Billè: "Vendite ferme, rischio stagnazione"

Billè: "Vendite ferme, rischio stagnazione"

Il presidente di Confcommercio, in un'intervista a "La Stampa", ribadisce la necessità di rilanciare i consumi per far crescere il Pil. "Impossibile rivedere l'inflazione programmata". "L'Istat è una cosa seria".

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30 agosto 2002

Qual è la domanda che ogni italiano dall'inizio dell'era degli acquisti in euro vorrebbe porre a Sergio Billè, presidente della Confcommercio, ovvero di tutti coloro che ogni giorno ci vendono merci a prezzi che ormai non hanno più nulla a che vedere con i loro lontani corrispettivi in lire?

Presidente ma lei va mai a fare la spesa? Si rende conto di che cosa accade con i suoi commercianti, della loro scorrettezza?

"Ogni tanto vado a fare la spesa, il sabato soprattutto. Non parlerei di scorrettezza. Questo è un Paese che ha sempre avuto indici di valutazione di grande valore come l'Istat, anche se qualcuno lo considera come l'arbitro Moreno e vorrebbe trasformare il paniere in tanti panierini di plastica, io spero che queste manovrine di fine agosto fin troppo enfatizzate da voi media spariscano con le piogge d'autunno perché non è così che si risolve un problema dei prezzi che certo esiste".

E come lo risolve, se quello che prima costava mille ora costa duemila e l'inflazione è di nuovo la bestia nera della nostra economia?

"In Italia, e non solo, esistono piccoli e grandi furbi nella distribuzione e nella produzione, stanarli non è difficile visto che vi sono un milione e mezzo di strutture commerciali che operano sul mercato e dunque si può passare a un altro commerciante".

Dunque la colpa è della distribuzione e dei produttori che aumentano i prezzi?

"Il problema è il mercato. Siamo in una situazione di depressione: il mercato delle vendite al dettaglio è in una fase di preoccupante immobilità, prossimo, ormai, alla crescita zero. E' necessario rilanciare i consumi, solo così si può ricondurre il prodotto interno lordo a livelli accettabili. Non dimentichiamo che i consumi rappresentano il 70% del Pil".

In questi giorni sono state avanzate molte idee su come combattere il caro-prezzi. A Roma il sindaco Veltroni ha promesso l'abolizione dell'imposta sulle insegne se i negozianti non aumenteranno i prezzi oltre il tasso reale.

"Sul territorio si stanno muovendo molte cose, c'è un fermento interessante in numerose città con accordi con enti locali che hanno però un valore di moral suasion ma non serviranno a nulla se non si rimetterà in moto il mercato".

I sindacati propongono di rivedere l'inflazione programmata.

"Impossibile. Non vi sono le risorse necessarie per una simile operazione. Le imprese private non potranno mai adeguarsi".

I consumatori hanno firmato con gli esercenti un accordo per congelare i prezzi.

"Sarebbe possibile in un'economia bloccata, medievale, una roba d'altri tempi del tutto irrealizzabile nell'era dell'economia globalizzata. Oltretutto l'accordo siglato riguarda 30 voci sulle centinaia del paniere".

I consumatori minacciano uno sciopero contro i commercianti.

"Ottima idea per ritagliarsi un po' di spazio sui giornali, non per ottenere un calo dei prezzi. Lo stragismo, lo sfascismo in una stagione di effettiva difficoltà non sono positivi".

Ma voi sareste disposti a espellere i commercianti che aumentano indiscriminatamente i prezzi?

"Espellere? Basta con questa ricerca di sensazionalismo: un'organizzazione seria deve responsabilizzare i commercianti. I commercianti sono stati i paladini dell'inflazione, hanno permesso di far entrare l'Italia in Europa sopportando l'intera operazione del cambio da lire in euro senza ottenere alcun vantaggio soltanto costi e una mole impressionante di lavoro".

Come vede quest'autunno?

"Le svelerò una chicca che finora è sfuggita agli analisti. Il 4 febbraio il governo ha siglato i contratti con i ministeriali e i dipendenti degli enti pubblici garantendo aumenti del 5,6%. Chiaramente pensava di avere a che fare con uno scenario molto diverso e oggi la possiamo considerare una scelta quantomeno avventata. Ora infatti si prospetta il rinnovo dei contratti di altri dipendenti pubblici nel settore dell'esercito e della scuola. Che cosa succederà? Quel che è certo è che le imprese private aumenti del genere non possono assolutamente permetterseli".

da "La Stampa" del 30 agosto 2002, di Flavia Amabile

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