SPESA PUBBLICA E FISCO

SPESA PUBBLICA E FISCO

p.333 D:6-7-2006 T:ASSEMBLEA CONFCOMMERCIO

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6 luglio 2006
Spesa pubblica e fisco

Spesa pubblica e fisco

 

Il presidente di Confcommercio ha dedicato un ampio spazio della sua relazione ai temi della spesa pubblica, della lotta all’evasione, della riduzione della pressione fiscale e del cuneo fiscale e contributivo.   

 

Riqualificare e ridurre la spesa pubblica

 

“Riqualificare e ridurre la spesa pubblica. Lo si deve fare: perché questa spesa rappresenta un po’ meno della metà del PIL e, per circa il 90%, si tratta di spesa corrente; perché le retribuzioni nel settore pubblico continuano a crescere senza che a ciò corrisponda un significativo incremento della produttività delle pubbliche amministrazioni o della qualità dei loro servizi; perché la spesa sociale â€" cioè la spesa per previdenza, sanità ed assistenza pari a circa il 24% del PIL â€" pone non soltanto problemi di sostenibilità finanziaria, ma anche â€" e forse soprattutto â€" di equità sociale e intergenerazionale.Del resto, per fare tutto ciò, le buone idee non mancano. A partire dalla possibilità di promuovere l’ingresso nelle pubbliche amministrazioni di risorse giovani e qualificate, finanziandolo con i risparmi di spesa conseguibili attraverso una politica di pensionamento di una quota significativa dei dipendenti pubblici attualmente in servizio. Scegliendo, ancora, di affrontare il nodo delle pensioni di anzianità. E di assicurare la tenuta nel tempo di un rigoroso Patto di Stabilità Interno tra Governo, Regioni ed Enti locali, in particolare per il controllo della spesa sanitaria. Governare, riqualificare, ridurre la spesa pubblica: è in questo modo che va perseguito il rientro dall’extradeficit, che va ricostruito l’avanzo primario e che va ridotto il debito pubblico.

 

Ridurre il debito pubblico

 

“Già, il macigno del debito pubblico: il 106% e più del PIL del Paese. Questa è, come è noto, la realtà di un’Italia che ha il terzo debito pubblico del mondo senza essere la terza economia del mondo. Occorrono coraggio e realismo: perché il servizio del debito pubblico ci costa almeno due punti di PIL in più rispetto alla media degli altri Paesi europei. Una cifra enorme â€" intorno ai 30 miliardi di euro - destinata a crescere in uno scenario di aumento dei tassi di interesse. Il Professor Guarino ha proposto, qualche mese fa, di abbattere lo stock del debito pubblico attraverso una procedura di alienazione del patrimonio dello Stato. E’ certamente un’ipotesi complessa e che necessita di approfondimento. Tuttavia essa meriterebbe di essere considerata tra le scelte possibili. Senza che ciò, ovviamente, debba comportare un calo di tensione rispetto al buon governo della spesa pubblica, da cui discende la possibilità di migliorare l’avanzo primario.

 

La lotta all’evasione e all’elusione fiscale e contributiva

 

“Come pure â€" lo dico a chiare, anzi a chiarissime lettere â€" è necessario un forte impegno per il contrasto ed il recupero dell’evasione, non meno che dell’elusione fiscale e contributiva. Bisogna agire presto e bene. Bene significa sgombrare il campo dalla tentazione di rintracciare nel mondo dell’impresa diffusa e nel lavoro autonomo i “protagonisti di riferimentoâ€� del fenomeno dell’evasione. Se il sommerso, se il “neroâ€� valgono â€" nel nostro Paese â€" almeno 200 miliardi di euro, occorre invece riconoscere che si tratta di una patologia che investe ogni realtà dell’economia e della società italiana. E vale dunque la pena di indagare anche sul “rossoâ€� con cui si chiudono i bilanci di tante, troppe società di capitali. Agire bene significa, poi, che bisogna garantire ai contribuenti stabilità delle regole e un giusto spazio per il contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria. Quanto all’esperienza degli studi di settore, essa merita di essere costantemente affinata: per renderla sempre più aderente alle dinamiche reali dell’attività d’impresa, alla diversificazione settoriale e territoriale delle performance aziendali, all’impatto degli andamenti congiunturali sul fatturato delle imprese. Anche in questo caso, soprattutto in questo caso, la strada maestra resta quella della concertazione.

 

La riduzione della pressione fiscale complessiva

 

“E’ vero che occorre che tutti paghino, affinché ciascuno paghi un po’ di meno. Ma è altrettanto vero che far sì che ciascuno sia chiamato a pagare un po’ di meno â€" sia, cioè, chiamato a pagare il “giustoâ€� in relazione alla qualità dei servizi pubblici â€" sospinge tutti a pagare.

Per questo, anche per questo, occorre tenere insieme il contrasto dell’evasione e dell’elusione con l’impegno alla riduzione della pressione fiscale complessiva. Perché, mediamente, la “corporateâ€"taxâ€� italiana si colloca intorno al 37%, largamente al di sopra dell’aliquota media del 28% dei Paesi OCSE e di quella dell’Unione europea allargata pari al 25%. Senza dire poi, per il nostro Paese, del lavoro autonomo, in cui â€" tra fisco e contribuzione previdenziale â€" si arriva largamente e facilmente ad un prelievo complessivo superiore al 50%. Senza dire, ancora per il nostro Paese, del peso di tanti, troppi tributi locali enormemente cresciuti negli ultimi anni: largamente oltre il 50% dalla fine degli anni novanta. Senza dire, infine, dell’ â€�archeologia fiscaleâ€� di balzelli come la tassa sulle insegneâ€�.

 

La riduzione del cuneo fiscale e contributivo

 

“Quanto alla riduzione del cuneo fiscale e contributivo, noi pensiamo che possa e debba essere fatta. E che vada fatta con un’equa distribuzione del beneficio tra le imprese e i lavoratori, in particolare per quelli il cui reddito si colloca in una fascia medioâ€"bassa. “Sarebbe, infatti, un buon modo â€" proprio rispetto al quadro congiunturale con cui ci stiamo confrontando â€" tanto per sostenere l’offerta, quanto per sostenere la domanda interna. Politiche, quella per l’offerta e quella per la domanda, che â€" non ci stancheremo davvero mai di ripeterlo â€" devono viaggiare insieme: in Italia come in Europa.

Peraltro, la riduzione del cuneo è una questione tanto più rilevante in un sistema fiscale che non ha ancora sciolto il nodo del problema IRAP. Di una imposta, cioè, che assume tra le componenti della base imponibile proprio il costo del lavoro�.

 

Generalizzata o selettiva, la riduzione del cuneo ?

 

“Generalizzata, non c’è dubbio. Perché ridurre il costo del lavoro ed assicurare maggiore salario netto è un problema comune delle imprese, di tutte le imprese, e dei lavoratori, di tutti i lavoratori. E perché il migliore selezionatore è certamente il mercato. Assolutamente più efficace ed efficiente, in ogni caso, di disposizioni di legge, di regolamenti amministrativi e di procedure burocratiche. Come del resto insegna, nel nostro Paese, la storia degli incentivi alle imprese. Ma se proprio si dovesse selezionare, allora dei criteri di questa selezione bisognerà discuterne a fondo e per tempo. Perché si può condividere il criterio di selettività che mira ad utilizzare la riduzione del cuneo per incentivare la trasformazione di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. E si può anche ragionare sulla selettività mirata al sostegno dei processi di innovazione, cioè del vero propellente degli incrementi di produttività. Ad una condizione, però: che si riconosca che questo propellente è oggi assolutamente necessario tanto per l’industria, quanto per il sistema dei servizi. E che, insomma, è vitale per la crescita della produttività della nostra economia, sia l’innovazione di prodotto e di processo tipica del manifatturiero, sia l’innovazione di servizio tipica del terziario. Attenzione, dunque, quando si parla di selezione. Perché c’è criterio e criterio. Ma l’unica cosa che non potremo mai accettare è che â€" sotto le vesti della selettività â€" si cerchi di far passare ciò che, in sostanza, sarebbe la discriminazione dell’intero sistema dei servizi e, di converso, un privilegio riservato a chi â€" in via presuntiva, ma tutta da dimostrare â€" sarebbe maggiormente esposto alla concorrenza. Infine, il problema del finanziamento, cioè del reperimento dei dieci miliardi di euro che sono necessari per abbattere il cuneo di cinque punti. Per far questo, ci sono, anzitutto, i grandi “baciniâ€� che ho prima richiamato: quello della riduzione della spesa pubblica e quello della lotta all’evasione e all’elusione fiscale e contributiva. Ma c’è anche da ragionare sulle risorse destinate ad alimentare il sistema degli incentivi alle imprese. Almeno in tanti casi, non sarebbero meglio impiegate â€" queste risorse â€" per la riduzione del cuneo o per la fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno ? Il tema è stato sobriamente richiamato nella Relazione del Governatore Draghi. Ma, qui, preferisco far ricorso all’affondo dello scambio proposto, al riguardo, dal Professor Giavazzi: “meno aiuti di Stato alle aziende grandi e decotte e meno tasse per quelle piccole e di successoâ€�.

Certo, è meno dirompente pensare di ricorrere all’aumento delle aliquote IVA. Tanto, in questo caso, chi pagherebbe il conto sarebbero le famiglie, in particolare quelle con redditi medio-bassi, sotto forma di penalizzazione dei consumi e di spinte inflattive.

Ha quindi detto bene chi â€" anche all’interno del Governo â€" ha sottolineato l’impercorribilità di una simile ipotesi, richiamando piuttosto l’attenzione sulla possibilità di recuperare un importante gettito IVA ad invarianza di aliquote. C’è, poi, l’ipotesi di aumentare i contributi previdenziali dei lavoratori autonomi, che verserebbero poco all’INPS. No, non è così: versano il giusto in relazione a quanto ricevono. E, per di più, questi “autonomiâ€�, questi commercianti hanno saputo amministrarsi. Al punto che â€" con la bellezza di 7 miliardi di euro di attivo patrimoniale della loro gestione INPS â€" finanziano il disavanzo di altre gestioni del mondo del lavoro. Questa è, dunque, la strada: ridurre e riqualificare la spesa pubblica, ridurre il debito, recuperare il sommerso, ragionare sulla sostenibilità delle pensioni di anzianità attuali e ripensare il sistema degli incentivi alle imprese, riducendo per contro la pressione fiscale e contributiva. Strada diversa â€" nella sua filosofia e nei suoi effetti â€" dal facile ricorso all’inasprimento della pressione fiscale, attraverso vecchie e nuove tasse.

 

Federalismo e funzione pubblica

 

“Diversa perché contenere e ridurre la spesa significa “forzareâ€� il processo di ristrutturazione e di riqualificazione della funzione pubblica. Anche ridistribuendo compiti e funzioni: con una sfera pubblica che sia chiamata a fare magari di meno, ma sicuramente meglio; con un’iniziativa privata cui sia chiesto e consentito di assumere nuove responsabilità di interesse generale. Particolarmente rilevante è, in questo processo, il ruolo delle Camere di Commercio, che, nell’età del federalismo nascente, hanno dimostrato di sapere agire efficacemente sul terreno dell’autogoverno delle “businessâ€"communityâ€� territoriali. Più in generale, dopo l’esito del referendum, appare chiara la necessità di riaprire il confronto sul processo di costruzione dell’Italia come Repubblica federale. Bisognerà farlo: tra le forze politiche, ma anche ascoltando i cittadini e il mondo del lavoro e delle imprese. Perché chi â€" come noi â€" crede nell’opzione federalista, pensa che il federalismo di cui il Paese ha necessità richieda semplificazione amministrativa, chiara attribuzione delle competenze ed efficacia del loro coordinamento. Ma, soprattutto, nel federalismo di cui il Paese ha necessità, c’è un principio che va fatto valere: è il principio della responsabilità. Responsabilità nell’esercizio delle competenze legislative e dei procedimenti amministrativi. Responsabilità nel controllo dei costi della politica. Responsabilità nello sciogliere il nodo del federalismo fiscale, andando oltre i limiti stretti e precari dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali. Lo si deve fare. Perché le entrate tributarie di Regioni ed Enti locali sono cresciute â€" tra il 2000 e il 2005 â€" del 26%, ma le loro spese â€" nello stesso periodo â€" si sono incrementate del 35%. Tutto ciò, in sostanza, affinché federalismo, funzione pubblica, contesto giuridico-amministrativo siano generatori di efficienza e di crescita per l’intero sistemaâ€"Paese. Sul versante del contesto giuridico-amministrativo, quanto di buono è stato fin qui realizzato va completato, migliorato e non azzerato. Ed il riferimento al recente Codice Ambientale è d’obbligoâ€�.

 

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