che Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Forse “Per Non Renderci Ridicoli” dovremmo, anziché fare annunci, spiegare le difficoltà che rendono inattuabili alcuni obiettivi e presentare un Piano serio e compatibile con le esigenze del Paese, che magari preveda anche il finanziamento delle infrastrutture. Aver inserito richieste per i treni ad idrogeno (i bandi sono andati deserti) o aver dimenticato il miglioramento delle ferrovie locali o la mobilità locale, non è segno di lungimiranza, anche se questo andrebbe imputato agli estensori del Piano.
Mi corre l’obbligo di evidenziare, ancora una volta, l’esempio di un’opera che avrebbe non solo avuto ricadute positive sull’economia di due valli lombarde (Valtellina e Valcamonica), ma anche ridotto le distanze tra le località di Livigno e di Cortina di oltre 110 Km (leggasi: meno Co2) interessate dalle olimpiadi invernali del 2026. Tutte le motivazioni sono in linea con gli obiettivi del Piano ma non è stata considerata. Il costo sarebbe stato superiore di 2 milioni rispetto alla ciclabile del Vesuvio. Certamente le responsabilità si debbono attribuire alla politica locale che non ha saputo o voluto sostenerle. Comunque, sono tutte dimostrazioni di come il passato Esecutivo e la politica nazionale e locale abbiano operato sul tanto declamato PNRR.
Forse non ha tutti i torti Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’IBL - Istituto Bruno Leoni - che, avvicinandosi molto alle idee dell’on.le Molinari, propone di limitare la spesa per il PNRR a soli 170 miliardi, scelta che, se non altro, avrebbe il risvolto positivo di limitare i debiti contratti dall’Italia. Quel che è certo è che, guardare in faccia la realtà e raccontare le cose come stanno, sarebbe un primo passo per aumentare la credibilità del nostro Paese.
Paolo Uggè