Un'ipotesi di riduzione della pressione fiscale

Un'ipotesi di riduzione della pressione fiscale

P:01 D:23-7-2002 T: Segnali di ripresa per l'economia italiana nel 2003

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23 luglio 2002
Un’ipotesi di riduzione della pressione fiscale

Un’ipotesi di riduzione della pressione fiscale

 

La diminuzione della pressione fiscale di un punto percentuale di PIL, renderebbe disponibili poco più di 13 miliardi di euro. Qualora si realizzasse questo tipo di misura, si è ipotizzato, per bilanciare l’intervento nel modo più proficuo, di destinarne il 60%, cioè quasi 8 miliardi di euro, a sostegno della spesa delle famiglie ed il rimanente 40%, cioè poco più di 5 miliardi di euro, a beneficio delle imprese.

 

Il Pil E Le Componenti Della Domanda Interna (variazioni % annuali su valori a prezzi 1995)

 

 

2001

 

2002

 

2003 (a)

 

2003 (b)

 

PIL

1.8

 

1.1

 

2.3

 

2.8

 

Importazioni di beni e servizi

0.2

 

1.5

 

5.7

 

6.0

 

Consumi finali interni

1.4

 

1.0

 

1.6

 

2.2

 

- Spesa delle famiglie residenti

1.1

 

0.9

 

1.8

 

2.7

 

- Spesa delle AP e delle ISP

2.3

 

1.3

 

0.9

 

0.6

 

Investimenti fissi lordi

2.4

 

0.7

 

4.7

 

5.1

 

Esportazioni di beni e servizi

0.8

 

0.4

 

5.8

 

5.8

 

(a)    Andamento tendenziale

(b)    Scenario alternativo che incorpora la riduzione della pressione fiscale

Fonte: elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT.

 

Ipotizzando una propensione media al consumo sugli stessi livelli fatti registrare a partire dalla metà degli anni novanta, cioè intorno all’85%, l’impatto positivo sui consumi delle famiglie sarebbe di quasi un punto percentuale. La spesa dei residenti, misurata in termini reali, passerebbe cioè dall’1,8% dello scenario di base o tendenziale, al 2,7% dello scenario alternativo che incorpora, nella simulazione, la riduzione della pressione fiscale.

Riguardo all’utilizzo delle risorse da parte delle imprese, l’esercizio previsionale destina circa il 70% degli oltre 5 miliardi di euro disponibili a riduzione del carico contributivo sul lavoro, in modo da abbassarne il costo e favorire una robusta crescita occupazionale.

Il rimanente 30%, cioè poco più di 1,5 miliardi di euro, dovrebbe essere direttamente utilizzata dalle imprese per nuovi investimenti, soprattutto nell’acquisizione di tecnologie innovative, utilizzando forme di incentivazione diverse dai meccanismi già sperimentati, come la “Legge Tremonti” (prima e seconda edizione) o la “DIT”, che finiscono per favorire esclusivamente le grandi imprese industriali organizzate in forma di società di capitali.

Gli investimenti fissi aggiuntivi realizzati in tal modo dalle imprese, si tradurrebbero in una maggior crescita di quattro decimi di punto rispetto allo scenario tendenziale, innalzando il profilo degli investimenti nel 2003 dal 4,7% al 5,1%.

I 13 miliardi di euro di minori entrate verrebbero subito parzialmente compensati, per circa 2 miliardi di euro, dall’incremento del gettito IVA sui maggiori consumi (800 milioni), dai contributi sociali generati dalla crescita occupazionale (440 milioni) e da una riduzione (poco meno di 700 milioni) negli acquisti di beni e servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche.

Quest’ultimo versante è quello dove occorrerebbe procedere con i tagli più consistenti, considerando che nel biennio 1999-2001 la spesa per consumi finali delle Amministrazioni pubbliche è cresciuta in termini cumulati del 12,5%, contro un’analoga crescita del PIL del 9,8%, un differenziale che accresce di un ulteriore mezzo punto la quota dei consumi pubblici in relazione al prodotto interno lordo.

Occorre inoltre considerare che l’incremento occupazionale generato dalla diminuzione dei contributi sociali gravanti sul lavoro determina a sua volta un aumento del monte redditi delle persone fisiche, via retribuzioni lorde, nonché dei redditi delle società e delle persone giuridiche, via maggiori profitti, che si traducono in un incremento del gettito delle imposte dirette pari a circa 1 miliardo di euro.

Ne consegue che l’effettivo disavanzo di bilancio si attesterebbe, nell’ipotesi minimale di contenimento della spesa pubblica e di recupero di imposizione diretta via maggiore crescita, poco al di sopra dei 10 miliardi di euro, pari allo 0,7% del PIL.

Il rapporto indebitamento/PIL potrebbe addirittura migliorare di più di un punto percentuale, portandosi cioè allo 0,6-0,5%, attraverso una razionalizzazione ed una maggiore efficienza nel funzionamento della macchina pubblica, realizzabili sia con l’adozione di procedure semplificate e più rapide relativamente alla contrattualistica per gli appalti e le forniture, sia con una gestione del patrimonio pubblico ispirata a criteri di economicità, sia con il completamento ed il potenziamento del programma di informatizzazione della P.A., che renderebbe assai più efficace l’azione degli uffici in sede di accertamento del reddito e di recupero dell’evasione.

 

 

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