SERGIO BILLE' ALL'ASSEMBLEA DI CENTROMARCA

SERGIO BILLE' ALL'ASSEMBLEA DI CENTROMARCA

MILANO, 21 SETTEMBRE 1999 (sintesi)

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21 settembre 1999
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SERGIO BILLE' ALL'ASSEMBLEA DI CENTROMARCA

MILANO, 21 SETTEMBRE 1999  (sintesi)

 

 

Il settore della distribuzione ha sofferto, per anni, della mancanza di una programmazione e di una strategia di sviluppo che Stato e politica non hanno elaborati. Eppure su altri versanti e per altri settori produttivi si è programmato fin troppo:  basti pensare agli incentivi e supporti concessi  al mondo dell'auto. 

Nel nostro settore, al contrario, che diverrà primario nell'economia di domani, gli unici tentativi da registrare,  ma solo a livello di funzionari di alcune amministrazioni,  sono quelli che riguardano la regolamentazione delle vendite  sottocosto.

Ben diversa la situazione di altri paesi, come Francia e Germania, mentre la nostra programmazione resta indietro anni luce. In casa nostra, ci troviamo di fronte ad una economia difficile da programmare, allo sviluppo di mercati regionali senza programmazione, alla riorganizzazione delle città senza una vera politica di sviluppo commerciale realizzata dai Comuni.

La stessa riforma Bersani rischia, così, di rimanere una coperta troppo corta.

Nel frattempo, la morìa delle Pmi non interessa più solo imprese che non sono riuscite ad ammodernarsi ma anche quelle indipendenti, professionalmente attrezzate e che possono soccombere sotto la spinta di qualche multinazionale.

Dunque è necessario reagire :  la distribuzione italiana deve trovare la forza di compattarsi, di individuare soluzioni che le consentano di consolidare la propria identità.

Le soluzioni ci sono, ma devono essere testate e accompagnate da processi di fattibilità.

Intanto, però, il perno intorno a cui deve ruotare tutta l'operazione è il mondo dell'impresa: industria e distribuzione del grocery, ma anche altri servizi, dall'industria e  dal commercio tessile fino all'area dei beni di consumo elettronici.

Insomma, nel nostro settore va favorita l'evoluzione piena del commercio multicanale, in un contesto di convenienza economica da cui tutto il sistema paese possa trarre reali vantaggi. Bisogna, pertanto, superare il dualismo del grande verso il piccolo, dello specializzato verso il despecializzato, dell'organizzato verso l'autonomo.

Il nodo centrale è quello di creare ponti di cooperazione, integrazione, scambio di tecnologie e di professionalità. Si tratta di creare un'intelaiatura di mercato in cui  si agisca in modo da risolvere i problemi della competizione senza, per questo, disorientare il consumatore.

In questo modo l'impresa italiana può trovare una sua identità e una sua giusta collocazione in Europa, entrando in competizione anche con la stessa area del dollaro.

In particolare è opportuno mantenere la consistenza qualitativa e sostenere lo sviluppo del dettaglio tradizionale, e ciò è possibile puntando sulla specializzazione ed evoluzione del concetto di servizio, favorendo la ristrutturazione, l'ampliamento, l'accorpamento dei PdV; integrando i sistemi di acquisto, di tecnologia, di logistica; sostenendo il credito al consumo e creando un sistema di convenienza reciproca con le altre forme distributive, come già avviene nei centri commerciali.

Altre vie praticabili possono essere l'associazionismo economico e la riduzione degli oneri nei contratti di franchising, così come i GAV, i gruppi di acquisto virtuali, per chi pone l'indipendenza come fattore primario della sua strategia di mercato.

Del resto, tutti sappiamo che in Italia non c'è posto per più di due gruppi di acquisto con rigide politiche di merchandising. Oggi i gruppi nazionali alimentari sono quattro e ciò impone una strategia di accompagnamento alla concentrazione. Molta attenzione, molta più di ieri, va dedicata al non food.

Per quanto riguarda la dimensione regionale e interregionale ed i gruppi che ne presidiano i mercati le direzioni auspicabili da seguire sono l'aggregazione ed il coordinamento operativo.

A livello nazionale  le direttrici naturali da seguire per i gruppi già inquadrati in un contesto azionario e di mercato ormai europeo sono lo sviluppo e la concentrazione.

Le coop , poi, possono posizionarsi in più modi anche se non si sa quanto possano risultare utili al settore e all'interesse generale certi atteggiamenti di distinzione che ancora  contraddistinguono queste aziende.

Va, inoltre, ricordato il contributo dell'urbanistica per le implicazioni e le conseguenze che tale disciplina ha nel nuovo quadro normativo per  il commercio ed il rilancio della sua identità.

Infine, al di fuori della proposta, è bene sottolinerare un messaggio e cioè che il ruolo della rappresentanza è sì valorizzare le specificità, ma, prima ancora,  di trovare un denominatore comune, di costruire un'identità che si basi su interessi e valori condivisi.    

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