Ruote d’Italia: “fase di stallo evidente, ma le imprese cosa rischiano?”
Ruote d’Italia: “fase di stallo evidente, ma le imprese cosa rischiano?”
Abbiamo in più occasione evidenziato come l’inizio d’anno avrebbe vissuto una fase di stallo per le scelte che il Parlamento è chiamato ad effettuare. La speranza è che non si perda molto tempo perché, al di là di quelli che sono gli annunci, tante sono le decisioni che di fatto vengono rinviate e non realizzate. In questa fase predomina certamente la scelta sul Capo dello Stato che di fatto ha ripercussioni sulla permanenza dell’Esecutivo. Ma i danni del “non fare” rischia di pagarli il Paese.
Non proseguo oltre avendo più volte affrontato la questione e non potendo altro che avanzare auspici nell’interesse delle imprese rappresentate, che tutto vada per il meglio. Intanto per il mondo dei trasporti non sembrano esserci delle evoluzioni su temi concreti che impattano con le attività della logistica, come era stato delineato.
Ne elenco solo alcune. Nella scorsa settimana è riemersa la questione Brennero sulla quale, non è una posizione polemica, ma non si sono registrati passi in avanti. Sta prendendo così spazio l’idea del Presidente Altoatesino di introdurre sistemi che mirano a penalizzare non solo l’attività di autotrasporto bensì il nostro sistema produttivo nel suo complesso, se applicati. Da parte italiana: Parole, lettere ma senza fatti concreti.
Le imprese che operano nei trasporti internazionali corrono il grosso rischio della mancanza delle revisioni. Da un lato la pandemia favorisce il ricorso al lavora a distanza; dall’altro la mancanza dei tecnici delle MCTC indispensabili per le verifiche di competenza, producono rinvii. Se questo è più gestibile a livello nazionale, il trasporto internazionale deve operare nel rispetto delle norme di sicurezza previste in quei paesi e rischia grosso. Ce ne vogliamo occupare in tempo utile?
Le nostre segnalazioni, pur se incontrano condivisione sulla gravità, di fatto rischiano di portarci ad una situazione di blocco generalizzato. Alternative non esistono. Registriamo come oltretutto l’interesse sul tema sia piuttosto timido da parte di chi rappresenta il sistema produttivo che sembra più interessato a sostenere posizioni di bandiera di qualche impresa piuttosto che un argomento di carattere generale. Ma questo avviene anche perché la rappresentanza del mondo dei servizi è esclusa dalle commissioni e dalle convocazioni che affrontano i temi del trasporto. Conftrasporto svolge il proprio ruolo e, come di consueto, non rinuncia a rappresentare le proprie posizioni. Tuttavia se altre realtà confederali sono presenti sia come legittimi rappresentanti della committenza che per i servizi di logistica anche con le federazioni del sistema, perché la Confederazione, senza dubbio la più rappresentativa delle realtà facenti parte del mondo dei servizi, viene esclusa? scelta di natura politica? Altro? Forse un chiarimento servirebbe.
Anche per le infrastrutture pare si voglia seguire più la strada degli annunci che della cantierizzazione degli appalti. È vero che si formano Comitati, si istituiscono Governance e si continua a nominare Commissari e super Commissari ma se non si considera la limitatezza dei tempi che dal luglio 2020 si sono già ridotti da sei anni e mezzo a cinque anni, non rischiamo di essere fuori tempo?
Non voglio tediare con i soliti argomenti ma i costi della sicurezza, i tempi di pagamento, le nuove norme su aspetti come l’accesso alla professione, il cabotaggio, la mancanza di autisti, i controlli sui vettori esteri che attuano atti di concorrenza sleale, il tavolo delle regole, e mi fermo qui. Basterebbe ricordare gli impegni assunti in protocolli ma che fino ad oggi non hanno prodotto quanto annunciato. Si è pensato a come poter ristorare gli imprenditori che hanno investito in automezzi a LNG e oggi sono fuori mercato per l’enorme rialzo dei prezzi del prodotto?
Altrettanto parlare e fare proclami sulla transizione ecologica ed energetica senza informare che forse la declamata transizione ipotizzata, quasi certamente sarà molto più energivora senza essere quel paradiso descritto. Eccone un esempio. Facile esaltare la transizione ecologica ma i risultati? Rischiano di esserlo meno.
Questa settimana integrerò il “Punto” con riflessioni e notizie che potrei riassumere parafrasando il titolo di una nota canzone: “un grande prato verde dove nascono speranze che però costano care”. Leggendole, non sono mie, ma opinioni sulle quali riflettere.
Appartengono a Mario Somossa che su Sputnik ha affrontato da un punto di vista differente e scientifico le conseguenze che le operazioni di transizione verde possono scaricare sui cittadini italiani.
È bene che anche noi iniziamo ad interessarcene in modo concreto. A venerdì.
Paolo Uggè